Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo
a cura di Luigi Campanella, ex Presidente SCI
I DNAPL (Dense NonAqueous Phase Liquid, ossia Sostanze Liquide in Fase Non Acquosa) sono dei liquidi puri o miscele liquide più dense dell’acqua e relativamente insolubili in fase acquosa che tendono per gravità a migrare verso gli strati profondi del sottosuolo fin quando non trovano una zona impermeabile sulla quale si stratificano; inoltre la volatilità elevata (sono considerati VOC, Volatile Organic Compounds) fa sì che tendono a ripartirsi negli interstizi della zona insatura del suolo occupati dai gas. I DNAPL hanno infatti la capacità di infiltrarsi rapidamente nel terreno provocando contaminazione di suolo e sottosuolo. Tra i più comuni tipi di DNAPL si possono includere composti che sono stati largamente impiegati per anni nei processi industriali, in particolare:
Solventi Clorurati (es. Tricloroetilene e Tetracloroetilene), impiegati come sgrassanti;
Policlorobifenili (PCB) utilizzati nella produzione di vernici, pesticidi, inchiostri;
Catrame e creosoto (miscela di fenoli aromatici e composti policiclici aromatici), prodotti nel processo di gassificazione del carbonio.
Le sorgenti dei DNAPLs sono generalmente costituite da composti organo-clorurati.
I composti organici clorurati, sono molecole di idrocarburi, alogeno-sostituite, ognuna delle quali contiene almeno un atomo di Cl.Possono essere:
Saturi (alogenuri alchilici) derivati da etano e metano;
Insaturi ((alogenuri alchenilici) derivati da etene;
Aromatici (alogenuri arilici) derivati dal benzene.
A differenza degli alogenuri alchilici e alchenilici, gli alogenuri arilici sono meno utilizzati come solventi.
I solventi clorurati sono considerati tra i maggiori responsabili dell’inquinamento di falde acquifere e di terreni sia in Europa sia negli Stati Uniti. Solo negli anni ’70 fu riconosciuto il potenziale tossico di tali classi di inquinanti e si iniziò ad ottimizzarne l’impiego e a limitare l’esposizione umana ad essi. A causa del buon potere solvente, propellente e della scarsa infiammabilità, i solventi clorurati sono stati e sono ancora impiegati nell’industria meccanica come agenti sgrassanti di parti metalliche, nelle tintorie o lavanderie chimiche, nell’industria orologiera ed in quella cartaria. L’impiego estensivo è stato determinato dall’economicità di tali prodotti, dalla facilità di manipolazione e dall’assenza di odori sgradevoli connessi al loro utilizzo.
L’importanza dei solventi clorurati come contaminanti delle acque di falda è stata riconosciuta soltanto a partire dall’inizio degli anni ‘80, sebbene tali sostanze siano state prodotte e utilizzate sin dall’inizio del secolo precedente; ciò è da imputare alla mancanza di una legislazione adatta che potesse prevenire lo sversamento incontrollato di contaminanti nel sottosuolo, e all’assenza di metodi analitici in grado di rilevare questi composti anche a basse concentrazioni.
La contaminazione di acque sotterranee da solventi clorurati, e la necessaria bonifica, rappresentano un rilevante problema nel settore del risanamento ambientale a causa della loro tossicità e dei conseguenti effetti che questi comportano sulla salute umana e sull’ambiente in generale. L’impiego estensivo di tali composti in vari settori industriali, in agricoltura e in applicazioni anche non commerciali, ne ha provocato la diffusione incontrollata nell’ambiente.
La biodegradazione degli idrocarburi clorurati alifatici avviene molto lentamente in condizioni naturali ed è generalmente mediata da microorganismi naturalmente presenti nelle aree contaminate che si sono adattati alla presenza del contaminante. E’ una efficace strategia di risanamento di acque sotterranee contaminate da solventi clorurati . Le cinetiche di biodegradazione di tali composti sono in genere piuttosto limitate, spesso a causa della mancanza nell’acquifero di adeguate condizioni ambientali (idonee condizioni redox, opportuno donatore di elettroni, nutrienti, ecc.) che determinano lunghi tempi per il recupero del sito contaminato.Tuttavia, sono disponibili delle tecnologie di bonifica di acque di falda. Le principali tecnologie impiegate per la bonifica sono Pump & Treat, Barriere Permeabili Reattive e il Biorisanamento.
Il Pump &Treat (P&T)è un sistema di messa in sicurezza e /o di bonifica che consiste nell’intercettare la falda inquinata al fine di evitare il trasporto dei contaminanti verso valle, nell’emungere l’acqua mediante dei pozzi di estrazione e nel trattare l’acqua estratta in uno specifico sistema di abbattimento posto in superficie.
Le Barriere Permeabili Reattive (PRB) sono sistemi di risanamento che sfruttano la possibilità di collocare nel terreno, ortogonalmente alla direzione di flusso, un materiale reattivo permeabile, che rappresenta la barriera.
Negli Stati Uniti ed in alcuni Paesi Europei la tecnologia delle PRB è stata prima oggetto di importanti progetti di studio ed ha ormai trovato rapida applicazione nella bonifica di falde contaminate (ad oggi circa 200 installazioni nel mondo).
Il biorisanamento è una efficace strategia di risanamento di acque sotterranee contaminate da solventi clorurati e si basa sulla possibilità di accelerare l’attività dei microrganismi naturalmente presenti nel sito, capaci di degradare contaminanti specifici.
A causa del loro elevato grado di clorurazione, i contaminanti quali PCE (tetracloroetilene) e TCE (tricloroetilene) sono raramente ossidati in condizioni aerobiche (solo ossidazione co-metabolica). La degradazione ossidativa è invece più semplice per composti a minor grado di clorurazione quali DCE (dicloroetilene) e VC (vinile cloruro) (anche metabolica).
La declorazione riduttiva di eteni clorurati è pertanto il processo principale attraverso cui solventi alto clorurati sono completamente ridotti tramite la sostituzione degli atomi di cloro con atomi di idrogeno a composti come l’etilene. Tale processo richiede un donatore di elettroni esterno (fonte di carbonio organico e/o H2) ed è effettuato da microrganismi anaerobici altamente specializzati, naturalmente residenti nell’area contaminata, che sono in grado di utilizzare i solventi clorurati per le proprie esigenze metaboliche trasformandoli in composti non tossici e compatibili da un punto di vista ambientale.
Il biorisanamento anaerobico di acque di falda contaminate da solventi è un processo consolidato a livello internazionale e numerose sono le realizzazioni in piena scala.
Dall’esame delle esperienze statunitensi, è evidente una tendenza a sostituire progressivamente interventi bonifica basati sul P&T, o almeno basati sul solo P&T, con interventi basati sull’uso di tecnologie in situ.
Finora il principale ostacolo alla diffusione di tali tecniche è stato il fatto che un intervento in situ deve essere preceduto da una caratterizzazione accurata e dedicata nonché da test in scala di laboratorio e da verifiche su campo in scala pilota.
Un’ulteriore “barriera” risiede nel fatto che alcune di queste tecnologie (ad es. il biorisanamento) richiedono “l’iniezione” di sostanze chimiche in acqua di falda, con preoccupazioni circa la possibile formazione di composti indesiderati e/o sconosciuti.