Nota del blogmaster: Quale migliore modo di fare gl auguri che fare un bel regalo a tutti i chimici italiani e a tutti i lettori del nostro blog? Solo per noi, in esclusiva mondiale un anticipo di un nuovo libro sulla bellezza della chimica, un testo che ci fa partecipare al carnevale dellla Chimica con la forza dirompente dei neofiti entusiasti. Grazie a Margherita, Enrico e Vincenzo!
a cura di Margherita Venturi, Enrico Marchi, Vincenzo Balzani
Traduzione del Capitolo “The Beauty of Chemistry in the Words of Writers and in Hands of Scientists” http://link.springer.com/chapter/10.1007/128_2011_293 pubblicato in Topics in Current Chemistry, Volume 323 (edito da Luigi Fabbrizzi), 2012, http://link.springer.com/book/10.1007/978-3-642-28341-3/page/1
Riassunto
La Chimica è una scienza fondamentale perché tutti i processi che sostengono la vita sono basati su reazioni chimiche e perché tutte le cose che utilizziamo sono composti chimici naturali o artificiali. La chimica è un mondo fantastico popolato da un incredibile numero di “cose” dalle dimensioni nanometriche chiamati molecole, che sono i più piccoli oggetti a possedere una propria forma, dimensione e specifiche proprietà chimiche. Le molecole possono essere considerate le parole della materia dal momento che quasi tutte le altre scienze, direttamente o indirettamente, utilizzano i concetti della chimica ed il linguaggio delle molecole. Le molecole, così come le parole, contengono specifici elementi di informazione che sono di fondamentale importanza quando interagiscono le une con le altre, oppure quando vengono stimolate da fotoni o elettroni. Nelle mani dei chimici le molecole, in particolar modo se opportunamente combinate o assemblate per creare sistemi supramolecolari, possono svolgere una gran varietà di funzioni, a volte anche più complesse e intelligenti di quelle inventate dalla natura. Dal fantastico mondo della chimica gli scienziati hanno tratto ispirazione non solo per creare nuove molecole, o investigare nuovi processi chimici, ma anche per creare veri e propri “capolavori”. Traendo spunto da alcune affascinanti storie basate sui concetti della chimica è facile concludere che la Terra non ha confini, che tutte le forme della materia sono strettamente connesse e che la luce solare ha un ruolo insostituibile.
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Margherita Venturi e Vincenzo Balzani Dipartimento di Chimica “G. Ciamician”, Alma Mater Studiorum, Università di Bologna via Selmi 2, 40126 Bologna, Italy. Fax: +39-051-2099456 Centro di Ricerca Interuniversitario per la Conversione Chimica dell’Energia Solare e-mail: margherita.venturi@unibo.it; e-mail: vincenzo.balzani@unibo.it
Enrico Marchi Dipartimento di Chimica “G. Ciamician”, Alma Mater Studiorum, Università di Bologna via Selmi 2, 40126 Bologna, Italy. Fax: +39-051-2099456 e-mail: enrico.marchi@unibo.it
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1. Chimica: una scienza fondamentale
La chimica è una scienza fondamentale. Il suo linguaggio, cioè il linguaggio delle molecole, permea tutti gli altri campi della scienza. Oggi, per esempio, la branca più importante della biologia è la cosiddetta biologia molecolare e, in un futuro ormai vicino, la nostra attività cerebrale (apprendimento, pensiero, memoria ed anche coscienza) saranno compresi attraverso i concetti della chimica. La chimica fa da tramite fra la fisica e la biologia ed è alla base di scienze emergenti come l’ecologia e la scienza dei materiali. Senza la chimica non ci sarebbero speranze di trovare una soluzione ai più grandi problemi che affliggono la nostra società: cibo, salute, energia ed ambiente.
Tutti sanno che la chimica è utile ed importante: ci permette di curare le malattie, di vivere una vita più comoda, di capire le leggi della natura e di cambiare il mondo attorno a noi. Molte persone, sbagliando, credono che la chimica sia esclusivamente un’attività industriale “sporca” e solo poche sanno, invece, che la chimica è una scienza bellissima strettamente connessa all’arte [1].
2. Il linguaggio della chimica
Esiste uno stretto parallelismo fra chimica e linguaggio: gli atomi sono le lettere della chimica e la Tavola Periodica è l’alfabeto della chimica. Come una combinazione di lettere disposte secondo le regole del linguaggio forma una parola, così una combinazione di atomi disposti secondo le regole della natura forma una molecola; come una combinazione di parole forma una frase, così una combinazione di molecole forma un sistema supramolecolare. Continuando questo parallelo e considerando situazioni via via più complesse, come nel linguaggio si formano paragrafi, articoli, libri e biblioteche, così la chimica sfocia nella biologia ed evolve nella sua più alta espressione che è l’uomo. La chimica, però, è molto più complessa del linguaggio. Infatti, i libri di una delle biblioteche più grandi del mondo, come la Biblioteca Nazionale di Francia, contengono tutti insieme circa 1013 lettere, mentre il corpo di un solo uomo è formato da circa 1028 atomi, un numero un milione di miliardi di volte maggiore!
Gli atomi, come le lettere, sono indispensabili, ma non possiedono significato se presi singolarmente. Così come nel linguaggio le parole sono le più piccole unità con un significato, in chimica le molecole sono le più piccole entità che possono svolgere una funzione: le molecole sono infatti gli oggetti più piccoli che possiedono distinta forma, dimensione e proprietà. Pertanto le molecole, come le parole, hanno uno specifico
contenuto di informazione che può essere definito come il “significato” di una molecola. Sia le parole che le molecole possono avere un enorme influenza nella nostra vita: sia la parola “rosa” che la molecola responsabile del profumo di una rosa ci forniscono una piacevole sensazione. Parole e molecole possono essere dolci, amare, leggere, pesanti, aspre, taglienti; esistono parole e molecole che possono sia salvare che distruggere una vita.

Figura 1. Architettura molecolare: due affascinanti esempi di specie supramolecolari di dimensione nanometrica ed i corrispettivi macroscopici. (a) Il carcerando resorcinarene- calixarene [7] ed il Battistero di Pisa. (b) Un composto simile al norbornile ed il ponte medievale di Olina [8]. Le geometrie delle molecole sono state ottenute con calcoli di dinamica molecolare.
Esiste anche un’altra analogia fra linguaggio e chimica. Il significato di una parola dipende non solo dal numero e dal tipo di lettere da cui è formata, ma anche dall’ordine con cui sono poste le lettere. Per esempio usando 2a, 1g, 1i, 1l, 1o, 1r, 1t, 1v ma mettendo queste lettere in ordine diverso possiamo scrivere due parole di significato completamente differente come giravolta e travaglio. Allo stesso modo usando gli stessi atomi, come per esempio 2C, 6H, 1O, si possono costruire sia l’etanolo che il dimetiletere che hanno la stessa formula, C2H6O, ma proprietà chimiche completamente diverse perché differiscono per l’ordine con cui gli atomi sono legati fra loro. Sia le parole che le molecole possono essere “smontate” e quindi “riassemblate” per creare nuove parole e nuove molecole. Il poeta latino Lucrezio era un maestro in questo gioco con le parole [2], ma la natura sa fare molto di meglio. Il nostro corpo, ad esempio, è un libro in cui molte molecole sono continuamente cancellate e molte altre sono scritte: la nostra pelle viene completamente sostituita in un mese, mentre il nostro fegato si rinnova ogni sei settimane. Occorre poi aggiungere che le “parole” della chimica sono decisamente molto più numerose delle parole che costituiscono un linguaggio: nella lingua italiana, ad esempio, esistono circa 160.000 parole, in natura esistono molti milioni di molecole diverse e più di 15 milioni di molecole diverse sono state sintetizzate dai chimici.

Figura 2 Un sistema supramolecolare composto da un fullerene legato covalentemente ad un calixarene [9]: (a) rappresentazione chimica classica, (b) modello space-filling generato al computer che mostra la similitudine di questa struttura supramolecolare con (c) la Coppa del Mondo di calcio. Riprodotta con il permesso della “Royal Society of Chemistry” (RSC) e del “Centre National de la Recherche Scientifique” (CNRS).
Gli eccezionali sviluppi della chimica sono bene interpretabili con la famosa frase di Leonardo da Vinci “Là dove la natura finisce di produrre le sue specie, l’uomo comincia, utilizzando le specie della natura, e in armonia con la natura stessa, a creare una infinità di specie” [3]. I chimici, infatti, sono nati come esploratori della natura, ma molto presto sono diventati inventori ed a tutt’oggi continuano a svolgere questo duplice ruolo. Di conseguenza la chimica è allo stesso tempo un libro che possiamo leggere ed un insieme di fogli bianchi sui quali possiamo scrivere. Una enorme parte del libro non è ancora stata letta (molecole e processi naturali sono ancora ignoti) ed il numero di fogli bianchi a nostra disposizione (molecole e processi artificiali) è praticamente infinito.
3. Molecole bellissime
Negli ultimi decenni sono state sintetizzate molecole dalle forme più disparate e allora i chimici, invece di usare la nomenclatura tradizionale spesso molto complicata, hanno pensato di identificare queste molecole con nomi derivati dalla somiglianza della loro forma con quella degli oggetti incontrati nella vita di tutti i giorni: barili, cesti, cinture,
ciotole, scatole, ponti, farfalle, gabbie, catenani, corone, criptandi, cilindri, dendrimeri, recinzioni, footballeni, cancelli, gondole, griglie, elicati, eliceni, cerniere, nodi, scale, lanterne, lepidottereni, polpi, avaleni, pagodani, cremagliere, rotassani, scorpiandi, sepulcrandi, sferandi, stellandi, torandi, pinze, navi, fili [4].

Figura 3. Alcune sculture di Vízi Béla che rappresentano quattro sistemi supramolecolari classici [11].
Se potessimo vedere le molecole ci accorgeremmo che nella maggioranza dei casi sono altamente simmetriche ed hanno forme affascinanti [5,6]. Possiamo averne un’idea utilizzando i modelli molecolari CPK che sono cento milioni di volte più grandi delle molecole stesse. Alcuni esempi di molecole affascinanti dal punto di vista estetico sono mostrate in Figura 1 [7,8] ed in Figura 2 [9]. Come scrisse Primo Levi [10]: “Questo accade anche in chimica, come in architettura, che gli edifici “belli” e cioè simmetrici e semplici, siano anche i più saldi: avviene insomma per le molecole come per le cupole delle cattedrali o per le arcate dei ponti.”
Proprio grazie alle loro armoniche forme le molecole sono state prese come modelli per creare bellissime sculture, quali quelle mostrate in Figura 3 [11].
4. La chimica nelle parole degli scienziati e degli scrittori
Chimica e linguaggio sono stati combinati in maniera sublime e sapiente dagli scienziati e dagli scrittori. Un eccezionale esempio è la definizione di albero data da Richard Feynman [12]: “Un albero è fatto essenzialmente di aria e di sole. Quando brucia torna ad essere aria e nel calore della fiamma ci ridà il calore fiammeggiante del sole che era stato imprigionato per convertire l’aria in albero.”
Nonostante sia difficile spiegare a parole la bellezza e la complessità della chimica, Primo Levi, grande chimico e scrittore, ci è riuscito perfettamente e in molte occasioni. Nel suo libro La chiave a stella [13], immaginando di parlare con un meccanico di nome Faussone, descrive in modo poetico la professione di chimico: “Il mio mestiere vero, quello che ho studiato a scuola e che mi ha dato da vivere fino ad oggi, è il mestiere del chimico. Non so se lei ha un’idea chiara, ma assomiglia un poco al suo: solo che noi montiamo e smontiamo delle costruzioni molto piccole. Ci dividiamo in due rami principali, quelli che montano e quelli che smontano, e gli uni e gli altri siamo come dei ciechi con le dita sensibili. Dico come dei ciechi, perché appunto, le cose che noi manipoliamo sono troppo piccole per essere viste, anche coi microscopi più potenti; e allora abbiamo inventato diversi trucchi intelligenti per riconoscerle senza vederle. Qui bisogna che lei pensi una cosa, che per esempio un cieco non ha difficoltà a dirle quanti mattoni ci sono sopra una tavola, in che posizione sono e a che distanza fra loro; ma se invece dei mattoni fossero dei grani di riso, o peggio ancora delle sfere da cuscinetti, lei capisce che il cieco sarebbe imbarazzato a dire dove sono, perché appena li tocca si spostano: ecco, noi siamo così. Tante volte, poi, noi abbiamo l’impressione di essere non solo dei ciechi, ma degli elefanti ciechi davanti al banchetto di un orologiaio, perché le nostre dita sono troppo grossolane di fronte a quei cosetti che dobbiamo attaccare o staccare. Quelli che smontano, cioè i chimici analisti, devono essere capaci di smontare una struttura pezzo per pezzo senza danneggiarla troppo; di allineare i pezzi smontati sul bancone, sempre senza vederli, di riconoscerli uno per uno, e poi di dire in che ordine erano attaccati insieme. Oggigiorno hanno dei begli strumenti che gli abbreviano il lavoro, ma una volta si faceva tutto a mano, e ci voleva pazienza da non credere.”
In un altro suo libro intitolato Il sistema periodico [14], Primo Levi descrive, in modo affascinante, il viaggio senza fine di un atomo di carbonio: “… fermamente abbarbicato a due dei tre suoi compagni ossigeni di prima, uscì per il camino e prese la via dell’aria. … Fu colto dal vento, abbattuto al suolo, sollevato a dieci chilometri. Fu respirato da un falco, discese nei suoi polmoni precipitosi, ma non penetrò nel suo sangue ricco, e fu espulso. Si sciolse per tre volte nell’acqua del mare, una volta nell’acqua di un torrente in cascata, e ancora fu espulso. Viaggiò col vento per otto anni, ora alto, ora basso, sul mare e fra le nubi, sopra foreste, deserti e smisurate distese di ghiaccio; poi incappò nella cattura e nell’avventura organica. … Il nostro atomo di carbonio entra nella foglia, collidendo con altre innumerevoli (ma qui inutili) molecole di azoto e ossigeno. Aderisce a una grossa e complicata molecola che lo attiva, e simultaneamente riceve il decisivo messaggio dal cielo sotto la forma folgorante di un pacchetto di luce solare: in un istante, come un insetto preda del ragno, viene separato dal suo ossigeno, combinato con idrogeno e (si crede) fosforo, ed infine inserito in una catena, lunga o breve non importa, ma è la catena della vita.” Questa bella storia sottolinea la stretta connessione esistente fra tutte le forme di materia presenti sulla terra.
Chimica, parole e vita sono mirabilmente amalgamate da Roald Hoffmann, premio Nobel per la chimica nel 1981, poeta e filosofo, in una sua recente opera intitolata Sviluppo sostenibile. Qui, descrivendo l’inarrestabile avvilupparsi di un rampicante attorno a un grande albero, Hoffmann sottolinea il miracoloso potere della fotosintesi. Riportiamo i primi versi, dei quali la traduzione attenua molto l’incanto poetico:
Vivi?
I rampicanti
respingono
la domanda,un
manicotto verde
per questi alberi
che li veste
molto stretti
come l’intreccio di
un polimero impazzito.
In primavera il
problema è degli alberi.
Sono vivi?
Lo rimarranno?
5. Molecole intelligenti
Anche se l’atto più creativo della chimica viene frequentemente associato alla progettazione e alla sintesi di nuove molecole [15], negli ultimi anni la creatività dei chimici si è ancor più manifestata nel riuscire a dare nuove interpretazioni concettuali a ben note reazioni chimiche a cui prendono parte molecole da tempo conosciute [16,17,18,19,20]. In molti campi dell’arte e della scienza la creatività nasce infatti dalla reinterpretazione di concetti o cose del passato alla luce di nuove idee e modi di pensare. Un esempio tipico nel campo della chimica è l’utilizzo di proprietà e molecole note da lungo tempo per ottenere risultati imprevedibili nel campo dell’elaborazione delle informazioni. Nel 1993 l’analogia fra interruttori molecolari e porte logiche fu dimostrata sperimentalmente [21] e da quel momento la possibilità di manipolare segnali luminosi ed elettrici per mezzo di molecole in soluzione [16,17,18,19,22,23,24,25,26,27] è stata presa in considerazione come una possibile strada verso la progettazione e la costruzione di computer chimici [28,29]. Dai primi e semplici esempi di interruttori molecolari, recentemente, si è riusciti a sviluppare sistemi molecolari molto più complessi capaci di svolgere una grande varietà di funzioni logiche [22,23,24,25,26,27]. Un caso particolare di molecola “intelligente” è dato dal [Ru(bpy)3]2+ (bpy = 2,2′- dipiridina), un complesso metallico molto semplice e ben noto, che è in grado di funzionare sia come encoder che come decoder di combinazioni di input ed output elettronici e fotonici [30].
Le proprietà chimiche, fotochimiche ed elettrochimiche del [Ru(bpy)3]2+ e di centinaia di suoi derivati sono stati ampiamente studiati negli ultimi 30 anni [31,32]. Il complesso nel suo stato fondamentale (Figura 4) per assorbimento di luce visibile forma uno stato eccitato spin-permesso, **[Ru(bpy)3]2+, che subisce una disattivazione non radiativa veloce ed efficiente andando a popolare lo stato eccitato spin-proibito, luminescente e ad elevato tempo di vita, *[Ru(bpy)3]2+.

Figura 4. Il complesso [Ru(bpy)3]2+ e le sue forme eccitate e redox ottenute per eccitazione luminosa, o con input elettrochimici [31,32].
Il [Ru(bpy)3]2+ può anche subire processi reversibili sia di ossidazione che di riduzione monoelettronica (e.g., in soluzione di acetonitrile) che possono diventare energeticamente più favorevoli partendo dalla molecola *[Ru(bpy)3]2+ grazie all’extra- energia presente nello stato eccitato (trasferimento elettronico fotoindotto, Figura 4).
Inoltre è ben noto che la reazione di comproporzione fra la specie ossidata [Ru(bpy)3]3+ e quella ridotta [Ru(bpy)3]+ (Eq. 1) è altamente esoergonica e dà origine ad una molecola [Ru(bpy)3]2+ allo stato fondamentale e ad una allo stato eccitato, *[Ru(bpy)3]2+, che si disattiva per via radiativa (luminescenza indotta da trasferimento elettronico).
[Ru(bpy)3]3+ + [Ru(bpy)3]+ → [Ru(bpy)3]2+ + *[Ru(bpy)3]2+ (Eq. 1)
Questi risultati mostrano che il complesso [Ru(bpy)3]2+ è capace di processare ed anche scambiare input sia di tipo elettronico che luminoso (Figura 4). Gli spettri di assorbimento di [Ru(bpy)3]3+, [Ru(bpy)3]2+ e [Ru(bpy)3]+ sono sufficientemente differenti da poter definire opportuni valori di soglia in assorbanza a diversa lunghezza d’onda (310, 450 e 530 nm) per le tre specie che si interconvertono. Inoltre [Ru(bpy)3]2+ mostra un’intensa banda di emissione (λmax = 620 nm) mentre [Ru(bpy)3]3+ e [Ru(bpy)3]+ non sono luminescenti. Grazie ad una interpretazione nuova e globale sia delle proprietà spettroscopiche che dei processi fotochimici ed elettrochimici di questa fantastica molecola, è stato possibile mettere in evidenza la sua capacità a comportarsi come encoder e decoder (Figura 5) [30].

Figura 5. Rappresentazione schematica delle tabelle di verità di (a) un 4-2 encoder, e (b) un 2-4 decoder basati sul [Ru(bpy)3]2+ [30].
L’esempio appena descritto è solo uno dei tanti sistemi sviluppati con lo scopo di mimare le funzioni degli operatori booleani a livello molecolare [27]. A parte il futuristico sviluppo di computer chimici, molti recenti lavori mostrano come dispositivi basati sulla logica molecolare potrebbero trovare applicazioni pratiche e reali in un futuro non troppo lontano. Un esempio è dato dall’uso di porte logiche molecolari per contrassegnare e identificare piccoli oggetti in un sistema densamente popolato [33], metodo chiamato di molecular computational identification (MCID) [34]. In questo tipo di approccio un “identificatore” è rappresentato dalla risposta univoca di un certo set di porte logiche ottenuta in seguito ad uno specifico set di input in specifiche condizioni sperimentali. Per testare questo tipo di tecnica, le porte logiche molecolari a singolo input 1–3 (Figura 6) sono state unite chimicamente a perline di polimero di Tentagel-S- NH2 (100 μm) [34]. I composti 1, 2, e 3 originano un output di tipo fluorescente con PASS 1, in logica SI e NO, sotto l’azione di un protone come segnale di input in soluzione, mentre le perline non derivatizzate con la porta logica rispondono con una logica PASS 0. La Figura 6b mostra come le perline contrassegnate con diverse porte logiche possano essere facilmente distinte le une dalle altre all’interno di un insieme sulla base del responso logico della loro fluorescenza in seguito all’aggiunta di soluzioni acide o basiche. Il numero di diversi interruttori chimici che possono essere utilizzati come marcatori può essere incrementato aumentando il numero di caratteri logici ed includendo anche quelli che sono in grado di rispondere a più di un input (AND, OR, XOR, INH, ecc.). Nei composti 1–3 possono essere utilizzati come unità segnalatrici anche luminofori diversi dall’antracene.

Figura 6. (a) Formula di struttura di PASS 1 gate 1, SI gate 2, e NO gate 3 che sono unite a perline polimeriche per marcatura ed identificazione. (b) Immagine al microscopio di fluorescenza (λexc=366 nm) di una miscela di perline con due differenti identificatori logici in CH3OH/H2O 1:1 v/v in presenza di HCl (sopra) e NaOH (sotto). Ogni perlina nella figura può essere chiaramente identificata dalla sua risposta logica agli stimuli chimici utilizzati: A, C, e G: PASS 1; B ed F: NO; D, PASS 1 + SI (1:1); E ed I: SI; F: NO; J: PASS 0. Adattato dalla referenza 34.
Questo studio evidenzia come si possa progettare un grande numero di porte logiche molecolari, ognuna delle quali mostra una sua caratteristica firma (output luminescente) in seguito ad uno specifico input sia di tipo chimico (input di ioni o molecole) che fisico (luce o calore). Questo set iniziale di etichette può essere ulteriormente incrementato se gli oggetti bersaglio sono marcati con miscele di porte logiche in un definito rapporto molare e nel caso in cui vengano considerati più di due output. L’“indirizzo” finale di un tag MCID di un dato oggetto potrebbe essere rappresentato da una sequenza di termini, come in una targa automobilistica o negli indirizzi IP di internet: per esempio (λmax,exc).(λmax,em).(logic types and combinations).(input types).(input thresholds). In questo caso il marcatore della perlina D in Figura 6b potrebbe essere rappresentato come (368).(422).(PASS 1 + YES, 1:1).(H+, H+).(none, pH=4.9) [34].
La logica molecolare potrebbe anche rivelarsi utile per l’uso di nano sistemi in applicazioni terapeutiche. Congegni molecolari capaci di generare un output di tipo chimico elaborando input chimici in accordo con funzioni logiche programmate possono essere visti come sistemi a rilascio “intelligente” o “sicuro”. Questi sistemi potrebbero rilasciare farmaci solo in risposta ad una predeterminata sequenza di input, oppure quando la concentrazione di un dato numero di input chimici, indici di una certa condizione, ad esempio una particolare patologia, sale o scende al di sotto una determinata soglia.
Un esempio interessante è dato da un dispositivo molecolare semibiologico capace di controllare il folding di una proteina con una logica di tipo AND in risposta alla presenza di ATP (adenosin trifosfato) e di uno stimolo luminoso [35]. Degno di nota è anche un automa molecolare basato su DNA (acido deossiribonucleico) ed enzimi che modificano il DNA [36,37] che è stato utilizzato per analizzare l’espressione genica per poi controllare la somministrazione di molecole biologicamente attive. Questo automa è stato programmato per identificare ed analizzare in vitro l’RNA (acido ribonucleico) messaggero di geni associati ad alcuni tipi di cancro e generare un singolo filamento di DNA privo del problema genico riscontrato [37].
6. Dalle molecole ai dispositivi ed alle macchine molecolari
Negli ultimi 30 anni i chimici hanno imparato ad assemblare molecole diverse [17] e oggi, sfruttando l’approccio chiamato “bottom-up” [38], hanno possibilità praticamente infinite di progettare e costruire nuove specie supramolecolari di grande rilevanza per lo sviluppo della nanotecnologia.
La nanotecnologia è stata definita da Roald Hoffmann come “Il matrimonio fra il talento sintetico dei chimici e una mentalità di tipo ingegneristico” [39] e i chimici, infatti, hanno esteso il concetto macroscopico di dispositivo e macchina a livello molecolare, cioè nanometrico [38,40,41,42,43,44,45,46,47,48,49,50,51,52]. Un dispositivo a livello molecolare può essere definito come un assemblaggio di un numero discreto di componenti molecolari (cioè una struttura supramolecolare) progettato per svolgere una specifica funzione. Ogni componente molecolare svolge una singola funzione, mentre l’intero sistema supramolecolare svolge una funzione più complessa che deriva dalla cooperazione dei componenti. Una macchina molecolare è un particolare tipo di dispositivo molecolare in cui le parti costituenti possono muoversi le une rispetto alle altre a seguito di stimoli esterni. Le macchine ed i dispositivi a livello molecolare, così come quelli macroscopici, necessitano di energia per funzionare e di segnali per poter comunicare con l’operatore.
È interessante notare che l’approccio bottom-up usato per la costruzione di dispositivi e macchine a livello molecolare è stato anticipato e descritto in maniera mirabile da Primo Levi nel già citato libro La chiave a stella [53]: “ma lei capisce che è più ragionevole arrivarci a poco per volta, montando prima due pezzi solo, poi il terzo e così via. … non abbiamo quelle pinzette che sovente ci capita di sognare di notte …. Se quelle pinzette le avessimo (e non è detto che un giorno non le avremo) saremmo già riusciti a fare delle cose graziose che fin adesso le ha fatte solo il Padreterno, per esempio a montare non dico un ranocchio o una libellula, ma almeno un microbo o il semino di una muffa.”
Fino ad oggi nessuno è riuscito a costruire un sistema chimico complesso come un microbo o una spora di muffa ma, negli ultimi anni, sono stati progettati e costruiti un numero enorme di semplici macchine e dispositivi molecolari.
7. Dispositivi molecolari
7.1 Un sistema presa/spina molecolare
Specie supramolecolari i cui componenti interagiscono attraverso la formazione di legami non covalente possono essere disassemblati e riassemblati [54] agendo sull’interazione che tiene uniti i singoli componenti. In questo modo è possibile proibire o permettere eventuali processi di trasferimento di energia o di elettroni. Un sistema a due componenti che mostra un simile comportamento ricorda molto da vicino quello di una presa ed una spina elettriche. Infatti, come le controparti macroscopiche, il sistema molecolare è caratterizzato (i) dalla possibilità di connettere e disconnettere in maniera reversibile i due componenti e (ii) dalla possibilità di avere un flusso di elettroni o di energia elettronica dalla presa alla spina solo quando queste risultano connesse l’una con l’altra. Le interazioni a legame idrogeno fra ioni ammonio ed eteri corona sono particolarmente indicate per costruire dispositivi molecolari di tipo presa/spina poiché possono essere connessi o disconnessi molto velocemente ed in maniera reversibile attraverso stimoli acido-base.
Un sistema presa/spina attraverso il quale viene trasferita energia elettronica è illustrato in Figura 7 [55]. Gli spettri di assorbimento e di fluorescenza di soluzioni in CH2Cl2 contenenti le stesse quantità di etere corona 4 e di ammina 5 indicano l’assenza di qualsiasi tipo di interazione fra i due componenti. L’aggiunta di quantità stechiometriche di acido provoca profondi cambiamenti nella fluorescenza caratteristica del sistema: la fluorescenza dell’etere 4 è spenta, mentre quella dello ione 5-H+ è sensibilizzata per assorbimento di luce da parte dell’etere corona. Queste osservazioni mostrano che si è formato un addotto di tipo pseudorotassano, 4⊃5H+, in cui ha luogo un efficientissimo processo di trasferimento di energia dall’unità binaftilica dell’etere corona all’antracene incorporato nel gruppo contenente lo ione dialchilammonio. Lo pseudorotassano può essere disassemblato per aggiunta di una quantità stechiometrica di base, con conseguente interruzione del flusso di energia fotoindotto, come mostra chiaramente il ripristino degli spettri di assorbimento ed emissione iniziali. È interessante sottolineare che il processo di assemblaggio non ha luogo quando si usa un componente spina incompatibile con le dimensioni del componente presa, come nel caso dell’ammina sostituita 6 (Figura 7).

Figura 7. Sistema presa/spina a livello molecolare per il trasferimento di energia basato sull’infilamento/sfilamento reversibile, guidato da stimoli acido- base, dello pseudorotassano 4⊃5H+ (CH2Cl2; temperatura ambiente). L’infilamento nel macrociclo 4 del composto 6, che incorpora il gruppo ingombrante benzile, non avviene [55].

Figura 8. Rappresentazione schematica del meccanismo di funzionamento di una prolunga elettrica.
7.2 Una prolunga elettrica a livello molecolare
Il concetto di sistema presa/spina descritto sopra può essere usato per progettare sistemi molecolari che simulano la funzione svolta da una prolunga elettrica nella quale sono coinvolte tre diverse componenti che devono essere unite tramite due connessioni indipendenti e reversibili. Nel sistema completamente connesso un elettrone (oppure energia elettronica) deve poter fluire dal donatore all’accettore attraverso il componente centrale (Figura 8).
Un sistema che mostra un tale comportamento è composto dai tre componenti 72+, 8H+ e 92+ rappresentati in Figura 9a [56]. Il componente 72+ è costituito da due subunità [57]: un [Ru(bpy)3]2+ che svolge la funzione di elettron-donatore in seguito ad eccitazione luminosa ed il macrociclo dibenzo[24]crown-8 capace di agire come presa mediante la formazione di legami a idrogeno. Il secondo componente 8H+ contiene tre subunità [58]: uno ione dialchilammonio che si comporta da spina inserendosi all’interno della presa
dibenzo[24]crown-8 attraverso la formazione di legami a idrogeno, uno spaziatore
bifenilico ed una unità benzonaphtho[36]crown-10 che grazie alle sue proprietà
elettron-donatrici può svolgere il ruolo di presa nei confronti di composti elettron-
accettori. Infine il dicatione 1,1′-diottil-4,4′-dipiridinio 92+ è la molecola che svolge la funzione di spina elettron-accettrice nei confronti dell’etere corona presente in 8H+. In soluzione di CH2Cl2 le due giunzioni presa/spina possono essere controllate indipendentemente ed in modo reversibile rispettivamente attraverso stimoli acido-base o redox. L’assemblaggio del sistema può essere monitorato attraverso le variazioni degli spettri di assorbimento ed emissione dovute ai diversi tipi di interazione (legame idrogeno e donatore-accettore) che connettono i componenti. Nel sistema completamente assemblato, 72+⊃8H+⊃92+, l’eccitazione della subunità [Ru(bpy)3]2+ contenuta in 72+ è seguita dal trasferimento di un elettrone al componente 92+; tale trasferimento avviene attraverso 8H+ che fa da tramite fra il primo e il terzo componente e che, pertanto, svolge il ruolo di prolunga (Figura 9b). L’effettivo verificarsi di questo processo è stato confermato mediante esperimenti di laser flash-photolysis al nanosecondo e, specificatamente, dalla presenza di un segnale di assorbimento transiente che può essere assegnato in maniera inconfutabile alla specie monoridotta del componente 92+ ottenuta per trasferimento fotoindotto di un elettrone da parte dello stato eccitato di [Ru(bpy)3]2+. È interessante notare che la prolunga molecolare 8H+ è in grado di interagire con il componente elettron-accettore solo se è già complessato con la presa contenuta in 72+ [58]. In aggiunta il trasferimento elettronico fotoindotto può essere alimentato da energia solare in quanto la subunità [Ru(bpy)3]2+ del componente 72+ presenta una banda di assorbimento larga ed intensa proprio nella regione dello spettro visibile.

Figura 9. Sistema chimico che mima una prolunga elettrica. Formule di struttura dei tre componenti molecolari 72+, 8H+ e 92+ che (a) si autoassemblano in soluzione (CH2Cl2; temperatura ambiente) per dare (b) la triade 72+⊃8H+⊃92+. Nel sistema totalmente unito l’eccitazione con luce visibile dell’unità [Ru(bpy)3]2+ di 72+ è seguita da un trasferimento elettronico a 92+, con 8H+ che gioca il ruolo di prolunga [56].
7.3 Dendrimeri: molecole utili ed affascinanti
Molecole altamente ramificate che possiedono una struttura simile a quella di un albero sono chiamati dendrimeri, dalla parola greca dendron (Figura 10). Come gli alberi, i dendrimeri sono molecole belle da vedere ed in grado anche di produrre “frutti”, cioè di svolgere funzioni utili.

Figura 10. I dendrimeri sono molecole altamente ramificate con struttura simile a quella di un albero.

Figura 11. Rappresentazione schematica di un’antenna per la raccolta della luce.
7.3.1 Antenne che raccolgono la luce
Negli ultimi dieci anni grande attenzione dal punto di vista scientifico è stata posta sulla progettazione e sulla sintesi di dendrimeri [59,60] capaci di svolgere il ruolo di antenne molecolari (Figura 11) in sistemi artificiali per la conversione dell’energia solare.
La presenza di cavità nella struttura permette ai dendrimeri di ospitare al loro interno molecole di vario tipo. In seguito all’assorbimento di luce da parte di gruppi cromoforici disposti alla periferia del dendrimero è possibile trasferire energia ad una molecola luminescente in esso ospitata e avere così emissione di luce caratteristica di questa molecola. La lunghezza d’onda dell’emissione può essere così modulata semplicemente cambiando la molecola luminescente ospitata, senza apportare modifiche strutturali al dendrimero stesso.

Figura 12. Formula di struttura del dendrimero 10 (in alto) e schematizzazione del processo di trasferimento di energia dalle unità dimetossibenzeniche e naftaleniche presenti nei dendroni al dansile ospitato nelle cavità del dendrimero (in basso) [61].
Un esempio di questo tipo di sistemi è rappresentato dal dendrimero 10 (Figura 12, in alto) che è costituito da un core amminico da cui si dipartono quattro ramificazioni contenenti le unità capaci di assorbire ed emettere luce. Più specificamente questo dendrimero contiene 8 unità di tipo dansilico, 24 di tipo dimetossibenzenico, e 32 di tipo naftalenico [61]. In seguito all’assorbimento di luce da parte dalle unità periferiche di dimetossibenzene e naftalene si osserva un processo di trasferimento di energia ad alta efficienza (>90%) verso le unità dansiliche che si disattivano emettendo luce. Se però il dendrimero ospita una molecola di eosina (Figura 12, in basso) si ha la scomparsa dell’emissione da parte delle unità dansiliche e la comparsa nella regione visibile dello spettro della tipica emissione dell’eosina. Questa molecola incapsulata nelle cavità del dendrimero risulta quindi in grado di ricevere energia elettronica da tutte le 64 unità cromoforiche presenti nella struttura dendritica (effetto antenna): la luce UV utilizzata come input viene pertanto convertita in un output di radiazione visibile. Scegliendo opportunamente il colorante da incorporare all’interno del dendrimero è possibile selezionare in maniera molto precisa la luce visibile che verrà emessa dal sistema.
7.3.2 Batterie molecolari
Un dendrimero costituito da molte unità redox, siano esse identiche fra loro o no, è capace di scambiare elettroni con altre molecole o con un elettrodo e, pertanto, è in grado di svolgere la funzione di batteria molecolare [62,63]. Per ottenere sistemi con questo tipo di comportamento le unità redox attive devono possedere opportune caratteristiche come (i) completa reversibilità chimica, (ii) processi di trasferimento elettronico molto veloci, (iii) potenziale redox facilmente accessibile ed (iv) elevata stabilità chimica nelle condizioni di utilizzo.
Fra le unità redox attive da incorporare in potenziali batterie molecolari a struttura dendritica sono comunemente usati il ferrocene ed i suoi derivati metilici, grazie alla loro buona reversibilità elettrochimica. Un recente esempio è costituito da dendrimeri giganti contenenti fino a 39 (settima generazione) unità ferroceniche o pentametilferroceniche (un rappresentante di questa famiglia è il composto 11 riportato in Figura 13 che contiene 81 unità ferroceniche) [64].
Questi dendrimeri sono stati caratterizzati con svariate tecniche: (i) la voltammetria ciclica ha mostrato una totale reversibilità chimica ed elettrochimica del sistema fino alla settima generazione, evidenziando come tutte le unità ferrocene si ossidino contemporaneamente allo stesso potenziale; (ii) la coulometria ha dimostrato che il numero di elettroni scambiato è uguale al numero di ferroceni presenti nella periferia del dendrimero (la differenza del 17% fra il numero teorico e quello sperimentale per i dendrimeri più grandi è dovuta a difetti strutturali); (iii) l’ossidazione chimica ha permesso di isolare e caratterizzare il dendrimero ossidato e quello a valenza mista Fe(III)/Fe(II); (iv) la microscopia a forza atomica, usata per studiare il comportamento del sistema su un substrato di mica, ha dato la possibilità di misurare e confrontare le dimensioni del dendrimero neutro e di quello ossidato, evidenziando per il dendrimero di quinta generazione che il diametro medio della specie ossidata (6.5 ± 0.6 nm) è molto maggiore di quello della specie neutra (4.5 ± 0.4 nm). Questi metallo-dendrimeri giganti, quindi, è come se “respirassero” con un ritmo controllato dal potenziale redox. Un comportamento di batteria molecolare è stato anche riscontrato per dendrimeri contenenti unità viologeno (con il termine viologeno si indicano comunemente le unità
di 4,4′-dipiridinio), grazie alla loro capacità di immagazzinare, a potenziali facilmente accessibili, un numero di elettroni doppio rispetto al numero di unità di viologeno che sono incorporate nella struttura dendritica [65,66].

Figura 13. Formula di struttura della seconda generazione del metallo-dendrimero 11 contenente 81 unità ferrocene periferiche [64].
Abbastanza recentemente, però, è stato osservato un comportamento leggermente diverso per due famiglie di dendrimeri (Figura 14) contenenti unità viologeno, ma differenti gruppi periferici [67,68,69]. Esperimenti elettrochimici hanno infatti evidenziato che in tutti i casi solo una frazione dei viologeni presenti può essere ridotta e che questa frazione corrisponde (nell’ambito dell’errore sperimentale) al numero di viologeni che sono presenti nella sfera esterna della struttura dendritica (6 per i composti A918+ e B918+, e 12 per A2142+ e B2142+). Questi esperimenti hanno anche mostrato che i viologeni accessibili di ogni dendrimero vengono monoridotti allo stesso potenziale. Un risultato interessante è che il potenziale di riduzione delle unità non è influenzato dallo stato di ossidazione delle altre unità elettroattive: proprietà ideale per ottenere una batteria molecolare. Esperimenti di riduzione fotochimica, oltre a confermare il fatto che solo i viologeni periferici possano essere ridotti, hanno messo in evidenza che i viologeni monoridotti danno dimerizzazione, un processo ben noto, chiamato pimerizzazione [70], già osservato in altri dendrimeri basati su viologeni [65,66,71].
8. Macchine molecolari
Il progresso della civiltà è da sempre strettamente legato alla progettazione e costruzione di dispositivi capaci di facilitare gli spostamenti ed i viaggi dell’uomo: dalla ruota ai motori a reazione. A tutt’oggi la corsa verso la miniaturizzazione ha portato gli scienziati a studiare la possibilità di progettare e costruire macchine di dimensioni nanometriche, cioè a livello molecolare. D’altra parte, molti tipi di macchine molecolari sono presenti in natura (per esempio l’ATP sintasi) dove svolgono svariate ed importanti funzioni [72]. Le macchine molecolari naturali, però, sono estremamente complesse ed ogni sforzo per replicare in laboratorio sistemi di tale complessità utilizzando l’approccio bottom-up è al momento senza speranza. Ad oggi quello che i chimici sanno fare nel campo delle macchine molecolari artificiali è costruire prototipi semplici costituiti da pochi componenti molecolari, ma capaci di compiere movimenti in modo controllato.

Figura 14. Formule di struttura di due famiglie di dendrimeri contenenti un core 1,3,5-trisostituito di benzene e 9 (A918+ e B918+) e 21 (A2142+ e B2142+) unità di viologeno nelle ramificazioni [67,68,69].
8.1 Movimenti lineari in rotassani
Un rotassano è un sistema supramolecolare composto da un macrociclo (anello) in cui è infilata in una molecola lineare (asse) terminante con due gruppi ingombranti (stopper).
Pertanto, i due componenti non si possono dissociare, ma l’anello è libero di muoversi lungo l’asse (Figura 15).

Figura 15. Rappresentazione schematica di un rotassano con due stazioni del suo funzionamento come “navetta molecolare” (a). I diagrammi sotto ogni disegno mostrano una rappresentazione schematizzata dell’energia potenziale del sistema come funzione della posizione dell’anello relativamente a quella dell’asse, prima (b) e dopo (c), la disattivazione della stazione A.
Quando l’asse contiene due differenti siti di riconoscimento (stazioni) per l’anello, attraverso un opportuno stimolo esterno si può indurre lo spostamento dell’anello da una stazione all’altra, così che il rotassano può esistere in due stati, 0 ed 1, come mostrato in Figura 15) [38]. I rotassani sono sistemi molto interessanti per la costruzione di macchine molecolari a movimento lineare che, in base al tipo di input energetico usato, possono essere attivate per via chimica, elettrochimica, o fotochimica. È importante sottolineare che il movimento controllato in un rotassano risulta essere importante non solo dal punto di vista meccanico, ma anche dal punto di vista dell’elaborazione dell’informazione a livello molecolare.
Consideriamo ora il rotassano 126+ [73,74] (Figura 16), come esempio di rotassani in cui lo spostamento dell’anello è attivato per via fotochimica. Si tratta di un sistema alquanto complesso che incorpora un elevato numero di unità, ciascuna in grado di svolgere una specifica funzione, e accuratamente progettato per comportarsi come un motore a quattro tempi azionato dalla luce. È infatti costituito da un anello elettron- donatore e da un asse contenente: un [Ru(bpy)3]2+ (P2+), che svolge il ruolo di stopper e di unità fotoattiva, un p-terfenile, che ha la funzione di spaziatore rigido, un’unità 4,4′- dipiridinio (EA12+) e un’unità 3,3′-dimetil-4,4′-dipiridinio (EA22+), che rappresentano le stazioni elettron-accettrici per l’anello, ed, infine, un gruppo tetraarilmetano che svolge il ruolo di secondo stopper.
L’isomero traslazionale più stabile è quello in cui l’anello circonda l’unità EA12+, come atteso dal momento che questa stazione è un elettron-accettore migliore rispetto a EA22+. Lo spostamento fotoindotto dell’anello fra le due stazioni avviene con un meccanismo basato sui seguenti quattro stadi (Figura 16) [74].

Figura 16. Formula di struttura del rotassano 126+ (in alto) e meccanismo di funzionamento per lo spostamento fotoindotto dell’anello (in basso). Le curve a destra mostrano una rappresentazione schematica dei profili di energia potenziale per ognuna delle strutture molecolari illustrate a sinistra [73,74].
(a) Destabilizzazione dell’isomero traslazionale più stabile: l’eccitazione luminosa dell’unità fotoattiva P2+ è seguita dal trasferimento di un elettrone dallo stato eccitato alla stazione EA12+ circondata dall’anello (processo 1) con conseguente destabilizzazione della stazione; questo processo di trasferimento elettronico fotoindotto deve competere con il decadimento intrinseco dello stato eccitato di P2+.
(b) Spostamento dell’anello: l’anello si sposta dalla stazione ridotta EA1+ alla stazione EA22+ (processo 2); questo processo deve competere con il trasferimento elettronico inverso da EA1+ (ancora circondata dall’anello) all’unità fotoattiva ossidata P3+,condizione particolarmente difficile da soddisfare, ma fondamentale per il funzionamento del motore molecolare. (c) Reset elettronico: un processo di trasferimento elettronico dalla stazione EA1+ libera dall’anello a P3+ (processo 3) ristabilisce le capacità elettron-accettrici di questa stazione. (d) Reset strutturale: come conseguenza del reset elettronico, l’anello si sposta dalla stazione EA22+ alla stazione EA12+ (processo 4), ristabilendo la struttura iniziale.
In linea di principio, ogni fotone assorbito dal sistema può portare ad uno spostamento avanti ed indietro dell’anello (cioè ad un ciclo completo del sistema) senza generare alcun tipo di prodotti di scarto. In pratica, però, l’efficienza del sistema è molto bassa poiché l’84% delle specie eccitate *P2+ subisce disattivazione intrinseca, processo in competizione con il trasferimento elettronico (processo 1), e l’88% della specie ridotta EA1+ dà trasferimento elettronico inverso (processo 2) prima dello spostamento dell’anello [75]. Come conseguenza la resa quantica del sistema è bassa (2%); questo risultato, che potrebbe sembrare deludente, è però largamente compensato dal fatto che il motore molecolare a quattro tempi realizzato ha peculiarità uniche: (i) è alimentato da luce visibile (in altre parole da luce solare); (ii) si muove in maniera autonoma, come i motori proteici; (iii) non genera alcun tipo di prodotti di scarto; (iv) il meccanismo è totalmente intramolecolare e, quindi, operativo anche a livello di singola molecola; (v) funziona ad una frequenza di circa 1 kHz; (vi) funziona in condizioni sperimentali blande (cioè in soluzione ed a temperatura ambiente); (vii) è stabile per circa 103 cicli.
Un’altra macchina molecolare, attivata per via chimica, è stata progettata e sintetizzata estendendo la struttura dell’asse a due stazioni da monodimensionale a tridimensionale [76]. Questa nuova macchina, strutturalmente molto affascinante, è costituita dal componente triforcato 13H36+, che contiene due stazioni in ognuna delle tre gambe (Figure 17a) e che è infilato nel recettore tritopico 14 formato da tre eteri corona benzo[24]crown-8 fusi assieme su un core trifenilenico. Il sistema autoassemblato 14⊃13H36+ è stato quindi convertito nel rotassano 15H39+ chiudendo con un gruppo ingombrante l’estremità di ciascuna gamba di 13H36+ [77,78].
Il rotassano ottenuto, alto circa 2.5 nm e con un diametro di circa 3.5 nm, si comporta come un ascensore a livello molecolare dal momento che la piattaforma costituita dal recettore 14 può muoversi fra due livelli ben definiti che corrispondono alle due stazioni (ione ammonio ed unità di 4,4′-dipiridinio) incorporate in ciascun pilone del componente triforcato. Inizialmente la piattaforma si trova esclusivamente sul livello “più alto”, cioè con i tre anelli che circondano i centri ammonio (Figura 17b, Stato 0; poiché l’ascensore molecolare funziona in soluzione, quindi senza un possibile controllo dell’orientazione relativa della molecola rispetto ad un sistema di riferimento, i termini
“più alto” e “più basso” sono usati solo a scopo descrittivo). Aggiungendo una base forte non nucleofila ad una soluzione di acetonitrile di 15H39+ si ottiene la deprotonazione dei centri ammonio e, come risultato, la piattaforma si sposta al livello inferiore, cioè con i tre eteri corona che circondano le unità dipiridinio (Figura 17c, Stato 1). La distanza percorsa dalla piattaforma è di ~ 0.7 nm la forza che viene generata è di 200 pN, cioè più di un ordine di grandezza maggiore di quella generata da motori lineari naturali come la kinesina. La struttura corrispondente allo Stato 1 è stabilizzata principalmente dalle interazioni a trasferimento di carica fra le unità aromatiche elettron-donatrici della piattaforma e le unità dipiridinio elettron-accettrici del componente triforcato. Una successiva aggiunta di acido al composto 156+ ripristina i centri ammonio e la piattaforma ritorna al livello più alto. Il movimento ‘su-giù’ simile a quello di un ascensore può essere ripetuto molte volte e può essere seguito tramite spettroscopia 1H NMR, spettroscopia di assorbimento e di emissione e per via elettrochimica [77,78]. Un dettagliato studio spettroscopico ha dimostrato che la piattaforma si sposta in tre diversi stadi, ognuno associato ad una dei tre successivi processi di deprotonazione. Da questo punto di vista il sistema ricorda più un animale che cammina che un ascensore.

Figura 17. (a) Autoassemblaggio del sistema supramolecolare a tre gambe 14⊃13H36+ e seguente sintesi della specie interconnessa 15H39+. (b, c) Rappresentazione schematica dei movimenti del sistema 15H39+ che funziona come un ascensore molecolare controllato da stimoli acido-base [76,77,78].
Il movimento meccanico della piattaforma nel sistema supramolecolare 15H39+, controllato da stimoli di tipo acido-base, è associato ad interessanti modifiche strutturali
come, per esempio, l’apertura e la chiusura di una grande cavità (1.5 nm × 0.8 nm), che potrebbe essere usata, in linea di principio, per controllare l’associazione o il rilascio di molecole ospiti, una funzione di grande interesse per lo sviluppo di sistemi a rilascio di farmaci.
8.2 Movimenti di un anello in catenani
Un catenano è una sistema supramolecolare composto da due o più macrocicli interconnessi fra loro. Da un punto di vista macroscopico il movimento meccanico di un anello rispetto ad un altro in un catenano ricorda quello di un “giunto a sfera” (Figura 18, in alto) [79], ma anche il funzionamento di un “giunto cardanico” (Figura 18, in basso) [79], dal momento che la torsione di un anello attorno all’asse principale del catenano forza l’altro anello a ruotare nella stessa direzione.

Figura 18. Movimenti meccanici di un anello rispetto ad un altro all’interno di un catenano che dal punto di vista macroscopico ricordano un “giunto a sfera” (in alto) ed un “giunto cardanico” (in basso).
Come già detto nel caso dei rotassani, anche nei catenani i movimenti meccanici possono essere indotti da stimoli chimici, elettrochimici o fotochimici. I catenani 164+ e 174+ (Figura 19) sono esempi di sistemi in cui il movimento conformazionale può essere controllato per via elettrochimica [80,81]; questi catenani sono costituiti da un ciclofano tetracationico, elettron-accettore e simmetrico, e da un anello non simmetrico comprendente due diverse unità elettron-donatrici: un tetratiofulvalene (TTF) ed un dimetossibenzene (DOB) (164+), oppure un dimetossinaftalene (DON) (174+). Poiché il TTF è un miglior elettron-donatore rispetto ai diossiareni, come atteso dai valori dei potenziali a cui si ossidano, la conformazione termodinamicamente stabile di questi composti è quella in cui il ciclofano simmetrico racchiude l’unità di TTF dell’anello non simmetrico (Figura 19a, Stato 0)
L’ossidazione monoelettronica del TTF è accompagnata da una rotazione dell’anello non simmetrico attraverso la cavità del ciclofano tetracationico; ciò è dovuto al fatto che, a seguito dell’ossidazione, l’unità di TTF, acquistando una carica positiva e diminuendo la sua capacità elettron-accettrice (Figura 19b), viene espulsa dalla cavità del ciclofano tetracationico ed è rimpiazzata dall’unità diossiarenica neutra (Figura 19c, Stato 1). La successiva riduzione dell’unità TTF ossidata ristabilisce la conformazione iniziale (Figura 19d) in quanto il TTF neutro, riacquistato il suo più forte potere elettron-donatore, sposta l’unità diossiarene e recupera la posizione all’interno del ciclofano. La rotazione dell’anello in questi catenani può anche essere ottenuta chimicamente sfruttando la tendenza dell’o-cloranile ad interagire con il TTF [80,81]. Utilizzando questo reagente è stato infatti possibile portare il TTF fuori dalla cavità ciclofanica e bloccarlo in questa posizione finché, per aggiunta di una miscela di Na2S2O5 e NH4PF6 in H2O, l’addotto formato tra il TTF e l’o-cloranile viene distrutto con conseguente ripristino della conformazione originale con il TTF all’interno della cavità ciclofanica.

Figura 19. Rotazione dell’anello controllata con stimoli redox nei catenani 164+ e 174+ che contengono un ciclofano simmetrico come accettore di elettroni ed un anello non simmetrico come donatore di elettroni [80,81].
Il catenano 174+ è stato anche inserito all’interno di un dispositivo allo stato solido che potrebbe essere usato per costruire memorie di tipo RAM [82,83] e anche per la costruzione di sistemi elettrocromici in quanto i suoi vari stati redox sono caratterizzati da colori diversi [80,81,84].
Scegliendo opportunamente le unità funzionali da incorporare nei componenti di un catenano si ha la possibilità di ottenere funzioni più complesse di quelle appena illustrate. Un esempio è rappresentato dal catenano 18H5+ (Figura 20) composto da un etere corona simmetrico e da un anello ciclofanico contenente tre diversi siti di riconoscimento: due unità dipiridinio ed uno ione ammonio [85]. Le proprietà elettrochimiche, così come gli spettri di assorbimento, mostrano che l’etere corona circonda un’unità dipiridinio del ciclofano sia nel catenano 18H5+ (Figura 20a) che nella sua forma deprotonata 184+ (Figure 20b), indicando che la deprotonazione/protonazione dello ione ammonio non causa alcuno spostamento dell’anello (Stato 0). Esperimenti elettrochimici hanno anche evidenziato che la riduzione monoelettronica di entrambe le unità dipiridinio di 18H5+ causa lo spostamento dell’anello sullo ione ammonio (Figura 20c, Stato 1); questo significa che è possibile ottenere una variazione conformazionale del sistema utilizzando uno stimolo elettrochimico. Inoltre, per deprotonazione della forma doppiamente ridotta del catenano (Figura 20d), l’etere corona si sposta su una delle due unità dipiridinio monoridotte (Stato 0). Pertanto per ottenere lo spostamento dell’anello nel catenano deprotonato 184+ è necessario sia ridurre (spegnere) le unità dipiridinio che protonare (accendere) la funzione amminica, il che significa che il movimento meccanico in questo tipo di catenano avviene in accordo alla logica AND [86], funzione associata a due input energetici di differente natura.

Figura 20. Movimenti meccanici che avvengono nel catenano 18H5+. Nel catenano deprotonato 184+ la posizione dell’anello varia in seguito a stimoli di tipo acido-base e redox secondo una logica di tipo AND [85].
La rotazione controllata di un anello molecolare è stata ottenuta anche nel caso di catenani composti da tre macrocicli interconnessi fra loro come, per esempio, il catenano 19H26+ (Figura 21) composto da due macrocicli identici, contenenti le unità elettron-donatrici diossibenzene, incatenati ad un ciclofano in cui sono incorporate due unità elettron-accettrici dipiridinio e due ioni ammonio [85].

Figura 21. Movimenti meccanici che avvengono nel catenano 19H26+ , composto da tre macrocicli interconnessi, mediante stimoli redox. Questi movimenti sono stati ottenuti in seguito alla riduzione/ossidazione delle unità dipiridinio del ciclofano [85].
Per le proprietà dei macrocicli interconnessi la conformazione più stabile del catenano 19H26+ è quella in cui i due anelli circondano le unità dipiridinio; una volta, però, che queste unità vengono ridotte, i due macrocicli si muovono sulle stazioni formate dagli ioni ammonio e successivamente, quando le unità dipiridinio vengono riossidate, recuperano la posizione iniziale.
Bisogna sottolineare che per i catenani considerati, ma anche per le macchine basate su catenani sviluppate recentemente, lo spostamento fra i due stati traslazionali non avviene tramite una rotazione completa. Infatti, a causa dell’intrinseca simmetria del sistema, i movimenti che portano dallo stato iniziale a quello finale e viceversa possono avvenire con uguale probabilità sia in senso orario che in senso antiorario. Un movimento di rotazione unidirezionale (360°) può essere ottenuto solo in sistemi in cui sia presente un qualche elemento di dissimmetria di tipo strutturale o funzionale, cosa che richiede una attenta progettazione [50,87,88]. Un catenano bistabile potrebbe essere un buon punto di partenza nella progettazione di un motore rotatorio; bisogna però
aggiungere un ulteriore elemento di controllo, come illustrato in Figura 22 [47]. L’anello del catenano sul quale ruota l’altro anello deve contenere, oltre i due differenti siti di riconoscimento A e B, un gruppo ingombrante K ed un altro gruppo X, relativamente ingombrante e facilmente rimovibile. Nella conformazione di partenza (I) l’anello ‘mobile’ circonda il sito A (cioè quello con cui dà la migliore interazione) dell’altro anello. In seguito all’applicazione dello stimolo S1, il sito di riconoscimento A viene disattivato (A’) e come conseguenza l’anello si sposta, raggiungendo una nuova conformazione stabile (II), in cui l’anello circonda il sito B: la presenza del gruppo X rende la rotazione in senso antiorario più veloce rispetto a quella in senso orario. A questo punto, l’applicazione dello stimolo S2 rimuove il gruppo X e uno stimolo di reset S-1 riattiva il sito di riconoscimento A; il sistema può ora riportarsi nella conformazione di partenza in cui l’anello mobile circonda il sito A: la presenza del gruppo ingombrante K rende anche in questo caso la rotazione in senso antiorario più veloce rispetto a quella in senso orario. La struttura iniziale del catenano viene, quindi, ripristinata grazie ad uno stimolo di reset S-2 che ricostituisce il gruppo X. La rotazione unidirezionale di questo tipo di catenani avviene, pertanto, con un meccanismo ‘a scatti’ [88,89] che è basato sulla variazione periodica delle superfici di energia potenziale (Figura 22) causata da reazioni fra loro ortogonali (cioè indipendenti). È interessante sottolineare che la direzione della rotazione può essere invertita semplicemente invertendo l’ordine degli input.
Il catenano 20 mostrato in Figura 23a [90] è la brillante e concreta realizzazione di un tale meccanismo ottenuto sfruttando come input la luce. In questo sistema l’anello più grande contiene due siti di riconoscimento per l’anello più piccolo, cioè un’unità fumaramide fotoisomerizzabile (A) e un’unità di succinimmide (B), e due sostituenti ingombranti che possono essere selettivamente rimossi e riattaccati, specificatamente un gruppo sililico (X1) ed un gruppo trifenilmetilico (X2). Nell’isomero di partenza (I in Figura 23b) l’anello più piccolo circonda il sito fumaramide (A) e, in seguito alla sua fotoisomerizzazione E→Z con luce a 254 nm ed alla seguente desilanizzazione (II), l’anello più piccolo si sposta con movimento orario sul sito succinimmide (B). A questo punto il gruppo sililico viene riposizionato (III) e il ritorno all’isomero E dell’unità fumaramidica, seguita dalla rimozione del gruppo ingombrante terfenilico (IV), induce la rotazione di un altro mezzo giro, sempre in senso orario, dell’anello piccolo che va a circondare nuovamente l’unità fumaramide. Infine, il ripristino del sostituente terfenilico rigenera l’isomero iniziale (I). Il risultato globale di tutti questi stadi di reazione ed isomerizzazione è la rotazione oraria completa dell’anello piccolo attorno a quello più grande. Scambiando l’ordine con cui i due gruppi ingombranti vengono rimossi e riposizionati è possibile ottenere, con lo stesso sistema, una rotazione completa dell’anello piccolo in senso antiorario. La struttura dei composti ottenuti dopo
ogni step reattivo, ed in particolare la posizione dell’anello più piccolo, sono stati inequivocabilmente determinati tramite spettroscopia 1H NMR [90]. Questo sistema è molto più complesso di quello illustrato in Figura 22 in quanto contiene due gruppi ingombranti che possono essere controllati indipendentemente e usa tre differenti coppie di stimoli per far avvenire la rotazione monodirezionale: una coppia controlla il riarrangiamento conformazionale e due coppie sono usate per superare le barriere energetiche.

Figura 22. Progettazione di un catenano bistabile in grado di funzionare come un motore rotatorio molecolare controllato da due coppie di stimoli indipendenti. Lo schema di funzionamento è basato sulle variazioni di energia potenziale attese in seguito alle reazioni chimiche ed ai riarrangiamenti conformazionali ottenuti per stimolazione con input indipendenti.
A causa della scala temporale e del numero delle reazioni coinvolte nella rotazione unidirezionale del catenano 20, e di altri catenani simili [91], è praticamente impossibile realizzare motori rotatori con questo tipo di sistemi. Tuttavia l’analisi degli aspetti termodinamici e cinetici del loro meccanismo di funzionamento è di fondamentale importanza per stabilire quali input energetici possono essere usati per sfruttare le fluttuazioni termiche e guidare una rotazione o un moto unidirezionali.

Figura 23. (a) Formula di struttura del catenano 20 e (b) rappresentazione schematica del processo di rotazione unidirezionale dell’anello più piccolo [90].
9. Conclusioni
La chimica è dentro ed attorno a noi: tutti i processi che sostengono la vita sono basati su reazioni chimiche e molte delle cose che usiamo nella vita di tutti i giorni sono molecole naturali (come l’acqua, il grano, l’olio, il legno) o artificiali (come la plastica, le medicine, i pesticidi). Per queste ragioni la chimica è una scienza centrale e la sua importanza e vastità possono essere meglio comprese da un confronto con il linguaggio: le molecole, cioè le parole della materia, sono gli oggetti più piccoli a possedere una propria forma e dimensione e specifiche proprietà; inoltre, come le parole, hanno uno specifico contenuto di informazioni che viene espresso quando interagiscono le une con le altre.
Funzioni più complesse possono essere ottenute attraverso l’assemblaggio di più molecole in sistemi supramolecolari; infatti, se opportunamente progettati e costruiti, questi sistemi in seguito ad eccitazione con input di tipo chimico, elettrico e luminoso possono svolgere una enorme varietà di funzioni basate su processi di trasferimento di energia ed elettroni o su movimenti meccanici.
La chimica, oltre ad essere utile ed importante, ha risvolti affascinanti che hanno ispirato le opere di scrittori, poeti e scultori. La chimica è un libro meraviglioso in continua espansione: tutti i giorni vengono sviluppati nuovi concetti e nuove idee, vengono scoperte nuove molecole naturali e sintetizzate nuove molecole artificiali, vengono assemblati sistemi supramolecolari sempre più complessi e creati dispositivi e macchine molecolari sempre nuovi e sempre più “intelligenti”.
Ringraziamenti Gli autori ringraziano Alberto Credi per discussioni e suggerimenti grafici.
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39. Nel Foresight Update 20, Foresight Institute, Palo Alto, Cal, è riportato che Roald Hoffmann abbia reagito nel seguente modo alla richiesta di definire l’obiettivo della nanotecnologia: “I’m glad you guys (that includes women, of course) found a new name for chemistry. Now you have the incentive to learn what you didn’t want to learn in college.” Chemists have been practicing nanotechnology, structure and reactivity and properties, for two centuries, and for 50 years by design. What is exciting about modern nanotechnology is (a) the marriage of chemical synthetic talent with a direction provided by “device-driven” ingenuity coming from engineering, and (b) a certain kind of courage provided by those incentives, to make arrays of atoms and molecules that ordinary, no, extraordinary chemists just wouldn’t have thought of trying. Now they’re pushed to do so. And of course they will. They can do anything. Nanotechnology is the way of ingeniously controlling the building of small and large structures, with intricate properties; it is the way of the future, a way of precise, controlled building, with, incidentally, environmental benignness built in by design”. http://www.foresight.org/Updates/Update20/Update20.1.html#anchor176004.
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75. Invertendo le posizioni di EA12+ ed EA22+ aumenta la resa quantica del trasferimento elettronico fotoindotto (Φ2 = 0.50), ma si impedisce lo spostamento dell’anello poiché il trasferimento elettronico inverso diventa estremamente veloce: Balzani V, Clemente-León M, Credi A, Semeraro M, Venturi M, Tseng H-R, Wegner S, Saha S, Stoddart JF (2006) Aust J Chem 59:193-206
76. Balzani V, Clemente-León M, Credi A, Lowe JN, Badjic JD, Stoddart JF, Williams DJ (2003) Chem Eur J 9:5348-5360
77. Badjic JD, Balzani V, Credi A, Silvi S, Stoddart JF (2004) Science 303:1845-1849
78. Badjic JD, Ronconi CM, Stoddart JF, Balzani V, Silvi S, Credi A (2006) J Am Chem Soc 128:1489- 1499
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80. Asakawa M, Ashton PR, Balzani V, Credi A, Hamers C, Mattersteig G, Montalti M, Shipway AN, Spencer N, Stoddart JF, Tolley MS, Venturi M, White AJP, Williams DJ (1998) Angew Chem Int Ed 37:333-337
81. Balzani V, Credi A, Mattersteig G, Matthews OA, Raymo FM, Stoddart JF, Venturi M, White AJP, Williams DJ (2000) J Org Chem 65:1924-1936
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84. Steuerman DW, Tseng H-R, Peters AJ, Flood AH, Jeppesen JO, Nielsen KA, Stoddart JF, Heath JR (2004) Angew Chem Int Ed 43:6486-6491
85. Ashton PR, Baldoni V , Balzani V , Credi A, Hoffmann HDA, Martinez-Diaz MV , Raymo FM, Stoddart JF, Venturi M (2001) Chem Eur J 7:3482-3493
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