Come scoprire la materia oscura con lo spettroscopio.

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo

a cura di Claudio Della Volpe

Il giorno di Natale 2016 è morta Vera Rubin, una della più grandi astronome di tutti i tempi e con la sua morte si è chiusa la possibilità di assegnarle il premio Nobel per la fisica (il premio può essere assegnato solo a scienziati viventi) per aver contribuito alla scoperta della materia oscura.

Come vedete non solo noi italiani avremmo da lamentarci per il comportamento delle commissioni Nobel, ma anche le donne; infatti delle 50 donne che hanno ricevuto il prestigioso riconoscimento (il 4%) solo 18 lo hanno ottenuto nelle materie scientifiche e di queste solo due in fisica (Marie Sklodowska e Maria Goeppert), Vera sarebbe stata la terza; casomai lo avrebbe condiviso con Jan Oort e Fritz Zwicky, morti anche loro. Ma non lo hanno ricevuto.

Cosa ha fatto di importante Vera?

Abbiamo già parlato di questi temi. Era nata nel 1928 da una famiglia dell’Europa dell’Est immigrata in USA; studiò fisica e si laureò in astronomia a Cornell.

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Vera Cooper Rubin at the Lowell Observatory. Kent Ford has his back to us. © Bob Rubin. Cit. da http://www.learner.org/courses/physics/unit/text.html?unit=10&secNum=2

Dato che era affascinata dal moto delle galassie la sua tesi fu su questo tema e scoprì che esisteva quello che oggi chiamiamo il superpiano galattico ossia il piano equatoriale del nostro gruppo “locale” di galassie; successivamente durante il suo dottorato alla Georgetwon University studiò proprio l’argomento dei gruppi locali di galassie e finalmente incontrò Kent Ford che aveva costruito il migliore spettrofotometro dell’epoca per applicazioni astronomiche basato su un sensibilissimo tubo fotomoltiplicatore. Le possibili applicazioni erano moltissime, ma per vari motivi legati all’uso del tempo macchina sui grandi telescopi decisero di usarlo per analizzare il moto di Andromeda, uno dei più begli oggetti celesti visibili nell’emisfero occidentale, una galassia che è anche per inciso la più vicina a noi, la nostra più stretta compagna di viaggio.

Questo lavoro pubblicato nel 1970 (dal quale sono tratte le immagini seguenti) segnò definitivamente la sua vita scientifica. Vera era al tempo l’unica donna autorizzata a mettere le mani sul prezioso telescopio da 5 metri di Monte Palomar, all’epoca il maggiore del mondo e fece fruttare le sue capacità.

rubin2Esaminò il moto di numerose zone della grande galassia e trovò un risultato sconcertante; tutto sommato il metodo è semplice e si può realizzare anche in modo casalingo seppure non a questo livello di sensibilità. Per esempio si può sfruttare da casa per misurare la velocità di rotazione del Sole con buona approssimazione. Si tratta di sfruttare l’effetto Doppler applicato alle radiazioni luminose; se un oggetto che emette radiazioni si avvicina o si allontana da noi succede quello che avviene anche con le oscillazioni sonore; se il generatore si allontana la frequenza diminuisce mentre se si avvicina la frequenza aumenta; (questo corrisponde a sentire più acute le sirene delle ambulanze che si avvicinano a voi e più profonde quelle che si allontanano). Fateci caso la prossima volta che un’ambulanza vi sorpassa.

rubin3Con la luce questo corrisponde al fatto che le radiazioni si spostano rispettivamente verso il violetto (si avvicina) o verso il rosso (si allontana). Dato che è possibile apprezzare le bande di emissione e di assorbimento di oggetti come Andromeda con grande precisione, per esempio come vedete nella figura le radiazioni dell’idrogeno (Hα e Hβ a circa 656 nm, la quarta della serie di Balmer nel visibile) che ne costituisce buona parte della massa, si può capire a quale velocità relativa ruotino le diverse parti della galassia e le velocità relative (si possono apprezzare pochi chilometri al secondo di differenza) misurando lo spostamento delle righe dell’idrogeno nelle due direzioni; i risultati degli spettri precedenti sono alquanto “piatti”, ossia la velocità di rotazione di Andromeda è costante in qualunque zona la si consideri, come si vede anche nel grafico qui sotto; Andromeda ruota come un oggetto solido, come a volta fanno vedere nei film di fantascienza! Ma questo è in enorme conflitto con la legge di gravitazione universale; nel nostro sistema solare i pianeti più lontani dal Sole ruotano più lentamente e ci si aspetta che lo stesso facciano anche le galassie, ma non è questo il caso; la cosa sarebbe spiegabile solo se la massa di quelle galassie fosse molto maggiore di quella stimabile dalla loro luminosità.

rubin4Rubin e altri astronomi confermarono questo risultato su decine di altre galassie e la risposta costante fu che le galassie NON ruotano come ci si aspetterebbe; lo strumento fu prevalentamente lo spettroscopio, l’umile spettroscopio che usiamo anche noi ogni giorno in laboratorio.

Quali spiegazioni ci sono?

O la legge di gravitazione non funziona a grandi distanze, oppure esiste una massa “oscura” che non si vede, che non si può stimare con i metodi tipici dell’astronomia (che è in grado di correlare la massa di un oggetto stellare e la sua luminosità); questa seconda spiegazione è quella oggi accettata e che ha portato al fermento di studi sulla materia oscura; una massa ben più grande di quella visibile, ma costituita di particelle elementari debolmente interagenti con le altre e che si concentrerebbe sul piano galattico (e se è per questo sarebbe presente in ogni dove, anche attraverso il vostro corpo mentre mi leggete e la sua massa sarebbe varie volte maggiore della vostra). Un universo parallelo di materia oscura permea secondo questa teoria ogni parte dell’universo visibile; date le striminzite interazioni possibili fra la materia oscura e quella normale di cui siamo costituiti nulla di significativo avviene se non il reciproco effetto gravitazionale.

Vera non era entusiasta di questa interpretazione:

mi piacerebbe sapere che le leggi di Newton possano essere modificate in modo da descrivere correttamente le interazioni gravitazionali a grandi distanze. Questo è più attraente di un universo pieno di un nuovo genere di particelle sub-nucleari“. · ^ (EN) Michael Brooks, 13 things that do not make sense, in New Scientist, 19 marzo 2005;

Questa posssibilità è al momento esclusa e d’altronde recentemente sono state individuate galassie non lontane e composte quasi interamente di materia oscura.

Voi che ne dite?

Chimica e biologia : pensieri.

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo

a cura di Luigi Campanella, ex Presidente SCI

La biomassa come materia prima rinnovabile prodotta per biosintesi è oggi oggetto di particolare interesse sia a fine di risorsa alimentare sia di substrato per processi biotecnologici produttivi. Una politica di produzione energetica basata su biomassa richiede grandi quantità di terra e di acqua e si combinerebbe assai bene con la crescita delle attività agricole, ma d’altra parte creerebbe problemi in termini di erosione del suolo, mancanza d’acqua e perdita di nutrienti. In aggiunta la conversione degli ecosistemi naturali in piantagioni finalizzate a produzioni agricole per biomassa altererebbe l’habitat naturale favorendo le monoculture più facilmente aggredibili da insetti.

biomasseLa produzione di etanolo da grano e materie alimentari per produrre gasolio contrasterebbe con elementi etici connessi al principio di bruciare cibo (si pensi alle campagne sulla “fame nel mondo”), per le automobili. Quali sarebbero gli impatti sulla conservazione delle specie per piante impiegate in processi biotecnologici perché ricche di zucchero o di amido?

La definizione della vita come un lasso di tempo che ne limita geneticamente la durata minimizza l’importanza dell’ambiente nel determinare tale durata. In più esso implica che le limitazioni genetiche siano immutabili, che i geni non possano essere modificati, il che è sostanzialmente falso. Le tecniche di ingegneria genetica sono largamente utilizzate per identificare e manipolare geni che controllano i processi di invecchiamento, e quindi di estinzione e rinnovamento, in un gran numero di organismi. Un certo numero di tali geni è stato identificato nei lieviti, il più semplice modello eucariota per studiare l’invecchiamento. Quando uno di questi geni è estromesso il tempo di vita si allunga del 50%. Quando poi si è visto che tale gene ha una sequenza genetica simile ad una di quelle che si ritrovano nell’uomo, l’interesse per questa scoperta si è amplificato.

621px-Schematic_relationship_between_biochemistry,_genetics_and_molecular_biology.svgLo stesso principio può essere applicato ad altre specie animali e vegetali con conseguenze determinanti ai fini della sopravvivenza e dei livelli di biodiversità.

La tecnica finora usata per la selezione delle nuove varietà di piante è basata sulla ricombinazione sessuale. Nei microrganismi, come anche nelle piante la ricombinazione origina nuove forme che vengono successivamente selezionate mediante coltivazione ed esame delle caratteristiche di ciascuna. E’ un lavoro lunghissimo, perché ogni fase richiede un ciclo di coltura e le piante per crescere richiedono molto tempo.

La possibilità di ottenere cellule vegetali in coltura, di trasformarle in protoplasti, di fonderli e di rigenerare quando si vuole la pianta, insieme con le possibilità offerte dall’ingegneria genetica, hanno destato molto interesse tra gli studiosi di genetica vegetale. Solo negli USA, sullo stimolo delle nuove tecnologie, sono sorte oltre 40 società di ricerca che si interessano di questi problemi. Si vedrà che, se le tecniche più specifiche come l’ingegneria genetica, pur avendo ottenuto apprezzabili risultati applicativi, sono ancora relativamente lontane da risultati applicativi,questi sono una realtà nel caso di tecniche più affermate quali la selezione di cellule mutate e la fusione di protoplasti.

fusioneprotoplastiLa possibilità di produrre facilmente piante con caratteristiche differenti è stata sfruttata selezionando tra le piante ottenute quelle dotate di caratteristiche utili. Ad esempio la canna da zucchero è attaccata da Helminthosporium sacchari, un fungo che produce una tossina dannosa alla pianta. Piante di canna da zucchero ottenute mediante rigenerazione di cellule indifferenziate sono state trattate con una soluzione di tossina prodotta dall’agente patogeno. Una percentuale molto elevata di esse (15-20%) era resistente alla tossina e tra queste un buon numero era resistente all’attacco del fungo. L’azione della tossina cominciava ad essere contrastata con una forma di “vaccinazione” metodologicamente esportabile ad altri casi ed ad altre situazioni. Strettamente correlato a questi esempi di biotecnologie vegetali è poi l’aspetto curativo delle cosiddette biotecnologie bianche applicate alla cura delle malattie con sempre maggior frequenza e che oggi trovano anche applicazione alla ricerca di ritardare l’invecchiamento e di modificare la durata della vita dell’uomo e di altre specie.

 

Etica della chimica e neoplatonismo.

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo

Luigi Campanella è stato recentemente eletto (con il maggior numero di voti) nello steering committee dello WP sull’Etica della Chimica di EuCheMS. Festeggiamo questa elezione ripubblicando un suo post recente sull’etica con una serie di aggiornamenti dell’autore.

a cura di Luigi Campanella, ex Presidente SCI

La trasformazione della società obbliga la chimica ad adeguarsi alle nuove richieste: da quelle di prima necessità a optional e specialità. In questi adeguamenti si sono presentate alla chimica sempre nuove sfide a in cui, proprio per contrastare l’impronta del peccato originale che la chimica pesante ha imposto purtroppo per lunghi decenni, il chimico ha cercato di innestare un comportamento sul quale i principi etici fossero ben presenti, e così nel tempo ha affrontato difficili situazioni che hanno richiesto l’assunzione di responsabilità, di codici di condotta, in definitiva di etica. Ripercorrendo gli ultimi 30 anni della storia della chimica sono molte le domande che più spesso il chimico si è dovuto imporre per salvaguardare l’etica della sua professione. Il brevetto è una forma di proprietà intellettuale, è un motore dell’economia; è giusto che lo sia anche quando conoscere il prodotto significa salvare vite innocenti?

etica2Quando si costruisce una molecola per un fine programmato giusto fa parte dell’etica scientifica prevedere i possibili altri usi della molecola inventata? È davvero accettabile che la sperimentazione animale sia assunta a metodo di riferimento per la valutazione di tossicità ed ecotossicità? La battaglia contro gli OGM su una base più culturale e politica che scientifica, è accettabile dinanzi allo spettro della fame nel mondo o non è più giusto battersi per una loro presenza controllata mettendo a comune metodi di valutazione? I risultati delle ricerche vengono sempre espresse in maniera responsabile e corretta o essi vengono influenzati dalla volontà di perseguire successi e di condizionare l’assegnazione di futuri finanziamenti? Siamo capaci come cittadini, ricercatori, chimici di sacrificare, sia pure in parte, le nostre libertà individuali in favore degli interessi più ampi della comunità sociale?

beckViviamo ormai nella “società del rischio” (un termine coniato da Ulrich Beck in un testo ormai classico con questo titolo che risale alla metà degli anni Ottanta), definita come la nuova fase della società industriale, in cui “il rapporto tra produzione di ricchezza e produzione di rischi s’inverte dando priorità alla seconda rispetto alla prima”. Secondo la formulazione che ne danno i due autori – Kourilsky e Viney – che per primi hanno affrontato la questione, “il principio di precauzione implica l’adozione di un insieme di regole finalizzate a impedire un possibile danno futuro, prendendo in considerazione rischi tuttora non del tutto accertati”. La precauzione occupa un atteggiamento intermedio fra quello in cui si applicano le procedure della prevenzione (cioè dell’attivazione di misure volte a evitare o a limitare le conseguenze di un agente di rischio accertato) e quello delle semplici congetture (che non giustificano la sospensione di uno sviluppo tecnologico utile del quale i futuri possibili effetti avversi, in assenza di evidenze anche parziali, possano soltanto essere ipotizzati). Qual è il livello di intermedialità ottimale? Tutte domande a cui non è facile dare risposte certe, ma noi cittadini e lavoratori (ricercatori scientifici nel mio caso) sappiamo che solo rispondendo con la nostra coscienza potremo contribuire alla crescita della Società, la cui trasformazione obbliga la politica ad adeguarsi alle nuove richieste: da quelle di prima necessità a optional e specialità. In questi adeguamenti si sono presentate sempre nuove sfide in cui sarebbe stato necessario innestare un comportamento sul quale i principi etici fossero ben presenti, per affrontare difficili situazioni che hanno richiesto l’assunzione di responsabilità, di codici di condotta, in definitiva di etica.

principiodiprecauzionePurtroppo l’esperienza vissuta ci insegna che purtroppo molto raramente tale richiesta è stata soddisfatta. Molti politici hanno tradito la fiducia in essi riposta per produrre il bene comune. In queste condizioni la democrazia affidata alle rappresentanze ha sofferto. Il politically correct è divenuta espressione a caratterizzare azioni e pensieri atipici, mentre tale carattere dovrebbe essere la norma.

In questo contesto la ricerca scientifica con i suoi pochi addetti, quindi depositaria di una modesta quota di voti, ha finito per non essere vista come un irrinunciabile strumento a cui affidare il bene comune (qualità della salute e dell’ambiente,sicurezza alimentare,beni culturali,sevizi),ma piuttosto come un esercizio autoreferenziato ed intellettuale.La politica dovrebbe essere l’applicazione del bene comune al fine di rimuovere gli ostacoli che si frappongono fra l’individuo e la sua completa realizzazione.

Qualsiasi diverso intendimento,per di più disconoscendo alleanza determinanti-mi riferisco proprio alla ricerca-è una politica del reale di tipo machiavellico,che finisce per giustificare con il fine il mezzo che si è scelto per raggiungerlo. La battaglia contro gli OGM su una base più culturale e politica che scientifica, è accettabile dinanzi allo spettro della fame nel mondo o non è più giusto battersi per una loro presenza controllata mettendo a comune metodi di valutazione? I risultati delle ricerche vengono sempre espressi in maniera responsabile e corretta o essi vengono influenzati dalla volontà di perseguire successi e di condizionare l’assegnazione di futuri finanziamenti? Siamo capaci come cittadini, ricercatori di sacrificare, sia pure in parte, le nostre libertà individuali in favore degli interessi più ampi della comunità sociale?

 

Le molecole della pubblicità: i saponi da barba.

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo 

a cura di Mauro Icardi

La rasatura mattutina è un’operazione che molti uomini effettuano con regolarità. Per qualcuno a volte può diventare anche un fastidio, in particolare per chi si trova ad affrontare una barba cosiddetta “difficile”.
La barba come ogni altro tipo di pelo dell’essere umano è chimicamente composto da cheratina, una proteina filamentosa ricca di zolfo molto stabile e resistente. Viene prodotto negli strati profondi dell’epidermide e migra verso gli strati superiori fino ad addensarsi in cellule cornee che hanno perso il nucleo. Sono in sostanza cellule morte molto ricche di cheratina e quindi molto dure e resistenti.

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La stessa parola cheratina deriva dal greco kèratos che significa corno.
Tra gli uomini che si radono la percentuale di chi usa il rasoio elettrico, rispetto a chi preferisce il rasoio a mano e la schiuma da barba è sostanzialmente suddivisa al 50%. Dopo il grande successo del rasoio elettrico negli anni cinquanta, dai primi anni 60 si è assistito ad un graduale ritorno della rasatura ad umido.
Per questi ultimi a dispetto di quanto viene decantato negli spot pubblicitari e a fronte dell’aumento nel tempo del numero delle lame nei rasoi usa e getta, tagliare via peli molto corti dal volto non è un’operazione del tutto indolore.
Le cellule dei peli della barba non contengono alcuna struttura vivente che possa mandare stimoli dolorosi al cervello. Sfortunatamente non è così per le cellule epidermiche che si trovano vicino ai pori dai quali i peli fuoriescono. In realtà il pelo della barba viene scalfito ed inciso, prima di venire strappato via parzialmente. A consolazione degli uomini che si radono (tra cui chi scrive) bisogna ricordare che per le generazioni passate era anche peggio. Alessandro Magno voleva che i suoi soldati fossero rasati, in maniera che in combattimento i nemici non potessero afferrarli per la barba. Ma per rasarsi venivano offerti rudimentali pugnali di bronzo oppure pezzi di selce limati.

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I Romani non conoscevano unguenti o oli per il volto, e nel XV secolo Luigi XI promosse l’uso del rasoio a lama che fu molto presto ribattezzato tagliagola. La stessa etimologia della parola rasoio deriva da radère cioè “raschiare”.
La rasatura a secco è difficoltosa per la rigidità della cheratina, e per la presenza intorno al pelo di grasso e sporcizia. Quindi si ammorbidisce lo strato esterno del pelo con acqua e con prodotti che sciolgano il film lipidico e facciano rigonfiare la cheratina. La vecchia ciotola del barbiere conteneva di solito un sapone costituito da idrossido di sodio e di potassio con una miscelazione di stearina e olio di cocco.

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Stearina

Erano comuni anche i saponi solidi di forma cilindrica (che ho personalmente utilizzato durante il servizio militare). I saponi da barba di alta qualità per la maggior parte sono triple-milled. Che vuol dire? Il sapone è un normale sapone ottenuto per reazione di saponificazione che viene poi finemente disperso con un’operazione di fresatura, schiacciato e amalgamato in un macchinario a rulli ottenendo una pasta, e la procedura viene ripetuta per tre volte. In questa maniera si distribuiscono uniformemente le eventuali fragranze e i profumi che possono essere presenti nella formulazione.

saponidabarbaQuesta lavorazione conferisce una migliore qualità e una durata di gran lunga superiore (un buon triple-milled usato senza sprechi può durare a lungo e compensare il maggior costo rispetto ad una crema o una schiuma da barba). L’origine di questo prodotto ça va sans dire è francese perchè il metodo della tripla macinazione proviene dai maestri saponieri di Francia.

Le creme da barba sono normalmente costituite da saponi potassici e trietanolamminici e spesso nella formulazione si trovano componenti che hanno il compito di proteggere lo strato grasso della pelle (vaselina e lanolina) e prodotti idratanti come la glicerina.
Anche le creme da barba non schiumogene hanno composizione simile, contengono eccipienti come gli alginati e sali a reazione alcalina quindi molto ammorbidenti come i fosfati.

I saponi da barba spray, cioè le schiume da barba contengono nella loro formulazione molta aria inglobata, ingrediente di fatto di bassissimo costo e che troviamo in moltissimi prodotti industriali, come gelati e dentifrici. Nel caso della schiuma da barba garantisce la spumosità, mentre nel caso dei gelati ad esempio agisce da cuscino termico rallentandone lo scioglimento. In ogni caso l’aria è utilizzata per aumentare il volume di un prodotto industriale, e qualunque ingrediente come questo rende decisamente redditizia la produzione.
Ma non solo, in una schiuma da barba possiamo trovare anche propellenti che di solito sono di solito butano, isobutano e propano che hanno la funzione di gonfiare la schiuma appena si preme il pulsante del barattolo per farla fuoriuscire.

isobutano

Ovviamente si trovano saponi come base nella formulazione per i rigonfiamento del pelo, di solido a base di acido palmitico e stearico.

Durante la rasatura se si verificano piccole perdite di sangue è diffuso l’uso dello stick emostatico che normalmente è allume, solfato di alluminio e potassio KAl(SO4)2 .12 H2O con l’aggiunta di agenti antibatterici.
Anche per la rasatura a secco possono essere usati prodotti prerasatura. Per esempio le polveri a base di talco, stearato di magnesio o di zinco e agenti neutralizzanti quali il carbonato di calcio vengono usate per la loro proprietà astringenti in caso di pelle umida o grassa. La stessa funzione viene espletata dai prodotti in gel che sono ad alta percentuale alcolica (per lo più composti da etanolo). L’etanolo ha azione rinfrescante e ovviamente disinfettante. Ma in questo tipo di prodotti compaiono anche le imidazoline, Imidazole_chemical_structure

composti eterociclici derivati dall’imidazolo che hanno azione vasocostrittrice e provocano la contrazione del muscolo erettivo pilifero.

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Al termine dell’operazione di rasatura solitamente si usano prodotti dopobarba perché date le premesse è improbabile che l’operazione di rasatura non abbia lasciato irritazione, cioè un parziale danneggiamento dello strato cutaneo esterno. I prodotti dopo barba devono quindi avere funzione lenitiva e ripristinare lo strato acido cutaneo danneggiato. La composizione di questi prodotti di solito prevede insieme all’etanolo anche percentuali di acidi deboli come lattico, citrico o tartarico che servono a ripristinare il normale valore del pH epidermico. Per aumentare la sensazione di freschezza vengono aggiunti estratti al mentolo o prodotti canforati che hanno anche un blando effetto anestetico, così come la benzocaina.

315px-benzocaina_struttura-svgCome si può vedere una semplice operazione di rasatura può diventare anche uno strazio, più che un piacere (e questo mi fa venire in mente i tormenti femminili per problemi di epilazione, tra creme depilatorie e cerette).

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Ma se queste piccole mutilazioni quotidiane vanno oltre la sopportazione si può sceglier di fare come gli antichi romani. Essi per due secoli sopportarono l’uso di dure e ben poco affilate lame di ferro per radersi, fino a quando l’imperatore Adriano riuscì ad escogitare un’efficace stratagemma per ridurre le pene provocate dall’uso di queste lame. Si fece semplicemente crescere la barba, incoraggiando i sudditi a fare altrettanto!

La Chimica.

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo 

a cura di Luigi Campanella, ex-Presidente SCI

La chimica è forse il più antico tra i saperi dell’uomo. Perché nasce, come pratica, centinaia di migliaia di anni fa, non appena la specie homo riesce a controllare il fuoco e le trasformazioni della materia che produce. La chimica come scienza, tuttavia, è molto più giovane e nasce, sostengono molti storici, solo nel XVII secolo dell’era cristiana. Quando il sapere chimico si affranca dall’esoterismo del sapere alchemico e si propone come scienza fondata sulle «sensate esperienze» e sulle «certe dimostrazioni», utilizzando come strumento principe la bilancia.

Ma di cosa si occupa questo nuovo eppure antico sapere? «La chimica è un’arte – scriveva nel 1610 il farmacista francese Jean Beguin in un libro, Tyrocinium Chimicum, che può essere considerato uno degli atti fondativi della nuova scienza – il cui oggetto è il corpo misto e composto, non in quanto mobile, per­ché sotto questo aspetto esso appartiene alla fisica, ma in quanto è solubile e coagulabile».

tyrocinium_chymicumJean Beguin individua uno spazio tra la scienza che studia i corpi e il loro moto, la fisica, e la scienza che studia la materia vivente, la medicina (oggi la chiameremmo biologia). Questo spazio riguarda i corpi misti e composti, cioè tutta la grande varietà di materia con la quale abbiamo a che fare nella nostra vita quotidiana, ma non in quanto mobile, cioè in quanto materia che si muove. Se si muove, dice, è un problema dei fisici. A noi interessa la materia solubile e coagulabile, cioè la materia che si trasforma. Come un albero, bruciando, diventa in parte gas (anidride carbonica) e in parte liquido (acqua). Come un acido aggressivo (l’acido solforico) reagisce con un metallo inerte, per esempio il rame, e insieme si trasformano in un sale: il solfato di rame, efficace nella lotta a un fungo, la peronospora, che attacca la vite.

Alla fine dell’Ottocento i chimici hanno già riconosciuto la natura atomica e molecolare della materia che manipolano. E i chimici conoscono le leggi fondamentali che regolano la struttura e le trasformazioni della materia. Riescono a predire l’esistenza e persino il comportamento degli atomi e delle molecole.

Ma non sanno ancora bene né cosa sia un atomo o una molecola, né quali siano le cause di quei comportamenti.

La svolta si realizza tra il 1916 – quando Gilbert Newton Lewis propone che il legame chi­mico consista in una coppia di elettroni condivisa da due diversi atomi – e la fine degli anni Venti, quando i fisici gettano le fondamenta fisico-matematiche della nuova meccanica quantistica, cioè della scienza che spiega il comportamento della materia a livello microscopico. Cosi nel 1939 il chimico americano Linus Pauling può pubblicare un libro, “The Nature of Chemical Bond“, dove può finalmente spiegare, in termini quantistici, che cos’è il legame chimico, ovvero come e, soprattutto, perché gli atomi si combinano tra loro per formare molecole.

Linus_Pauling_1962La chimica però si occupa anche delle proprietà collettive della materia. Ovvero di proprietà che non sono la semplice somma delle proprietà degli oggetti che la compongo.

L’acqua che beviamo, lo sanno tutti, è un liquido. Ma nessuna singola molecola d’acqua è liquida. La «liquidità» è una proprietà collettiva delle molecole d’acqua, una caratteristica che emerge quando molte molecole di acqua si riuniscono insieme in certe condizioni ambientali (tra 0 e 100 °C di temperatura alla pressione di un’atmosfera).

In questo secolo la chimica ha anche assunto il ruolo di scienza di base per molte altre discipline che si sono sviluppate partendo dai suoi principi. La conoscenza chimica è infatti uno strumento, un linguaggio, una filosofia naturale, utilizzata da tutte le altre scienze. In questo senso oggi la chimica è uno strumento per il lavoro scientifico, cosi come da tempo lo sono la matematica e la fisica.

Nelle scienze dei materiali e nelle cosiddette nanotecnologie, per esempio. Per tutto il XX secolo e, ancor più, adesso la chimica ha prodotto e continua a produrre nuovi materiali che hanno profondamente modificato e migliorato il nostro modo di vivere: dalla plastica alle gomme, dai fertilizzanti per l’agricoltura ai medicinali di sintesi, dalle nuove leghe metalliche, alle ceramiche, alle fibre di carbonio. Oggi le nanotecnologie sono considerate – insieme alle biotecnologie e alle tecnologie informatiche – il triangolo su cui si fonda la società (e l’economia) della conoscenza. Le nanotecnologie altro non sono che chimica applicata a livello atomico e molecolare.

La moderna biologia, peraltro, è biologia molecolare. E quest’ultima altro non è che un modo diverso di chiamare la “chimica biologica”, inaugurata da Lavoisier alla fine del XVIII secolo. D’altra parte le cellule sono delle vere e proprie fabbriche chimiche, in cui in maniera incessante le molecole vengono metabolizzate (distrutte) e sintetizzate (prodotte). Tutte le biotecnologie, pertanto, sono una speciale applicazione della chimica.

La verità è che troviamo la chimica – e i chimici – dappertutto. Nello spazio, per esempio. Dove una speciale disciplina, l’astrochimica, guarda al cosmo come a un produttore di sostanze chimiche semplici e complesse. Gli astrochimici hanno individuato centinaia di composti «fabbricati» sui pianeti, sulle comete e sugli asteroidi, persino nelle nuvole galattiche. Alcuni nuovi composti, come i cosiddetti “fullereni” sono stati poi sintetizzati sulla terra per ottenere nuove applicazioni.

astro2Ma la chimica la troviamo, eccome, anche sulla Terra. La “chimica ecologica” è uno stru­mento indispensabile per gli scienziati che cercano di capire le relazioni tra gli esseri viventi e l’habitat in cui vivono. E sempre la chimica è lo strumento indispensabile per capire come funziona il pianeta Terra e, in particolare, quella sua piccola ma decisiva parte che chiamiamo biosfera. È grazie ai lavori di grandi chimici – da Svante Arrhenius all’inizio del XX secolo a Crutzen, Molina e Rowland alla fine del secolo – che abbiamo capito come funziona il clima del pianeta Terra e come l’uomo, con i suoi comportamenti, ne sta accelerando le dinamiche.

fosforo25Certo, un uso improprio dei nuovi composti sintetizzati dai chimici, o dei metodi di pro­duzione troppo rivolti al profitto e poco attenti alle con­seguenze, hanno avuto ed hanno tuttora un forte impatto ambientale. Ma è anche vero che per limitare questo impatto c’è bisogno di tutto il sapere e di tutto l’impegno dei chimici, e di una maggiore conoscenza della chimica e consapevolezza del suo modo di operare da parte di tutta la società.

Le molecole della pubblicità: l’anticalcare.2.

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo  

a cura di Claudio Della Volpe

la prima parte di questo post è pubblicata qui

Nella prima parte del post abbiamo parlato di anticalcare su superfici esposte (vetro, mattonelle). La situazione dei tubi delle lavatrici, lavastoviglie e in genere delle superfici metalliche di dispositivi che flussano acqua è molto diversa e qui la storia si fa più complessa ancora.

La quantità di calcio in acqua dipende dalla sorgente; storicamente viene indicata con il concetto di “durezza” dell’acqua; nel nostro paese ci sono zone ad acqua dura specialmente nel centro Italia: Lazio e Umbria classicamente ma anche alcune zone di Piemonte e Lombardia o di altre regioni con terreni vulcanici più limitatamente e l’acqua dura è un problema non solo in casa ma soprattutto nell’industria ed è a questo target che si rivolgeva il calgon.

Per durezza dell’acqua si intende un valore che esprime il contenuto totale di ioni di calcio e magnesio (provenienti dalla presenza di sali solubili nell’acqua) oltre che di eventuali metalli pesanti presenti nell’acqua. Generalmente con questo termine si intende riferirsi alla durezza totale; la durezza totale è somma della durezza permanente, che esprime la quantità di cationi rimasti in soluzione dopo ebollizione prolungata, e della durezza temporanea, che per differenza tra le precedenti durezze, esprime sostanzialmente il quantitativo di idrogenocarbonati (o bicarbonati) presenti nell’acqua prima dell’ebollizione.

mappadurezza

http://www.watermarket.it/test-addolcitore; per maggiori info: http://assocasa.federchimica.it/DUREZZAACQUA.aspx si tenga presente che i limiti “pratici” di uso sono puramente indicativi e che la maggior parte della mappe di questo tipo sono prodotte da chi vende gli addolcitori.

 

Calgon è un marchio che viene dalla frase inglese calcium gone, il calcio è andato.

calcare8Calgon è un marchio storico; l’invenzione è del 1933. Il Calgon un addolcitore dell’acqua (termine che indica la capacità di ridurre la concentrazione di calcio ione) fu introdotto sul mercato in quell’anno dalla Calgon, Inc. of Pittsburgh, Pennsylvania. Calgon, Inc. è stata poi acquistata da Merck nel 1968 e poi rivenduta. Oggi il marchio Calgon è della Reckitt Benckiser per l’Europa come addolcitore di acqua e della Ilex Consumer Products Group in USA dove è posizionato come prodotto di bellezza!!! Di fatto il termine Calgon è entrato nel linguaggio anglosassone ed americano non solo tramite gli slogan, ma anche perchè usato in film e spettacoli. (https://en.wikipedia.org/wiki/Calgon).

calcare18Renckitt Benckiser è una multinazionale di prodotti chimici per la casa e la persona con origini che risalgono al 1823 e un fatturato di oltre dieci di miliardi di dollari; marchi posseduti fra gli altri: Gaviscon, Durex, Calgon, Vanish.

Cosa è il Calgon allora per coprire settori così diversi come la cura della persona e della lavatrice?

E’ un agente complessante, ossia una molecola che interagisce con gli ioni di calcio bloccandone la disponibilità in soluzione e rendendo termodinamicamente sfavorita la formazione di un precipitato o comunque le sue reazioni con altre specie. La reazione più importante in ambito di detergenza è quella di formazione dei sali di calcio dei saponi; i saponi sono di fatto sali di sodio e di acidi grassi, RCOONa; ora se sostituiamo al sodio il calcio abbiamo un sale molto meno solubile e la potenza detergente del sapone ne soffre mentre il precipitato infeltrisce i tessuti.

Quindi il ruolo dell’addolcitore è di catturare, intercettare il calcio (e altri ioni di metalli) e impedirgli di formare sali insolubili del detergente o di qualunque altra cosa. I detergenti di massa, i saponi esistono da meno di mille anni (dal XII secolo) e sono diventati di uso comune solo negli ultimi due o tre secoli; la regina Elisabetta I di Inghilterra morta nel 1603 si lavava “una volta al mese, ne avesse bisogno o meno”; figuratevi gli altri!! Oggi ci laviamo tutti (beh quasi…nei paesi occidentali, nei paesi poveri l’acqua da bere (!!) è ancora un problema per centinaia di milioni di persone).

Originariamente si è usato e per certe applicazioni si usa ancora come complessante/addolcitore il sodio esametafosfato, un oligomero di NaPO3 che ha dato l’immagine al Calgon e da cui ha tratto il nome comune che si identifica col fosfato.

Il sodio (esa)metafosfato, chiamato anche impropriamente Calgon, per motivi storici, si ottiene per riscaldamento del fosfato monosodico ed è una polvere fine, abbastanza solubile in acqua, costituita da catene fino a 25 unità di NaPO3. E’ molto igroscopica.calcare19

Il sodio esametafosfato è universalmente usato per ottenere una immediata dispersione dei pigmenti nel settore delle pitture per esempio. In particolare il sodio esametafosfato ha il potere di mantenere in soluzione gli ioni dei metalli polivalenti, specialmente Ca, Mg e Fe anche in presenza di anioni ad azione precipitante con formazione di sali complessi solubili.

Esso agisce di conseguenza come inibitore della corrosione verso il ferro, il rame, lo zinco e l’alluminio e quindi è usato industrialmente.

calcare20L’uso di questo prodotto e dei suoi similari polifosfati in grandi quantità ha però un effetto devastante sull’ambiente, perché il fosforo è un elemento limitante nella crescita degi organismi e la sua aggiunta in grandi quantità alle acque di fiumi, laghi e del mare favorisce la crescita di organismi che alterano l’equilibrio ecologico; nel tempo ne è stata proibita l’aggiunta ai detersivi (e anche a molti alimenti sempre per problemi di chelazione degli ioni utili) proprio per evitare questo pericoloso effetto collaterale. E’ rimasta invece in altri settori come l’industria tessile, le vernici, il restauro, la protezione dei tubi metallici, etc

Al momento la composizione del Calgon (o Calfort ma solo in Italia per un certo tempo) nel settore detersivi è dunque diversa; il metafosfato è stato sostituito da altri agenti adsorbenti e complessanti: zeoliti e policarbossilati. Ci sono o ci possono essere altri ingredienti per scopi diversi( dare volume alla polvere: solfato di sodio; cellulosa: aiutare a rompere la polvere quando si bagna, la cellulosa si rigonfia; etc etc).

Come funzionano zeoliti e policarbossilati?

calcare21

Parte della struttura di una zeolite mostrante uno dei suoi ‘tunnels’. In Blu gli Al3+ e in rosso Si4+ (dalla pagina RSC – Courtesy of molecularsieve.org)

La zeolite è un minerale microporoso usato come catalizzatore in molti processi industriali come la purificazione dell’acqua e dell’aria. Le zeoliti sono alluminosilicati idrati e la loro composizioe generale è AlxSiyO2(x+y)  (senza molecole di acqua). Le zeoliti sono di due tipi: naturali e artificiali. Quella naturale che si usa per addolcire l’acqua è la gluconite mentre la permutite è la zeolite sintetica, la più usata nell’addolcimento con una formula del tipo: Na2O, Al2O3, nSiO2, xH2O. Questi materiali sono usati come scambiatori di ioni e per rimuovere odori essendo la permutite più porosa, vetrosa e con una maggiore capacità di addolcitore rispetto a quella naturale.

Le Zeoliti possono rimuovere Ca2+ and Mg2+ dall’acqua che le attraversa. Ma possono essere anche facilmente rigenerate e questo è stato il motivo di un grande successo commerciale.

Quando gli ioni di Ca2+ and Mg2+ presenti nell’acqua sostituiscono il sodio presente nella zeolite .

Na2Ze  + Ca(HCO3)2 → 2NaHCO3 + CaZe
Na2Ze  + Mg(HCO3)2 → 2NaHCO3 + MgZe
Na2Ze  + CaSO4  → Na2SO4 + CaZe
Na2Ze  + MgSO4 → Na2SO4 + MgZe

Quando tutti gli ioni sono sostituiti la zeolite diventa inattiva. A questo punto si può usare una salamoia per rigenerare la zeolite di partenza.

CaZe + 2NaCl → Na2Ze + CaCl2
MgZe + 2NaCl → Na2Ze + MgCl2

Nel caso del Calgon casalingo comunque l’uso del prodotto è a perdere o è comunque fatto una sola volta, la zeolite non viene ripristinata come potrebbe in un impianto a ciclo chiuso.

La formula del policarbossilato è mostrata qui di seguito, si tratta quindi di un polianione in grado di complessare gli ioni come il calcio o altri ioni metallici

calcare22

una parte di molecola di policarbossilato

Il policarbossilato cambia anche il pH dell’acqua e consente di gestire al meglio il ruolo della zeolite.

Esso può anche complessare ioni metallici e lavora esattamente come lavora il citrato, ma date le dimensioni maggiori della molecola di policarbossilato rispetto a quella di citrato la scala della sua attività è maggiore ed è attivo su particelle o quantità più grandi.

Questo meccanismo è mostrato grossolanamente nella seguente figura.calcare23pagina RCS: il polimero intercetta le particelle di calcare e ne previene la deposizione (in effetti intercetta gli ioni calcio)

Molte di queste immagini sono tratte da un sito gestito da Benckiser e da Royal Chemical Society, fatto veramente bene.

Per approfondire:

Sito Benckiser: http://www.rbeuroinfo.com/index.php?BRAND=Calgon&action=product_select.php&LANGUAGE=EN&COUNTRY=US#

Sito misto RCS-Benckiser: http://www.rsc.org/learn-chemistry/resources/chemistry-in-your-cupboard/calgon/10

Sito Benckiser Italia: http://www.prodottireckittbenckiser.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/234

 

Giudizi politici.

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo  

a cura di Claudio Della Volpe

Con un articolo pieno di espressioni idiomatiche e quindi ben lontano dal gergo scientifico che la caratterizza Nature ha salutato le dimissioni di Matteo Renzi.

politici1Fa riflettere che la famosa rivista si sia impegnata nel raccogliere e pubblicare le opinioni di alcuni fra gli opinion leader della scienza italiana su questa questione, nel senso che fa capire l’interesse che il pubblico dei suoi lettori, in gran parte scienziati, ha per la situazione della scienza italiana, che pur impoverita dagli ultimi anni di disinvestimento continua tuttavia a svolgere un ruolo sia attivo che di preparazione di giovani leve che purtroppo se ne vanno all’estero a causa proprio dell’enorme disinvestimeno attuato finora (siamo ridotti a meno di 50.000 docenti universitari rispetto agli oltre 60.000 di pochi anni fa)(si vedano i dati in fondo al post).

L’articolo è intitolato: Gli scienziati italiani non sentiranno la mancanza del primo ministro Matteo Renzi.

Gli universitari dicono che il più giovane leader italiano ha sbagliato al momento di passare dalle parole ai fatti nel rafforzamento della ricerca.

L’autrice, Alison Abbott, lavora con Nature da oltre 20 anni e vanta un PhD in farmacologia, ma si è occupata spesso di politica della ricerca.

Inizia con un commento duro: “.. i ricercatori dicono di non essere particolarmente tristi per le dimissioni di Renzi. In quasi tre anni di governo Renzi che aveva promesso di migliorare lo stato dell’università e della scienza ha fallito nel migliorare lo stato della ricerca nel paese secondo gli scienziati, che si lamentano anche del fatto che egli abbia interferito direttamente in questioni di tipo accademico

Raccoglie al riguardo le opinioni di tre fra i più noti scienziati italiani:

politici2

Cesare Montecucco, professore ordinario di Patologia generale presso l’Università di Padova, esperto mondiale di neurotossine e vincitore del Premio Paul Ehrlich und Ludwig Darmstaedter nel 2011

“Renzi è diventato primo ministro durante una seria crisi economia e sociale e ha iniettato un senso di energia e di ottimismo nell’Università e nel settore della ricerca” “Le nostre aspettative sono aumentate, ma sono state in massima parte deluse.”

L’investimento procapite italiano in ricerca ed università è fra i più bassi d’Europa – sebbene il paese produca una quota maggiore dei lavori più citati rispetto alla media dell’Unione europea. Poco è cambiato in questo durante il governo renzi , dicono Montecucco ed altri scienziati. Renzi non ha partorito nulla di quello per cui questi scienziati si erano battuti a lungo: meno burocrazia per le istituzioni di ricerca e una nuova agenzia per il finanziamento sullo stile della US National Science Foundation.

L’articolo prosegue poi citando le varie decisioni che hanno contrassegnato l’azione del governo Renzi nel settore università e ricerca:

La decisione più controversa è stato il decreto Renzi del Novembre 2015 che ha creato un centro per la genomica a Milano con un investimento di 1.5 miliardi di euro (1.7 miliardi di dollari). Conosciuto come Human Technopole, esso si focalizzerà sulla medicina personalizzata e la nutrizione. Il nuovo progetto prevede un finanziamento annuo di 100 milioni di euro a partire dal 2018. Sebbene alcuni siano grati di questi fondi di ricerca , molti scienziati si lamentano che il maggiore investimento in un singolo nuovo progetto sia inappropriato mentre la maggior parte degli altri istituti di ricerca pubblici stanno letteralmente morendo di inedia. Essi obiettano anche al fatto che questo progetto di Renzi sia stato partorito col cotributo di pochi scienziati e a porte chiuse.

Nel settembre 2016 Renzi ha partorito l’idea di creare una elitè di professori conosciuta come cattedre Natta (dal nome del chimico e premio Nobel Giulio Natta), da assegnare principalmente a Italiani che lavorano all’estero. Essi sarebbero selezionati attraverso 25 commissioni di valutazione nominate dal primo ministro. Migliaia di professori hanno sottoscritto una lettera in ottobre lamentandosi del fatto che Renzi abbia deciso questo progetto senza discuterne con le Università e protestando per il coinvolgimento della politica nella selezione.

politici3

Giorgio Parisi, uno dei più noti fisici teorici del mondo, Medaglia Boltzmann per i suoi contributi alla fisica statistica, premio Dirac, premio Galileo, Premio Lagrange e Medaglia Max Planck; insegna meccanica statistica presso l’Università di Roma

“La nomina di commissioni da parte del primo ministro è assolutamente inaccettabile.” dice il fisico Giorgio Parisi della Università di Roma La Sapienza, uno dei principali critici del progetto. “E’ una scelta politica quella di fare le selezioni senza la partecipazione delle Università italiane, ma allora ci si potrebbe rivolgere ad organizzazioni universitarie estere, come quelle delle altre università Europee.”

Parisi è anche scontento su aspetti riguardanti il finanziamento 2017 delle università. In particolare una quota di 217 milioni di euro sarà riallocato ai dipartimenti che sono stati valutati dalla agenzia nazionale di valutazione ANVUR per aver avuto le migliori performances nella ricerca. Parisi pensa che i nuovi finanziamenti dovrebbero essere resi disponibili direttamente a coloro che hanno avuto queste elevate performances e non passare attraverso il finanziamento universitario generale, che è già particolarmente ridotto. “Questa riallocazione del governo significa che le università più deboli nel sud del paese perderanno ancora più denaro e questo sarebbe un disastro sociale”.

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Elena Cattaneo, neuroscienziata di fama mondiale e senatrice a vita

Il nuovo governo sarà in carica fino alle prossime elezioni che potrebbero avvenire il prossimo anno. L’incertezza continuerà. I partiti populisti e di protesta, in particolare il movimento 5stelle diretto dall’attore Beppe Grillo è probabile che faccia un grande passo avanti nelle prossime elezioni. Questi partiti non hanno una agenda scientifica importante. La senatrice a vita Elena Cattaneo , che è anche neuroscienziata presso l’Università di Milano, ha un atteggiamento di attesa:

“Uno o due dei componenti dei partiti populisti dell’attuale Parlamento hanno dimostrato di essere più aperti alle discussioni su temi scientifici dei membri dei partiti di maggioranza.”

L’articolo è scaricabile integralmente qui.

Per documentazione:

per conoscere meglio le posizioni di Parisi potete ascoltare questo filmato.

alcuni dati:

politici6politici7

Le molecole della pubblicità: l’anticalcare.1.

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo  

a cura di Claudio Della Volpe

L’acqua che usiamo tutti i giorni è di fatto una soluzione diluita di vari ioni fra i quali predominano sodio e calcio (e magnesio) fra i cationi e il cloruro e il carbonato fra gli anioni; quest’ultimo viene anche da una sorgente praticamente inesauribile, quel medesimo diossido di carbonio atmosferico che è il nostro cruccio climatico basilare (è inesauribile perchè alimentata a sua volta dal discioglimento della piattaforma carbonatica nel ciclo del carbonio su scala geologica).

calcare1

Lee R. Kump,James F. Kasting,Robert G. Crane-The Earth System-Pearson (2009)

Perfino quando distilliamo l’acqua, se non usiamo protezioni, la ridissoluzione del CO2 avviene in tempi brevissimi, spostando il pH verso valori di 5.5-6 e rendendo l’acqua distillata una soluzione acidula. La evaporazione, anche parziale, di una tale soluzione contenente ioni calcio, magnesio e carbonato lascia un velo di materiale insolubile costituito principalmente di carbonato di calcio (e magnesio a volte).

Questo dipende dal fatto che il prodotto di solubilità per questa coppia di ioni è:

calcare25in moli2. Una concentrazione dunque dell’ordine di 10-4 mol/litro di entrambi è sufficiente a far precipitare il calcare.

In realtà dato che la concentrazione di ione carbonato dipende da quella del diossido e dal pH a causa dell’esistenza dello ione bicarbonato, anche la solubilità del calcare dipende dal pH; se indichiamo la costante di equilibrio del bicarbonato/carbonato con Ka2, allora abbiamo

solubilità= [Ca2+] =√ Kps ( [H+]/Ka2 + 1) 

Comunque si tratta di una situazione comune e basta un pò di evaporazione a mettersi nelle condizioni adatte alla precipitazione del calcare.

Il calcare, questo il nome comune del composto, si rideposita dunque su tutte le superfici bagnate da un velo di acqua, come i vetri, i metalli, i tessuti, la pelle, etc.

In alcuni casi questo deposito compatto, rappresentato qui sottocalcare2ingloba e aiuta a trattenere sporco, polvere, detriti batterici, altri materiali (per esempio capelli e grasso cutaneo) e forma un film duro e compatto difficile da eliminare che tende a ricoprire le superfici ed otturare i tubi, bloccare i meccanismi, opacizzare tutto, un disturbo non da poco e contro il quale ci sono pochi strumenti efficaci.

calcare3dalla pagina RCS: Gli effetti del calcare: un elemento riscaldante nuovo e

….uno con depositi di calcare

calcare4dal sito RCS: Immagine SEM di fibre senza depositi di calcarecalcare5

dal sito RCS: Immagine SEM di fibre con depositi di calcarecalcare6Ovviamente si può agire ab-initio per così dire, ossia usare delle resine a scambio ionico, dei materiali polimerici porosi contenenti ioni di sodio per esempio che vengono messe a contatto con l’acqua e scambiano gli ioni sodio con quelli calcio, il sistema funziona, ma abbisogna di investimento iniziale e di ricambi continui oltre ad essere un dispositivo da tenere ben pulito dai batteri; alternative esotiche pure ce ne sono: c’è chi promette di liberarci dalla precipitazione del calcare usando “campi magnetici” o trattamenti elettromagnetici vari; la cosa è considerata in genere altamente dubbia sebbene ci siano in letteratura degli esperimenti che vanno in questa direzione.

Rimangono i rimedi della nonna e gli anticalcare commerciali.

Il rimedio sovrano della nonna è di ripassare le superfici o sciacquare i tubi e i meccanismi con una soluzione calda acida e l’aceto possiede i requisiti giusti, non è un acido forte, non è costoso, non è pericoloso; dunque aceto a volontà; tuttavia l’aceto ha anche i suoi problemi: efficace al momento, non preventivo, relativamente inefficace su depositi vecchi, cattivo odore, etc.

Personalmente nei tubi degli scarichi (non in lavatrice!) trovo utile combinare trattamenti acido-base: aceto caldo e poi soda caustica, per attaccare sia calcare che grassi.

Ci sono invece una serie di prodotti commerciali, “furbi” di cui discuteremo qui due esempi: Viakal e Calgon (2 parte del post), uno usato per le superfici e l’altro per le lavatrici (tubi e parti meccaniche in genere):come funzionano?

calcare7 calcare8

Viakal, un prodotto Procter&Gamble, una azienda multinazionale base in USA fondata nel 1837 che ha 110.000 dipendenti in 70 paesi. Possiede marchi come Gillette, Pantene, Vicks, OralB, Lenor, Febreeze e tanti altri.

Viakal ha una composizione abbastanza semplice: è una soluzione in cui ci sono due acidi: citrico e formico, l’acido degli agrumi e quello delle formiche per capirci, (anche se credo siano entrambi di origine industriale) ed un tensioattivo non-ionico. Tutti fra 1 e 5% di concentrazione. Teniamo presente che l’acido citrico è prodotto con un processo di fermentazione industriale, è un prodotto batterico per quel che può valere agli occhi del pubblico, solido a temperatura ambiente.

calcare9

acido citrico

calcare10

acido formico

L’acido formico invece è un prodotto di sintesi, prodotto la prima volta nel 1670 distillando ….formiche, liquido a t ambiente.

Non so se sapete che il bagno di formiche è usato dalla ghiandaia (e dal corvo) per liberarsi dai parassiti; quando ha troppi parassiti l’intelligente uccello si adagia su un formicaio in posa di attacco e le formiche le spruzzano l’acido formico. (http://www.isaporidisicilia.com/iboschidibuccheri/ghiandaia.htm)calcare11 calcare12

con reciproca soddisfazione.

calcare13

Struttura dello ione citrato 3-.

Il ruolo dei due acidi è chiaro, reagiscono col calcare e lo sciolgono; sono acidi deboli entrambi (Ka (I ionizzazione) dell’acido citrico 7.4x 10-3e formico 1.8×10-4) notate che la costante acida è maggiore per il citrico e minore per il formico e il citrico è più concentrato nel limone che nel Viakal (5-7%). Sconsigliamo di mescolare il prodotto con la candeggina per il noto motivo riportato qui qualche post fa da Mauro Icardi. Entrambi sono acidi più forti dell’acido acetico (Ka=1.8×10-5). E’ da considerare che l’acido citrico, nella forma di citrato, che è presente in soluzione comunque in bassa concentrazione, dato che il citrico è un acido debole, è anche un “complessante” dello ione calcio, ossia è in grado di mantenere in soluzione lo ione formando un complesso tenuto insieme dalle diverse cariche elettriche (negativo il citrato, positivo il calcio) . Alla fine della reazione l’acido citrico sarà diventato in massima parte citrato e allora diventerà anche un complessante. Questo ovviamente aiuta il processo finale.

I tre atomi di ossigeno o anche solo alcuni (1 o 2) carichi negativamente possono interagire con lo ione tenuto al “centro” della struttura:calcare14Quindi l’acido citrico ha un doppio ruolo, prima reagisce con il calcare e poi mantiene in soluzione lo ione.

Ma a cosa serve allora il tensioattivo non ionico?

calcare15

C9 etossilato

Questa è una cosa sfiziosa anche perchè costituisce la base della pubblicità del prodotto: secondo la pubblicità il calcare non si riforma, cosa che non succede se usate solo aceto ovviamente, l’aceto va bene per curare non per prevenire.

Il motivo è che il tensioativo non ionico usato aderisce alle superfici delle mattonelle e forma un film idrofobico che rende più difficile la conservazione di un film d’acqua; di solito questo è più efficace su superfici inclinate come appunto quelle delle mattonelle del bagno o della doccia; l’acqua su una superficie idrofobica non viene trattenuta facilmente, il suo angolo di contatto è più elevato e quindi essa scivola via più facilmente; e l’effetto è più forte su superfici leggermente rugose (si veda nota*).

Alcuni tensioattivi non ionici e cationici funzionano da cosiddetti “rinsing aids” ossia aiutanti nel risciacquamento alla lettera; aiutano a far scivolare l’acqua dalle superfici.

Quando voi andate a pulire l’auto negli impianti automatici, non so se lo avete notato, ma usate DUE distinti tensioattivi nelle due fasi di pulizia: nella prima togliete lo sporco col classico tensioattivo anionico (testa negativa coda idrofobica e controione positivo) mentre nella seconda fase sulla superficie già pulita e che volete liberare dall’acqua e tenere asciutta e lucida, spruzzate un rinsing aid cosituito da un tensioattivo cationico (testa positiva, coda idrofobica e controione negativo) di solito un sale di tetraalchilammonio. Questo secondo si attacca alla superficie della vernice della vostra auto che il tempo e gli UV solari contribuiscono ad ossidare e che quindi ha un notevole potenziale “basico di Lewis” ossia è un po’ elettrondonatore e lasciano sgambettare liberamente le gambe idrofobiche all’aria, cosa che gli anionici non potrebbero fare; la superficie con un po’ di aiuto da uno spruzzo di aria rimane alla fine lucida e libera sia dallo sporco che dall’acqua; lo stesso fa il tensioattivo del Viakal; non so perchè usi un non ionico, ossia un tensioattivo senza carica netta, forse per motivi di costo. Se l’acqua scivola via non lascia calcare quando evapora (lo lascia altrove).

calcare16

Rappresentazione dei tensioattivi. Dall’alto verso il basso: non ionici, anionici, cationici, anfoteri.

Il tensioattivo non ionico in questione è un estere di acido carbossilico a catena intermedia 9-11 atomi di carbonio. Le sue code sono certamente idrofobiche e se il materiale si coordina bene, se le molecole si allineano bene come le gambe di un corpo di ballo, la superficie formata espone anche i terminali -CH3 finali non solo i metileni di catena.

Questo rende la superficie meno bagnabile ancora. Non esistono sostanze naturali comuni che imitino il comportamento “cerante” del tensioattivo nonionico o cationico e così comuni da usare in sostituzione. O se ci sono fatemelo sapere.

Abbiamo visto insomma che ogni sostanza ha un ruolo ben preciso, non ci sono componenti inutili.

per approfondire:

Sito misto RCS-Benckiser: http://www.rsc.org/learn-chemistry/resources/chemistry-in-your-cupboard/calgon/10

(continua)

*Nota. La condizione di scivolamento per una goccia non è una cosa banalissima da dimostrare scientificamente; in effetti lo scivolamento di una goccia da una superficie dipende da un aspetto della bagnabilità che è ignoto al grande pubblico e anche a molti colleghi: la cosiddetta isteresi, cioè la differenza fra l’angolo di contatto di avanzamento e di recessione. L’angolo di contatto è quello indicato in figura come θr e θa, recessione e avanzamento. C’è anche un equazione che si chiama equazione di Furnidge, la goccia che scivola è asimmetrica e lo scivolamento è tanto più favorito quanto meno sono diverse le due estremità la testa e la coda della goccia. Se sono diverse la differenza di componenti dovute alla tensione superficiale si oppone al peso e la goccia non scivola, se sono uguali la goccia scivola via; lo scivolamento è tanto più facile quanto più i due valori sono simili (bassa isteresi). In genere quanto più la superficie è idrofobica tanto più la differenza tende ad essere ridotta e gli angoli entrambi alti, ma ci sono casi in cui la differenza è alta nonostante la superficie sia idrofobica(cioè angolo maggiore di 90°) in avanzamento.

Infine anche questa è una approssimazione perchè la goccia sul piano inclinato di Furnidge è un corpo “rigido” mentre la goccia vera si deforma e la parte anteriore non trattenuta scivola via allungando e deformando la goccia trattenuta (“pinning” è il termine inglese) dalla sua coda idrofilica. Superfici superidrofobiche, ossia molto idrofobiche e con bassa isteresi che rimangono sempre asciutte si possono ottenere introducendo una modifica geometrica che renda la superficie già idrofobica, ossia con un angolo di contatto superiore a 90°, anche molto rugosa, e quindi trattenendo aria fra le rugosità: in natura esistono esempi noti, come il loto, e meno noti, come il cavolo cappuccio, di superfici superidrofobiche.

(continua).

Comunicazione finale IUPAC su nomi dei nuovi elementi.

reedijkDa: “Reedijk, J.” <reedijk@chem.leidenuniv.nl>

Data: 30 November 2016 20:08:14 CET

Oggetto: Grazie per i vostri commenti sui nomi e i simboli dei nuovi elementi.

Cari signore e signori:

Grazie ancora per i vostri commenti sul documento con i nomi e i simboli dei 4 nuovi elementi. Avevo già accusato ricevuta del vostro messaggio precedentemente durante l’anno, dato già ad alcuni di voi una risposta immediata, e promesso di dare una risposta più dettagliata più avanti dopo che i nomi fossero diventati ufficiali.

In effetti sto rispondendo adesso, con una risposta generale a voi e a molti altri, dato che è tecnicamente impossibile per me rispondere individualmente a ciascuno di voi in dettaglio.

Questa settimana IUPAC ha deciso, dopo una approfondita considerazione di tutti i commenti, di accettare i nomi e i simboli proposti , che sono ora definitivi; verificate sul sito IUPAC https://iupac.org/iupac-announces-the-names-of-the-elements-113-115-117-and-118/

Noi abbiamo ricevuto molte risposte, specie nei primi due mesi dopo la pubblicazione delle raccomandazioni provvisorie.

In questo messaggio darò un breve sommario di tutte le risposte avute durante i 5 mesi dall’8 giugno. E’ stato con vero piacere che abbiamo visto così tanto interesse dal mondo esterno, non solo in senso positivo, ma anche in modo critico circa le possibili alternative di nomi e simboli.

Per illustrare questo interesse mondiale, ricorderò alcuni casi specifici.

In un caso abbiamo ricevuto una petizione con oltre 160.000 firme che faceva un appello per un elemento il cui nome fosse intitolato alla star musicale dell’heavy metal Lemmy Kilmister morto inaspettatmente alla fine del 2015.

kilmister

Abbiamo ricevuto anche molte altre proposte di nome per onorare non-scienziati e proporre altri nomi. Tutte queste proposte sono state rifiutate per due motivi principali: 1) I nomi non rispettavano i criteri validi per dare nomi e 2) Solo gli scopritori hanno il diritto di proporre nomi secondo il regolamento attuale.

Abbiamo anche ricevuto molti suggerimenti da scienziati e dal pubblico per dare agli elementi il nome di scienziati famosi, come Berzelius, Lavoisier, Levi, Liebig and Moseley. In un caso abbiamo ricevuto una petizione con oltre 3000 firme per dare il nome in onore di Primo Levi.

leviulterioreAncora una volta queste proposte sono state rifiutate per il motivo 2 indicato sopra e a tutti i proponenti sono state ricordate o sono ricordate ora le regole vigenti su come dare i nomi agli elementi. Confidiamo che i proponenti di “nomi alternativi” capiranno che il diritto di proporre il nome di un nuovo elemento è riservato agli scopritori prima di tutto per l’enorme sforzo necessario per produrre e verificare l’esistenza di un nuovo elemento. Dato che ci sono pochi vantaggi per gli scopritori in questo settore della scienza il meno che si possa pensare è di dargli i diritto di propore il nuovo nome. Questo approccio è coerente in molti settori scientifici come le nuove specie o i nuovi oggetti astronomici.

Un certo numero di suggerimenti sono venuti da persone che non conoscevano le nostre raccomandazioni per la scelta dei nomi, che prevedevano che gli elementi del gruppo 17 terminassero in –ine (in inglese) e quelli del gruppo 18 in –on (in inglese).

Alcuni commenti hanno messo in discussione che i nomi del 117 e del 118 terminassero rispettivamente in “ine” e in “on” dato che non è sicuro affatto che tali elementi si comportino come gli alogeni, rispettivamente o i gas nobili.

Le regole correnti, comunque, non si riferiscono alle proprietà chimiche, ma solo ai gruppi 17 e 18 nella Tavola Periodica.

Alcuni altri hanno suggerito altri simboli diversi da quelli raccomandati, senza sapere che i loro suggerimenti sono stati in uso per altri elementi in passato, e perciò non possono essere usati di nuovo (come Ms, Tn). Altri hanno posto il problema dell’uso di Ts, che è uno delle due abbreviazioni correnti consentite da IUPAC per il tosile; l’altra è Tos. Dato che quasi tutte le abbreviazioni di due lettere hanno significati multipli – anche in chimica come Ac e Pr – la conclusione tratta è che il contesto in cui il simbolo dell’elemento è usato renderà sempre chiaro quale sia il senso della abbreviazione usata.

Infine, abbiamo ricevuto un certo numero di commenti e domande riguardanti la pronuncia di tennesinio e oganessio, e circa la possibile traduzione in altre lingue dell’elemento 117, tennessinio, e anche su nome dei loro composti.

A differenza dei nomi terminanti in “ium”, il nome “tennessine” potrebbe non essere automaticamente trasferibile in alcune altre lingue, dal momento che la terminazione –ine non è usata in molti linguaggi per gli elementi del gruppo 17. Per cloro e bromo questo non è stato un problema in passato ma in alcuni linguaggi anche per iodio e astato sono state usate delle traduzioni non immediate

Nel caso del tennessinio sono stati posti alla nostra attenzione problemi e soluzioni di analogo tenore.

Le radici dei nomi degli alogeni precedenti sono fluere (latino) e cloro, bromo e astato (greco) che in inglese sono diventati fluorine, chlorine, bromine, iodine and astatine mentre in molti altri linguaggi hanno nomi più brevi, come cloro in spagnolo e italiano, Chlor in tedesco and chlore in francese.

tanasiIl Tanasi monument.

Così la terminazione degli alogeni in inglese non è una regola in tutti gli altri linguaggi. Il nome Tennessee, d’altra parte deriva dalla lingua Cherockee e dal nome del villaggio Tanasi, come spiegato in letteratura. Ciascun linguaggio è perciò indipendente nell’effettuare le conversioni e le traduzioni, ma si spera che questo breve excursus etimologico sia di aiuto per le Organizzazioni Nazionali Aderenti per tradurre Tennessine in altri linguaggi. Questi problemi sono stati analizzati nella nostra pubblicazione finale in Pure and Applied Chemistry, che apparirà nei primi mesi del 2017.

Noi apprezziamo profondamente il tempo e gli sforzi che avete impegnato per pensare a nomi e simboli e per mandarci i vostri commenti e suggerimenti. Tutti i commenti sono stati registrati in modo opportuno e rimarranno negli annali dello IUPAC.

I migliori saluti,

Jan Reedijk, Presidente della Divisione di Chimica Inorganica, IUPAC.

Nota del blog master.

Dizionario irockese inglese: http://www.cherokeedictionary.net/

https://it.glosbe.com/chr/it/Tenasi

la pronuncia italiana è Tenasi non Tanasi e il significato della parola in Irochese non è del tutto chiaro perchè il termine veniva usato anche per altri villaggi. Al momento il luogo storico denominato Tanasi o Tenasi è stato inondato con la costruzione di una diga che ha portato alla formazione di un lago.

Il cemento potrebbe diventare un utile sequestrante di CO2?

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo     

a cura di Rinaldo Cervellati

(*Fonte: c&en news: Cement could be a helpful carbon sink, 22/11/2012)

Per cemento s’intende una varietà di materiali da costruzione, noti come leganti idraulici, che, miscelati con acqua, mostrano proprietà adesive e sono, come noto, largamente impiegati in edilizia.

Dal punto di vista chimico si tratta in generale di una miscela di silicati e alluminati di calcio, ottenuti dalla cottura ad alta temperatura di opportune miscele di calcare e argilla, oppure di marna, una roccia sedimentaria composta di una frazione argillosa e da una frazione carbonatica costituita generalmente da calcite (carbonato di calcio, CaCO3), oppure da dolomite (carbonato doppio di magnesio e calcio, MgCa(CO3)2).

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Marna

fig-1-cemento-6 È quindi chiaro che la fabbricazione del cemento richiede grandi quantità di calore e rilascia grandi quantità di diossido di carbonio. Il calore infatti trasforma il calcare (carbonato di calcio) in ossido di calcio e la miscela che ne deriva viene denominata clinker[1]. Questo processo, chiamato calcinazione[2], è responsabile di circa il 5% delle emissioni di diossido di carbonio (CO2) dovute ad attività umane, che come noto possono alterare il clima del nostro Pianeta.

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Tuttavia un recente studio riporta che il cemento stesso può aiutare a ridurre queste emissioni. Un team internazionale di 19 ricercatori guidato dal Dott. Zhu Liu del Resnick Sustainability Institute al Caltech, ha stimato che il 43% di CO2 rilasciata da calcinazione di cemento tra il 1930 e il 2013 è stato riassorbito dallo stesso cemento fabbricato durante quel periodo [1].

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Dr. Zhu Liu

Non solo la riduzione delle emissioni di CO2 ma anche la rimozione di questo gas dall’atmosfera è una parte significativa di quello che molti scienziati del clima sostengono si debba fare per evitare le gravi conseguenze derivanti dal cambiamento climatico. “Non è la piccola quantità di CO2 che può essere rimosso dall’atmosfera”, dice Phil Renforth, che studia il sequestro del carbonio all’Università di Cardiff, “ciò che è interessante di questo studio è che parte della richiesta di rimozione di CO2 dall’atmosfera può già essere soddisfatta dalla carbonatazione naturale del cemento[3]. La sfida è la progettazione di opportune procedure che tengano conto dell’influenza di questo fenomeno nel ciclo di vita del cemento “.

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Dr. Phil Renforth

La carbonatazione è il processo mediante il quale il cemento sottrae CO2: i composti idrati nel cemento (principalmente idrossido di calcio e silicati di calcio e alluminio) reagiscono con il CO2 nell’aria per formare carbonati. Gli ingegneri conoscono da tempo questo processo perché può influenzare la stabilità del cemento. Il team guidato da Zhu Liu ha voluto quantificare il livello di carbonatazione del cemento.

I ricercatori hanno raccolto i dati sulla produzione globale di cemento dal 1930 al 2013, i tipi di prodotti cementizi, la durata e i destini di questi prodotti e dei loro scarti. Hanno quindi utilizzato un modello analitico computerizzato per stimare la carbonatazione per i diversi prodotti cementizi, basato sulle proprietà del cemento misurate sperimentalmente o riportate in letteratura. Il loro modello suggerisce che il cemento ha sequestrato circa 4,5 miliardi di tonnellate di carbonio dal 1930. E il tasso di sequestro annuale è stato sempre più elevato, raggiungendo 0,25 miliardi di tonnellate di carbonio nel 2013. Il tasso di carbonatazione nel 2013 è equivalente al 22,7% della media annua del carbonio globale assorbito dalle foreste e a circa il 2,5% delle emissioni globali di carbonio da attività umane nello stesso anno.

In base al modello, la Cina è diventata prima nella carbonatazione del cemento a causa del boom edilizio. Dal 1994, il cemento cinese ha sequestrato più CO2 rispetto al cemento di tutte le altre parti del mondo. Prima di allora, la maggioranza della carbonatazione avveniva negli Stati Uniti e in Europa. Liu sostiene che gli studi precedenti sui sottrattori di CO2 si sono concentrati su riserve naturali mentre il messaggio importante del lavoro del suo gruppo è che anche un sistema umano come il cemento può essere visto come un sottrattore di biossido di carbonio.

Ma il Dott. Thomas Gasser, che lavora su modelli climatici presso l’International Institute for Applied Systems Analysis (Laxenburg, Austria), sottolinea che il cemento non si può considerare esattamente come un sottrattore convenzionale perché la sua fabbricazione rilascia CO2. Il modo migliore per riassumere il nuovo studio, dice Gasser, “è quello di dire che la produzione di cemento in realtà ha un minore impatto sul clima di quanto si pensasse, dal momento che al netto emette meno CO2.

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Dr. Thomas Gasser

Aggiunge il Dott. Renforth: “Le stime di carbonatazione suggeriscono che la produzione di cemento potrebbe ipoteticamente diventare un processo al netto negativo per l’emissione di CO2 se i produttori utilizzassero una tecnologia di sequestro del biossido di carbonio dai gas di scarico dei loro impianti per rendere la produzione di cemento a emissioni zero.” Tuttavia, dice anche: “Ci vorrebbe una infernale mole di lavoro per ottenere questi risultati [e a un costo ragionevole] “.

[1] Fengming Xi et al. Substantial global carbon uptake by cement carbonation, Nature Geoscience, on-line 21 november 2016, DOI: 10.1038/ngeo2840.

[1] Al clinker vengono poi aggiunti altri materiali come gesso, sabbie, ecc. ottenendo vari tipi di cemento con diverse definite proprietà.

[2] Questa reazione, così esemplificata: CaCO3 ® CaO + CO2 alle alte temperature dei forni di fabbricazione del cemento, è molto veloce.

[3] La reazione di carbonatazione del cemento, così esemplificata: Ca(OH)2 + CO2 (dall’aria) ® CaCO3 + H2O a temperatura ambiente è un processo lento.

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