Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo
a cura di Claudio Della Volpe
Un quadrato magico è una tabella quadrata di numeri distinti (ossia usati una volta sola) usualmente interi, dove i numeri in ciascuna riga, colonna e nelle diagonali principali e/o secondarie hanno come somma il medesimo numero.
Il più antico quadrato magico di cui si abbia notizia è cinese; il quadrato Lo Shu, un 3×3 conosciuto almeno fin dal 650aC e la cui traduzione numerica vedete a fianco.
Nell’antica Cina ci fu una grande alluvione: il popolo offrì sacrifici al dio di uno dei fiumi che erano usciti dal loro corso, il fiume Luo (洛河), per tentare di calmare la sua ira. Una tartaruga magica uscì dall’acqua avendo sulla sua corazza un disegno del tutto innaturale, appunto il quadrato di Lo Shu: figure di punti uniti da linee che davano la rappresentazione dei numeri in base unitaria da 1 a 9 arrangiati in una griglia tre per tre.
L’evento viene fatto risalire al periodo fra il 4000 e il 2800aC. Da allora il quadrato LoShu fu associato al controllo delle alluvioni e in genere alla magia.
La tradizione di queste forme numeriche e geometriche sfuma per così dire nella notte dei tempi ed acquista un senso veramente magico. Ne esistono in tutte le culture e in tutte le tradizioni, nella matematica persiana, indiana, araba.
La intuizione del primitivo legame fra natura e matematica, che è evidente, ma mescolato di magia, nella leggenda di LoShu, coronerà nello sviluppo scientifico moderno nella famosa frase di Galileo Galilei (e nei testi di Bacone (Novum Organum) e Cartesio (Discours sur la méthode). Nel Saggiatore, 1623 (il “saggiatore” è una bilancetta di precisione usata dagli orafi, e si contrappone per principio alla rozza e semplicistica “libra” dell’avversario), risponde alle critiche di un avversario, Grassi (Sarsi nel testo), in merito alla comparsa in cielo di alcune comete nel 1618; la specifica ipotesi esposta da Galileo si rivelerà poi sbagliata, ma nel 6 capitolo Galileo esprime la moderna concezione della Natura:
[Lotario Sarsi] forse stima che la filosofia sia un libro e una fantasia d’un uomo, come l’Iliade e l’Orlando Furioso, libri ne’ quali la meno importante cosa è che quello che vi è scritto sia vero. Signor Sarsi, la cosa non istà così. La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l’universo), ma non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto.
La scienza contemporanea è molto più smaliziata a questo riguardo e pone dei quesiti a cui non è facile rispondere e che travalicano in un certo senso il punto di vista galileiano.
In un articolo molto conosciuto, Eugene Wigner, Nobel per la Fisica nel 1963, (“The Unreasonable Effectiveness of Mathematics in the Natural Sciences,” in Communications in Pure and Applied Mathematics, vol. 13, No. I (February 1960). New York: John Wiley & Sons, Inc. Copyright 1960) esprime la tesi che l’efficacia della matematica in fisica e della fisica nel prevedere le cose della Natura su base matematica è totalmente incomprensibile su base razionale, è un vero e proprio miracolo.
Al principio dell’articolo Wigner racconta la seguente storiella:
C’è una storia di due amici, che erano compagni di classe al liceo e che parlano del loro lavoro. Uno di essi era diventato uno statistico e lavorava sulla crescita delle popolazioni. Egli mostra al suo amico un lavoro. Nel lavoro si inizia come al solito con la distribuzione gaussiana e lo statistico spiega al suo amico il significato dei simboli per la popolazione effettiva, media e così via. Il suo compagno è un po’ incredulo e non è sicuro che lo statistico non lo stia prendendo in giro. “Come fai a sapere questo?” è la sua domanda. “E questo simbolo qui cosa è?” “Oh” dice lo statistico- ”questo è pi”. Cioè? “Il rapporto della circonferenza di un cerchio col suo diametro”. “Bene ora hai portato il gioco troppo oltre- dice l’amico- certamente la popolazione non ha nulla a che fare con la circonferenza di un cerchio”.
Il senso comune dell’amico è in stretta contraddizione con la scoperta galileiana. Come dice Giusti in un famoso sonetto: “Il buon senso è morto affatto. L’ha ucciso la scienza sua figliola, per veder com’era fatto”.( https://ilblogdellasci.wordpress.com/2014/06/20/il-buonsenso-e-morto-affatto/)
Tuttavia la scoperta galileiana conduce a delle contraddizioni non banali che Wigner analizza. L’articolo è stato scritto nel 1960, ma già la contraddizione fra meccanica quantistica e relatività era manifesta e non è stata ancora risolta. Wigner si chiede come possano due teorie basate su diversi concetti matematici lo spazio quadridimensionale di Riemann e quello a infinite dimensioni di Hilbert, rispettivamente, essere compatibili. Finora non esistono modi di renderle compatibili, eppure ognuna nel suo dominio è esatta, nel senso che prevede con grande esattezza dati sperimentali; cionondimeno una di esse almeno o entrambe sono sbagliate, e ne potrebbe esistere un’altra di cui entrambe siano casi particolari se l’ipotesi di Galileo è vera.La ricerca su questo punto è estremamente attiva, basti pensare alla recente proposta di Garreth Lisi di una teoria geometrica del tutto, basata sulle proprietà del gruppo cosiddetto di Lie E8 (un insieme dotato di particolari proprietà) che consentirebbe di prevedere l’esistenza di particelle in grado di spiegare tutti i campi di forza che conosciamo (arXiv:0711.0770v1 [hep-th] 6 Nov 2007 e https://www.ted.com/talks/garrett_lisi_on_his_theory_of_everything?language=it).
Tuttavia c’è un punto che Wigner non approfondisce pur citandolo e cioè:
“certamente è difficile credere che la nostra capacità di ragionare sia stata portata dal processo di selezione naturale darwiniano alla perfezione che sembra possedere”
Nella parte finale dell’articolo Wigner torna sul tema affermando:
Una situazione molto più difficile e confusa discenderebbe se un giorno potessimo stabilire una teoria dei fenomeni della coscienza , o della biologia, che fosse coerente e convincente come le nostre presenti teorie del mondo inanimato. Le leggi di Mendel dell’ereditarietà e il successivo lavoro sui geni possono ben costituire l’inizio di una tale teoria nel campo della biologia. Inoltre è possibile che si possa trovare un argomento astratto che mostri che c’è un conflitto fra una tale teoria e i principi accettati della fisica. L’argomento potrebbe essere talmente astratto che non si potrebbe risolvere il conflitto in favore dell’una o dell’altra teoria mediante un esperimento. Una tale situazione porrebbe una pesante ipoteca sulla nostra fiducia e nella nostra convinzione della realtà dei concetti che sviluppiamo. Ci darebbe un profondo senso di frustrazione nella nostra ricerca di quel che chiamiamo “verità ultima”. La ragione per cui una tale situazione è concepibile è che fondamentalmente noi non sappiamo perchè le nostre teorie funzionano così bene.
Le scoperte più recenti, avvenute dopo il 1960 nel campo della biologia molecolare e della genetica basata sul DNA e nel campo dei fenomeni irreversibili non potevano essere comprese nella visione di Wigner, ma certo non hanno risolto i suoi dubbi nè hanno risolto il problema dell’origine dell’autocoscienza, pur portando un notevole supporto ad una visione della vita non in conflitto con la fisica e la chimica come le conosciamo; tuttavia ci sono scoperte ancora più recenti che portano nuova luce sul tema della relazione fra evoluzione darwiniana e matematica.
Il lavoro di alcuni ricercatori nel settore del comportamento delle piante carnivore è giunto alla conclusione che le piante carnivore sanno contare almeno fino a due; (Bohm et al., 2016, Current Biology 26, 286–295 February 8, 2016 a2016 http://dx.doi.org/10.1016/j.cub.2015.11.057)
Si sa che i bambini sono capaci di contare sia pure in modo limitato già a 15–18 mesi. In questo lavoro Bohm e altri dimostrano che la pianta carnivora volgarmente detta “trappola di Venere” ossia Dionaea muscipula è capace anch’essa di contare. Le foglie si trasformano in trappole a scatto, ed è esattamente il numero di contatti della preda con la trappola meccanico-sensitiva che scatena la cattura e la digestione della preda.
Dunque la matematica sta dentro all’evoluzione darwiniana, sta dentro alla crescita dell’individuo singolo (anche se embriogenesi e filogenesi non sono connesse così rigidamente come pensava Haeckel) e sta dentro alla evoluzione storica e sociale con lo sviluppo storico della matematica; alcune piante, alcuni animali complessi (http://areeweb.polito.it/didattica/polymath/htmlS/argoment/Matematicae/Settembre_07/animali.htm) * e anche i popoli più primitivi sono in grado di contare “naturalmente”, geneticamente, sia pure in modo limitato (uno, due, molti).
Sembrerebbe quindi che oltre che un linguaggio in cui il mondo è scritto, la matematica sia anche uno strumento che l’evoluzione ha messo a disposizione della vita per adattarsi al mondo. Ma cosa viene prima?
La matematica è un mero strumento adattativo oppure essa è effettivamente dentro la struttura delle cose e l’evoluzione lo “riconosce”?
Domande al momento senza risposta che si mescolano con altre più profonde come sulla natura dell’autocoscienza (self-awareness).
Ma torniamo ai quadrati magici da cui siamo partiti. Anche la cultura occidentale li ha prodotti e accettati, ma in modi diversi.
Il più famoso quadrato magico latino non è scritto in numeri ma in lettere; i quadrati di questo tipo, non avendo a disposizione la somma, usano la proprietà del bifrontismo, sono cioè leggibili in entrambe le direzioni ma hanno un diverso significato in entrambe, come ingessa e assegni.
Quadrato del Sator ad Oppède in Provenza. (Sator arepo tenet opera rotas).
Probabilmente il più famoso è il quadrato del Sator un 5×5 che entra nella cultura cristiana; il più antico conosciuto è quello di Pompei e le cinque parole possono essere anagrammate in Paternoster scritto due volte e sovrapposto in croce e in una coppia di A e O che indicherebbero l’alfa e l’omega, l’inizio e la fine delle cose; le parole se lette di seguito costituiscono una frase palindroma , ossia che si può leggere in entrambe le direzioni.
Tuttavia il quadrato magico penetra di fatto nella cultura occidentale anche attraverso la magia e la alchimia e solo poi viene accettato nell’arte e nella scienza; anche se, da questo punto di vista, noi moderni siamo un pò manichei nelle valutazioni: Newton è stato per la maggior parte della sua vita un convinto assertore dell’alchimia ed ha dedicato molto più tempo alla pietra filosofale che alla teoria della gravità; la magia, considerata come il controllo delle cose tramite la conoscenza del loro vero nome, può essere vista come una primordiale teoria “scientifica”.
Come ha notato A. Clarke: Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia. (da Profiles of the Future, Harper & Row, 1958) e una certa quantità di matematica è presente nei riti magici più antichi (B. D’Amore Matematica e magia http://www.dm.unibo.it/rsddm/it/articoli/damore/584%20matematica%20e%20magia.pdf)
Il simbolo di questa unione fra conoscenza e magia sono i cappelli dei maghi, di fatto calendari astronomici molto precisi, il più famoso dei quali è quello d’oro conservato al Museo di Berlino e prodotto alla fine dell’età del bronzo (1000 aC) e la cui costruzione, oltre ad implicare una profonda conoscenza dell’astronomia, ne implica una altrettanto profonda della metallurgia (https://it.wikipedia.org/wiki/Cappello_d’oro_di_Berlino).
L’esemplare numerico più noto di quadrato magico presente nella cultura occidentale è forse il quadrato 4×4 presente nella famosa opera di Dürer, Melencolia, Melanconia (1514). (in alto a destra)
La data 1514 compare nella riga più bassa e mostra che Durer era in grado di costruire un quadrato magico sulla base delle proprie esigenze pittoriche.
Continueremo questa indagine che ci porta direttamente verso la chimica nei prossimi post.
* non dimentichiamoci la geometria nel linguaggio delle api, su cui c’è stata una vigorosa polemica sul blog (https://ilblogdellasci.wordpress.com/2015/12/02/sulle-api-e-gli-insetti-sociali-in-genere-collaborazione-stigmergica-e-intelligenza-collettiva/ ed i post in esso citati)
(continua)
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E’ APERTA LA RACCOLTA DI FIRME PER LA PETIZIONE ALLA IUPAC per dare il nome Levio ad uno dei 4 nuovi elementi:FIRMATE!