La salute del mondo in cui viviamo

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo.

a cura di Luigi Campanella, ex Presidente SCI

Negli ultimi anni tre importanti organizzazioni mondiali composte dai maggiori esperti nel campo dell’ecologia, dell’economia e della conservazione hanno pubblicato i loro dati circa il rapporto tra sostenibilità ecologica e attuale sviluppo economico. Il messaggio è chiaro: la crescente domanda di risorse naturali che caratterizza l’economia mondiale sta superando la capacità di carico dei sistemi naturali del pianeta, determinando un inquietante deficit ecologico e minando le basi stesse dell’economia globale.
Nel 2025, 3 miliardi di persone, cioè la metà della popolazione mondiale saranno prive di acqua. Fra i Paesi colpiti dalla desertificazione alcune aree del mondo industrializzato – tra queste buona parte dell’Italia meridionale. La carenza di acqua potabile è dovuta a varie cause: mutamenti climatici per ridotta piovosità, insufficienti investimenti nell’ammodernamento e nella manutenzione dei sistemi idrici, inquinamento delle falde acquifere, cattivo uso della risorsa e del territorio, modelli di sviluppo non adeguati.

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Anche se il mondo è composto soprattutto di acqua, solo il tre percento è acqua dolce: il 97% è salata. L’acqua dolce è distribuita: a) calotte polari, ghiacciai e nevi eterne: 1.72% per un volume di circa ventiquattro milioni di miliardi di metri cubi di acqua; questa quota non è ovviamente utilizzabile; b) sottosuolo: 1,18%; c) acqua dolce superficiale: 0,01% (che non si accumula nei laghi e scorre nei fiumi). Quest’ultima quota, estremamente piccola rispetto al totale delle acque presenti sulla terra, è quella da cui principalmente attinge l’uomo per le sua attività.
Il consumo pro capite al giorno è aumentato
1930                                                     10 litri
1996                                                     229 litri
Anni duemila                                     329 litri Roma

ma: 460 litri Milano, 427 litri Firenze, 647 litri Imperia di cui il 16,6% perso nelle fognature. In effetti il rapporto medio acqua perduta vs erogata è pari al 48%.
Punte max di consumo pro capite : Municipio Roma 829 litri.
Sullo sfondo,ma sempre più in evidenza il nodo sollevato in più sedi di recente della privatizzazione dell’acqua che rimane una minaccia molto concreta nella UE. In paesi come la Grecia e il Portogallo, l’ipotesi di privatizzazione dell’acqua  non appare tanto lontana dalla realtà e sempre più cittadini vengono privati dell’accesso all’acqua nei comuni dove l’approvvigionamento idrico è gestito da società private. I cittadini si battono contro tale privatizzazione in tutta l’UE, con molti esempi di mobilitazioni di massa in Italia con il referendum del 2011 , le consultazioni locali di Madrid e Berlino, mobilitazioni più recenti a El Puerto de Santa María (Spagna) e imminenti consultazioni pubbliche locali in Thesaloniki (Grecia)  o Alcazar de San Juan (Spagna). Un’iniziativa dei cittadini europei  che ha raccolto quasi 1,9 milioni di firme, prevede che la Commissione europea  proponga una normativa di attuazione del diritto umano all’acqua e servizi igienico-sanitari, come riconosciuto dalle Nazioni Unite, e si faccia promotrice della fornitura di acqua e servizi igienico-sanitari essenziali, servizi pubblici per tutti
I dati sull’impronta ecologica presentati di recente all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dal Centro Estudios para la Sustentabilidad dell’Università messicana Anahuac de Xalapa non sono certo meno allarmanti. Il concetto di impronta ecologica esprime lo spazio che una comunità utilizza per vivere, produrre beni corrispondenti al proprio livello di consumo e smaltire i propri rifiuti. Si può così misurare il deficit ecologico in base al rapporto tra il consumo effettivo di risorse naturali di ciascun paese ed il consumo ideale che si avrebbe se le nazioni attingessero solo alle risorse disponibili all’interno del proprio spazio naturale. Emerge dunque che:

L’impronta ecologica degli U.S.A. pro capite è di 8,4 ettari mentre la disponibilità in termini di capacità ecologica è di 6,2: ne risulta un deficit ecologico di 2,2 ettari pro capite.
L’impronta dell’Italia è di 4,5 ettari pro capite, a fronte di una disponibilità di 1,4 ettari pro capite: il deficit ecologico è di 3,1 pro capite.
In Giappone l’impronta ecologica è di 6,3 ed il deficit di 4,6.

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Impronta ecologica degli stati del mondo nel 2007, secondo la Global Footprint Network. Il colore più scuro corrisponde alla più alta

Vorrei chiudere questa breve nota con due riferimenti,tanto diversi per certi aspetti e tanto simili nell’essenza. Nicola Cabibbo, Presidente della Pontificia accademia delle Scienze: “Il problema del clima è strettamente legato alla pace perché riguarda la disponibilità dei mezzi di sostentamento. Il problema è l’acqua. I poveri del mondo sono i più danneggiati dai mutamenti”.
Da una lettera scritta nel 1854 dal Capo dei Pellerossa Capriolo Zoppo al Presidente degli Stati Uniti Franklin Pierce :

capriolozoppo
“Questo noi sappiamo:
la terra non appartiene all’uomo,
è l’uomo che appartiene alla terra.
Questo noi sappiamo.
Tutte le cose sono collegate,
come il sangue che unisce una famiglia.
Qualunque cosa capita alla terra,
capita anche ai figli della terra.
Non è stato l’uomo a tessere la tela della vita,
egli ne è soltanto un filo.
Qualunque cosa egli faccia alla tela,
lo fa a se stesso.”

 

I chimici dell’Università di Padova

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo. 

a cura di Gianfranco Scorrano, ex Presidente SCI

Esiste un libro, scritto da Angelo Bassani (con un breve contributo di Virgilio Giormani) in due volumi di pagine 657 più 378, dal titolo La Chimica a Padova dalla caduta di Venezia alla seconda guerra mondiale (1797-1943). Sono,nei due libri, illustrati con dettaglio tutti gli eventi di interesse. Purtroppo la circolazione dei volumi è un po’ limitata ed è per questo che ho preparato un breve sommario, con riferimenti per favorire i lettori più veloci, per varie ragioni ed invitarli a leggere queste piccole storie di chimica. Si arriva al 1972: dopo di allora le scelte direzionali sono state fatte in termini generali e la gestione della direzione è divenuta più coordinata.

Vorrei ricordare che lavori analoghi sono stati fatti per varie sedi universitarie: Pisa, Firenze, Pavia etc.

Sarebbe forse opportuno collezionarle insieme. Che ne pensano gli autori?

(per contatti: Gianfranco Scorrano gianfranco.scorrano@unipd.it)

Marco Carburi

carburiFu il primo chimico nominato a Padova. Nato a Cefalonia nel 1731, nel 1740 fu portato dal fratello maggiore a Venezia e poi a Padova per completare i suoi studi e quindi a Bologna dove studiò medicina e dove divenne assistente di Bartolomeo Beccari, docente di chimica nella facoltà medica. Nel 1759, il Senato veneto istituì a Padova la prima cattedra di chimica e, sotto raccomandazione di Beccari, chiamò il Carburi a coprirla. Tuttavia, dopo la prima lezione, il Carburi fu subito incaricato di compiere, a spese del Senato, una lunga missione nell’Europa centrosettentrionale con lo scopo di studiare le tecniche estrattive e i processi di lavorazione nelle miniere. Nel dicembre 1767 ritornò a coprire la cattedra di chimica. Pur nelle difficoltà della sede (raccontò di non aver trovato a Padova una sia pur piccola sostanza alcalina pura o un acido concentrato) contribuì a risolvere alcuni problemi seri: per esempio creò una carta incombustibile (1772), importante per la preparazione dei cartocci delle cariche in artiglieria.

medagliacarburiL’altro grosso problema affrontato da Carburi è stato quello della costruzione di cannoni in fusione per i vascelli da guerra. Nel 1783 finalmente il Carburi indirizzò le sue indagini verso la ghisa e ottenne un metodo di fusione mortai che resero possibile a Angelo Emo, nel 1784, di bombardare Tunisi e Biserta compiendo l’ultima grande impresa della marineria veneta.

Da un punto di vista generale le idee scientifiche di Carburi rientravano nella tradizione flogistica. Anche quando le nuove idee di Lavoisier e dei suoi seguaci arrivarono nel veneto, Carburi rimase convinto della bontà del flogisto, arrivando a chiedere al suo assistente, G.Melandri, destinato a divenire il suo successore, di mai abbandonare le idee di Stahl e Priestley.

Il Carburi morì a Padova il 4 dicembre 1808.

NOTA.- Medaglia di benemerenza coniata presso la Zecca di Venezia nel 1772. Opus: Antonio Schabel. (AE – ÿ 51,1 mm – 72,2 g).

D/ RESPUBLICAVENETA – A(NTONIUS) SCHABEL FEC(IT). Il Leone di San Marco, accosciato e retrospiciente verso sinistra, con libro aperto e seduto su basamento.

R/ M(ARCO) COM(ITI) CARBURIO P(ROFESSORI) CHYMICAE ANTEC(ESSORI) MUNIFICENTIA SENATUS A(NNO) MDCCLXXII. Scritta in cinque righe; due fusti di cannone incrociati con relative palle, due fregi barocchi in alto e in basso.

Per saperne di più: Ugo Baldini http://www.treccani.it/macarburi_(Dizionario-Biografico)/                                                                                      Virgilio Giormani, in “Professori e scienziati a Padova nel settecento”,2002, AntiliA Ed., pag.125-131

                                                                                                                              

Girolamo Melandri Contessi

Nasce a Bagnocavallo, presso Ravenna, il 29 marzo 1784 da Giovanni Melandri e Ottavia Contessi.

girolamomelandricontessiPoiché la famiglia desiderava che diventasse farmacista, fece pratica a Ravenna, in una farmacia e in quella dell’ospedale. Nell’ottobre 1802 iniziò a frequentare l’Università a Bologna passando poi, nel 1803, a Pavia dove tra gli altri insegnava L.V.Brugnatelli. Si laureò in medicina nel 1806, divenne allievo di Brugnatelli, e fu chiamato nello stesso anno da P.Moscati, direttore della Pubblica Istruzione del Regno d’Italia, presso il suo laboratorio chimico privato. Nel gennaio 1807 lo stesso Moscati lo nominò “dimostratore e operatore” di chimica generale all’Università di Padova, per coadiuvare M.Carburi. Melandri supplì Carburi fino alla morte (1808) subentrandogli prima come supplente con lo stipendio di ordinario (1809). Nell’aprile successivo ne sposò l’unica figlia, Vittoria.

Pubblicò lavori su nichel, numerosi lavori sulle acque minerali, si interessò di migliorare gli studi universitari, pubblicò libri su chimica generale, teorica e pratica. Tra i moltissimi incarichi governativi è da citare il modo di preservare dalla corrosione le fodere di rame che proteggevanole navi dall’attacco degli organismi marini.

Avendo ereditato le cospique fortune degli zii materni Contessi, cambiò il cognome in Melandri Contessi.

Morì improvvisamente a Padova il 24 febbraio 1833.

Per saperne di più

Virgilio Giormani in

http://www.treccani.it/enciclopedia/girolamo-melandri.contessi_(Dizionario-Biograficao)/

Francesco Ragazzini

ragazziniNasce a Bagnacavallo il 10 gennaio 1799 e arriva a Padova nel 1817. Dopo tre anni di studi filosofici e poi 5 anni di quelli medici, si laureò in medicina il 28 agosto 1825. Fu immediatamente assunto come assistente supplente: tuttavia il seguente concorso fu vinto da Menis, friulano, che aveva,a differenza di Ragazzini, il requisito della cittadinanza. Tuttavia, Menis non fu approvato da Melandri per cui, scaduto nel 1828 l’incarico a Menis, Melandri ripropose Ragazzini, testimoniando che la residenza di Ragazzini durava da più di dieci anni e così ne permise la nomina (22 febbraio 1828).

Nel 1833, morto Melandri, Ragazzini partecipò al concorso per la sua sostituzione e diventò professore di chimica generale, cattedra che tenne fino al congedo (1864).

Morì a Padova il 17 agosto 1873.

Pubblicò in particolare sull’analisi delle acque nel veneto.

Francesco Filippuzzi

Nato a San Daniele del Friuli l’8 settembre 1824 da Antonio e Caterina Comessati, si laurea in chimica presso l’Università di Padova l’11 agosto 1852. Ricevette sussidi dalla autorità austriaca del Lombardo-Veneto per recarsi nel laboratorio dell’Università di Vienna (direttore Redtenbacher) dall’ottobre 1853 all’agosto 1856. L’anno successivo ebbe un altro finanziamento per visitare vari laboratori in Germania e anche in Alsazia e a Parigi.

Al ritorno a Padova fu nel 1858 nominato straordinario di Chimica Generale e successivamente, dal 1864, ordinario della stessa disciplina. Nello stesso anno 1858 si acquistò, per l’Istituto di chimica, un palazzo di via dei Portici Alti (ora via San Francesco) allora attiguo, poi annesso, al fabbricato centrale universitario. Adattato nel 1864, e fino al 1919, l’Istituto di Chimica Generale fu poi trasferito in Via Loredan, nel nuovo quartiere universitario.

Nell’anno accademico 1980/81 profonde manifestazioni da parte degli studenti iniziarono ad impedire al Filippuzzi di proseguire il corso di lezioni: gli studenti contestavano il metodo di insegnamento, la sovrabbondanza della materia insegnata, la scarsezza delle pubblicazioni e la difficoltà degli esami. Il Filippuzzi si ritirò per alcuni mesi dall’insegnamento, lasciando al Brugnatelli il compito di presiedere la sessione estiva di esami, e poi anche quella di ottobre, mentre il corso continuava a opera degli assistenti Anderlini e Martini. Nell’anno accademico successivo, Filippuzzi riprese il corso, ma continuarono le proteste degli studenti. Il 7 giugno 1882 il ministro Baccelli nominò una commissione, costituita da Michele Lessono, Francesco Magni e Paolo Tassinari per risolvere la questione. Le decisioni della commissione (21/6/1982) furono pesanti per gli studenti con la perdita della sessione estiva di esame e con la precisazione che la sessione autunnale sarebbe stata tenuta dal titolare della cattedra e con l’aggiunta di una ammonizione severa e nella forma più solenne. I provvedimenti per il docente arrivarono più tardi quando il ministro decise di conferire a l Prof. Spica Marcatajo Pietro l’insegnamento di Chimica Generale per medici e farmacisti, lasciando a Filippuzzi quello per la Facoltà di Scienze. Anche la Chimica Docimastica veniva tolta a Filippuzzi e spostata a Spica e Ciotto.

Filippuzzi continuò ad insegnare per alcuni anni, poi, nel 1886 chiese un congedo per una grave malattia, dalla quale non si riprese, e si spense a Padova il 22 luglio 1886.

Di Filippuzzi appaiono elencati sugli annuari dell’università solo 4 lavori, apparsi dal 1852 al1856. Nulla da quando fu nominato professore alla pensione.

Dopo il pensionamento di Filippuzzi, la chimica padovana iniziò una serie di docenti professori le cui brevi biografie sono state reperite in documenti, in particolare commemorazioni su riviste chimiche, per le quali si rimanda ove possibile a queste collezioni facilmente accessibili. Si riporta quindi il nome e il periodo di docenza del professore, con brevi note biografiche solo quando non facilmente accessibili.

E’ una raccolta di piccole biografie, o meglio di lunghi necrologi, riguardante circa 700 chimici italiani. In maggioranza dagli anni 20 agli anni 90, con alcune escursioni prima e dopo

E’ una raccolta di piccole biografie, o meglio di lunghi necrologi, riguardante circa 700 chimici italiani. In maggioranza dagli anni 20 agli anni 90, con alcune escursioni prima e dopo
http://www.chimica.unipd.it/gianfranco.scorrano/pubblica/la_chimica_italiana.pdf

!886-87. Francesco Anderlini, incaricato,notizie a pag 140 di LA CHIMICA ITALIANA  http://www.chimica.unipd.it/gianfranco.scorrano/pubblica/la_chimica_italiana.pdf

1887-89. Giacomo Ciamician, notizie a pag 40 di LA CHIMICA ITALIANA  http://www.chimica.unipd.it/gianfranco.scorrano/pubblica/la_chimica_italiana.pdf

1889-91. Francesco Anderlini, incaricato, notizie a pag 140 di LA CHIMICA ITALIANA   http://www.chimica.unipd.it/gianfranco.scorrano/pubblica/la_chimica_italiana.pdf

1891-1906. Raffaello Nasini, notizie a pag.122 di LA CHIMICA ITALIANA   http://www.chimica.unipd.it/gianfranco.scorrano/pubblica/la_chimica_italiana.pdf

1906-17. Giuseppe Bruni, notizie a pag.287 di LA CHIMICA ITALIANA
http://www.chimica.unipd.it/gianfranco.scorrano/pubblica/la_chimica_italiana.pdf

1917-32. Arturo Miolati, notizie a pag 451 di LA CHIMICA ITALIANA
http://www.chimica.unipd.it/gianfranco.scorrano/pubblica/la_chimica_italiana.pdf

Nota che nel 1932 venne fondato l’Istituto di Chimica Fisica di cui Miolati fu direttore fino al 1937, vedi in fondo

1932-1954. Carlo Sandonnini.

sandoniniNato a Modena, il 23 ottobre 1884, aveva lì iniziato nel 1902 gli studi di chimica con Gaetano Magnanini, laureato e collaboratore di Ciamician a Padova. Nel 1906, essendo stato distrutto da un incendio l’Istituto di Chimica, Sandonnini decise di continuare i suoi studi nell’Università di Padova dove seguì gli ultimi corsi con Nasini e si laureò nel 1907 con il suo successore Giuseppe Bruni.

A Padova iniziò la sua carriera come preparatore divenendo aiuto nel 1912, anno in cui conseguì la libera docenza in chimica generale.

Dopo la guerra, riprese il posto di aiuto, sotto Miolati, e cooperò alla sistemazione dell’Istituto che aveva subito gravi danni in seguito all’occupazione militare. Coprì per alcuni anni l’incarico di chimica fisica e di chimica organica e nel 1927 vinse il concorso per il posto di professore non stabile di chimica generale inorganica e organica all’Università di Ferrara.

Prese possesso della cattedra a Ferrara, senza però lasciare l’insegnamento di Chimica Organica a Padova, tanto che nel 1929 fu trasferito alla cattedra di Chimica Organica della Facoltà di Farmacia a Padova, in sostituzione della cattedra di chimica farmaceutica lasciata libera per pensionamento da Pietro Spica Marcatajo. Dal 1933 tenne, fino al 1954, la cattedra di Chimica Generale.

La sua opera, protesa verso l’innalzamento del livello degli studi, portò alla istituzione del corso di laurea in Chimica industriale e alla riforma degli studi di Farmacia, con la creazione dell’attuale laurea in Farmacia in sostituzione del Diploma e della laurea mista in Chimica e Farmacia.

Fu orgoglioso di aver potuto affidare la continuazione della sua opera a Padova a tre suoi allievi (Bezzi, Croatto e Riccoboni). Passò gli ultimi anni in non buone condizioni di salute e si spense nel 1961.

1954-69. Ugo Croatto

1969-72. Aldo Turco notizie a pag 732 di LA CHIMICA ITALIANA http://www.chimica.unipd.it/gianfranco.scorrano/pubblica/la_chimica_italiana.pdf

Cattedra e Istituto di Chimica Fisica

1932-37. Arturo Miolati notizie a pag 451 di LA CHIMICA ITALIANA http://www.chimica.unipd.it/gianfranco.scorrano/pubblica/la_chimica_italiana.pdf

1938-61. Giovanni Semerano notizie su http://www.istitutoveneto.it/flex/FixedPages/Common/accademici_deceduti.php/L/IT/UT/systemPrint/IDS/139

1961-72. Giovanni Giacometti

Cattedra e Istituto di Chimica Organica

1949-64. Silvio Bezzi notizie a pag 573 su http://www.chimica.unipd.it/gianfranco.scorrano/pubblica/la_chimica_italiana.pdf

1964-70. Ernesto Scoffone notizie a pag 643 su http://www.chimica.unipd.it/gianfranco.scorrano/pubblica/la_chimica_italiana.pdf

1970-72. Giorgio Modena notizie su http://www.soc.chim.it/it/commemorazioni

 

Energia, Risorse, Ambiente.

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo.

a cura di C. Della Volpe

Balzani_copertinaRecensione di

Energia, risorse, ambiente.

Vincenzo Balzani e Margherita Venturi

Ed. Zanichelli 2014

240 pagine, 20 euro

Due chimici che parlano del nostro pianeta in 16 densi capitoli; si presenta così, come un libro scolastico ma in realtà lo definirei un testo di cultura generale indispensabile nella biblioteca e nella cultura di un cittadino informato.

Gli danno l’aspetto di libro scolastico gli esercizi, qualche breve pezzo di approfondimento in inglese (che a scuola va bene ma rischierebbe di allontanare la casalinga di Voghera), ma tutto il resto, dall’apparato iconografico di prim’ordine, alle notizie aggiornate fino a quelle di pochi giorni o settimane fa, dall’analisi attenta dei concetti chiave, a partire dall’EROEI a finire alle mappe delle concessioni fossili nel Nord dell’Adriatico ci dà invece una immagine diversa: un testo necessario a capire il nostro tempo, utile a scuola ma anche all’Università, penso per esempio ai corsi di Economia o di Ingegneria che trattano di energia e materiali e della loro geografia ma anche del loro ciclo di vita, ma come dicevo prima indispensabile nellla biblioteca del cittadino informato, e chi non è informato oggi rischia di non sapere cosa fare quando deve prendere decisioni importanti.

Si parte dall’energia e dalla sua definizione e dalla sua storia per cercare di prevederne gli sviluppi; si guarda poi alla biosfera ed ai suoi limiti; e vivaddio un libro di testo che parli dei limiti è certamente una mosca bianca, ma assolutamente benvenuta; a rompere il tabù di richiamare i limiti dello sviluppo (nei capitoletti si fa riferimento più correttamente alla crescita tout court) è dedicato un intero capitolo!

Si affrontano quindi i problemi base: il cibo, la sua produzione e il suo spreco, l’acqua, e il suo legame forte all’energia, un legame cui il libro dedica un grande spazio ma fa indovinare che se ne potrebbe dedicare ancor più. Qui abbiamo l’unica per me imprecisione lessicale; un richiamo ad un famoso testo di Primo Levi in cui l’acqua invece che viscosa viene definita “densa” nel titoletto*. Beh, l’unica concessione al linguaggio comune in 240 pagine di analisi appassionata e informatissima!

Cosa ci aspetta nel futuro del pianeta, cosa è l’Antropocene, quali forme di energia e quali problemi per il futuro, ma anche quali materiali rischiamo di non trovare più. Si affronta la descrizione dei cicli degli elementi; questo è un argomento complesso e in questa descrizione si sarebbe potuto volare più alto solo se il libro fosse stato apertamente dedicato a studenti universitari o allo studioso; condivido invece la scelta di rimanere nell’alveo della tradizione dato che il target scelto più che dagli autori, direi, dall’editore, appare diverso. Di innovativo abbiamo qui una descrizione centrata sul fatto che gli uomini hanno messo in crisi TUTTI i cicli importanti. Si toccano perfino altri argomenti tabù come gli OGM; mentre leggevo ero un po’ in attesa di vedere quali posizioni la coppia di autori avrebbe preso su questo come su altri temi caldi, e non sono rimasto mai deluso; anche io considero gli OGM una questione aperta: potenzialmente utile, ma da considerare con attenzione, così come tante altre tecnologie moderne non è, non può essere di per se un modo di salvare il mondo.

I rifiuti, il buco dell’ozono e le sostanze radioattive e il loro uso costituiscono altrettanti capitoli a parte di analisi.

Anche l’effetto serra e i cambiamenti climatici vengono trattati in un capitolo a parte, anche se devo dire che forse si sarebbe potuto dire di più su questo tema perchè il capitolo in questione appare il meno esteso di tutti.

Ed infine negli ultimi due capitoli, dopo aver condotto una analisi estesa, ricca, densa ed appassionata ci si pone il problema di cosa fare; qui si riprendono ed approfondiscono alcuni dei temi: il concetto di tipping point per esempio o la definizione di EROEI vengono dati proprio qui in questi ultimi due capitoli, nei quali si richiama il libro di McKibben, e si affronta il problema di come definire e misurare la sostenibilità.

Custodire il Pianeta!

Bellissima frase con cui avrei dato titolo a tutto il libro, custodirlo per le generazioni future che ce lo hanno imprestato.

E’ la parte più radicale del libro; si denuncia senza mezzi termini la insostenibilità “tecnica” dell’attuale modello economico basato sullo spreco e le incredibili stratificazioni sociali.

Si danno qui indicazioni concrete sull’uso dell’energia e sul cibo , ma anche sul fatto che le disuguaglianze non possono esser risolte con la carità, ma cambiando il modo di produrre e di consumare; sono cose difficili da dire e da far accettare, in un mondo dell’insegnamento, non solo universitario, dominato dal modello unico della “crescita infinita”. E della tecnologia “asettica”. Le tecnologie non sono asettiche e la crescita infinita non esiste: il libro è chiaro! E rompe vari tabù.

copj13asp1Vincenzo e Margherita (spero gli autori non me ne vorranno , ma mi ricorda il titolo di un diabolico libro di Bulgakov che pure fece scandalo) ci provano e dicono in questi due capitoli finali cose “di rottura” si sarebbe detto una volta; cose che fanno pensare, ma che sono certo stimoleranno come minimo la discussione; un libro didattico e scientifico, ma attenzione, proprio per questo non asettico, ma schierato decisamente a favore di una concezione del mondo; d’altronde non è la prima volta che gli scienziati “concerned”, impegnati, preoccupati dicono e fanno cose radicali. Hansen si è fatto arrestare per denunciare la situazione climatica; Vincenzo e Margherita fanno scandalo contro il pensiero unico della “crescita infinita”.

Completano il testo box di citazioni letterarie, non solo di approfondimento tecnico, il che è una ottima scelta didattica e culturale; e un indice analitico molto utile.

In definitiva venti euro ben spesi, ma consiglierei caldamente l’editore di spingere non solo il libro come scolastico o universitario, ma come libro di cultura generale per le casalinghe di Voghera (e i pensionati di Rimini) di cui l’Italia abbonda. Abbiamo bisogno di questa visione ampia lungimirante e spesso radicale ma che gli occhiali della scienza moderna ci consentono di giustificare saldamente: la scienza si sa è rivoluzionaria!

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* Ringrazio il collega Stefano Siboni di UniTn per la segnalazione.

Attività fisiologica del rame e morbo di Alzheimer.

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo.

a cura di Luigi Campanella, ex presidente SCI

Come elemento essenziale in tracce il rame è un componente  funzionale di varie importanti proteine intracellulari ed extracellulari e di enzimi come superossido dismutasi (che trasforma i radicali liberi in perossido di idrogeno), citocromo ossidasi, metallotioneina, ceruloplasmina, ferrossidasi II, monoaminossidasi Sebbene il rame sia frequentemente indicato come metallo tossico perché catalizza la formazione di specie reattive dell’ossigeno attraverso la sua partecipazione alla reazione di Fenton o per la sua formazione di complessi tossici, questo elemento in tracce è importante per mantenere l’omeostasi nel sistema nervoso centrale.

Il rame legato alle proteine agisce come un cofattore o come un gruppo prostetico; in particolare i cuproenzimi rame, zinco – superossido dismutasi (Cu,Zn-SOD) e la ceruloplasmina sono importanti per preservare lo stato redox intracellulare ed extracellulare e per la protezione dal danno ossidativo. Dal momento che queste proteine dipendono dalla presenza di ioni rame e sono i principali sistemi antiossidanti nel cervello, è probabile che la somministrazione di rame ad animali possa essere neuroprotettiva, sotto certe condizioni sperimentali, attraverso l’attivazione di cuproproteine o l’aumentata emivita di apoproteine . Il rame è necessario all’organismo per utilizzare il ferro nella sintesi dell’emoglobina dal momento che la la citocromo oxidasi, un enzima necessario per la produzione del sangue,richiede la presenza del rame, la sua carenza può quindi provocare anemia.
È anche uno dei più importanti antiossidanti del sangue e previene l’irrancidimento degli acidi grassi polinsaturi e aiuta la membrana cellulare a rimanere sana. È necessario per tenere uniti collagene ed elastina, per la produzione di melanina e per il metabolismo energetico. Contribuisce alla conversione dell’aminoacido tirosina in un pigmento scuro (melanina) che colora i capelli e la pelle. Infatti attraverso l’enzima tirosinasi catalizza la formazione della melanina e attraverso la lisil-ossidasi ha un ruolo importante nella formazione del collagene, che è la proteina principale che si trova nella nostra pelle. Oltretutto il collagene è presente anche nelle ossa: alcune ricerche evidenziano che fratture, anomalie scheletriche e osteoporosi sono più frequenti se vi è carenza di rame. Partecipa ai processi di cicatrizzazione.

Function and Regulation of Human Copper-Transporting  Physiol Rev 87: 1011–1046, 2007; doi:10.1152/physrev.00004.2006ATPases SVETLANA LUTSENKO, NATALIE L. BARNES, MEE Y. BARTEE, AND OLEG Y. DMITRIEV

Function and Regulation of Human Copper-Transporting Physiol Rev 87: 1011–1046, 2007; doi:10.1152/physrev.00004.2006ATPases SVETLANA LUTSENKO, NATALIE L. BARNES, MEE Y. BARTEE, AND OLEG Y. DMITRIEV

È coinvolto nella funzionalità del sistema immunitario.
È necessario per la sintesi dei fosfolipidi, sostanze essenziali nella formazione delle membrane protettive della mielina che circondano le fibre nervose. Enzimi a base rame intervengono nella sintesi dei neurotrasmettitori, i messaggeri chimici che permettono le comunicazioni attraverso le cellule nervose. Partecipa alla produzione del neurotrasmettitore noradrenalina.
Ha un ruolo nel processo di ossidazione della vitamina C e collabora con questa vitamina alla formazione dell’elastina, una componente fondamentale delle fibre elastiche dei muscoli del corpo; è necessario per la formazione di una buona struttura ossea. È necessario anche per la produzione dell’RNA.
Attraverso la superossido-dismutasi, combatte l’ossidazione cellulare, aiutando a neutralizzare i radicali liberi che altrimenti causerebbero danni alle cellule stesse.
La capacità di assorbimento del rame viene ridotta dalla presenza di zinco.
La carenza di rame  provoca sintomi simili a quelli da carenza di ferro dei quali il più evidente è l’anemia. La carenza di rame ha notevoli ripercussioni su certi tipi di cellule, come i macrofagi e i neutrofili. La funzionalità del sistema immunitario è stata studiata in bambini carenti di rame, prima e dopo la cura. È stato rilevato che la attività dei fagociti (cellule che inglobano materiale estraneo) è aumentata dopo l’assimilazione di rame. Tra gli effetti collaterali dovuti alla carenza di rame si registrano anche l’ingrossamento cardiaco, le arterie con muscolatura liscia degenerata e aneurismi alle arterie ventricolari e coronariche.
Un eccesso di rame produce irregolarità nelle mestruazioni, perdita di capelli e insonnia e abbassamento della quota di zinco presente.
Il fabbisogno giornaliero nell’adulto è di circa 2-3 mg.
Le fonti naturali sono: carne in genere, noci, cereali e pane integrale, legumi.
Il rame è un minerale in traccia presente in tutti i tessuti dell’organismo in quantità che vanno dai 75 ai 100 mg. Durante la crescita la percentuale più alta si trova nei tessuti in via di sviluppo.

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Il rame influenza anche il metabolismo del colesterolo: adulti sottoposti ad una dieta povera di rame hanno registrato un aumento dei livelli del colesterolo LDL (quello ‘cattivo’) e una diminuzione del colesterolo HDL (quello ‘buono’). L’uso del rame come catalizzatore per saggiare la resistenza delle LDL alle modificazioni ossidative in presenza di antiossidanti è significativamente dovuta all’azione di ione nella promozione dell’ossidazione delle lipoproteine in due modi: 1) al livello della porzione proteica; 2) al livello della porzione lipidica decomponendo gli idroperossidi lipidici preesistenti per dare alcossilradicali che iniziano ulteriore perossidazione lipidica. Il rame attivo redox è stato rivelato nelle lesioni aterosclerotiche indicando che può agire anche come proossidante e come agente aterogenico.
Basse assunzioni di rame influenzano negativamente il corretto metabolismo del glucosio e la pressione sanguigna.
Il rame è anche necessario durante la gravidanza. Il feto dipende completamente dalla madre per il suo fabbisogno di rame. Il feto accumula rame alla velocità di 0,05 mg/giorno (soprattutto nell’ultimo trimestre) e alla nascita ha mediamente 15 mg di rame, di cui più della metà immagazzinata nel fegato. Queste riserve sono importanti nella primissima infanzia, quando l’assunzione di rame è relativamente bassa. Gran parte del restante rame si trova nel cervello. Per i neonati, il rame si trova nel latte materno. La concentrazione media di rame nel latte materno è 0,32 mg/litro; sebbene questa concentrazione sia più bassa rispetto al latte artificiale, il rame del latte materno viene assorbito meglio essendo maggiormente biodisponibile. A dimostrazione dell’importanza del rame, il latte artificiale per i neonati prematuri arriva a contenere fino a 1-2 mg/litro: questo è necessario poiché hanno avuto meno tempo per accumulare rame durante la gestazione.
La citocupreina (proteina citoplasmatica contenente rame) è una famiglia di metalloproteine distribuite nelle cellule e nei tessuti degli eritrociti (eritrocupreina), del fegato (epatocupreina) e del cervello (cerebrocupreina).
Giunge ora dall’Ospedale Fatebene fratelli di Roma una notizia importante che riguarda questo metallo: attraverso una misura della concentrazione del rame nel sangue si può prevedere in persone che presentino qualche segnale di declino cognitivo se siano avviate a contrarre il morbo di Alzheimer. La determinazione riguarda il rame libero,cioè non complessato (per le attività antiossidanti nell’uomo i complessi del rame con gli antiossidanti endogeni risultamo più attivi delle stesse molecole antioosidanti libere) che può raggiungere il cervello e danneggiarlo.Lo studio di verifica pubblicato su Annals of Neurology riguarda 140 pazienti con qualche iniziale problema di memoria. Sotto accusa, secondo l’articolo, sarebbe la capacità di questo metallo di stimolare la produzione di una proteina tossica, la beta-amiloide, e impedirne lo smaltimento. (http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/ana.24136/abstract)*

In condizioni normali, la beta-amiloide viene rimossa dal cervello grazie all’azione di un’altra proteina, denominata proteina-1, collegata al recettore della lipoproteina (lipoprotein receptor-related protein 1, o LRP1) che si trova nell’epitelio dei capillari che arrivano al cervello. Legandosi alla beta-amiloide che si trova nel tessuto cerebrale, la LRP1 ne consente il trasporto all’interno dei vasi sanguigni e il successivo smaltimento. Se questo processo viene alterato, l’esito ultimo è l’accumulo della beta-amiloide è la formazione di placche nel sistema nervoso, caratteristiche della malattia di Alzheimer.

* Value of serum nonceruloplasmin copper for prediction of mild cognitive impairment conversion to Alzheimer disease

Rosanna Squitti PhD  et al.    Annals of Neurology    Volume 75, Issue 4, pages 574–580, April 2014

Vannoccio Biringuccio

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo.

a cura di Gianfranco Scorrano, ex presidente SCI

Nel libro di Aldo Mieli, presente nella biblioteca della Società Chimica Italiana, Gli Scienziati Italiani Dall’ Inizio del Medio Evo Al Nostri Giorni; Repertorio Biobibliografico Dei Filosofi, Matematici, Astronomi, Fisici, Chimici, Naturalisti, Biologi, Medici, Geografi Italiani; (RomaA. Nardecchia1921-) nonostante il titolo e sottotitolo roboante, compare un solo chimico italiano, di cui lo stesso Mieli ha scritto le pagine che riporto qui sotto (con modesti cambiamenti) riprese dal testo nominato.

20836373,100,100VANNOCCIO BIRINGUCCIO (di Aldo Mieli)

Vannoccio Biringuccio di Siena (1480-1539 ?) chimico, tecnico, mineralogista, metallurgista ed artista.

Vita. Vannoccio Biringuccio nacque in Siena il 20 ottobre 1480 da Paolo e da Lucrezia di Bartolomeo. Fin da giovane godette la protezione di Pandolfo Petrucci, signore di Siena; in tal modo ebbe agio di darsi alla pratica mineraria, sia dirigendo alcune miniere dello stesso Pandolfo (le miniere di ferro a Boccheggiano essendo ancor giovinetto) o di varie società (le miniere di tetraedrite argentifere del M. Avanzo in comune di Forni Avoltri in Gamia nel 1507), sia compiendo veri e propri viaggi d’istruzione attraverso l’Italia, nei classici giacimenti d’Alemagna ed altrove. Morto nel 1512 Pandolfo Petrucci egli, seguendo sempre la parte dei suoi successori, fu coinvolto nei torbidi che sconvolsero la sua città natale e che portarono i Petrucci ora al potere, ora all’esilio. Così mentre nel 1513 ottenne varie cariche pubbliche (come quella di operaio della Camera, ossia dell’Armeria del Comune), nel 1515 invece dovè fuggire insieme a Borghese Petrucci ed essere accusato insieme a questo e ad altri di avere falsato la lega delle monete nella zecca della città. Citato a comparire per quest’accusa, e non essendosi egli presentato, fu nel 1516 dichiarato ribelle e bandito. Nel 1523 potè tornare in Siena con la parte di Fabio Petrucci, ottenere la revoca del bando e riassumere uffici pubblici. Così nel 1524 ebbe la concessione di fare il salnitro in tutto il dominio senese.

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Ma ben presto dovette nuovamente fuggire insieme alla sua parte, e, il 20 maggio 1526, venire dichiarato ribelle mentre gli venivano confiscati i beni. Nella lotta che segui questi moti noi lo troviamo tra i fuorusciti senesi che tentarono di riprendere Siena d’assalto. Nelle memorabili giornate (21-25 luglio 1526), terminate con la battaglia di Porta Camollia, Vannoccio Biringuccio dirigeva le artiglierie degli assedianti che battevano il torrazzo della Castellacela di Camollia. Questa sua azione portò ad un rinnovamento del bando pronunciato contro di lui (11 agosto). È probabile che negli anni che seguirono immediatamente egli facesse un secondo viaggio di carattere scientifico in Germania. Nel 1529 lo troviamo al servizio della Repubblica Fiorentina. Per essa fuse quella grandissima colubrina che nella culatta portava una testa di elefante, e che era chiamata volgarmente “archibuso del signor Malatesta”. Finalmente nel 1530, rappacificatisi i partiti, potè ritornare a Siena dove ottenne nuovamente importanti uffici pubblici. Nel 1535 succedette a BALDASSARE PERUZZI come architetto e capomastro dell’Opera del Duomo. Del 1536 abbiamo un suo lodo in una lite d’indole artistica fra gli ARDUINI ed il SODOMA. Frattanto, data la sua fama d’artista e di valente artigliere, veniva sollecitato di recarsi a Roma (di quest’epoca è una lettera di monsignor CLAUDIO TOLOMEI, libr. IV, lett. 37 indirizzata a Vannoccio Biringuccio). Finalmente cedette a tali inviti e così nel 1538 lo troviamo al servizio di papa Paolo III, come maestro della fonderia della Camera apostolica e direttore delle artiglierie papali.

Dopo di ciò non sappiamo più nulla di Vannoccio Biringuccio. Solo un documento del 30 aprile 1539 (Archivio dei contratti in Siena, Filze di Ser Alessandro Martini, n. 55; cit. Guareschi) ci fa conoscere che in tale data era già morto, poiché in esso un tale Andrea D’Arcangelo fa confessione di debito con gli eredi di Vannoccio Biringuccio. Si deve perciò ritenere che la sua morte sia avvenuta nei primi mesi del 1539.

Opera. L’opera scientifica di Vannoccio Biringuccio si è svolta tanto nell’esercizio pratico della tecnica, quanto nella raccolta ordinata in forma di trattato delle sue estesissime cognizioni. Tutto quello che sappiamo del primo si rileva dal suo scritto nel quale vi sono spesso cenni autobiografici; dall’insieme del trattato, dal suo contesto, e dall’osservazione dei più minuti particolari, si ricava netta la persuasione che tutto quanto viene esposto, a meno di indicazione contraria (dice Plinio o narrano i filosofi, etc.) è frutto diretto della sua pratica quotidiana. I soggetti trattati sono svariatissimi , e come dice l’etimologia del titolo, si riferiscono alle arti che fanno uso del fuoco. Essi sono : Regole generali per l’esercizio delle miniere. Descrizione delle vene dei metalli [i metalli conosciuti da Biringuccio sono Au, Ag, Cu, Pb, Sn, Fe, ed inoltre, Hg; le descrizioni dei minerali, secondo quanto usavasi allora e pur per molto tempo ancora, si basano più che altro sul colore e su altre poche proprietà che sono del resto poco opportune per il riconoscimento] estrazione dei metalli stessi, e metodo per preparare l’acciaio e l’ottone [1. I]. Descrizione dei cosi detti mezzi minerali [Hg, S, St, piriti (marcassite), vetriolo, allume, As, sale comune, calamina (giallamina) [lo Zn metallico non era ancora conosciuto], la calamita, ocra, quarzo e pietre preziose, etc, della loro preparazione industriale e di quella del vetro [1. II]. Una trattazione speciale è riservata alla preparazione e separazione di Cu, Ag, Au e Pb, [1. IlI] che prima non era stata accennata, ed alla separazione e raffinazione di Ag e Au [1. IV]. In questa occasione si parla dell’acqua acuta (acido nitrico) e si accenna per la prima volta al suo uso nella separazione di Ag e Au. Si accenna poi alla preparazione di alcune leghe [1. V] ed infine si tratta diffusamente del bronzo e degli oggetti che con esso si preparano [1. VI-VIII]. Si esamina così la fusione delle campane e delle artiglierie ed in tale occasione si tratta partitamente della costruzione e dell’ uso delle artiglierie allora adoperate. Da questo lato l’opera di Biringuccio ha importanza speciale per l’arte della guerra. Alla descrizione delle grandi fusioni segue quella di piccoli oggetti artistici o di uso comune. Biringuccio ci descrive poi [1. IX] varie industrie e pratiche chimiche od industriali minori, come quelle dell’arte distillatoria, della zecca, del fabbro orefice, ramario, ferrario e stagnario, della filatura dei metalli, dell’indoratura e argentatura, degli specchi, del vasaio, delle calcine, mattoni, etc. Infine [1. X] egli ci parla del salnitro e delle polveri, delle mine e di altri ordigni guerreschi, ed infine, in due brevi capitoli, anche dei fuochi artificiali.

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Il campo trattato da Biringuccio è tanto vasto che rientra in più scienze e si collega alle opere di svariati scrittori. Lo spirito che lo anima è notevolmente diverso da quello delle opere precedenti, in quanto che in esso si palesa nella sua piena efficenza il metodo sperimentale. In questo senso la sua opera, mentre si ricongiunge alla dottrina di ROGER BACON (1214-1294) ed alla pratica di LEONARDO DA VINCI (1452-1519), si mantiene su un terreno più sano di quello del suo contemporaneo THEOPHRASTUS PARACELSUS (1493-1541) che sosteneva, è vero, con grande enfasi il metodo sperimentale e lo applicava pur anco, ma si perdeva spesso nella mistica e nelle astruserie alchimistiche ed astrologiche, e prelude l’opera di GALILEO GALILEI (1564-1642) e della sua scuola. Per la sua sana avversione all’ alchimia prelude e supera spesso in giustezza BERNARD PALISSY (1510?-1589); notevoli sono in proposito i suoi discorsi contro gli alchimisti [vedi ad es. 1. I, I ; 1. II, I ; 1. IX, I ; etc] ; dell’alchimia però riconosce la parte utile e sostanziale che prelude la chimica moderna. Nella sua trattazione sistematica dei minerali e dei processi metallurgici è un precursore di GEORG BAUER, detto AGRICOLA (1494-1555) [vedi in prop. i miei scritti o. c.] ; AGRICOLA è più ampio e diffuso, specialmente per ciò che si riferisce alla descrizione dei singoli minerali o alla parte tettonica e meccanica della coltivazione delle miniere, egli è anche più dotto, nutrito di erudizione classica e ricco di citazioni. Biringuccio però, nel mentre lo precede, è spesso più esatto e preciso, in ogni caso non mai inferiore. Alcuni passi di AGRICOLA sono poi evidentemente trascritti da Biringuccio [vedi nota a pag. 167 del 1° vol. della mia ed. di B.]. Nella storia della tecnica guerresca poi il libro di Biringuccio ha una reale grande importanza [cfr. M. JAHNS, o. e].

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È difficile riconoscere quanto di assolutamente proprio Vannoccio Biringuccio abbia portato allo sviluppo della metallurgia e della tecnica. Rinveniamo nel suo libro molti processi e fatti che non si trovano in opere più antiche, ma, naturalmente, ciò non indica che egli ne sia l’inventore. Quello che senza dubbio dobbiamo invece riconoscergli, oltre la pratica grandissima, è un acuto spirito di osservazione e una notevole ingegnosità inventiva. Perciò possiamo ritenere che in alcuni processi egli può avere portato innovazioni importanti. In ogni modo il suo libro è, sotto tutti i riguardi, della massima importanza per la storia della scienza.

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Il trattato di Biringuccio si può qualificare come la prima opera organica relativa a tutto un gruppo di scienze applicate che sia stata pubblicata nel Rinascimento. Un’accurata attenzione deve portare alla conclusione che esso ha avuto origine da appunti presi quotidianamente da Biringuccio nella sua lunga pratica, spesso rivisti, aumentati e modificati, e raccolti poi, probabilmente nel periodo che va dal 1530 alla morte dell’Autore, in una vera forma di trattato [questo forse sotto l’influenza dell’operetta Bermannus di AGRICOLA pubblicata nel 1528 che Biringuccio cita, ma che, pure mostrando nell’autore sassone un vivo interessamento per un mondo che allora allora gli si discopriva, non regge lontanamente il confronto con le opere mineralogiche posteriori, tutte pubblicate dopo il 1540]. Si ignora se Biringuccio iniziasse la stampa della sua opera oppure se essa venisse condotta completamente sugli appunti lasciati dall’Autore. È verosimile quest’ultima ipotesi. Infatti lo stile che, per quanto non retoricamente letterario, doveva essere vivo e pieno di dialettismi toscani, è fin dalla prima edizione evidentemente alterato da un retore ignaro o quasi di cose scientifiche che lo deforma svisando spesso anche il senso. Queste alterazioni sono notevoli nella seconda e nella terza edizione. Dalla prefazione dell’editore alla terza edizione risulta che questo infelice correttore è Mons. MARIO CABOGA, arcidiacono di Raugia (Ragusa). Nella edizione critica citata, ho posto a base la Ia ed., cercando di ricostruire, almeno dal lato scientifico, il testo originario. Certamente a Vannoccio Biringuccio sono poi dovuti gli schizzi delle 82 figure che adornano il testo. Non abbiamo altri documenti della sua vita di artista.

L’opera di Biringuccio continuò per molte diecine di anni ad essere molto usata e stimata, come testimoniano le numerose edizioni e traduzioni. Anche più di un secolo dopo i concorrenti vedevano una tale opera con invidia [cfr. quanto scrive MARCO ANTONIO MONTALBANI nella sua Pratica Minerale dove cerca di screditare Biringuccio].

Più tardi l’ opera di Biringuccio rimase quasi sconosciuta. In tempi recenti ne parlarono a lungo BECK e JAHNS (v. o.), il primo rilevando l’importanza dello scritto per la storia della metallurgia, il secondo per quella dell’arte della guerra. In Italia il merito di avere risuscitato l’interesse per Biringuccio spetta al GUARESCHI (v. o.).

Vannoccio Biringuccio deve venire considerato come uno dei più interessanti e notevoli scienziati dell’epoca del Rinascimento. Egli con le sue conoscenze larghe ed estese, con l’unione della pratica scien-tifica e quella artistica, rappresenta bene un uomo del secolo che dette LEONARDO DA VINCI.

A lui spetta quindi l’onore di essere annoverato fra i grandi italiani.

Bibliografia.

Scritti. De la Pirotechnia, libri X dove ampiamente si tratta non solo di ogni sorte e diversità di Miniere, ma anchora quanto si ricerca intorno alla prattica di quelle cose di quel che si appartiene a l’arte de la fusione over gitto de metalli come d’ogni altra cosa simile a questa.

Venetia per Venturino Roffinello, Ad instantia di Curtio Navo, & Fratelli 1540, 4°, di cc. 168, con frontesp. ili. e 82 fig. [edizione postuma, alterata nello stile] [Siena C, R, F].

[Sommario: I. De tutte le minere in generale – II. De mezzi minerali. – III. Del saggiare et disporre la miniera de metalli a le fusioni. – IV. De separare l’oro dallo argento et come si conduce a l’ultima sua perfetione. – V. De le leghe che si fan fra metalli. – VI. De l’arte del gitto (nota red.=gittata) in universale et in particulare. – VII. De modi et ordini de le fusioni de metalli. – VIII. De l’arte piccola del gitto. – IX. De la pratica di più esercitii di fuoco.– X. Delle materie artificiali disposte a fuochi et delli ordini che si tiene a fare quelli che il vulgo chiama lavorati per adoperare nelle offese et difese delle guerre o per allegrezze nelle feste].

http://it.wikipedia.org/wiki/Vannoccio_Biringuccio

Chimica della bancarella

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo.

a cura di Luigi Campanella, ex Presidente SCI

In molte delle nostre città con sempre maggior frequenza assistiamo all’occupazione di strade e marciapiedi da parte di bancarelle che espongono merce di ogni genere. Se per la maggior parte di questa merce il problema è quello della provenienza non sempre legale e della concorrenza ad attività di commercianti autorizzati e costretti ad adottare prezzi superiori, anche in genere per la qualità superiore delle merci, per una classe di queste merci la preoccupazione è di ben altra natura riferendosi alla sfera della sicurezza dei consumatori. Mi riferisco ai cosmetici.

cosmeticiUn giornale romano d’intesa con Confcommercio* ha cercato di appurare se effettivamente in alcuni casi dietro questi prodotti possano esserci rischi per chi li usa. Sono così stati analizzati rossetti, ombretti, smalti, matite per gli occhi: si tratta di cosmetici applicati anche alle mucose, parti assai sensibili del corpo e capaci di trasferire all’organismo quanto assorbono. I costi dei prodotti acquistati erano molto bassi, da 1 a 3 euro, il che può essere un incentivo all’acquisto soprattutto da parte dei più giovani e meno “ricchi”. L’analisi è stata eseguita dall’ARPA. Un caso esemplificativo è quello di un rossetto nel quale è stata determinata una concentrazione di Pb superiore di oltre cinquemila volte al limite di legge ed una di Cr superiore di 1300 volte allo stesso limite. Lo stesso giornale ha voluto confrontare questi esiti con quelli di prodotti acquistati in regolari negozi con reparti per cosmetici. E’ stato preso in questo caso un ombretto, costo 3.2 euro; l’ARPA ha questa volta determinato concentrazioni di Cr e di Ni sempre superiore ai limiti fissati dal Reg CE 1223/2009, ma l’eccesso questa volta rispetto ai limiti è risultato molto più contenuto: 3 ppm rispetto al limite 1 della norma. Peraltro questa modesto eccesso non definisce il prodotto tossico, come invece ovviamente avveniva per il rossetto, ma di certo allergizzante. C’è da aggiungere che la norma prima citata che elenca divieti e concentrazioni limite lascia aperta una porta in quanto ammette e tollera la presenza in tracce di sostanze che possano derivare dai procedimenti che portano alla realizzazione finale del prodotto, quali fabbricazione, confezionamento, trasporto, il tutto senza definire i limiti quantitativi.
PAOUn altro aspetto è la diversa pericolosità dei prodotti: un rossetto è di certo più pericoloso di uno smalto per il quale c’è minore possibilità di assorbimento, anche se in questo caso il prodotto può contenere solventi tossici. Un’ultima osservazione riguardo il fatto che il pericolo non proviene solo dai metalli nel caso dei cosmetici. I prodotti aperti e scaduti possono essere pericolosi: il Period after Opening (PAO) indica il periodo in mesi entro il quale il cosmetico aperto può essere utilizzato in tutta sicurezza. Infatti, si presume che il contatto con l’ambiente esterno possa alterare le caratteristiche del prodotto nel tempo (per esempio, modificarne colore, proprietà e consistenza oppure favorire la contaminazione batterica). Il PaO è indicato in tutti i Paesi dell’Unione Europea con lo stesso simbolo: un vasetto aperto, presente sia sul contenitore primario (a diretto contatto con il cosmetico) sia, se previsto, su quello secondario (l’imballaggio esterno). Sul vasetto o al suo fianco è riportata la durata in mesi del prodotto aperto, scritta in numero, seguita dalla lettera “M”.Il PAO non sempre viene riportato sui prodotti  abusivi, da qui ancora una volta l’importanza dell’etichetta, e soprattutto non sempre colpevolmente viene rispettato dall’utenza.

* http://www.confcommercioroma.it/files-istituzionali/338-contraffazione-promossa-da-confcommercio-roma-in-collaborazione-con-il-quotidiano-il-tempo-un-inchiesta-per-allertare-i-consumatori-sui-rischi-per-la-salute.html

La chimica umile

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo.

a cura di Giorgio Nebbia

La leggenda vuole che la signora Elisabetta Bird, di Birmingham, non potesse mangiare il pane perché allergica al lievito, l’insieme di microrganismi che, aggiunti all’impasto da pane, scompongono l’amido presente nella farina, lo trasformano in zuccheri e scompongono gli zuccheri in alcol etilico e anidride carbonica, la quale fa rigonfiare l’impasto prima della cottura.

 alfred-bird 5066796801_11ff9330c7_zL’affettuoso marito, il chimico Alfred, decise di cercare un lievitante diverso e pensò di usare la reazione fra il bicarbonato di sodio e un sale acido, miscelati dentro l’impasto; dalla loro reazione si libera abbastanza rapidamente anidride carbonica, la stessa prodotta dal lievito naturale. La cosa riuscì con la moglie e Bird decise di mettere la sua miscela a disposizione di altri, anzi di farne oggetto di produzione commerciale.

Nel 1843 nasceva così il lievito artificiale; ne parlarono i giornali e negli anni successivi altre ditte si misero a produrre lieviti artificiali tutti a base di bicarbonato di sodio, molto apprezzati dai fornai e che permettevano di preparare il pane in modo rapido anche per i soldati durante le campagne militari.

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220px-Eben_Norton_HorsfordArriva a questo punto Eben Horsford, un chimico che era andato a perfezionare i suoi studi in Germania nel laboratorio del famoso Justus Liebig; anche Liebig aveva pensato ad un lievito artificiale, ma senza successo. Horsford invece, tornato negli Stati Uniti, preparò una nuova formula; fino allora come sale acido era stato usato il cremor tartaro, tartrato acido di potassio, che si recupera dalle fecce che restano sul fondo dei tini del vino e che veniva importato dalla Francia e dall’Italia. Il bicarbonato e il tartrato assorbivano l’umidità e dovevano essere venduti in bustine separate, il che era molto scomodo per i panettieri.

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carbonato monoacido di sodio o bicarbonato di sodio

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tartrato monoacido di potassio ( gli idrogeni legati direttamente al carbonio non sono mostrati)

      

(la reazione su wikipedia è scritta per l'acido tartarico; nella reazione seguente sono mostrati TUTTI gli atomi di idrogeno della formula, compresi quelli legati al carbonio)

NaHCO3 + KC4H5O6NaKC4H4O6 +  H2O +  CO2

Horsford decise invece di usare, insieme al bicarbonato, il fosfato acido di sodio e creò nel 1855 una società per fabbricare l’acido fosforico e il fosfato, e un lievito artificiale che era venduto in una sola confezione; per evitare che i due sali assorbissero acqua Horsford aggiunse polvere di amido. La sua ditta, con sede a Providence, nello stato del Rhode Island, prese il nome di Rumford, in onore del chimico e fisico americano nato a Rumford, nel vicino stato del New Hampshire.

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nel composto usato nel lievito uno degli atomi di sodio è sostituito da un atomo di idrogeno

Dopo la guerra civile americana (1861-1865) nel 1866 i fratelli Cornelius e Joseph Hoagland fondarono una società che commercializzava la Royal Baking Powder, un marchio, quello Royal, che è sopravvissuto fino al secolo ventesimo.

royalbaking

Chi sa se nell’EXPO 2015 ci sarà un banco dedicato al lievito artificiale; intanto le lettrici che usano questo utile ingrediente per le loro buone torte rivolgano un grato pensiero ai lontani pionieri chimici che l’hanno inventato.

si veda anche : http://it.wikipedia.org/wiki/Lievito_chimico

Aldo Mieli

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo.

a cura di Gianfranco Scorrano, ex Presidente SCI

mieli1Aldo Mieli è nato il 4 dicembre 1879 da Mosè e da Marietta Balimbau, una famiglia ebraica che aveva vasti possedimenti terrieri, a Livorno. Da giovane si dedicò all’attività politica quale animatore di un circolo del partito socialista, tanto da essere eletto, nel 1901, Consigliere al comune di Chianciano. Fu tra gli organizzatori del primo sciopero dei contadini mezzadri della Valdichiana (aprile 1902) e iniziatore di attività sindacali. Nel dicembre 1902 la Sezione socialista di Chianciano venne sciolta e ricostituita senza Mieli espulso come “pederasta passivo”. Si dimise da consigliere comunale e di fatto il suo impegno politico divenne da allora meno intenso, tanto che dopo la prima guerra mondiale non fu politicamente impegnato.

Trasferitosi a Pisa si impegnò negli studi universitari prima a scienze, successivamente a fisica ed infine a chimica in cui si laureò nel 1904. Nel semestre invernale del 1904-1905 fu a Lipsia per perfezionarsi nei laboratori di W.Ostwald: le concezioni di filosofia della scienza di Ostwald e di E.Mach ebbero poi grande influenza sulle sue concezioni epistemologiche,  che studiano i fondamenti, la validità, i limiti della conoscenza scientifica ( episteme).

milei3Al ritorno dalla Germania, fu accolto nell’Istituto di Chimica Generale dell’Università di Roma da Paternò e lì rimase fino al 1908 quando vinse la libera docenza. Dal 1906 al 1908 pubblicò sulla Gazzetta Chimica Italiana, sulla Rivista scientifico-industriale, e sui Rendiconti dell’Accademia dei Lincei. Per avere un’idea più precisa dell’attività come chimico del Mieli riporto i titoli dei lavori apparsi sulla Gazzetta:

Mieli A., Note di chimica cinetica. I. Sulla saponificazione del citrato di etile, 36,p.1,490-497 (1906)

Mieli A., Sulle velocità di reazione e sulle loro derivate rispetto al tempo, 37,p.b,155-166 (1907)

Mieli A., Sulle curve della potenza istantanea di calore determinata dalle reazioni chimiche,37,p.b.,636-647 (1907)

Bargellini G.,Mieli A., Influenza che esercita un sale in varie concentrazioni sulle velocità di decolorazione di soluzioni acquose di sostanze coloranti organiche sotto l’influenza della luce, 37, p.a., 417-422 (1907)

Paternò E.,Mieli A., Sui miscugli del trimetil carbinolo ed acqua, 37, p.b., 330-338 (1907)

Mieli A., Su un nuovo concetto di elemento, 38,p.b., 275-280 (1908)

Mieli A., Ancora Su un nuovo concetto di elemento (Risposta a una possibile obbiezione), 38, p.b., 280-284 (1908)

Parravano N., Mieli A., Fosfati acidi, 38,p.b.,535-544 (1908)

Paternò E., Mieli A., Sulla densità delle soluzioni di trimetil carbinolo e fenolo, 38, p.b., 137-142 (1908).

Come si vede dai titoli gli studi di Mieli furono tutti orientati a problemi di chimica fisica (cinetica e velocità di reazioni, calore, miscugli di composti vari e loro proprietà, elementi, etc.).

Nel 1908 Mieli divenne Libero Docente in Chimica Generale (un passaggio intermedio in cui il docente era riconosciuto professore). Nel 1912 lasciò poi definitivamente la chimica universitaria e cominciò ad occuparsi professionalmente di storia della scienza e di sviluppo del pensiero scientifico.

Dopo una serie di monografie e saggi sulla storia della scienza, nel 1919 fondò e diresse la rivista Archivio di Storia della Scienza che dal 1927 divenne Archeion. Archivio di storia della Scienza.

mieli2Nel 1928, preoccupato dal regime fascista, si trasferì a Parigi presso il Centre International de synthèse con il quale siglò un accordo che, in cambio della sua biblioteca, assicurava a Mieli un vitalizio. Prese parte all’organizzazione del primo comitato internazionale della scienza che organizzò il primo congresso internazionale della scienza a Parigi nel 1929. Nel 1932 il comitato divenne International Academy of the History of Science e la rivista di Mieli ne fu il giornale ufficiale. Purtroppo Mieli nel 1938, preoccupato dell’avvicinarsi delle truppe di Hitler, dovette lasciare la Francia, portando con sé l’amata biblioteca, e riparare in Argentina, presso la Universidad nacional del Litoral, nella città di Santa Fè, assunse la direzione dell’Instituto de historia y filosofia, continuando anche la pubblicazione di Archeion. Purtroppo,il governo militare argentino nel maggio del 1944 decretò la soppressione definitiva dell’Instituto. Mieli si stabilì a Florida, un quartiere periferico di Buenos Aires, in condizioni economiche disagiate e fu costretto a interrompere la pubblicazione di Archeion. Nel dopoguerra la pubblicazione fu ripresa a Parigi con il titolo Archives internationales d’histoire des sciences )Nouvelle Serie d’Archeion), direttore Mieli. Le pubblicazioni sono poi proseguite ed attualmente gli Archives Internationales d’Histoire des Sciences (ARIHS) sono pubblicati da Brepols Publishers.

Parallelamente agli interessi sulla storia della scienza, Mieli coltivò sempre quello degli studi sessuali essendo  interessato alla comprensione scientifica della sessualità umana e ad eliminare le discriminazioni nei confronti dei cosidetti “diversi”. Nel 1921 Mieli fondò la Rassegna di studi sessuali e la diresse fino al 1928.

Morì a Buenos Aires il 16 febbraio 1950 a poco più di settant’anni e 2 mesi

Tra la sua produzione di saggi e libri,di cui una consistente raccolta è presso la Biblioteca dell’Istituto e Museo di storia della scienza a Firenze, ci piace ricordare Gli Scienziati Italiani Dall’ Inizio del Medio Evo Al Nostri Giorni; Repertorio Biobibliografico Dei Filosofi, Matematici, Astronomi, Fisici, Chimici, Naturalisti, Biologi, Medici, Geografi Italiani. E’ del 1921. Lo si può trovare, in forma non perfettamente riprodotta, su internet a:

http://archive.org/stream/gliscienziatiita01mieluoft/gliscienziatiita01mieluoft_djvu.txt

In esso il Mieli è stato editore, ma ha anche contribuito con un articolo su Vannoccio Beringuccio che riporteremo sul blog prossimamente. Il libro (2 vol) è conservato nella biblioteca della Società Chimica Italiana.

Per saperne di più:

Ferdinando Abbri, Aldo Mieli in Dizionario Biografico-Treccani:

http://www.treccani.it/enciclopedia/aldo-mieli_(Dizionario-Biografico)/

Vedi anche

Marco Taddia https://ilblogdellasci.wordpress.com/2013/05/06/rilanciamo-la-storia-della-chimica/

Una vicenda esemplare.

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo.

a cura di Claudio Della Volpe

Che si possano usare degli antifiamma nelle bibite per un qualunque scopo appare certamente un po’ strano; che ci siano molecole dalle multiformi proprietà non è un caso unico ma certo desta una notevole perplessità usare le stesse molecole per scopi così diversi e necessita di una indagine approfondita.

Eppure è proprio quello che è accaduto per anni negli USA e che è stato solo di recente denunciato per opera di un gruppo spontaneo di consumatori e, finalmente, (si spera) eliminato.

Di che si tratta?

Le bibite gasate sono sostanzialmente una soluzione acquosa acida miscelata con odori e sapori di varia provenienza che molto spesso non si mescolano bene in acqua e tendono a separarsi formando una fase vera e propria. Infatti mentre la soluzione acquosa ha una densità di 1.02-1.03 kg/litro la parte di aromi vegetali ne ha una di 0.85 circa.

Dato che molte di queste bibite rimangono sullo scaffale per parecchio tempo tale separazione avverrebbe nella maggior parte dei casi; per rallentare il processo ci sono diversi metodi.

Anzitutto i sapori e gli aromi sono sciolti in oli vegetali ed emulsionati finemente in goccioline del diametro del micrometro (un millesimo di millimetro), a loro volta stabilizzate con la gomma arabica.

L’emulsione è poi diluita a valori dell’ordine dello 0.02% che è tuttavia sufficiente per dare colore ed aroma. In alcuni casi l’emulsione corisponde alla formazione di una vera e propria “nuvola” di particelle finemente emulsionate che dà corpo alla bibita. La questione è che con il passare del tempo la emulsione si separa dalla frazione acquosa e ci galleggia sopra perchè come abbiamo detto prima è meno densa.

E allora si corre ai ripari aggiungendo degli agenti stabilizzanti l’emulsione; solo che le strategie sono diverse nei vari mercati.

Le goccioline di fase diversa tendono a crescere con un meccanismo che è basato sul diverso potenziale chimico delle goccioline, il cosiddetto Ostwald’s ripening che è poi alla base di molti fenomeni come la “digestione” dei precipitati, ossia l’ingrandimento dei cristalli di un precipitato tramite un leggero riscaldamento: il potenziale chimico dipende dalla curvatura, più una goccia o un cristallo sono piccoli, maggiore è la curvatura superficiale e quindi maggiore il potenziale chimico, la tendenza a sfuggire;   come effetto conseguente le gocce tendono a coagulare, a crescere, le maggiori sono il punto di arrivo delle minori. Abbiamo già accennato ripetutamente a questo fenomeno in altri post. (https://ilblogdellasci.wordpress.com/2013/10/17/quanto-e-chimico-il-potenziale-chimico-2-parte/ oppure https://ilblogdellasci.wordpress.com/2014/01/10/sciecomiche-del-xxi-secolo/ ).

Per rallentare questo fenomeno nel caso delle bibite in Europa sono permessi composti come gli esteri della rosina,(la “rosina” è detta anche in italiano colofònia o pece greca) la cui produzione viene qui descritta:

colofonia

http://www.eastman.com/Markets/Tackifier_Center/Tackifier_Families/Rosin_Resins/Pages/Rosin_Esters.aspx

RosinEsterification1

In USA invece le grandi ditte di bibite (Pepsi, Coca Cola) hanno sempre usato un altro metodo: appesantire la fase oleosa, introducendo degli oli vegetali artificialmente appesantiti, i cosiddetti Weighting Agents, che sono di solito oli vegetali alogenati, in particolare bromurati, cioè sostituiti con bromo.

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Queste molecole aumentano la densità della fase oleosa e la stabilizzano; sulla base di dati ottenuti parecchi anni fa il loro uso è stato consentito dalla FDA fino a 15 ppm. (http://en.wikipedia.org/wiki/Brominated_vegetable_oil)

Queste sostanze sono usate sia come ritardanti di fiamma, sia a bassa concentrazione come weighting agents, agenti appesantenti, che stabilizzano le emulsioni; tuttavia il loro uso in Europa è vietato in questa seconda forma nei cibi, mentre era permesso negli USA fino ad ora sulla base di dati sicuramente obsoleti (del 1970) e di tanta trascuratezza da parte degli organi di sorveglianza. E’ bastato che i consumatori americani si svegliassero e facessero una mozione sul sito delle mozioni (leggete tutta la storia qui http://www.environmentalhealthnews.org/ehs/news/2011/brominated-battle-in-sodas) per mettere le grandi corporations delle bibite sulla difensiva. Il problema non è tanto l’assimilazione di grandi quantità di agenti bromurati tutti insieme ma il meccanismo di accumulo corporeo che può portare specie nei più giovani a disturbi seri.

Cosa si può imparare da questa storia? Da una parte la solita distinzione fra il mercato europeo che ormai col REACH ha scelto la strada della trasparenza e quello americano che di fatto è più indietro. Dall’altra la tendenza delle grandi organizzazioni industriali a privilegiare il profitto rispetto alla salute; ed infine la necessità da parte di tutti a conoscere meglio la chimica e quello che si mangia e beve.

Tuttavia la chimica lo sappiamo è sempre duale e quindi ecco che occorre dire un’ultima cosa: gli oli vegetali bromurati, come composti esistono anche in natura (http://www.cyberlipid.org/fa/acid0007.htm#4) pict233e sono parte del metabolismo di alcuni organismi marini e di alcuni licheni;pict226

alla fine il cerchio si chiude; non certo per giustificare usi impropri ma per non aver paura della Chimica; la vita, non dimentichiamolo, in fondo è solo la reazione chimica meglio riuscita!

L’Open Education: Contenuti didattici e Strumenti. Un esempio :“La gestione dei rifiuti”

 Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo.

a cura di Francesco Dondi (UniFe) e Fabrizio Passarini (UniBo)

 

In breve:

Contenuti didattici scaricabili gratuitamente

Manuale scaricabile gratuitamente all’indirizzo:

http://www.tessischool.eu/wp-content/uploads/Guida_alla_gestione_dei_rifiuti.pdf

e materiali supplementari scaricabili all’indirizzo:

http://www.tessischool.eu/materiali-didattici/

Strumenti e loro risultati sono scaricabili all’indirizzo

https://www.youtube.com/watch?v=lV9jNUyQLeA&list=PLj7eSblslqXm3dqPL6wFS587tD1Jt5bgZ

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Open Education: una nuova opportunità per la Chimica

“Abbiamo bisogno di una grande quantità di amore, di cure e di educazione per diventare membri attivi della società umana” (1)

”La comunità accademica ha una missione e una funzione all’interno della società, che di per sé giustifica i significativi investimenti pubblici dati alle università” (2)

Queste due citazioni scelte da due articoli di Richard R. Ernst, Premio Nobel per la Chimica, 1991, pubblicati su la Chimica e l’Industria (1,2) ben sintetizzano ragioni e motivi per una responsabilità sociale delle scuole e delle università (3) : devono essere per noi stimolo a dedicarci con maggior impegno alla così detta “Open Education”

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rifiutid4Cos’è l’open education?

Con Open Education si intende una didattica aperta, offerta al grande pubblico e che si traduce in offerta di risorse: si tratta quindi Risorse Didattiche Aperte o Risorse Educative Aperte (in inglese OEROpen Educational Resources).

Consistono in materiali didattici in formato digitale resi disponibili con licenze che ne permettono il riutilizzo, la modifica e la distribuzione. Si tratta di un’iniziativa promossa dalla comunità mondiale per l’educazione come bene comune. ll termine “Open Educational Resources” è stato adottato la prima volta al forum UNESCO del 2002 (4).

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Gli OER sono in realtà un complesso di strumenti assai sofisticati e che possono consistere di più elementi come i contenuti didattici veri e propri (corsi completi, moduli, unità didattiche), e strumenti (es.: software per la creazione, la distribuzione, l’utilizzo e il miglioramento di contenuti didattici aperti, strumenti per lo sviluppo di contenuti e comunità di apprendimento online).

A questi concetti vogliamo quindi riferirci nel momento in cui mettiamo a disposizione di studenti, insegnati e persone comuni un manuale per la gestione dei rifiuti e i risultati ottenuti dal coinvolgimento degli studenti guidati dagli insegnanti.

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Questa iniziativa è certamente in linea con lo spirito del Blog della SCI, animato con grande passione dal collega Claudio della Volpe. Ringraziamo quindi per l’ospitalità , augurandoci che altri colleghi chimici contribuiscano con molti altri prodotti didattici e divulgativi così da contribuire a “diventare tutti membri attivi della società” . Infatti, molte delle nostre azioni e delle nostre decisioni della vita comune hanno contenuto tecnico-scientifico di tipo chimico ed è quindi dovere della comunità chimica offrire a tutti gli strumenti adeguati per decisioni consapevoli.

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E’ appena superfluo ricordare come la gestione dei rifiuti sia l’emergenza ambientale italiana più grave, punto di snodo fondamentale per uno sviluppo sostenibile.

rifiutid14Ringraziamo quanti con critiche e suggerimenti potranno contribuire a migliorare una seconda edizione del manuale.

OER, un esempio: GESTIONE DEI RIFIUTI

 

CONTENUTI DIDATTICI:

– Manuale

– Materiale Supplementare

_________________________________________

MANUALE

Formato del Manuale

Manuale scaricabile gratuitamente all’indirizzo:

http://www.tessischool.eu/wp-content/uploads/Guida_alla_gestione_dei_rifiuti.pdf

E’ superfluo sottolineare come da molte parti si senta l’esigenza di disporre di strumenti semplici e ad un tempo sufficientemente completi per una consapevole e corretta gestione dei rifiuti.

Il manuale è articolato su 10 capitoli per un totale di 91 pagine di testi e figure, con una percentuale delle figure di circa il 30%.  L’approccio didattico si basa su “Punti chiave”. “Esercizi”, “Definizioni”, “Casi studio” e “web links” per un ulteriore approfondimento degli argomenti.

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E’ importante infatti soddisfare le molte curiosità sulla materia per suscitare interesse – ed anche entusiasmo – per mettere in atto comportamenti sostenibili, a cominciare dagli studenti: saranno loro a portare questi concetti presso le loro famiglie e nella società.

“La sostenibilità non è una materia, ma un filo conduttore che lega tutti gli insegnamenti. La sostenibilità è un abito mentale comune. Quel che serve è quindi un’adeguata formazione dei docenti. Ma anche un clima nuovo dentro le classi”.

Erminia Spotti, Ecomondo – WWF, novembre 2008

Pubblico cui il manuale è rivolto: Il manuale è stato progettato per un pubblico costituito da studenti delle scuole superiori. E’ stato pensato come strumento a disposizione degli insegnanti, come supporto all’educazione ambientale ed alla formazione alla sostenibilità. Può essere diffuso anche tra gli studenti universitari, indipendentemente dall’indirizzo dei loro studi.

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Contenuti del manuale: I rifiuti in generale . Rifiuti domestici e Rifiuti urbani : lo Smaltimento. I rifiuti organici : cosa sono i rifiuti organici, quali sono le caratteristiche dei rifiuti organici e come ci si comporta con i rifiuti organici. I rifiuti pericolosi: Caratteristiche, Etichettatura dei rifiuti pericolosi e loro Gestione corretta. Riuso e riciclo. Lo sfruttamento energetico dei rifiuti : valore energetico dell’incenerimento; trasformazione dei rifiuti in combustibile; co-combustione; pirolisi e la produzione di biogas. Discariche: vantaggi e gli svantaggi delle discariche. la struttura delle discariche; emissioni dalle discariche.

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I rifiuti in Europa e nel mondo : quantità e problemi connessi ai rifiuti nei Paesi in via di sviluppo; le grandi quantità di rifiuti che finiscono nei mari e negli oceani. Coinvolgere la cittadinanza nella gestione dei rifiuti; Il ruolo delle famiglie, degli individui e delle organizzazioni nel trattamento dei rifiuti; l’accessibilità delle informazioni sul trattamento dei rifiuti. Le indicazioni strategiche e gli obiettivi del trattamento dei rifiuti : la direttiva dell’UE sui rifiuti; la gerarchia del trattamento dei rifiuti; la situazione nell’UE, in Slovenia e in Italia.

Origine del Manuale.

Il Manuale è stato prodotto nell’ambito del progetto TESSI (Teaching Sustainability across Slovenia and Italy) coordinato dal Dott. Fabio Tomasi del Consorzio Area di Ricerca Scientifica e Tecnologica di Trieste

www.tessischool.eu

E’ stato prodotto dai partners sloveni come contributo all’attuazione del progetto TESSI. La revisione della traduzione è stata effettuata dal Prof.  Francesco Dondi e dalla Dott.ssa Silvia Riberti dell’Università di Ferrara e dal Prof. Fabrizio Passarini dell’Università di Bologna che ha in particolare curato gli aspetti di conformità alle problematiche de rifiuti della Regione Emilia Romagna e dell’Italia. La nostra unità italiana ha prodotto il manuale sull’acqua (4) , a suo volta tradotto in sloveno.

rifiutid9MATERIALE DIDATTICO SUPPLEMENTARE.

Come sopra accennato, il manuale è stato progettato come strumento a disposizione degli insegnanti per la progettazione delle lezioni sulla gestione dei rifiuti.

Il progetto TESSI ha organizzato una serie di lezioni dedicate agli insegnati sulle tematiche dei rifiuti. Le lezioni sono state tenute a Trieste ed a Ferrara dal Dott. Marco Francese e le slides possono essere scaricate all’indirizzo:

http://www.tessischool.eu/materiali-didattici/

Questi gli argomenti trattati: Introduzione ai concetti; Storia del rifiuto; Classificazione e riciclo; Differenze nella gestione di rifiuti; Siti utili ed attività didattiche; Manuale del progetto; Processo partecipativo.

STRUMENTI

per un progetto di gestione dei rifiuti

Il manuale ed il materiale didattico supplementare sopra descritti sono in realtà funzionali alla predisposizione di progetti di gestione sostenibile dei rifiuti all’interno delle stesse scuole ed alla preparazione di materiale multimediale, prodotto o da gruppi di studenti o da scuole.

Riportiamo come esempio di questa attività un breve video, – “Che ci vuole? – prodotto dagli studenti del Liceo “Magrini”, Gemona del Friuli e premiato nella edizione del TESSI Award a Trieste il 4 Ottobre 2013.

https://www.youtube.com/watch?v=lV9jNUyQLeA&list=PLj7eSblslqXm3dqPL6wFS587tD1Jt5bgZ

Per una esauriente descrizione del TESSI Award, si veda :

http://www.tessischool.eu/premio/

e per l’elenco completo dei vincitori e dei loro progetti, si veda a:

http://www.tessischool.eu/premio/vincitori/

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

 

1.R.Ernst, La Chimica e l’Industria, 2007, (89) (7), 154-161

2.R.Ernst, La Chimica e l’Industria, 2007 (89) 9, 116-123

3.R.Ernst, Angew. Chem. Int. Ed. 2003, 42, 4434.

4. http://it.wikipedia.org/wiki/Risorse_didattiche_aperte

4.http://www.tessischool.eu/wp-content/uploads/Manuale_Acqua-risorsa_sostenibile.pdf