Il concetto di gas ideale e la teoria cinetica classica

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo

a cura di Rinaldo Cervellati

Nel capitolo 0 del suo recente libro (Storia umana della matematica, Einaudi, 2016), Chiara Valerio[1] afferma che: “Tutto quello di cui Euclide parla, non esiste. Non esiste una retta senza spessore e non esistono circonferenze perfette….il punto…è ciò che non ha parti…I ragionamenti, i teoremi, le costruzioni e le dimostrazioni di Euclide si applicano solo a queste forme inesistenti…” Secondo l’autrice dunque ciò che maggiormente caratterizza il matematico è l’immaginazione. “Una immaginazione che non trasforma, ma crea”, riconoscendo comunque che quegli enti inesistenti “…sono gli elementi dell’unica grammatica che, oltre a descrivere e comunicare il mondo, ha permesso di costruire e gestire dispositivi che ci hanno mandato oltre le stelle fisse, e più in là.”

ideale1Insomma, estrapolando il ragionamento di Valerio, i matematici immaginano e creano, mentre fisici, chimici e naturalisti osservano, imitano e danno una rappresentazione della realtà usando peraltro quell’unica grammatica. Senza entrare in questioni di filosofia della scienza, di cui fra l’altro sono completamente ignorante, mi è venuto in mente un ente della fisica e della chimica del tutto inesistente ma che ha dato un contributo eccezionale alla descrizione di gran parte della realtà fisica, il gas ideale. Infatti, come dice l’aggettivo, il gas ideale non si può percepire, non si trasforma in liquido, insomma non esiste. È vero però che questo ente inesistente è stato immaginato per interpretare il comportamento dei gas “reali”[2]. Premetteremo quindi una breve storia dell’origine delle “leggi empiriche dei gas”. Queste leggi che stabiliscono le relazioni fra le grandezze macroscopiche di una determinata massa gassosa, pressione P, volume V e temperatura T, quando se ne variano due mantenendo l’altra costante, furono enunciate fra la seconda metà del XVII e la fine del XVIII secolo. La prima, che stabilisce la relazione fra pressione e volume di una massa gassosa a temperatura costante, fu enunciata per primo da Robert Boyle[3] nel 1662. Eseguendo molti esperimenti sull’aria contenuta in un tubo a forma di J chiuso all’estremità corta e in cui introdusse volta a volta quantità diverse di mercurio dall’estremità lunga[4] giunse a stabilire che “la pressione esercitata da una massa di gas è inversamente proporzionale al suo volume quando la temperatura viene mantenuta costante”[5]. Questa legge è stata la prima a essere espressa anche sottoforma di equazione. Il fisico francese Edme Mariotte (1620-1684) giunse alla stessa legge indipendentemente da Boyle ma più tardi, questo è il motivo per cui taluni testi si riferiscono a questa come legge di Boyle e Mariotte.

6-robert-boyle-1627-1691Fra il 1787 e il 1802 diversi scienziati, fra cui l’italiano Alessandro Volta (1745-1827), i francesi Guillaume Amontons (1663-1705), Jacques Charles (1746-1823) e particolarmente il fisico e chimico Joseph Louis Gay-Lussac[6], studiarono le variazioni di volume e pressione di una massa gassosa al variare della temperatura a pressione e volume costante rispettivamente. A Gay-Lussac viene generalmente attribuito il merito della formalizzazione di queste relazioni nel 1802, oggi note appunto come leggi di Gay-Lussac.

La prima, riguardante la variazione del volume al variare della temperatura a pressione costante, afferma che “il volume di una massa gassosa varia linearmente con la temperatura quando si mantiene costante la pressione”, matematicamente:

Vt = Vo(1 + αt)

dove Vo è il volume della massa gassosa a 0 °C, α è il coefficiente di dilatazione termica e t è la temperatura in gradi centigradi.

La seconda prende in esame la variazione della pressione con la temperatura e afferma che “la pressione di una massa gassosa varia linearmente con la temperatura quando si mantiene costante il volume”, matematicamente:

Pt = Po(1 + βt)

dove Po è la pressione esercitata dalla massa gassosa a 0 °C, β è il coefficiente di espansione e t è la temperatura in gradi centigradi.

Le due espressioni non sono solo formalmente analoghe ma fu trovato che, entro gli errori sperimentali, α = β ≈ 1/270.

gay-lussacLe leggi di Gay-Lussac furono enunciate parecchi decenni dopo quella di Boyle quando si ebbero a disposizione macchine pneumatiche e apparecchiature per la manipolazione dei diversi gas che si andavano via via scoprendo. Fu così possibile sperimentare su intervalli più ampi di volume e pressione e su gas diversi. Inoltre, ancora prima del 1824 era stato riconosciuto un limite inferiore per la temperatura (probabilmente per estrapolazione delle rette V o P vs temperatura), limite chiamato zero assoluto, e costruita una scala di temperatura basata su questo valore limite[7].

I tempi erano diventati maturi per costruire (immaginare?) un modello per interpretare il comportamento dei gas. Molti illustri nomi sono legati alla costruzione del modello di gas ideale, ad es. Daniel Bernouilli (1700-1782), Mikhail Lomonosov (1711-1765), Georges Louis La Sage (1724-1803), John Herapath (1790-1868), John James Waterston (1811-1883), tuttavia il primo e più semplice modello di gas ideale è stato creato da August Krönig[8] nel 1856 [1] e da Rudolph Clausius[9] nel 1857 [2].

Secondo tale modello:

1) il gas è costituito da particelle sferiche infinitesime indistinguibili, praticamente prive di volume, aventi però massa m (punti materiali);

2) le particelle sono in continuo moto traslazionale e occupano tutto il volume del recipiente che contiene il gas;

3) nel loro moto le particelle si urtano fra loro e urtano il recipiente che le contiene;

4) gli urti sono perfettamente elastici quindi conservano energia e quantità di moto;

5) il moto delle particelle avviene in tutte le direzioni in modo casuale, ma poiché il loro numero è molto grande, statisticamente il numero di particelle che si muove in una direzione è uguale al numero che si muove in qualsiasi altra direzione, inoltre il gran numero di urti mantiene inalterata la distribuzione delle velocità delle particelle;

6) sulle particelle non agisce alcuna forza se non durante una collisione, la durata di un urto è trascurabile;

7) dato che dalle leggi empiriche allo zero assoluto la pressione si riduce a 0, si suppone che l’energia cinetica delle particelle sia proporzionale alla temperatura assoluta: Ec = (1/2)m<v2>=kT, con <v2> velocità quadratica media.

Lo sviluppo formale di questo “ente inesistente” in base alla meccanica di Newton conduce alla seguente equazione per la pressione esercitata dal gas:

P = nm<v2>/3V

dove n indica il numero di particelle contenute nel recipiente, nota come equazione di Krönig e Clausius[10].

rudolf-clausiusL’equazione di Krönig e Clausius collega anzitutto le quantità macroscopiche pressione e volume alle grandezze microscopiche massa e velocità media delle particelle, inoltre se si moltiplica e divide il secondo membro per due e si sposta il volume al primo membro, si ottiene:

PV = (2/3)n(m<v2>/2) = (2/3)nkT

che è l’equazione di stato la quale regola la variazione simultanea delle tre grandezze macroscopiche che caratterizzano appunto lo stato di un gas. Questa equazione fu già ottenuta empiricamente da Benoit-Paul Emile Clapeyron nel 1834 combinando le leggi empiriche di Boyle e di Gay-Lussac: pv = C(267 + t) con t temperatura centigrada (nel 1850 R. Clausius la migliorò sostituendo il valore più preciso 273 a 267). L’equazione di Krönig e Clausius è però teorica, ottenuta dallo sviluppo formale del modello di gas ideale. Tale equazione contiene anche la conseguenza che uguali volumi contengono ugual numero di particelle (ipotesi di Avogadro, 1811) ma sembra che Krönig non ne diede molto peso, mentre questa implicazione fu sottolineata da Clausius con una certa enfasi.

L’equazione di Krönig e Clausius interpreta quindi il comportamento dei gas? Non proprio, perché essa (e tutte le sue conseguenze) sono rigorosamente valide solo per il gas ideale, cioè un qualcosa che non esiste.

Però…c’è un però. Fortunatamente per Boyle, Gay-Lussac (e per tutti noi) la Natura ha fatto sì che quasi tutti i gas, in condizioni non estreme di pressione e temperatura (segnatamente bassa pressione e temperatura al di sopra del punto di liquefazione) si comportano approssimando più o meno il modello ideale. La maggior parte dei gas a temperatura e pressione standard (298 K = 25 °C e 1) bar possono essere trattati secondo il modello ideale.

In figura sono riportate le isoterme per l’anidride carbonica.

ideale2Come si può notare, al disopra di 304 K (31 °C) il comportamento della CO2 approssima sempre meglio quello del gas ideale (l’isoterma 50°C segue praticamente la legge di Boyle).

I progressi successivi della teoria cinetica classica sono dovuti a J. C. Maxwell (1831-1879) e L. Boltzmann (1844-19069 ai quali si deve l’introduzione della meccanica statistica in fisica.

Questo post è nato con l’intento di mostrare che l’immaginazione non è prerogativa dei soli matematici. Ho riportato come esempio il modello di gas ideale, sono certo che qualcuno vorrà riportare altri esempi di oggetti chimici “immaginari” che hanno determinato il progresso della scienza.

[1] Krönig, A., Grundzüge einer Theorie der Gase, Annalen der Physik und Chemie, 1856, IX Band, 315–322

[2] Clausius, R., Ueber die Art der Bewegung, welche wir Wärme nennenAnnalen der Physik1857, X Band, 353–379.

[1] Chiara Valerio (Scauri, 1978) ha conseguito un dottorato in matematica all’Università Federico II di Napoli. Ha scritto diversi romanzi e racconti. Collabora con Radio3 e con un programma televisivo.

[2] Tutti i gas del mondo fisico sono “reali”. Purtroppo l’aggettivo è usato spesso per distinguere i gas reali dai gas ideali (!), un errore ricorrente in molti libri di testo di chimica e in rete.

[3] Robert Boyle (1627-1691) anglo-irlandese, filosofo naturale, fisico e chimico. Per quanto riguarda la chimica, l’opera più importante di Boyle è il trattato The Sceptical Chymist (London 1661), trad. it. Il chimico scettico (Theoria, 1985), in cui oltre una feroce e ironica critica delle procedure e delle teorie alchemiche, sono contenuti i concetti di elemento e composto insieme all’ipotesi della struttura atomica della materia. Fu il primo a affermare che l’aria è un miscuglio di gas.

[4] Lo storico Robert William Theodore Gunther (1869 – 1940) come pure altri studiosi, attribuiscono a Robert Hooke, assistente di Boyle, la messa a punto dell’apparato sperimentale.

[5] In realtà questo fenomeno era stato notato per la prima volta nel 1661 da Richard Towneley (1629-1707) matematico e astronomo inglese e Henry Power (1623-1668) fisico sperimentale, misurando la pressione dell’aria con un barometro di Torricelli a varie altitudini. Boyle menziona Towneley nel suo trattato sull’aria, è comunque indubbio che la formulazione e formalizzazione della legge sia dovuta a Boyle.

[6] Joseph Louis Gay-Lussac (1778-1850) fisico e chimico francese, noto, oltre per le due leggi sopra citate anche per la legge sulle combinazioni chimiche fra sostanze allo stato gassoso, per aver stabilito che l’acqua è costituita da due parti di idrogeno e una di ossigeno (insieme a A. von Humboldt) e per i suoi lavori sulle miscele acqua-alcool.

[7] Esiste una differenza di natura teorica fra scala assoluta della temperatura e scala termodinamica, la prima essendo essenzialmente empirica, la seconda basata sul Principio zero della termodinamica. Alla buona, la scala termodinamica assume lo zero assoluto come zero, la scala assoluta è arbitraria, ad es. nella scala Celsius lo zero assoluto vale -273.15 °C, se tale valore viene assunto come 0 allora le scale coincidono. In ogni caso l’unità di misura è il kelvin (K) in onore di sir William Thomson altrimenti noto come Lord Kelvin (1824-1807) matematico e ingegnere britannico che fu il primo a determinare il valore corretto dello zero assoluto a cinque cifre significative: 0 K = – 273.15 °C.

[8] August Karl Krönig (1822-1879) chimico e fisico tedesco è noto soprattutto per il suo articolo del 1856 sulla teoria cinetica del gas ideale.

[9] Rudolf Julius Emanuel Clausius (Rudolf Gottlieb, 1822 –1888) matematico e fisico tedesco è considerato uno dei fondatori della termodinamica classica, formulò il primo enunciato del 2° principio della Termodinamica e introdusse il concetto di entropia. Sua è la famosa massima: “L’energia dell’universo è costante, l’entropia dell’universo tende a un massimo”.

[10] Il lavoro di Clausius fu criticato dal meteorologo olandese cristo Buys-Ballot perché le velocità delle particelle gassose calcolate in base alla teoria risultavano esageratamente elevate. Buys-Ballot fu anche chimico, fisico e mineralogista. Sicché nel 1858 Clausius corresse il modello assumendo una “sfera d’azione” di diametro, d, per le particelle e introducendo il concetto di libero cammino medio, l, a indicare la distanza media percorsa fra un urto e il successivo. Per conservare l’idealità l deve essere abbastanza grande rispetto a d, ma piccolissimo rispetto alle dimensioni del contenitore.

6 pensieri su “Il concetto di gas ideale e la teoria cinetica classica

  1. Vorrei sottolineare un primato esclusivo della Chimica, che è l’unica disciplina scientifica che è in grado di creare, prima con l’immaginazione e poi materialmente, l’oggetto della propria indagine.

  2. La mia opinione sulla differenza fra Matematica e Scienza sperimentale e’ che la Matematica si occupa di oggetti che essa stessa crea (definendoli) e per i quali non si pone il problema dell’esistenza reale; le Scienze sperimentali si occupano della realta’, intesa come quello che eì sperimentabile, cioe’ puo’ fornire dati alle nostre sensazioni e agli strumenti di misura. La Scienza sperimentale definisce pero’ i modelli della realta’, che sono enti matematici, quindi che non esistono realmente, ma permettono di dare conto di alcuni risultati sperimentali. Nel caso dei gas, il modello e’ il gas ideale, definito dai punti 1-6 dell’articolo, e dall’aggiunta che le particelle obbediscano alle equazioni della meccanica newtoniana. Il comportamento quasi ideale dei gas reali, indica che quelle definizioni sono una buona approssimazione della natura di un gas reale, e, cosa ancora piu’ preziosa, permettono di prevedere quali proprieta’ dei gas reali non sono spiegate dal modello, e richiedono quindi modelli diversi, in genere piu’ complicati.

  3. Ho trovato davvero interessante il post di Rinaldo Cervellati su “Il concetto di gas ideale e la teoria cinetica classica” non solo per l’argomento specifico del gas ideale, ma soprattutto per il raffronto tra le diverse scienze della natura e la matematica.
    Cervellati cita il libro di Chiara Valerio “Storia umana della matematica”nel quale l’autrice afferma “Tutto quello di cui Euclide parla, non esiste. Non esiste una retta senza spessore e non esistono circonferenze perfette….il punto…è ciò che non ha parti…I ragionamenti, i teoremi, le costruzioni e le dimostrazioni di Euclide si applicano solo a queste forme inesistenti…” quindi la matematica sarebbe una “creazione” della mente umana, e questa creazione costituirebbe “… gli elementi dell’unica grammatica che, oltre a descrivere e comunicare il mondo, ha permesso di costruire e gestire dispositivi che ci hanno mandato oltre le stelle fisse, e più in là.”
    La mia prima reazione è stata di perplessità di fronte alle affermazioni di Valerio. Alle sua affermazioni che “tutto quello di cui Euclide parla non esiste”, e che un matematico possiede un’immaginazione che addirittura “crea”, la mia prima obiezione è che “Creare” significa far sorgere qualcosa dal nulla, mentre la geometria euclidea non nasce affatto dal nulla, e non si applica affatto “solo a queste forme inesistenti”: la geometria euclidea si applica (con buona approssimazione) allo spazio reale che ci circonda, nei limiti appunto di uno “spazio euclideo” che è ben reale, così come le regole del “gas ideale” si applicano con buona approssimazione a tutti i gas reali che conosciamo. Euclide insomma, più che creare, è stato in grado di generalizzare o estrapolare, insomma ha elaborato un “modello” matematico teorico ideale, a partire da realtà imperfette presenti nel mondo reale.
    Gli interventi di Paolo Lombardi e Gustavo Avitabile mi hanno fatto comprendere però che il dualismo idealista tra spirito e materia è molto più radicato e profondo di quando io ingenuamente non ritenessi: Lombardi mette la sola Chimica tra le discipline scientifiche capaci di “creare” l’oggetto della propria indagine, mentre Avitabile sembra condividere l’opinione di Valerio sulla specificità della matematica.
    Per fortuna ho scoperto che l’opinione di Valerio non è affatto condivisa da tutti i matematici. John David Barrow, cosmologo di fama internazionale, nel suo libro “Perché il mondo è matematico?” puntualizza due punti di vista “filosofici”: da un lato la “la tesi secondo cui [la matematica]si tratta di creazione tutta umana”; dall’altro “Il matematico non come inventore di qualcosa che non c’è, bensì come scopritore di qualcosa che già c’è, alla stregua di un esploratore o di un geografo che scopre o si imbatte in una terra nuova e sconosciuta si, ma che era già lì.”
    Insomma, per tornare alla mia visione ingenua della nascita del linguaggio matematico, io partirei dall’osservazione empirica che la via più breve per unire due villaggi è una strada tracciata in linea retta. Se si astrae il dato, ai villaggi si possono sostituire due punti, la strada può venir schematizzata in una linea. E così via. La matematica è un linguaggio, se vogliamo un linguaggio del tutto astratto, ma pur sempre un modo per descrivere e comprendere realtà tangibili.
    Certo un chimico, un fisico, un biologo sono più concreti, l’osservazione e la descrizione della realtà occupano gran parte del nostro lavoro, ma anche le nostre scienze alla fine portano alla costruzione di modelli generali descrivibili con linguaggi matematici; anzi, a ben vedere ci sono casi in cui i matematici sono costretti ad elaborare nuovi linguaggi, nuove matematiche capaci di descrivere realtà prima ignote. Per restare sul mio esempio più semplice, le geometrie non euclidee non sono nate dal cervello di Giove come Minerva, ma sono state elaborate in seguito all’osservazione che su una superficie sferica esistono triangoli nei quali la somma degli angoli interni non è uguale a 180°, e ci sono casi in cui tutte le rette, anche le cosidette parallele, alla fine si incontrano ben prima dell’infinito.
    La “scoperta” del linguaggio matematico e la sua formalizzazione sempre più avanzata ha consentito all’uomo di comprendere realtà prima incomprensibili, ed ha contribuito a far sì che l’umanità tutta fosse in grado di realizzare nuove realtà, non create dal nulla, ma forgiate utilizzando ciò che la natura ci presenta in forma grezza e noi, con la nostra logica, possiamo trasformare in qualcosa di innovativo, sia esso una molecola innovativa, un farmaco che consente di sconfiggere una malattia prima letale, o addirittura di immaginare una nuova, grande avventura alla scoperta di altri mondi e di altre realtà.

  4. Nel punto 1) delle caratteristiche del modello, Rinaldo Cervellati assume, pur senza affermarlo esplicitamente, che le particelle del gas siano tutte uguali (hanno la stessa massa m). Tale assunzione non e’ necessaria. Se ogni particella ha la sua massa, l’elaborazione meccanico-statistica del modello porta alla stessa equazione di stato, in cui bisogna sostituire m con , cioe’ fare la media non dei quadrati delle velocita’ ma delle energie cinetiche. Questo permette di cogliere una caratteristica importante del modello, cioe’ che le proprieta’ del gas dipendono solo dal numero delle particelle e non dalla loro massa ne’ da altre loro proprieta’. Si noti che il calcolo prevede che l’energia cinetica media sia la stessa sia se calcolata sulle sole molecole di massa maggiore, sia su quelle di massa minore, cioe’ che la media dei quadrati delle velocita’ sia inversamente proporzionale alla massa delle particelle, o, detto in termini ancora piu’ semplici, che le molecole piu’ pesanti si muovano piu’ lentamente.

  5. Nel mio testo precedente sono scomparse le parentesi angolari e il loro contenuto. Intendevo dire che … bisogna sostituire m x (v quadro medio) con (m x v quadro) medio, cioe’ …

    • Infatti, è proprio dalle considerazioni espresse da Gustavo che Clausius si accorse che dallo sviluppo formale del modello scendeva “naturalmente” l’ipotesi di Avogadro, come ho scritto nel post.

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