Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo.
In occasione dell’8 marzo pubblichiamo due post; due visioni dei rapporti fra Donne e Chimica espressi da una donna, Laura Gagliardi ed un uomo, Marco Taddia.
Soffitto in manutenzione.
a cura di Laura Gagliardi.
In occasione dell’8 marzo vorrei commentare le parole di Margherita. Le donne faticano a raggiungere posizioni di “comando”, o a sfondare il cosiddetto soffitto di cristallo, per molte ragioni. C’e’ il motivo storico: le donne non sono mai state in posizione di comando quindi non e’ scontato che lo siano. Come scrive Sheryl Sandeberg nel libro ‘Lean In’ le donne tendono a rimanere indietro, a non sfruttare tutte le opportunita’ che hanno davanti a loro, per varie ragioni. Un fenomeno risaputo e’ la ‘impostor syndrome’, ossia la incapacita’ di riconoscere i propri successi. Le donne sono piu’ soggette a questo stato psicologico degli uomini.
Credono che se occupano un posto importante e’ perche’ tutti intorno a loro hanno fatto errori di valutazione, ma che loro non siano in realta’ all’altezza di questa posizione.
Gli uomini in generale sono molto piu’ a loro agio in posizioni di comando.
Cosa si puo’ fare per cambiare la mentalita’? Parlarne; discutere di questi argomenti con i giovani. Nel mio dipartimento organizziamo un book-club in cui si parla di libri o articoli che affrontano il problema. Con dottorandi e postdoc discutiamo inoltre di come e’ possibile raggiungere un buon equilibrio tra vita professionale e impegni famigliari. E’ stabilito che se una persona e’ soddisfatta personalmente, riesce a dare il meglio anche professionalmente. Quindi e’ importante raggiungere questo equilibrio anche per il proprio successo professionale.
Pensate a una giovane donna che va a fare un intervista per un posto di responsabilità. Tutti i membri della commissione esaminatrice sono uomini molto piu’ grandi di lei. Vi sembra una situazione confortevole perche’ lei possa dare il meglio di se’ e fare vedere quanto vale? Vorrei che gli uomini pensassero di essere nella situazione opposta: essere esaminati da una commissione di donne, per lo piu’ molto piu’ grandi loro. Come si sentirebbero?
Faccio queste riflessioni in prossimita’ dell’8 marzo. In America questa festa non esiste proprio. Non e’ abbastanza consumistica per essere celebrata. Io penso all’8 marzo e a quello che significava per mia madre e le sue amiche negli anni 70. Penso che se ora riesco a fare queste riflessioni e ad essere in una posizione di responsabilita’ e’ grazie a quello che ho imparato da queste donne. Loro hanno fatto moltissimo per le nuove generazioni. Anche noi dobbiamo fare altrettanto.
Nota: La storia dell’8 marzo, Giornata Internazionale della Donna, potete leggerla qui o qui.
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Grandi donne dietro le quinte
a cura di Marco Taddia
E’ consuetudine, in occasione dell’8 marzo, che gli uomini compiano un gesto gentile nei confronti delle donne. Data la sede, vorrei farlo verso le donne che restando nell’ombra permisero ai loro figli, fratelli o mariti di conquistare la fama in campo scientifico, anzi chimico.
Una di queste è Maria Dimitrievna Kornilieva (1793 — 1850). Può darsi che il suo nome risulti sconosciuto a qualcuno mentre, viceversa, non lo sarà sicuramente quello del suo ultimo e diciassettesimo (o forse quattordicesimo) figlio: Dmitrij Ivanovič Mendeleev (Tobol′sk, 1834 – San Pietroburgo, 1907). Le biografie dei grandi scienziati citano solitamente il nome dei genitori, specificano la professione del padre e i rispettivi interessi ma poco dicono sulle madri. Nel caso di Maria non è così e le biografie parlano più di lei che del padre Ivan Pavlovich Mendeleev (Sokolov) (1783 – 1847), morto quando Dmitrij era giovanissimo. Capiremo presto da cosa deriva l’interesse per la madre se, dimenticando per un momento le opere arcinote all’origine della fama di Mendeleev, andremo a curiosare in un’opera “minore”, ignorata da molti: la monografia sulle soluzioni. S’intitola “Issledovanie vodnixlt rastvorov po udelnomu vesu” (Studio delle soluzioni acquose secondo il peso specifico) e fu pubblicata a S. Pietroburgo nel 1887. E’ stata ampiamente commentata in anni vicini a noi da A. Talbot (Approximation theory or a miss is better than a mile, Inaugural Lecture at University of Lancaster, 1970). La monografia reca in apertura una dedica in terza persona alla madre da cui si capisce quale importanza Maria ebbe sulla formazione del figlio. Eccola:
“Questa ricerca è dedicata alla memoria di una madre, da parte del suo nato più giovane. Dirigendo una fabbrica, poteva educarlo solo tramite il proprio lavoro. Lo istruì con l’esempio, lo corresse con l’amore e allo scopo di dedicarlo alla Scienza, lasciò con lui la Siberia consumando così le sue ultime risorse e le sue forze. Morente, ella le disse: “Non cullarti nelle illusion, insisti nel lavoro, e non nelle parole. Ricerca pazientemente la verità divina e scientifica”. La madre aveva capito quanto spesso la dialettica inganna, quanto c’è ancora da imparare e come, con l’aiuto della scienza e senza l’uso della violenza, con amore e risolutezza, si eliminano le superstizioni, le menzogne e gli errori , mettendo in sicurezza la verità che attende di essere scoperta, la libertà di progredire in futuro, il benessere generale e la felicità interiore. Dmitrij Mendeleev considera sacre le parole della madre morente. Ottobre, 1887”
Il motivo di tanta gratitudine è che l’anziana madre, quando il marito morì di crepacuore vedendo la sua fabbrica distrutta da un incendio e volendo a tutti i costi che il figlio continuasse gli studi, lo accompagnò a Mosca alla ricerca di una borsa di studio. Fu un viaggio lungo e faticoso che non produsse risultati perché Dmitrji fu giudicato “carente sui classici”. I due allora proseguirono per S. Pietroburgo e qui, finalmente, Dmitrij fu ammesso all’Istituto Pedagogico Centrale dove si diplomò nel 1855.
Passando dalle madri alle mogli, anche per evitare che si confonda la festa della donna con quella delle mamma, è il caso di ricordare Marie Anne Pierrette-Paulze (1758-1836), la compagna di Antoine Laurent de Lavoisier. Su di lei si è fatto anche un pizzico di “gossip”, come ci ha ricordato Paolo Cardillo in un interessante articolo di qualche anno fa. Marie–Anne fece da assistente al marito, tradusse in francese per lui molte pubblicazioni di chimici britannici (Priestley, Cavendish, Henry) e il libro di R. Kirwan “An Essay on Phlogiston and the Constitution of Acids”.
Questa attività è meno nota rispetto a quella di disegnatrice da cui venne fuori quel capolavoro grafico che sono le tredici tavole in rame del Traité de Chimie (1789). Sono firmate Paulze Lavoisier Sculpsit e se andrete a rivederle (http://gallica.bnf.fr/), vi accorgerete che un po’ di grande beauté non mancava neppure laddove è nata la chimica moderna.
Riferimenti
J.R. Partington, A History of Chemistry, vol. 4, (1972), Martino Pub., CT, p. 891 e segg.
http://www.mendcomm.org/Mendeleev.aspx
J. Kendall, Great Discoveries by Young Chemists, Thomas Nelson, London, 1959
http://www.math.technion.ac.il/hat/fpapers/TalbotIL.pdf
P. Cardillo, La Chimica e l’Industria , 92, 92(2010)
http://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/lavoisier-nellitaliana-favella
Interessante, molto interessante. Taddia ci ricorda quanto siano importanti le donne: anche senza le varie forme di “riserva indiana”, tipo quote rosa.
Gianni Fochi
Caro Gianni e caro Marco la questione che il post di Laura pone in evidenza e’ che le donne non sono ne’ vogliono essere solo madri, mogli o sorelle ma anche fare le cose in prima persona e che spesso consciamente o meno noi uomini glielo impediamo banale ma vero, sono due approcci quello di Laura e di Marco che sono diversi e di cui occorre cogliere la non sottile differenza per poter veramente capire la situazione femminile oggi, fermarsi allo step che Marco illustra con dovizia di interessanti particolari non basta, occorre andare oltre o come diceva uno slogan “l’otto marzo lotto sempre”
Sono allergico ai comizi, allo sventolio di bandiere e agli slogan più o meno stucchevoli. Se qualcuno, sotto la mia firma, si aspettava questo, capisco che resti deluso. Il mio intento, come studioso di storia della chimica e persona sensibile ai diritti civili, era meno chiassoso. Volevo spingere chi legge la storia della chimica dei secoli XVIII e XIX (attenzione alle date) ad andare oltre i nomi dei maschi di cui è costellata per dar merito dei loro risultati anche alle madri, mogli e sorelle che erano loro accanto. Tutto qui! Gli “interessanti particolari” sono frutto di ricerche faticose negli archivi, non di letture su Wikipedia, condotti da studiosi che andando controcorrente si sono occupati di chi è rimasto ingiustamente nell’ombra. Porre in contrapposizione il post della mia ex allieva Laura con il mio è una forzatura che mi pare frutto di pregiudizio. Non sono in disaccordo con lei ma ognuno è meglio che parli di quello che sa, anche in un blog. Lei ha fatto bene a parlare della sua esperienza, io ho parlato di storia, di cui m’intendo un pochino. Insinuare, sotto sotto, che la mia sia una posizione conservatrice o di “destra” e la sua di “sinistra” o di “lotta” mi pare sbagliato. Se qualcuno crede che io auspichi un ritorno delle donne ai soli lavori domestici o alla cura dei figli vuol dire che non ha letto bene il post.
Caro Marco si poteva rimanere nel contesto della storia e dei personaggi dimenticati parlando di scienziate, con la e, e delle difficoltà che hanno dovuto superare per emergere; qualcuna è indicata non su wikipedia ma per esempio qui:
Fai clic per accedere a 0204.pdf
Ovviamente wikipedia rappresenta una fonte notevole di informazioni per esempio qui:
http://8marzo.tiscali.it/articoli/cultura/nobel-rubati.html
dove si elencano un certo numero di casi di donne scienziate, non madri, mogli o sorelle; ma anche riviste a grande tiratura e di una certa autorevolezza fanno questo elenco, per esempio National Geographic: http://news.nationalgeographic.com/news/2013/13/130519-women-scientists-overlooked-dna-history-science/
probabilmente alcuni di questi casi sono bufale, non pretendo di essere un conoscitore dell’argomento, ma è certo che una disparità è presente e deve essere affrontata: altrimenti in questo ultimo articolo che cito Nature ci racconta balle:
http://www.nature.com/news/bibliometrics-global-gender-disparities-in-science-1.14321
Sono un pò dubbioso sull’utilità delle varie feste dedicate alla donna, alla mamma, al papà e così via, e lo stesso atteggiamento lo riservo alla questione delle quote rosa (in accordo a quanto scritto dalla prof.ssa Venturi). Trovo che siano modi forzati per ricordarci dell’esistenza di queste figure (importantissime) e per imporre una parità di genere in alcuni ambienti (CdA, istituzioni di vario tipo etc…): essi indicano quanto sia ancora da fare e quanto la nostra società civile sia indietro su questi temi. La figura delle donne e la loro rilevanza per la società (e, quindi, per il nucleo familiare, per il futuro dei figli e delle nuove generazioni) non andrebbe ricordata con una giornata dedicata ma sempre, ogni giorno, attraverso le piccole cose tipiche della quotidianità. Le donne sono capaci di grandi sacrifici (come testimonia, ad esempio, la storia della madre di Mendeleev riportata dal prof. Taddia), forse più degli uomini, e trovo che questa sia la loro forza vincente. E’ la grande energia con cui affrontano la vita che le può riscattare dal sistema attuale.
Riccardo, studente di Chimica.
A Devoldev,
Capisco bene di cosa parli, tant’è che nel 2008 ho partecipato ad un interessante convegno sul tema organizzato da UniBo. Filmati e diapositive sono qui http://www.scienzagiovane.unibo.it/donne-e-scienza.html . Troverai, se t’interessa, anche il mio intervento sulla famiglia Curie.
Per quanto riguarda ciò di cui avrei dovuto parlare su questo blog permettimi di decidere da solo ciò di cui debbo scrivere o parlare qui o altrove (ho già l’età). Come si fa a sostenere i diritti delle donne e non quelli degli uomini? Con simpatia, Marco.
Marco non ho mai scritto che avresti “dovuto” parlare d’altro, ho solo sottolineato che le posizioni tue e di Laura sono diverse e che si sarebbe “potuto” parlare diversamente del medesimo tema raccontando storie di donne che sono state scienziate oltre o prima che mamme, mogli o sorelle. E anzi vista la mancanza di certe storie e di certi racconti proprio nella storia della chimica e della fisica o della matematica c’è un’enorme spazio di studio sul tema del contributo femminile.
Premesso che si può sempre migliorare, ricordo che parecchio lavoro è già stato fatto, anche per quanto riguarda l’Italia. Si veda ad esempio il sito https://scienzaa2voci.unibo.it/, in cui viene messo a disposizione del grande pubblico un primo esemplare di dizionario biografico delle “scienziate italiane”. E’ uno strumento di facile consultazione per saperne di più sulla parte avuta dalle donne italiane nello sviluppo e nella diffusione della scienza, dal 1700 all’età contemporanea (fino al 1925). Il lavoro di analisi e scavo, pur svolto nella massima parte dal gruppo bolognese di Raffaella Simili, si è avvalso della collaborazione di colleghi italiani delle sedi di Arezzo, Bari, Bergamo, Firenze, Messina, Milano (Politecnico), Napoli, Palermo, Padova, Pavia, Pisa, Roma (La Sapienza), Torino; nonché di colleghi stranieri facenti capo alle comunità scientifiche specialmente britanniche, francesi e statunitensi.
I buoni libri sull’argomento, riguardanti anche la chimica, non sono pochi e basta consultare i cataloghi delle case editrici per trovarli.
Trovo le informazioni raccontate da Marco molto interessanti. Se vogliamo parlare di donne e del loro rapporto con la scienza, purtroppo quasi sempre come figure secondarie, un testo che contiene buone informazioni e’ ‘Troppo Belle per il Nobel’
http://www.bollatiboringhieri.it/scheda.php?codice=9788833918372
Anche la biografia di Lise Meitner e’ molto istruttiva
Lise Meitner: A Life in Physics
aggiornamenti sulla questione femminile nella scienza, con casi contemporanei: http://ocasapiens-dweb.blogautore.repubblica.it/2014/03/07/os-digest-21/
Saranno le mie origini, non proprio aristocratiche, o il tipo di formazione che ho ricevuto e di cui sono debitore a molti ma ho sempre avuto un debole per le persone trascurate. Così, in questo 8 Marzo, vorrei rivolgere un pensiero anche alle lavoratrici del comparto chimico dell’industria nazionale. Traggo dal documento di Federchimica, pubblicato nell’ottobre 2013, che riporta i dati del mercato del lavoro 2012 nel settore chimico e farmaceutico, le seguenti informazioni:
– Il settore chimico e farmaceutico presenta un tasso di femminilizzazione pari al 31%.
– La presenza di lavoratrici donne è concentrata soprattutto nei ruoli impiegatizi (oltre il 60% delle donne è un impiegato).
– Tra le figure di quadri e dirigenti l’incidenza delle donne è elevata e crescente: più di un quarto dei dirigenti e quadri è donna.
Il mondo dell’Università, con le dovute eccezioni, è spesso disattento a quello che succede nell’industria chimica. Bisogna rimediare, cominciando dall’informazione.
E’ certamente utile e importante divulgare i dati riguardanti l’industria chimica; e per farlo la fonte più accreditata sono le istituzioni europee che si rivelano molto più sincere di Federchimica; nel giugno 2013 si è svolta a Copenhagen una conferenza sul tema:Children – Care – Career: Equal Participation of Women in the European Chemical Industry (la trovate su http://demographicsinchemistry.eu/index.php?id=25&L=1); il titolo la dice lunga; nella pagina principale si dice: The proportion of female workers in the European chemical industry is lower than in most other industries. The demographic study carried out by ECEG, industriAll Europe and FECCIA has shown that there is a large unutilised potential of female workers in the chemical industry which is set to grow even more in the future. E nel documento conclusivo (http://demographicsinchemistry.eu/fileadmin/pdf/Chemiestudie_en.pdf) a pag. 29 si conferma che la percentuale delle donne nell’industria chimica è la più bassa fra tutti gli altri settori industriali e che in Italia tale percentuale è anche la più bassa d’Europa. Si danno anche dei consigli sull’affrontare questo problema. Federchimica forse non lo aveva letto quando ha scritto il proprio documento.
Non capisco perché Federchimica venga accusata di scarsa sincerità. Mi pare che nel suo rapporto abbia semplicemente riportato i dati che riguardano che l’Italia. D’altronde, come sempre, sarebbe meglio commentare con animo sereno e meno prevenuto nei confronti di uno o dell’altro. Leggo nel documento “Donne in Italia – Una grande risorsa non pienamente utilizzata” (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali), che in Italia meno di una donna su due è occupata (46,1%) e che, in ambito europeo, solo a Malta si registrano risultati peggiori (39,3%). La distanza con la media europea (58,2%) è di oltre 12 punti percentuali e in paesi come la Svezia e la Danimarca il tasso di occupazione femminile supera il 70%. Tutta colpa di Federchimica o Confindustria? Gli altri dati riportati nello stralcio (di diverse pagine) consultabile in rete, aiutano a capire il perché. Aggiungo infine che il mio precedente commento che citava i dati di Federchimica non intendeva tesserne l’elogio ma voleva semplicemente ricordare che oltre alle donne che inseguono il Nobel ci sono anche quelle che (loro malgrado) inseguono soltanto lo stipendio per vivere. Onore anche a loro, in occasione dell’8 marzo.
Marco scusami ma mi ripeto banalmente e così (forse) sono più chiaro ; tu hai riportato i dati di Federchimica che non facevano alcun paragone nè nazionale nè internazionale e ne hai testualmente dedotto: “Tra le figure di quadri e dirigenti l’incidenza delle donne è elevata e crescente: più di un quarto dei dirigenti e quadri è donna.”; il lettore potrebbe (forse erroneamente) dedurne una valutazione “positiva”; ora il semplice riferimento contestuale al resto dell’industria e al quadro europeo dimostra al contrario che la femminilizzazione dell’industria chimica è inferiore a quella del resto del comparto industriale in Italia e il dato è comunque inferiore a quello nell’industria chimica europea. Ne segue che Federchimica rispetto a questo specifico punto è indietro sia rispetto al quadro nazionale che internazionale, MA nel suo documento non lo dice; tutto qua.
Claudio, la frase che ti ha disturbato non era mia ma di Federchimica. Non ho dedotto nulla e non avrei potuto farlo perché non avevo sottomano termini di paragone. Sono d’accordo con te che sarebbe stato meglio se avessero confrontato i loro dati con quelli europei. Osservo tuttavia che in Università, a proposito di dirigenti, non va poi così meglio. In un articolo scritto dal Prorettore alla Ricerca di UniBo, pubblicato sabato scorso sull’inserto bolognese del Corriere (p. 7), si riportano i seguenti dati: le donne costituiscono il 21% degli ordinari di UniBo, il 37,4% degli associati e il 48,8% dei ricercatori. Se consideriamo dirigenti gli ordinari, forse non siamo così diversi dal settore industriale. Ma c’è speranza, perché le donne stanno diventando più istruite degli uomini e questo si farà sentire anche nelle carriere. Recenti dati relativi ai Paesi OCSE ci mostrano che mentre nel 2000 i maschi adulti avevano un tasso di conseguimento della laurea più alto rispetto alle coetanee, nel 2011 la situazione si è capovolta perché ha conseguito la laurea il 33% delle donne contro il 30% dei maschi. Per giunta le donne più giovani presentano tassi di conseguimento del titolo d’istruzione secondaria e di terzo livello mediamente più alti dei maschi della stessa età.
In Italia i tassi di conseguimento dell’istruzione secondaria (33%) e terziaria (14%) si collocano molto al disotto dei valori della media Ocse. Ciò nonostante il trend delle femmine è lo stesso, con valori percentuali pressoché allineati alla media dei paesi Ocse. I maschi diplomati della secondaria sono il 45% tra i 55-64enni e il 70% tra i 25-34enni (+25%); le femmine diplomate sono il 40% tra le anziane mentre raggiungono il 75% tra le giovani (+35%).Nell’istruzione terziaria le donne primeggiano sul totale della popolazione, con il 16% contro il 13% degli uomini, in sintonia con la media dei paesi Ocse.
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