Il paese degli elefanti (recensione)

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo.

Luca Pardi Il paese degli elefanti. Miti e realtà sulle riserve italiane di idrocarburi Lu.Ce. Editore, 2014, 120p, 12 euro

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a cura di C. Della Volpe

Questo libro l’ho visto nascere e quindi capirete che mi sta particolarmente a cuore. L’autore è un nostro collega del CNR di Pisa, Luca Pardi.

Luca, ha un problema: porta un nome ingombrante; suo padre, Leo Pardi, fondatore dell’etologia italiana (ha scoperto fra l’altro l’organizzazione gerarchica della vespa), ha lasciato un marchio indelebile nella cultura nazionale ed internazionale; suo fratello, Francesco, professore di architettura, è senatore. Con queste premesse a Luca non è bastato diventare primo ricercatore CNR, avere un robusto H-index. Ci si è dovuti arrendere alla tradizione e, una volta diventato Presidente di ASPO-Italia, Luca ha dovuto anche scrivere un libro.

Scherzo a parte, scherzo che mi permetto perchè considero Luca un amico, questo libro nasce da uno scontro di interviste di qualche mese fa. In un articolo uscito il 18 maggio su Il Messaggero, il prof. Romano Prodi, parlando del mancato sfruttamento delle risorse di idrocarburi (gas e petrolio) italiani, si rammaricò per l’occasione perduta. affermando che potremmo arrivare ad una produzione di idrocarburi di 22 Mtep di produzione (annua) entro il 2020, corrispondente ad un raddoppio della produzione attuale.

L’Italia non è povera di petrolio e di metano, ma assurdamente, preferisce importarli piuttosto che aumentare la produzione interna. Nell’ultimo decennio abbiamo pagato all’estero 500 miliardi di euro per procurarci la necessaria energia. Un lusso che non possiamo più permetterci.”

e Luca, intervistato da Ambiente Italia gli rispose così

(http://aspoitalia.wordpress.com/2014/05/25/ambiente-italia-pardi-risponde-a-prodi/):

…dire che in Italia abbiamo quantità ingenti di idrocarburi, è come dire che l’Italia è il paese degli elefanti perché ci sono due elefanti allo zoo di Pistoia e altri 4 o 5 sparsi nei circhi. Non è così! E’ una frottola….”

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Dopo qualche ora gli dissi a voce, per telefono, che erano anni che non sentivo quella parola per TV, frottola, e che detta con quel suo inestinguibile accento mi era oltremodo piaciuta.

Tanto bastò, ahimè, per spingerlo sulla strada della scrittura.

Il libro di Luca Pardi è, come dichiara il suo autore, un libro militante, come altri che ho recensito di recente, (penso qui al libro di Balzani e Armaroli, Energia per l’astronave Terra); Luca fa parte di questa recente genìa di scienziati militanti. Uno scienziato militante, è uno strano, corrucciato, ma simpaticissimo individuo, che non rinuncia ad essere nè l’uno, nè l’altro e a tentare di conciliare la freddezza apparente della scienza, la neutralità e l’oggettività del dato, con la passione della politica; ma attenti, intendo qui della Politica, quella con la P maiuscola, l’attenzione alla collettività ed ai suoi problemi, problemi sviscerati con riga e compasso, con il calcolo e la misura e alle strategie per risolverli, strategie basate sulle più recenti invenzioni culturali dell’Umanità (la retroazione per esempio, ossia la causalità applicata al servizio dei sistemi complessi), con un occhio che vede lontano, non certo alle prossime elezioni, ma a decenni o secoli da oggi.

Il libro inizia con una affermazione che può sconvolgere menti impreparate:

Il Picco del petrolio, del gas, del carbone e di ogni altra risorsa non rinnovabile è semplicemente il massimo storico di produzione della risorsa. Ad esso sono soggette tutte le risorse energetiche, ma anche i metalli su cui si fonda l’industria moderna e altri materiali, ad esempio quelli che si utilizzano nelle costruzioni: le sabbie, i materiali lapidei, il marmo, il travertino, e quelli usati in agricoltura come i fosfati.

Per essere precisi non è necessario che una risorsa sia non-rinnovabile affinché incontri a causa del suo sfruttamento un Picco di produzione. In effetti anche una risorsa rinnovabile, come è l’acqua dolce che si rinnova continuamente attraverso l’evaporazione, la condensazione e le precipitazioni, sfruttata ad un tasso superiore a quello di ricostituzione naturale può andare incontro ad una dinamica di depauperamento analoga a quella di una risorsa non rinnovabile.

Questa peculiare idea, che si può far risalire all’altro toscanaccio, Ugo Bardi, chimico fisico anche lui, che ne ha dato una analisi riferita all’olio di balena (Bardi U. ,Energy Sources, Part B, 2:297–304, 2007) è una di quelle che lasciano il segno.

La rinnovabilità dipende dalla velocità con cui si usa la risorsa, non dalla sua intrinseca natura.

Il libro parte dall’energia come viene presentata nei grandi mezzi di informazione, rifacendo la storia degli approcci che i vari governi hanno avuto nei confronti del problema e delle risposte che il mondo dell’ambientalismo e di chi si occupa del problema come ASPO, ha avuto sul tema; l’apparato di note e di riferimenti assolutamente formidabile aiuta a farsi una documentazione di prima mano. Prosegue nel mostrare il ruolo conccreto che i fossili di varia origine hanno nell’economia reale e soprattutto il rapporto fra consumi, prezzi e previsioni; un tema che ha spesso appassionato i grandi organi di informazione: ossia del quanto ce n’è? Per fare ciò introduce in modo generale la definizione del picco del petrolio e soprattutto l’idea che il picco del petrolio tradizionale è già alle nostre spalle.

Un grafico dell’IEA mostra come il petrolio tradizionale, il legacy oil è arrivato al suo massimo produttivo, ossia al suo picco, nel 2005, appena prima della crisi economica attuale, una crisi che è legata a questo fenomeno, sia pure in modo complesso.

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Un ulteriore capitolo descrive il concetto di risorse e riserve, entrando nella definizione esatta dei termini tecnici che sono spesso usati anche nella letteratura professionale sul tema ed inizia a fornire i valori relativi al nostro paese, come illustrazione dei concetti usati. Un ulteriore capitolo è dedicato alla definzione di EROEI, di energia netta, un concetto che sta piano piano entrando nel lessico quotidiano e che ci può servire da guida nel comprendere perchè non sia possibile sommare le riserve dei vari tipi di idrocarburi, mescolando prodotti che se pur simili all’apparenza, idrocarburi liquidi, hanno un contenuto di energia netta del tutto diverso a causa del diversissimo modo di estrazione che hanno subito.

A questo punto, dopo una carrellata leggibilissima, ma precisa ed atttenta il libro si dedica al suo core business, ossia al suo argomento nominale: ma quanto petrolio e gas c’è in Italia e da dove viene, in quali regioni, sfatando i vari miti giornalistici, a partire dal fatto che il grosso del petrolio nazionale si può estrarre sulla terraferma e non sul mare, l’Adriatico selvaggio di poetica memoria non nasconde che una parte di gran lunga minoritaria del tesoretto (pag.99). un tesoretto, a cui, precisa Pardi le aziende estrattive sono molto interessate non tanto per la composizione ricca di S che lo rende meno appetibile ma per i bassi oneri di estrazione che devono pagare. Una parte finale del capitolo si dedica anche alla decrizione della situazione mondiale.

La conclusione è chiara:

L’Italia non è il paese degli elefanti, e non è nemmeno il paese degli idrocarburi. Non ci sono oceani di petrolio e gas sotto il mare Adriatico, e non ci sono “ingenti” riserve nel sottosuolo della penisola. I giacimenti della Val d’Agri in Basilicata, splendida regione da visitare a bassa velocità, gustandone la natura, i cibi e l’ospitalità indimenticabile dei suoi cittadini, è si il quarto per produttività in Europa, ma a buona distanza dal terzo e con un petrolio la cui qualità è gravemente compromessa dal carico di zolfo ………

…….. produce circa l’11 % dei propri consumi di gas e l’8,5% dei consumi di petrolio. Quando, da parte dei promotori dell’industria petrolifera, si dice che sfruttando le nostre risorse potremmo aumentare, addirittura raddoppiare, la produzione nazionale non si dice per quanto tempo si potrebbe ottenere questo risul- tato. Abbiamo visto che se volessimo raddoppiare la produzione 2013 di gas le riserve durerebbero 3 anni e mezzo considerando le riserve certe (1P) e 9 anni considerando quelle possibili (3P) la cui stima è probabilmente irrealistica. Per il petrolio le riserve certe potrebbero coprire una produzione raddoppiata per 7 anni e quelle possibili per 20 anni.

Questo ipotizzando consumi costanti, il che non è chiaramente quanto sta accadendo.

Insomma una botta alla pretesa prodiana. La spiegazione di questa politica quotidiana dell’annuncio pro-estrattivo che sta convincendo un governo Renzi che sta lì pronto a farsi convincere è:

Sono frottole inventate per convincerci che non si possa fare altrimenti che trasferire quello che ancora abbiamo nelle mani dei soliti affinché essi, elargendo qualche elemosina sotto forma di royalties, possano continuare a riempirsi le tasche. Le iperboli sulle riserve petrolifere nazionali sono state usate a scopo pubblicitario per influenzare l’opinione pubblica e ribilanciare la politica energetica nella direzione dei combustibili fossili che l’avanzata delle rinnovabili aveva penalizzato.

Il toscanaccio colpisce duro, e sinceramente mi trova completamente d’accordo.

La terra toscana è ricca di bellezza e di storia; la tradizione della Chimica declinata al locale non poteva che sposare l’idea che la Natura sia fusione di queste due cose: bellezza e storia; Tiezzi, Bardi ed oggi Pardi, ci convincono che la scuola toscana di Chimica non ha nulla da invidiare a quella bolognese dei Balzani, degli Armaroli e delle Margherite, pardon delle Venturi, quanto a capacità di raccontarle, con gusto, precisione e completezza, ma senza dimenticare la passione (che si sente specie nei vini di quelle terre).

Se Leo Pardi è ancora da qualche parte se la sta ridendo della grossa.

2 pensieri su “Il paese degli elefanti (recensione)

  1. Grazie di questa recensione. Sono sempre alla ricerca di libri intelligenti da conoscere e far conoscere ai miei studenti e tanto più sono orgogliosa del fatto di provenire dalla stessa Regione nonché ateneo e corso di laurea di Luca Pardi.

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