Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo
a cura di Claudio Della Volpe
La combustione è stata per la nostra specie (Homo) il principale metodo di ottenimento dell’energia da circa un milione di anni su questo pianeta; negli ultimi 200.000 anni Homo Sapiens è diventato un raffinato utilizzatore della combustione, anche se inevitabilmente con il crescente uso dei combustibili fossili i prodotti della combustione (ossidi di carbonio, di azoto, di zolfo) hanno piano piano alterato la composizione atmosferica in modo irreversibile (per esempio cambiando il peso molecolare medio dell’aria), provocando fra l’altro il global warming. Ma non voglio parlarvi di questo oggi.
La combustione è stata (insieme con l’astronomia) anche il principale banco di prova della scienza moderna; la teoria del flogisto è stata la prima teoria “scientifica” della chimica, contrapposta all’alchimia, ed ha permesso uno sviluppo notevole della nostra disciplina, compreso il salto di qualità che si verificò allorquando, con la sua critica ed il suo superamento da parte di Lavoisier, è iniziata la parabola della chimica moderna e la teoria atomica della materia.
La combustione è anche un esempio del comportamento dialettico del nostro appropriarci della realtà e della realtà medesima; per un milione di anni il fuoco, la fiamma è stato il simbolo del processo di combustione, casomai nella forma sferica di una fiamma in microgravità;
ma lo sviluppo della teoria della combustione ha consentito di comprendere che la più efficiente forma di combustione è una combustione senza fiamma, ossia ottenuta in uno spazio omogeneo in cui il mescolamento dei reagenti sia ottimale e continuo e senza quella separazione e quei gradienti tipici di una fiamma normale, che sono di fatto elementi dissipativi: la combustione priva di fiamma o flameless è diventata il punto di arrivo della combustione, e insieme la sua negazione dialettica.
Probabilmente il completo rovesciamento dialettico della combustione sarà costituito dall’uso delle celle a combustibile, in cui la produzione di elettricità avviene direttamente e senza passare attraverso alcuna fiamma o fumo. Al momento tuttavia la gran parte della nostra energia è ancora ottenuta dalla combustione diretta, con i problemi che ne derivano, che non sono nati oggi o ieri.
Questa trasformazione dialettica della combustione dalla fiamma gialla e fumosa dei nostri antenati cavernicoli alla fiamma azzurra e “pulita” della pubblicità, alla combustione senza fiamma nè fumo, flameless appunto, ed infine alla fuel cell, la cella a combustibile, è iniziata molto tempo fa ed ha una lunga storia.
Già Orazio nel I sec. a.C. si lamentava del fumo che anneriva i templi della sua Roma (Orazio Odi 3-6 trad. Mario Rapisardi 1883)
Delicta maiorum inmeritus lues,Romane, donec templa refecerisAedisque labentis deorum etFoed nigro simulacra fumo | Le colpe avite non meritevole Tu sconterai, Roman, se i tempi E l’are cadenti e le statue Non restauri dal fumo annerite. |
E ancora appena più avanti (Orazio Odi 3 – 29 trad. G. Zanghieri)
Fastidiosam desere copiam etMolem propinquam nubibus arduis:Omitte mirari beataeFumum et opes strepitumque Romae. | Suvvia lascia quel lusso, che finiscePer generare sempre disgusto e sazietà,Ed il tuo bel palazzo che si innalzaquasi fino alle nubi…..e smetti di ammirare di continuo,il fumo che si leva,
il fasto ed il frastuono dell’opulenta Roma |
E il fumo non era solo “esterno” ma perfino “interno” alle case romane; scrive Seneca in una lettera a Lucilio (Epistola 44,1-7: trad. Boella):
Non facit nobilem atrium plenum fumosis imaginibus | L’atrio pieno di ritratti degli antenati anneriti dal fumo non rende l’uomo nobile |
E più avanti (Epistola 104 6, trad. Zanichelli 2010):
Quaeris ergo quomodo mihi consilium profectionis cesserit? Ut primum gravitatem urbis excessi et illum odorem culinarium fumantium quae motae quidquid pestiferi vaporis sorbuerunt cum pulvere effundunt , protinus mutatam valetitudinem sensi. | Mi chiedi come è andata questa idea di partire? Non appena ho lasciato la pesantezza della città e quell’odore di cucine fumanti che emanano vapori pestilenziali assieme alla polvere, ho subito cominciato a sentirmi guarire |
Oltre mille anni dopo la situazione non era cambiata, se, nel 1285, l’aria di Londra era così inquinata che Edoardo I dovette nominare una commissione che doveva controllare l’attività dei fabbri ferrai che usavano il carbone come fonte di energia.
Insomma la lotta all’inquinamento iniziò ben presto e la necessità di studiare i processi di combustione e filtrarne i sottoprodotti anche. Ma la situazione non ha cominciato a cambiare nei paesi occidentali fino al sopravvenire di situazioni di estrema gravità; Stefano Caserini di Polimi (http://www.leap.polimi.it/leap/images/Documenti/news/20140609_Bergamo/caserini_2_traffico_e_inquinamento_aria.pdf) ci racconta che nel 1952, durante il famoso episodio di smog a Londra che portò a più di 2000 vittime il numero di morti fu proprozionale alla concentrazione di inquinanti:
Solo negli ultimi decenni leggi severe hanno obbligato i produttori di combustibili e di dispositivi di combustione a rispettare parametri confacenti alla salute delle persone e dell’ambiente.
Ora è chiaro che l’applicazione di metodi di controllo è complessa e difficile e la soluzione non è dietro l’angolo. Lo sviluppo di metodi di controllo efficaci e scientificamente testati richiede ricerca ed investimenti molto importanti ed offre anche il verso a chi si inserisce nel mercato vantando virtù fuori dalla scienza conosciuta; il Tubo Tucker è stato un esempio significativo ma non è l’unico; nel solo settore dei filtri cosidetti “elettromagnetici” esistono in tutto il mondo circa una ventina di brevetti, che pretendono di risolvere il problema dell’efficienza delle combustioni e dell’inquinamento in modo definitivo senza dire come fanno veramente. D’altra parte l’esistenza di un brevetto non garantisce la bontà del dispositivo, ma solo che è stato inventato da Tizio e non da Sempronio.
Eppure metodi testati esistono; nella medesima presentazione Stefano Caserini ci fa vedere come la concentrazione di SO2 si sia ridotta nell’aria delle principali città italiane; e la stessa cosa è avvenuta per le famigerate PM10.
Sebbene non sia l’unica sorgente di particelle in atmosfera, certamente il traffico cittadino è una delle sorgenti principali di inquinamento e l’invenzione e la messa a punto dei cosiddetti Filtri Anti-Particolato (FAP o DPF) che vengono usati prevalentemete nei diesel (e sono aggiunti anche alle auto a benzina visto il loro enorme successo già dal 1 settembre 2014) è stata una delle cause della riduzione di questo tipo di inquinamento.
Come funzionano i FAP-DPF? Vale la pena di ripetere qui brevemente come funzionano anche perchè la loro efficacia è stata ripetutamente messa in dubbio dai mass media, da certi siti poco informati o in conflitto di interesse e da trasmissioni come Report, che hanno una certa autorevolezza, ma che in questo caso hanno preso un abbaglio.
Anzitutto diciamo che, anche se non è la sorgente unica del particolato e degli inquinanti atmosferici, la combustione produce un notevole numero di prodotti sia gassosi che condensati e che questi ultimi hanno un diametro medio variabile da qualche nanometro a qualche micron; i prodotti gassosi sono essenzialmente ossidi dei componenti del combustibile e del comburente: CO2, CO, NO, NO2, SO2, etc. alcuni dei quali continuano a reagire producendo altre sostanze come l’ozono; inoltre abbiamo una parte del combustibile che non ha reagito e particelle metalliche di varia provenienza; le particelle condensate o solide possono quindi essere distinte in “soot” (depositi carboniosi, fuliggine) e “ash” ossia ceneri, particelle già ossidate e prevalentemente metalliche provenienti dal motore o dal lubrificante o da altri additivi (ancora mi ricordo la vergogna che ho provato molti anni fa quando, ancora studente, davanti all’amico e docente, mio padre mi chiese, e non seppi rispondere, di cosa era fatta la cenere).
I filtri si dividono in varie classi che vanno da filtri costituiti da una sola struttura metallica o ceramica a quelli modificati aggiungendo un catalizzatore anch’esso di natura metallica sulla sua superficie; in un caso commerciale (il filtro del gruppo PSA, http://www.psa-peugeot-citroen.com/en/featured-content/diesel-technology/DPF-diesel-particulate-filter) si aggiunge a monte al carburante un composto del cerio che funge da catalizzatore, ma questa scelta (che come vedremo potrebbe avere conseguenze) non copre la maggioranza dei casi.
La mia auto diesel per esempio ha un filtro DPF catalizzato ma senza aggiunta di cerio.
Il limite imposto dalle attuali normative Euro 5 ed Euro 6 [1,2] sul numero di particelle totali in uscita dal filtro è di 6*1011 /km, ovvero numero di particelle solide, con diametro aerodinamico nel range 23 nm ÷ 2,5 µm, emesse al chilometro (tenete presente che le famose PMXX hanno un diametro dell’ordine dei MICRON; qua stiamo parlando invece di valori da 0.023micron in su) non superiore a 600 miliardi per chilometro.
Ricordate questi numeri di cui poi parleremo in seguito.
Un testo generale che ho trovato molto utile anche se non è aggiornatissimo è stato scritto da Avella e Faedo, due colleghi della Stazione Combustibili di S. Donato Milanese [3].
Da questo testo riprendo qui qualche immagine esplicativa.
I filtri dal punto di vista costruttivo si dividono in due tipologie differenti in base al criterio di filtrazione scelto: sistemi a flusso a parete (Wall-Flow Particulate Filter) e sistemi a flusso parzialmente libero (Flow-Through Diesel Filter).
Il filtro antiparticolato è in effetti una parte di un sistema complesso di gestione dell’inquinamento il cui schema è qui di sotto mostrato:
Fai clic per accedere a emissioni_autoveicolari_PV_2007.pdf
Il meccanismo lavora in questo modo: il filtro intrappola ceneri e fuliggine; la CPU analizza la situazione filtro attraverso i sensori di pressione e temperatura e, quando i parametri vanno oltre i valori critici, attiva un ciclo di rigenerazione in cui la temperatura viene innalzata e i residui fuligginosi bruciati trasformandoli in gas, vaporizzandoli. In questa fase, che avviene ogni alcune centinaia di chilometri, la produzione di particelle da parte del filtro che di solito è ordini di grandezza sotto quella dei motori senza filtro vi si avvicina almeno momentaneamente.
Un grafico che mostra l’andamento generale dell’emissione di particelle è mostrato in questo grafico che si riferisce ad un filtro Euro3 (siamo ad Euro6) tratto da un altro lavoro di Avella e fornito ad un blog di discussione sulle auto (http://put.edidomus.it/auto/mondoauto/attualita/foto/368642_4081_big_grafico-fap.jpg).
Come si vede solo durante la rigenerazione lo spettro delle particelle emesse si avvicinava a quello delle auto senza filtro GIA’ per gli euro3. Oggi siamo ad euro6.
Per amore di precisione vorrei citare anche un lavoro recentemente pubblicato su ENVIRONMENTAL SCIENCE & TECHNOLOGY Volume: 47 Issue: 22 Pages: 13077-13085 Published: NOV 19 2013
(lo scaricate da http://kblee.rutgers.edu/wp-content/uploads/Environ.-Sci.-Technol._-2013.pdf)
Nel quale si parla degli effetti della cerina (un composto organico del cerio) aggiunta da alcuni produttori di filtri al carburante, ipotizzando che essa possa aumentare la quota di particelle molto piccole rispetto ad un motore diesel privo di filtro, almeno durante la fase di rigenerazione; la cosa ricorda le critiche sviluppate da alcuni contro i FAP-DPF e le misure effettuate sembrerebbero supportare questa posizione. Ma fate attenzione; a parte che questo lavoro contraddice altri risultati pubblicati, nel lavoro si usa come motore diesel un motore da laboratorio al cui carburante si aggiunge la cerina (composto organico di cerio) in uno dei formati usati nel mondo, pero’ leggendo con attenzione si apprende che il motore usato è molto diverso da quelli effettivi ed usati in Europa sulle auto; infatti il motore usato (da 400cc) produce con un consumo di 1.7 litri/ ora 5.5KW, mentre per esempio il mio (4 cilindri 1500cc 66KW) con una cilindrata solo 4 volte superiore produce (alla coppia massima) quasi 8 volte più potenza e con un consumo inferiore. Difficile fare paragoni dunque, i motori europei sono molto più efficienti di quelli usati nel lavoro citato; inoltre mentre un motore euro5 produce al massimo 6×1011 particelle/km e quindi in un’ora poniamo a regime di copia massima, a 100km/ora, produce all’incirca 60x 1012 particelle, il motore usato nel lavoro ne produce 5-10 volte tanto in qualunque condizione e quindi non è un motore euro5! Inoltre questo risultato non trova conferma nel resto della letteratura. Comunque è chiaro che la questione degli effetti del Cerio (ambientali e di salute) merita di essere approfondita, dato che si tratta di un nuovo elemento inserito nell’ambiente in quantità molto superiori alla sua concentrazione precedente.
Nella seconda parte discuteremo di alcuni dei dispositivi che sostengono di poter sostituire i filtri antiparticolato con metodi “elettromagnetici” che agirebbero sul combustibile attivandolo e il cui antenato, ossia il Tubo Tucker, (per carità antenato solo nel senso che ha preteso per primo di usare metodi “elettromagnetici” non meglio precisati, per il resto l’alone di mistero sui metodi ci impedisce altri confronti a costo di querela!) è stato ahimè bollato UFFICIALMENTE come una truffa. (continua)
Riferimenti.
[1] Regulation (EC) No 715/2007 of the European Parliament and of the Council of 20 June 2007 on type approval of motor vehicles with respect to emissions from light passenger and commercial vehicles (Euro 5 and Euro 6) and on access to vehicle repair and maintenance information (Text with EEA relevance)
[2] UNECE Regulation N. 83, Uniform provisions concerning the approval of vehicles with regard to the emission of pollutants according to engine fuel requirements, Revision 5, 22 January 2015.
[3] Francesco Avella e Davide Faedo LE TECNOLOGIE DI RETROFITTING
PER LA RIDUZIONE DELL’EMISSIONE DI PARTICOLATO DEGLI AUTOVEICOLI http://www.innovhub-ssi.it/c/document_library/get_file?uuid=381847a9-35ce-4cc7-9bcb-8ac4b258f8f5&groupId=11648
[4] approfondimenti su: http://www.climalteranti.it/2015/04/18/riduzione-delle-emissioni-di-black-carbon-funzionano-i-filtri-antiparticolato/#sthash.vLYbyFGB.dpuf