14 gennaio 2017: ambiente e Italia cosa cambia?

Luigi Campanella, ex Presidente SCI.

La legge n.132 del giugno dello scorso anno ha istituito il SNPA, Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente. Di fatto con tale istituzione si riconoscono due principi fondamentali

snpa-Le matrici ambientali sono 3: acqua, aria, suolo con capacità di mobilità diverse, ma comunque destinate ad influenzarsi reciprocamente sicchè il controllo di una di esse non garantisce la qualità ambientale che è solo assicurata da un controllo sui  3 comparti. Mare, lago, fiume, atmosfera indoor ed outdoor, suolo agricolo e terreno industriale scambiano fra loro componenti ed inquinanti che pertanto, rispondendo a regole di distribuzione si ripartiscono fra le varie fasi.

L’aria inquinata inquina a sua volta acque e suoli, ma anche acque inquinate aggrediscono i suoli e suoli inquinati rilasciano in acqua  sostanze e composti nocivi. L’atmosfera poi, la più mobile dei comparti (si tratta di un aereifome in confronto a liquido e solido degli altri 2 comparti) esercita un’azione di trasferimento che supera le barriere geografiche, tanto da rendere problematiche le applicazioni di leggi nazionali, quasi che i confini possano essere reali ostacoli alla diffusione aereiforme

-si contrastano sull’ambiente due teorie:il riduttivismo e l’olismo. Ci si chiede cioè se la qualità ambientale possa essere ricondotta a criteri lineari e differenziali o se invece essa non debba essere affidata a valutazioni circolari ed integrali. Il SNPA contribuisce con la sua istituzione al chiarimento di queste ambiguità:in genere l’organizzazione deriva dall’approccio razionale adottato,in questo caso forse è essa stessa motivo di contributo alla razionalità ed allo sviluppo di una cultura ambientale.

Detto questo non si può fare a meno di guardare con una certa dose di preoccupazione al terzo integrale che sta dentro la legge,dopo quello dei comparti e quello degli indicatori: mi riferisco ai 22 Enti autonomi ed indipendenti che costituiscono il SNPA.Sapranno superare gelosie e corporativismi che a volte nella ricerca purtroppo compaiono? Sapranno darsi un’organizzazione non per Enti, ma per problemi creando vere e proprie matrici di gestione individuando per ciascuno dei 3 comparti problematiche di riferimento.Nel ns Paese è uno sforzo che è stato fatto in passato solo in occasione della nascita del Ministero della Ricerca Scientifica e Tecnologica staccato da quello di Scuola ed Università,circa 40 anni fa.Conterà molto,come contò allora,l’azione di chi guida questa impresa.Il mio augurio e quello del ns blog al presidente De Bernardinis.

Un minimo di storia (estratto dalle news di Arpa Toscana):

La legge 61/94 ha istituito l’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente (oggi Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici – ISPRA) e dato mandato alle Regioni e alle Province Autonome di istituire Agenzie per la protezione dell’ambiente nei loro territori.

La nascita delle Agenzie regionali e delle Province autonome inizia nell’aprile 1995 – tra le prime a partire Piemonte, Toscana ed Emilia Romagna – e si conclude nel 2006 con la nascita di ARPA Sardegna.

assoarpaA partire dalle disposizioni contenute nella sentenza della Corte Costituzionale n. 356 del 1994, le Agenzie locali hanno colto l’importanza di pervenire ad una forma di coordinamento che andasse oltre il mero coordinamento tecnico ed entrasse in una logica di Sistema.  E infatti si è istituito

  • Il Consiglio federale, presieduto dal Presidente di ISPRA e composto dai legali rappresentanti delle varie ARPA/APPA che ha tra l’altro il compito di approvare il Piano triennale di attività
  • e si è iniziata la partecipazione al Sistema Informativo nazionale ambientale (SINAnet) mirato alla razionalizzazione delle iniziative di monitoraggio e di gestione delle informazioni ambientali

I risultati ottenuti hanno spinto il legislatore a intraprendere un progetto di  riforma – il cui iter di approvazione è stato abbastanza lungo – che si è concluso con l’approvazione della legge 132 del 28/06/2016  che istituisce il Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente e disciplina l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).

ispraNell’ambito del  Sistema – che entrerà in vigore il 14/1/2017 –   forte è, in questo momento, la necessità di confronto per il rafforzamento dell’identità di sistema, ma anche e soprattutto per una più efficace e omogenea tutela dell’ambiente.

Complementare al SNPA è AssoArpa – associazione con personalità giuridica che ha funzioni di rappresentanza delle Agenzie regionali e provinciali aderenti, con particolare rilievo per gli aspetti legali, i sistemi di finanziamento, l’organizzazione del lavoro, lo sviluppo delle risorse umane, la gestione dei rapporti di lavoro e delle relazioni sindacali.

 

Giorno della memoria. L’esame di chimica di Levi in Lager.

Mauro Icardi

Il 27 Gennaio 2017 ricorre il 72° anniversario della liberazione, da parte delle forze alleate, del campo di sterminio di Auschwitz. Utilizzo il sostantivo sterminio perché era quello il fine che nei campi di concentramento nazisti era perseguito, in perfetto accordo e ossequio alla politica di Adolf Hitler e dei suoi collaboratori. Per la precisione furono soldati dell’armata rossa che il mattino del 27 Gennaio arrivarono a cavallo davanti al cancello principale del campo.
Primo Levi così ricorda quel momento nel primo capitolo de “La tregua” con queste parole:
La prima pattuglia russa giunse in vista del campo verso il mezzogiorno del 27 gennaio 1945. Fummo Charles ed io a scorgerla: stavamo trasportando alla fossa comune il corpo di Sòmogy , il primo dei morti tra i nostri compagni di camera. Rovesciammo la barella sulla neve corrotta, che la fossa era ormai piena, ed altra sepoltura non si dava: Charles si tolse il berretto a salutare i vivi e i morti.
Erano quattro giovani soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, coi mitragliatori imbracciati, lungo la strada che limitava il campo. Quando giunsero ai reticolati, sostarono a guardare, scambiandosi parole brevi e timide, e volgendo sguardi legati da uno strano imbarazzo sui cadaveri scomposti, sulle baracche sconquassate, e su noi pochi vivi.

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Come sempre nello stile di Levi tutto è pacato, armonioso ed essenziale. Questo brano ne è un perfetto esempio.
Paradossalmente l’esperienza della deportazione è per Levi l’inizio della sua vocazione di scrittore, nonostante avesse già scritto racconti e poesie prima, durante i suoi anni di studio. L’esigenza di portare testimonianza di quanto è avvenuto nell’universo concentrazionario del regime nazista porterà Levi a scrivere già durante la prigionia, attività decisamente rischiosa che lo avrebbe sicuramente portato a finire in crematorio nel caso fosse stato scoperto.
Levi dopo essere stato liberato dalla prigionia si interrogherà spesso su quanto la sua sopravvivenza al tremendo regime del Lager sia dovuta al caso, e questo sentimento lo accompagnerà per tutta la vita.
Altri due episodi aiuteranno Levi a sopravvivere. L’ultimo in ordine di tempo è il fatto che fosse ammalato e ricoverato in infermeria nel momento in cui i tedeschi ,pressati dall’avanzare delle truppe sovietiche abbandonano il campo di Auschwitz. Ma nell’intento di non lasciare tracce dei loro crimini costringono i prigionieri ancora in forze ad abbandonare anch’essi il campo, mentre loro tentano di distruggere almeno i registri di internamento dei prigionieri. L’evacuazione sarà ricordata come la “marcia della morte”. I prigionieri saranno costretti a marciare per chilometri nella neve, diretti verso le stazioni ferroviarie, da dove verranno stipati su carri bestiame aperti riempiti fino al limite della capienza. Altre migliaia di persone troveranno la morte in questo modo, morti di fatica, di fame o di freddo, o fucilati dopo pochi chilometri di marcia dalle SS nel caso fossero moribondi o stremati dalla stanchezza.
L’altro episodio che in qualche modo decide della sopravvivenza di Levi è quello dell’esame di chimica sostenuto in Lager, per potere essere aggregato al Kommando 98, il kommando chimico come specialista, sottraendosi così ai lavori più pesanti e al freddo.
Ed ora so anche che mi salverò se diventerò specialista, e diventerò specialista se supererò un esame di chimica”.
Per chi forse non riuscisse a capire il perché di un esame di chimica in Lager ecco alcune informazioni su come era strutturato il campo di Auschwitz.
Il complesso concentrazionario era costituito dai campi di Auschwitwz, Birkenau, e Buna Monowitz.
Quest’ultimo venne costruito nell’ottobre del 1942 nella frazione di Monowice (in lingua tedesca Monowitz) della cittadina di polacca di Oswiecim (Auschwitz in tedesco). Nei pressi vi era l’impianto per la produzione di gomma sintetica Buna Werke di proprietà della IG Farben.
I deportati furono utilizzati sia per la costruzione del campo, che per quella dell’impianto chimico che avrebbe dovuto anche ricavare combustibili liquidi dal carbone.

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Al di là di ogni ragione logistica come la presenza di una buona rete stradale e ferroviaria, l’impianto chimico venne realizzato per utilizzare la forza lavoro quasi gratuita. L’amministrazione del campo e la IG Farben stipularono accordi economici per poter utilizzare i prigionieri pagandoli 3-4 Reichsmark giornalieri.
La Farben si preoccupava anche di non diminuire il livello produttivo, e per questa ragione chiedeva ai responsabili del campo di effettuare frequenti selezioni, che destinassero gli inabili al lavoro alla morte per gas e successivamente al crematorio.
In questo scenario Levi sostiene un esame di chimica davanti al Dottor Pannwitz.
Condotto davanti a lui dal rude e volgare Kapò Alex.
“Siamo entrati. C’è solo il Dottor Pannwitz, Alex col berretto in mano gli parla a mezza voce – …un italiano in Lager da tre mesi soltanto già mezzo kaputt… Er sagt er ist Chemiker… – ma lui Alex sembra che faccia su questo le sue riserve”.
E inizia cosi l’esame di chimica. Levi riesce nonostante i tre mesi passati in Lager a spostare traversine, portare pesi, a richiamare alla mente, in maniera pronta e docile, i suoi ricordi dello studio della chimica organica. A mano a mano che il colloquio prosegue sente che gli corre nelle vene la febbre dei suoi passati esami.
Pannwitz sembra molto interessato al tema della tesi di Levi, “Misura di costanti dielettriche”.
Chiede al prigionero, all’Haftling 174517 se conosce l’inglese, mostrandogli anche il testo del Gattermann .
Entrambi hanno studiato su quel libro, ma sono uno al di qua del filo spinato con la sua vita regolare e sicura, e uno al di là senza nessun orizzonte oltre quello del Lager e della prigionia, del lavoro, della fame del freddo e della fatica disumana.
L’esame termina e Levi non riesce nemmeno a trovare una formula di saluto in lingua tedesca adatta a salutare il suo esaminatore. Lui che come dirà in seguito ha imparato il tedesco dal basso, dal Lager e sa dire parole come mangiare, lavorare, rubare e morire. Sa dire in tedesco anche pressione atmosferica ed acido solforico. Ma non una frase di saluto.

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Esce dalla stanza sempre accompagnato da Alex.
Per rientrare in campo devono attraversare uno spiazzo ingombro di travi e tralicci. E il capitolo di “Se questo è un uomo” dedicato all’esame di chimica si chiude con la descrizione di Alex che afferra un cavo d’acciaio unto di grasso e compie un gesto che rimane impresso, forse più di altri sia pure più violenti e crudeli nella memoria di Levi:
…ecco si guarda la mano nera di grasso viscido. Frattanto io l’ho raggiunto: senza odio e senza scherno, Alex strofina la mano sulla mia spalla, il palmo e il dorso per nettarla, e sarebbe assai stupito, l’innocente bruto Alex ,se qualcuno gli dicesse che alla stregua di questo suo atto io oggi lo giudico, lui e Pannwitz e gli innumerevoli che furono come lui, grandi e piccoli, in Auschwitz e ovunque
Non sarà lunga l’esperienza nel laboratorio di Buna per Levi, che sarà descritta nei racconti “Pipetta da guerra” e “L’ultimo Natale di guerra”.
Ma sarà per il lui un riparo dalla vita di stenti del campo.
La fabbrica di Buna Monowitz che costerà migliaia di morti non entrerà mai in produzione.

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Le prime ricerche sulla chimica delle piante: i lavori di Giacomo Ciamician e Ciro Ravenna

Rinaldo Cervellati

La funzione delle sostanze bioattive di origine vegetale, chiamate oggi metaboliti secondari, prodotte dalle piante in quantità relativamente piccole è rimasta per molti anni un’incognita. Queste sostanze venivano infatti ritenute prodotti di scarto e comunque senza un ruolo specifico. Uno dei primi chimici a interessarsi a questo campo di ricerca è stato il Prof. Giacomo Ciamician (1857-1922)[1], insieme al suo allievo poi collaboratore Prof. Ciro Ravenna[2].

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fig-1b-ciro-ravennaGià nel 1908, all’inizio del programma di studi sulla chimica delle piante traspare l’ammirazione di Ciamician per il mondo vegetale. Si legge infatti:

Le piante sono in grado di compiere il grandioso lavoro di sintesi, per cui esse riescono a produrre le più importanti materie organiche, con mezzi almeno in apparenza modestissimi. Gli agenti atmosferici e segnatamente le piccole quantità di anidride carbonica, i sali che loro fornisce il suolo e l’acqua, costituiscono i soli materiali di cui abbisognano i vegetali a foglie verdi per comporre quella numerosa e svariata serie di sostanze che noi tanto a stento riusciamo a riprodurre. [1]

Scopo del programma di ricerche sulla chimica delle piante era quello di individuare l’origine, il comportamento e la funzione delle sostanze accessorie nelle piante.

Ciamician e Ravenna osservarono che inoculando in diverse piante dei glucosidi, questi venivano scissi in sostanze aromatiche (oggi chiamate agliconi, sostanzialmente della categoria dei polifenoli). Viceversa, se alla pianta venivano somministrate queste sostanze aromatiche, esse si trasformavano in parte nel glucoside, in parte rimanevano inalterate e in parte venivano ossidate, in base alle necessità della pianta.[2]. Ecco un brano tratto dal rif. [2]:

Inoculando ad alcune piante (mais, giacinti) dei glucosidi, questi vengono scissi in gran parte nell’interno della pianta in modo che si ritrovano, allo stato libero, le sostanze aromatiche che entrano nella loro costituzione. Reciprocamente, inoculando o facendo assorbire in altro modo alcune sostanze aromatiche, si ritrova poi oltre alla sostanza inalterata, un composto che per azione della emulsina si scinde liberando nuove quantità della sostanza introdotta. Abbiamo quindi supposto che le sostanze aromatiche assorbite dalle piante si combinassero in modo da dar origine a dei glucosidi. Di ciò fu data la dimostrazione rigorosa inoculando nel mais la saligenina [alcool salicilico: 2-(idrossimetil)-fenolo]; siamo riusciti cioè ad isolare dalle piante così trattate il glucoside formatosi, che fu riconosciuto identico alla salicina [2-idossimetil)-fenil-β-D-glucopiranoside]

Oggi è noto che polifenoli e loro glicosidi svolgono principalmente un ruolo di difesa nelle piante. Di recente una ricerca ha dimostrato come estratti di Limonium narbonense cresciuto spontaneamente (ed esposto maggiormente a parassiti), contengano una quantità di polifenoli superiore rispetto a quella contenuta in estratti da piante coltivate [3]. Ciò conferma la capacità delle piante, già nota a Ciamician e Ravenna, di modulare la produzione delle sostanze di cui necessitano, con il minimo dispendio di energia e di materie prime.

Ciamician e Ravenna, analogamente a quanto fatto con la saligenina, inocularono nel mais l’alcool benzilico, che fu trasformato dalla pianta nel relativo glucoside, essi ottennero il medesimo risultato con la pianta del fagiolo [4].

Poiché medesimi fenomeni, oltre che nella pianta viva, furono anche osservati in poltiglie ottenute triturando le piante [e contenenti quindi tutti i principi degli individui originari] [2], i due chimici supposero che queste trasformazioni fossero dovute all’azione di enzimi. Successive ricerche confermarono questa ipotesi.

Oltre ad interessarsi ai glucosidi, uno studio più vasto fu condotto sugli alcaloidi, valutandone la produzione e cercando di capire il ruolo ed il comportamento di questi nelle piante. In questo caso, oltre alla tecnica dell’inoculazione, venne usata quella dell’innaffiamento di piantine cresciute in opportuni germinatoi, con soluzioni all’1 ‰ delle sostanze che si volevano esaminare [5].

fig-2a-germinatoio1

fig-2b-germinatoio2I primi studi furono eseguiti su piante che in natura producevano alcaloidi (datura e tabacco) inoculando in esse sostanze azotate: piridina, piperidina, acido carbopirrolico e asparagina , ottenendo un aumento della produzione di alcaloidi [6]:

Abbiamo descritto alcune esperienze dalle quali risulta che inoculando nelle piante di tabacco e di datura certe sostanze azotate, si ottiene, segnatamente colla piridina, un notevole aumento nella quantità totale dei rispettivi alcaloidi.

Ciamician e Ravenna osservarono anche che la sola incisione della pianta produceva notevoli variazioni sul contenuto degli alcaloidi, facendolo aumentare [7].

Vennero effettuati studi oltre che su piante spontanee anche su piante coltivate secondo norme agricole, per valutare il diverso comportamento all’inoculazione [8]. Appare quindi chiaro che queste ricerche avevano anche uno scopo pratico, agroindustriale, teso al miglioramento della qualità della pianta, soprattutto del tabacco.

Il rif. [6] conclude così:

Dalle esperienze descritte risulta che l’inoculazione di sostanze azotate di svariata natura chimica nel tabacco, produce un aumento nella quantità totale di alcaloidi e che questo aumento si accentua impiegando l’asparagina, anche introducendo nelle piante quantità di materie proporzionali al loro contenuto in azoto. Ma le osservazioni raccolte non permettono di trarre conclusioni sufficientemente sicure relative alla genesi ed al significato degli alcaloidi nelle piante. Ci sembra però si possa affermare, che le nostre esperienze parlino piuttosto in favore di quelle vedute secondo le quali gli alcaloidi vegetali provengono dagli acidi amidati [amminoacidi].

Sempre su piante in grado di produrre alcaloidi furono inoculate sostanze non azotate, glucosio e acido ftalico, per valutare il loro effetto sulla produzione di alcaloidi. Il glucosio fece aumentare la produzione di nicotina nel tabacco, con il secondo si ottenne una quantità circa uguale a quella delle prove in bianco (piante non inoculate). Tuttavia, poiché la sola incisione provocava un aumento dell’alcaloide, se ne concludeva che l’effetto dell’acido ftalico era di farne diminuire la produzione.

I risultati di queste ricerche furono raccolti in un fascicolo pubblicato (insieme a Ravenna) nella collana “Attualità Scientifiche” edito da Zanichelli [9]. All’inizio di questo testo si legge:

Le piante peraltro non producono solo le anzidette sostanze fondamentali della vita organica, cioè le materie proteiche, gli zuccheri semplici e composti, i grassi, le lecitine e altre ancora, ma inoltre tutta una serie di composti che sembrano essere accessori e che gli animali non contengono affatto. Si può però chiedere a che cosa servano queste sostanze, chiamate appunto accessorie, quali i glucosidi, gli alcaloidi, i tannini, le resine e tante altre.

fig-3-copertina-fascicoloGli autori giungono alla conclusione che gli alcaloidi prodotti dalle piante non sono sostanze di scarto ma eserciterebbero una funzione molto simile a quella degli ormoni negli animali. Il testo termina con queste frasi:

La conclusione a cui si può arrivare in base a quanto sappiamo per ora, è che le piante fanno una chimica che corrisponde a quella che pratichiamo noi nei laboratori; la fanno con mezzi infinitamente più semplici dei nostri, ma con intendimenti simili ai nostri. E se in esse l’organizzazione non è così differenziata come negli animali, suppliscono a tutto ciò con un chimismo assai perfetto; la coscienza delle piante è una coscienza chimica.”[9]

Infine, si vuole ricordare che per la preparazione di farmaci semisintetici, si rende necessario avere a disposizione quantitativi adeguati di metaboliti vegetali. Poiché la loro sintesi è particolarmente complessa e costosa si ricorre a trattamenti biotecnologici che ‘obbligano’ le piante a produrre una maggior quantità di metaboliti. Possiamo affermare che Ciamician, attraverso i suoi esperimenti, può essere considerato un precursore delle biotecnologie. La definizione di biotecnologia (usualmente al plurale, biotecnologie) stesa dalla Convenzione sulla Diversità Biologica delle Nazioni Unite, è infatti la seguente:

“La biotecnologia è l’applicazione tecnologica che si serve dei sistemi biologici, degli organismi viventi o di derivati di questi per produrre o modificare prodotti o processi per un fine specifico.”

Parte delle biotecnologie vegetali si occupa, come già detto, di favorire la produzione di specifici composti nelle piante continuando così nella strada percorsa da Giacomo Ciamician.

(NdA). Questo post è tratto in parte da: V. Saiola, Le ricerche di Giacomo Ciamician sulla Chimica delle Piante. Una bibliografia ragionata, tesi di laurea in Farmacia, Università di Bologna, A.A. 2009/2010, Sessione I; e da: R. Cervellati, V. Saiola, E. Greco, Le ricerche di Giacomo Ciamician sulla Chimica delle Piante, Atti del XIV Convegno Nazionale di Storia e Fondamenti della Chimica, Serie V, Vol. XXXV, Parte II, Tomo II, 2011, pp. 123-135.

[1] Ciamician G., 1908. La Chimica Organica negli Orgnaismi, Attualità Scientifiche, n.11, Nicola Zanichelli, Bologna

[2] Ciamician G.; Ravenna C., 1909. Sulla formazione dei glucosidi per mezzo delle piante Rend. R. Acc. Lincei, vol. XVIII, serie 5°, fasc. 12°, pp. 594-596

[3] Cervellati R., Greco E., Dall’Acqua S., Innocenti G., 2011. Piante spontanee e coltivate: c’è differenza? Uno studio di caso su Limonium Narbonense Mill., Natural 1, XI(105) pp. 68-76

[4] Ciamician G.; Ravenna C., 1911. Sul contegno dell’alcool benzilico nelle piante, Rend. R. Acc. Lincei, vol. XX, serie 5°, pp. 392-394

[5] Ciamician G.; Ravenna C., 1911. Ricerche sulla genesi degli alcaloidi nelle piante Rend. R. Acc. Lincei, vol. XX, serie 5°, pp. 614-624

[6] Ciamician G.; Ravenna C., 1911. Sul contegno di alcune sostanze organiche nei vegetali Rend. Acc. Scienze Ist. Bologna, IV memoria, pp. 47-52

[7] Ciamician G.; Ravenna C., 1912. Sul contegno di alcune sostanze organiche nei vegetali Rend. Acc. Scienze Ist. Bologna, V° memoria, pp. 71-76

[8] Ciamician G.; Ravenna C., 1913. Sul contegno di alcune sostanze organiche nei vegetali Rend. Acc. Scienze Ist. Bologna, VI° memoria, pp. 143-153

[9] Ciamician G.; Ravenna C., 1921. Sul significato biologico degli alcaloidi nelle piante, Attualità scientifiche, n. 28, Nicola Zanichelli, Bologna

 

[1] Professore di Chimica Generale nell’Università di Bologna dal 1889 fino alla scomparsa è considerato il fondatore della fotochimica moderna, collaborò al progetto dell’edificio dell’Istituto di Chimica dell’Università di Bologna che oggi ospita il Dipartimento a lui intitolato. Si è occupato attivamente della sintesi di prodotti organici naturali. Oltre a essere uno dei fondatori della fotochimica moderna, Giacomo Ciamician è considerato anche il precursore dell’utilizzo pratico dell’energia solare.

[2] Ciro Ravenna (Ferrara, 1878, Auschwitz, 1944). Dal 1909 in avanti collaborò con Ciamician alle sue ricerche sulla chimica delle piante. Dal 1923 al 1938 occupò la cattedra di Chimica Agraria di Pisa, dove continuò gli studi sulla formazione e sul significato biologico degli alcaloidi. Scrisse un libro sulla chimica vegetale, pedologica e bromatologica. Cacciato dall’università nel 1938 in seguito alle vergognose leggi razziali mussoliniane si guadagnò da vivere con lezioni private. Fu arrestato a Ferrara da italiani repubblichini nel 1943 e deportato nel campo di concentramento di Fossoli, poi trasferito a Auschwitz il 22 febbraio 1944, dove fu assassinato il 26 febbraio 1944.

 

Fame e biotecnologie: un punto di vista non convenzionale

 Giuseppe Poeta Paccati [1]

La fame continua ad essere un problema in tutto il mondo. Secondo l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura delle Nazioni Unite, “850 milioni di persone nel mondo erano denutrite fra il 1999 e il 2005” ed il numero è in continuo aumento.

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Carl von Bergen, 1904, Ragazza con piatto.

La fame ha pochissimo a che vedere con le tecniche agricole di produzione; essa, al contrario, è legata a una diseguale distribuzione delle ricchezze sul pianeta ed è soprattutto un problema politico, di democrazia economica e di giustizia sociale. Forse dobbiamo mettere in dubbio che la ricerca biotecnologica applicata alla produzione agroalimentare (colture transgeniche ecc.) possa effettivamente servire a risolvere il problema della fame nel Terzo e Quarto Mondo. È significativo che la Croce Rossa Internazionale abbia stimato che ben il 90% dei circa 256 milioni di disastrati nel mondo viva nei paesi poveri.[2]

Papa Benedetto XVI, ha sostenuto che la denutrizione: « è colpa non della mancanza di cibo, ma delle politiche dei governi, dei fenomeni speculativi e della carenza di un assetto di istituzioni politiche ed economiche in grado di fronteggiare le necessità e le emergenze ».

Inoltre, è stato dimostrato che le condizioni atmosferiche avverse e la scarsità del raccolto, sebbene siano sicuramente eventi naturali avversi, non sono necessariamente disastri di vaste dimensioni.[3] In occasione delle grandi carestie nel Bengala, a Calcutta nel Sahel e in Etiopia, ad esempio, la scelta di concentrare l’attenzione sulla disponibilità di cibo e di attribuire la sua mancanza esclusivamente a cause naturali, ha impedito di evidenziare le vere responsabilità a carico delle strutture economiche e legali il cui crollo è la causa principale di tali calamità che avvengono anche quando il raccolto è stato buono e vi sono riserve di cibo disponibili.

Le principali crisi sanitarie e le catastrofi umanitarie cui, ancora oggi, assistiamo in Somalia, Birmania, Zimbabwe, Congo, Pakistan, Sudan ed Iraq, sono causate dalle periodiche ondate di violenza che riducono in condizioni estreme intere popolazioni spesso costrette ad esodi di massa in cui ai profughi manca acqua, cibo, riparo e assistenza sanitaria che li rende estremamente vulnerabili a malattie che, normalmente, sarebbero facilmente curabili.[4] Papa Francesco in visita alla sede romana del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite,[5] parlando a braccio affermò che “La fame non è un dato naturale, né frutto di un destino cieco di fronte al quale non possiamo fare nulla”.fame2

Il cibo che si spreca è come se lo si rubasse dalla mensa del povero, di colui che ha fame”. E ancora, “abbiamo fatto dei frutti della terra, dono per l’umanità, un privilegio di alcuni, generando esclusione. Abbiamo stravolto i fini della terra”. “La mancanza di alimenti – spiega il Pontefice – non è qualcosa di naturale, non è un dato ovvio: il fatto che oggi, in pieno ventunesimo secolo, molte persone patiscano questo flagello, è dovuto a un’egoista e cattiva distribuzione delle risorse, a una mercantilizzazione degli alimenti”.

Nel frattempo la scienza, oggi le biotecnologie, vorrebbe impossessarsi di un fine alto, e indiscutibile, quello di voler sfamare la “sovrappopolazione” futura per giustificare i suoi indirizzi e le sue nuove e rivoluzionarie pratiche sulle cellule animali, vegetali e batteriche. Ma in questo modo è come se invece di prevenire la “malattia” agendo sulle sue vere cause per debellarle, ci si accontentasse di curarne i sintomi accettando che essa possa comunque insorgere.

Il consumismo che pervade le nostre società ci ha indotti ad abituarci al superfluo e allo spreco quotidiano di cibo, al quale a volte ormai non siamo più capaci di dare il giusto valore, che va oltre i meri parametri economici”. “Non possiamo ‘naturalizzare’ la fame di tante persone; non ci è lecito dire che la loro situazione è frutto di un destino cieco di fronte al quale non possiamo fare nulla”.[6]Per sfamare il mondo preoccupano giustamente i cambiamenti climatici, ma non possiamo dimenticare la speculazione finanziaria.[7]

Ci troviamo così davanti a uno strano e paradossale fenomeno: mentre gli aiuti e i piani di sviluppo sono ostacolati da intricate e incomprensibili decisioni politiche, da forvianti visioni ideologiche o da insormontabili barriere doganali, le armi no; non importa la loro provenienza, esse circolano con una spavalda e quasi assoluta libertà in tante parti del mondo. E in questo modo, a nutrirsi sono le guerre e non le persone. In alcuni casi, la fame stessa viene usata come arma di guerra. E le vittime si moltiplicano, perché il numero delle persone che muoiono di fame e sfinimento si aggiunge a quello dei combattenti che muoiono sul campo di battaglia e a quello dei molti civili caduti negli scontri e negli attentati. Siamo pienamente coscienti di questo, però lasciamo che la nostra coscienza si anestetizzi, e così la rendiamo insensibile. In tal modo la forza diventa il nostro unico modo di agire, e il potere l’obiettivo perentorio da raggiungere”.

fame3La figura 1 sopra mostra come sarebbe il Mondo se le dimensioni dei paesi fossero proporzionali al grado ricchezza.[8] fame4La figura 2 mostra invece come sarebbe il Mondo se le dimensioni dei paesi fossero proporzionali alle morti per fame[9] fame5e la figura 3 mostra come si distribuiscono le morti per fame nel mondo.

Allora constatiamo, accoratamente, che senza una migliore giustizia, le rinnovate e moltiplicate risorse (o presunte tali) che la biotecnologia promette di metterci a disposizione in futuro nulla potranno per ridimensionare quello che lo stesso Pontefice ha definito lo “scandalo” della fame e della malnutrizione che continuerà a minacciare la vita e la dignità di tante persone – uomini, donne, bambini e anziani perché dall’indigenza, come dall’ignoranza, qualcuno continuerà – indisturbato – a trarre il suo macabro profitto.

[1] Insegnante presso l’ISIS G. Natta, Via Europa, 15, Bergamo.

[2] Federazione Internazionale della Croce Rossa, Rapporto Mondiale 2001 sui disastri ambientali.

[3] Sen Amartya, Collective Choice and Social Welfare, Elsevier, Amsterdam, 1970.

[4] Medici Senza Frontiere, Quinto Rapporto sulle Crisi Dimenticate, http://www.crisidimenticate.it/

[5] Pam, il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite si prefigge l’obiettivo “Fame zero”, cioè nessuno uomo dovrà soffrire la fame in nessun luogo del mondo, entro il 2030.

[6] Il Pontefice in occasione dell’incontro in udienza dei partecipanti al Banco alimentare, 2015.

[7] Il Papa rivolto ai delegati Fao in udienza in Vaticano all’indomani dell’annuncio del titolo della nuova enciclica sull’ambiente “Laudato si'”.

[8] Livello di sviluppo economico Banca Mondiale, 2015.

[9] http://www.worldmapper.org/display_extra.php?selected=412

La Chimica di Pirandello.

Claudio Della Volpe

(Il Gioacchino Genchi di cui si parla in questo post non è da confondere con il Gioacchino Genchi, avvocato ed esperto informatico diventato famoso per il caso SIATEL.)

Qualcuno ricorderà la storia di Adolfo Parmaliana, l’eroico collega di Messina la cui valorosa lotta contro la mafia abbiamo ricordato pochi mesi fa sul nostro blog. Ma a quanto pare la chimica siciliana non è seconda a nessuno nella lotta per una cultura ed una società diverse; oggi vi raccontiamo un’altra storia che ha come protagonista un chimico siciliano (anzi due), che per sua fortuna e nostra, a differenza di Adolfo, è vivo non solo nei nostri cuori: Gioacchino Genchi. E se la storia di Adolfo è una storia tragica ed eroica, quella di Gioacchino è pirandelliana. Infatti un tema molto caro a Pirandello è l’inconoscibilità del reale, di cui ognuno può dare una propria interpretazione che può non coincidere con quella degli altri.

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Gioacchino Genchi, chimico.

Genchi si laurea in Chimica a cavallo fra gli anni 60 e 70, come ricorda lui stesso, in occasione della proiezione del film su farmacia di Costanza Quatriglio ( il caso Catania ) andato in onda anche su Raitre nel 2014 (Con il fiato sospeso) e forse proprio in polemica con quel modo di fare la Chimica diventa dirigente chimico della Regione Sicilia.

Nei primi anni duemila si oppone, insieme con il collega Alessandro Pellerito, con successo ad una serie di tentativi di “importare” in Sicilia metodi e procedure altamente inquinanti; fa chiudere per 5 anni la distilleria Bertolino di Partinico che inquina l’ambiente non rispettando i criteri delle leggi ambientali (si veda qui), blocca le industrie che impastavano laterizi con fanghi tossici del Petrolchimico di Siracusa (la Guglielmino Group di Misterbianco e la DB Group di Adrano),  ma soprattutto imperdonabilmente si oppone alla costruzione di 4 inceneritori o termovalorizzatori tra il 2005 e il 2006, un affare da 4-5 miliardi di euro; limpidi gli argomenti che condividiamo anche noi contro la logica dell’incenerimento, illustrati in una bella presentazione scaricabile in rete. Da notare che il governo regionale si è poi vantato di aver interrotto quei progetti, ma allora perché chi lo ha fatto tecnicamente è stato poi punito?

Dopo questi episodi inizia per i due dirigenti (e anche per altri due ad essere completi) una storia infinita veramente pirandelliana e tutta siciliana. Nel gennaio 2007 i due dirigenti vengono sospesi dal loro incarico con la scusa di scarso rendimento, ma con motivazioni così poco credibili (fra l’altro con un errore numerico nelle motivazioni) da portare a una trafila legale e alla condanna della regione Sicilia da parte della magistratura del lavoro e al loro ripristino nel posto e nell’incarico; tuttavia tale ripristino non viene mai attuato e ormai da quasi 8 anni (!incredibile ma vero) nonostante abbiano avuto ragione da parte della magistratura attendono l’attuazione della sentenza; uno dei due, Pellerito, è emigrato in Canadà e l’altro svolge un non-lavoro per il quale però viene pagato, ma di fatto è stato estromesso dal posto di dirigente che occupava; Genchi ha ripetutamente protestato per questa situazione che compare regolarmente sulle pagine dei principali quotidiani come esempio di un malgoverno imperante.

In pratica questa azione di vero e proprio mobbing nei confronti dei due dirigenti chimici è stato attuato per avere realizzato in modo tecnico il blocco delle attività inquinanti, che in alcuni casi, almeno a parole, venivano poi rivendicate dal governo regionale, ma nei fatti non erano nei desiderata effettivi dei politici.

E’ doveroso notare che entrambi i governi siciliani di quel periodo Cuffaro e Lombardo si sono dovuti dimettere per motivi legati a coinvolgimenti mafiosi; anche il governo in carica (Presidente Crocetta) non è stato capace di risolvere il problema che ne è conseguito.

genchi2Al di là delle questioni legali questo è un esempio di come la chimica può diventare una spina nel fianco e un modo di difendere gli interessi dei cittadini, ma di fatto questa cosa non viene poi rivendicata; lo facciamo su questo blog perchè noi siamo invece interessati a difendere ed esaltare proprio questo ruolo della chimica, la chimica come strumento di risoluzione dei problemi dell’Antropocene. Per fare questo ci vogliono dei Chimici che la mettano in pratica con etica e coerenza e dunque il nostro ringraziamento e il nostro appoggio vanno a Genchi e Pellerito che stanno pagando di persona la resistenza delle classi dominanti ad un uso razionale e corretto della chimica.

Ci auguriamo che presto i siciliani non abbiano più bisogno di eroi come Parmaliana e nemmeno di strenui difensori della legalità e di un uso corretto della Chimica come Genchi e Pellerito. E PIrandello meglio goderselo a teatro.

Per documentazione si vedano anche:

(http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/01/07/sicilia-sullisola-la-matematica-e-relativa-lo-strano-caso-del-dottor-genchi/3299042/)

https://www.scribd.com/doc/93765017/Genchi-Dirigente-Regione-Sicilia-PAGATO-PER-NON-LAVORARE-Lia-on-line-del-13-marzo

http://isoladellefemminepulita.blogspot.it/2015/07/presentazione-gioacchino-genchi.html

Una riflessione sulle modifiche genetiche.

Luigi Campanella, ex Presidente SCI

L’umanità deve riuscire a produrre sempre maggiore nutrimento per soddisfare le necessità di una popolazione in continua crescita. Tuttavia, le terre arabili propizie all’agricoltura diventano sempre più rare, spesso a causa di una forte salinità, di mancanza di acqua, del freddo o di contaminazione chimica. Si sostiene pertanto che sarebbe possibile diminuire la pressione sulle terre disponibili coltivando varietà resistenti a questi stress ambientali.

La salinità elevata colpisce circa il 20% di tutte le terre agricole e il 40% dei terreni irrigui. La facoltà che hanno certe piante di adattarsi ad una forte salinità o a condizioni di siccità deriva dall’interazione di numerosi geni. E’ dunque difficile introdurre una tolleranza al sale o alla siccità mediante riproduzione tradizionale o mediante la biologia molecolare attuale. Nondimeno, sono stati realizzati progressi manipolando delle piante perché producano di più alcuni composti, fra cui la glicina betaina o betainato di glicina o trimetilglicina, che protegge le cellule contro l’azione del sale.

betainato-di-glicinaI suoli fortemente acidi determinano una liberazione di alluminio, elemento tossico per le radici della maggior parte delle colture e che causa dei problemi nel 30-40% delle terre arabili del mondo, particolarmente sotto i tropici. Ad esempio il rendimento del mais può diminuire dell’80% quando cresce sui suoli acidi. Le piante che tollerano naturalmente forti concentrazioni di alluminio secernono acido malico o citrico, questo aiuta le radici ad assorbire meno alluminio. L’introduzione di un gene batterico nella papaia ha reso questa pianta più tollerante all’alluminio.

Tutte le piante hanno bisogno d’azoto organico per crescere. Attualmente si studiano due modi di aumentare il tenore di azoto nel suolo. Si tratta della modificazione genetica del batterio Rhizobium per indurlo a formare più noduli sulle radici, e dell’introduzione nelle piante delle caratteristiche di nitrificazione del batterio. (qui un test italiano sull’uso in campo di questa modifica )

Oltre ad offrire vitamine e minerali, le piante sintetizzano migliaia di metaboliti secondari, fra cui alcuni hanno un impatto sulla salute umana.

La vitamina E è il più importante antiossidante solubile nell’acqua (vedi nota in fondo) che la nostra alimentazione conosca ed è associata a vari benefici vascolari. Le fonti naturali di vitamina E sono gli oli di semi, fra cui la colza e la soia, che contengono una miscela di più tipi di molecole denominate tocoferoli.

Il tocoferolo alfa è il più benefico di questi composti, ma si trova in bassa quantità nella maggior parte dei prodotti. Introducendo un gene nei semi di una specie vicina alla colza, l’Arabidopsis thaliana, il contenuto è stato aumentato di un fattore superiore al 95%.

vitaminaeLa carenza di ferro è una dei maggiori punti deboli dell’alimentazioni tradizionali, nel mondo, e colpisce da uno a due miliardi di persone. Il suo sintomo più comune si chiama anemia, ma è anche associata a difficoltà di apprendimento dei bambini e ad una grande suscettibilità alle infezioni. Oltre all’integrazione alimentare, si cerca di aumentare l’assorbimento di ferro in due modi: aumentando il tenore di proteine che trattengono il ferro (ferritina), in certe colture, e riducendo l’impatto dei composti che disturbano l’assorbimento di ferro.

L’incorporazione di sequenze virali nei genomi di piante come tecnica che conferisce una resistenza alle malattie causate da questi agenti, è ormai una tecnica ben acquisita, e questo metodo ha permesso di sviluppare varietà commerciali di patate, zucche e papaia.

Le piante possono combattere le malattie in vari modi. In certi casi, esse producono delle sostanze chimiche o delle proteine specifiche. Questi composti protettivi possono colpire dei patogeni specifici o essere di natura generale, avviene spesso che la loro produzione porta alla morte delle cellule vicine al punto d’ingresso del patogeno, ciò che isola l’agente infettivo e ne impedisce l’espansione.

Le piante vengono sempre più manipolate ai fini non alimentari, e cioè per la produzione di proteine industriali, di prodotti farmaceutici e di altri prodotti.

Anche gli animali sono oggetto di studi di modificazione genetica: animali transgenici offrono numerose applicazioni nella ricerca medica, ad esempio servendo da modelli per studiare le malattie, la crescita, l’invecchiamento e le funzioni di geni dell’essere umano.

Piante, animali:resta l’uomo.

Su questa strada, mentre da un lato c’è da chiedersi se alterando i modelli naturali non si finisca per alimentare il processo degradativo del collasso della diversità biologica che si vuole combattere, dall’altro c’è da guardare con sospetto a progetti che considerino come base di studio l’organismo umano.

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Nota: i tocoferoli e i tocotrienoli sono pochissimo solubili in acqua. L’alfa-tocoferolo (vitamina E) è presente come acetato (questo sì solubile in H2O), l’OH fenolico essendo esterificato dal gruppo carbossilico, nella maggior parte delle forme farmaceutiche. L’acetato in sè non ha attività scavenger di radicali liberi, ma l’organismo è in grado di ripristinare l’OH fenolico.

Astrochimica: individuato ghiaccio sotto la superficie del pianeta nano Cerere

Rinaldo Cervellati

Il pianeta nano Cerere[1], che orbita nella fascia degli asteroidi tra Marte e Giove, ospita una grande quantità di ghiaccio sotto la superficie, afferma un team di scienziati guidati dal Dr. T.H. Prettyman del Science Planetary Institute nel corso del Convegno dell’American Geophysical Union il 15 dicembre scorso.[1]

fig-1-cerereIl ghiaccio, che probabilmente riempie i pori nel sottosuolo di roccia, si trova lì da miliardi di anni, confermando le previsioni fatte da alcuni astronomi 30 anni fa.

Thomas Prettyman

Thomas Prettyman

Gli scienziati hanno riferito questi e altri risultati raccolti dal veicolo spaziale Dawn[2] della National Aeronautics and Space Administration, in orbita attorno a Cerere, in una conferenza stampa il 15 dicembre scorso al convegno dell’American Geophysical Union a San Francisco.

Il veicolo spaziale è munito di uno spettrometro a neutroni e raggi gamma che fornisce informazioni sugli elementi che costituiscono la crosta del pianeta, tale strumento è stato già utilizzato nella missione Messenger che ha fornito informazioni su Mercurio. Uno schema semplificato del funzionamento dello spettrometro è mostrato in figura. In breve lo strumento misura il numero e l’energia dei neutroni e dei raggi gamma che raggiungono la sonda quando passa vicino al pianeta.

fig-3-spettrometro-a-neutroniI dati raccolti da Down nell’arco di cinque mesi hanno permesso una mappatura della composizione di Cerere rilevando la presenza di idrogeno anche alla profondità di appena un metro sotto la superficie del pianeta nano. Il ghiaccio è più concentrato ai poli di Ceres.

Norbert Schörghofer, uno scienziato della missione Dawn e astronomo presso l’Università delle Hawaii, ha infatti riferito che la sonda ha rilevato sacche di ghiaccio nei crateri permanentemente in ombra ai poli di Ceres, fenomeno che esiste anche su Mercurio e Luna [2].

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Norbert Schörghofer

Tutte le evidenze raccolte da Down stanno a indicare che un tempo Cerere aveva un oceano e che tracce di esso rimangono probabilmente ancora sotto la sua superficie ha detto Carol Raymond del Jet Propulsion Lab, vice ricercatore principale della missione.

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Carol Raymond

Gli scienziati sono particolarmente interessati a corpi del sistema solare che possono contenere acqua allo stato liquido perché potrebbero essere ambienti in grado di ospitare la vita. Cerere, ha sostenuto Raymond, è probabilmente simile a Europa, una luna di Giove, o a Encelado, luna di Saturno, in termini di potenziale abitabilità.

Al convegno dell’American Geophysical Union è stata presentata un’altra ricerca, focalizzata su un corpo del sistema solare più vicino al nostro pianeta: Marte. Gli scienziati del Los Alamos National Laboratory hanno annunciato per la prima volta la scoperta di boro sulla superficie del pianeta rosso. La NASA ha individuato l’elemento in vene minerali di solfato di calcio. Se questo minerale è confrontabile con quello che si trova sulla Terra, ciò indicherebbe che molto tempo fa le temperature superficiali del pianeta erano 0-60 ° C, e che il terreno aveva un pH neutro-alcalino, in altre parole un ambiente abitabile.

Fonte: c&en Newsletters 21-12-2016

[1] T. Prettyman et al., Extensive water ice within Ceres’ aqueously altered regolith: Evidence from nuclear spectroscopy, Science  15 Dec 2016, DOI: 10.1126/science.aah6765

[2] T. Platz et al., Surface water-ice deposits in the northern shadowed regions of Ceres,

Nature Astronomy, 15 Dec 2016, DOI: 10.1038/s41550-016-0007

[1] Cerere è l’asteroide più grande della fascia principale del sistema solare, scoperto nel 1801, per mezzo secolo è stato considerato l’ottavo pianeta. Dal 2006 Cerere è l’unico asteroide del sistema solare interno considerato un pianeta nano, alla stregua di Plutone.

[2] La Missione Dawn è una missione basata su una sonda senza equipaggio sviluppata dalla NASA per raggiungere ed esaminare il pianeta nano Cerere e l’asteroide Vesta . Dawn è stata lanciata in settembre 2007 e ha raggiunto Cerere in marzo 2015.

I mondi di Primo Levi: una strenua chiarezza

Mauro Icardi.

(il post è illustrato da alcune foto scattate dall’autore medesimo)

La mostra dedicata alla vita e alle opere di Primo Levi è stata inaugurata il 21 Gennaio del 2015 a Torino, città natale dello scrittore. E’ una mostra itinerante ed ha avuto successivi allestimenti nel corso del 2015 e del 2016 in due città italiane (Cuneo e Ferrara) e anche in Belgio nella città di Liegi.

Particolarmente significativa l’esposizione tenuta al campo di concentramento di Fossoli in provincia di Modena, dove lo scrittore venne condotto dopo l’arresto in attesa di essere poi deportato ad Auschwitz, che è stata la seconda edizione (19 Aprile -30 Giugno 2015).

Attualmente la mostra, che è stata realizzata dal Centro Internazionale di studi Primo Levi di Torino, è allestita presso il Museo di Scienza e Tecnologia di Milano, in occasione della nuova edizione delle Opere Complete.

mostralevi1Prima di parlare della mostra occorre fare una prima, importante riflessione.

Per moltissimi anni Primo Levi, anche per ragioni che lui stesso aveva sempre evidenziato, cioè che si dedicasse alla letteratura come attività complementare a quella principale di chimico e direttore tecnico di una fabbrica di vernici era certamente molto apprezzato come scrittore memorialista, ma difficilmente classificabile dalla critica negli anni delle sue prime prove letterarie.

Nel 1975 Primo levi decide di andare in pensione e di dedicarsi a tempo pieno all’attività di scrittore. In quello stesso anno viene pubblicato “Il sistema periodico” l’altro libro che insieme a “Se questo è un uomo” è da considerarsi a tutti gli effetti un classico della letteratura italiana del novecento.

mostralevi2Dopo la morte di Levi avvenuta nell’aprile del 1987 inizia per lo scrittore un lento ma costante cambiamento di immagine e di valutazione da parte della critica letteraria.

Iniziative culturali, pubblicazione di diversi libri di biografie e studi critici hanno raggiunto dimensioni importanti e corpose.

Finendo per trasformare l’opera di Primo Levi come scrive Mario Barenghi nell’articolo uscito su “Doppiozero.com” in “un’intera galassia, che non ci si stanca di percorrere e di esplorare.”

(Mario Barenghi “La galassia Primo Levi” Doppiozero.com 04 Dicembre 2016”)

Ho voluto tornare a visitare la mostra a lui dedicata dopo essere già stato nel 2015 a quella di Torino. Per la fondamentale ragione che ero certo che avrei trovato nuovi stimoli, come in effetti è stato.

Nel museo di Milano, oltre alla sala dedicata alla mostra vera e propria si può fare un percorso della durata di circa un’ora dove brani dell’opera di Levi sono accostati agli spazi espositivi del museo, creando una suggestione ed un legame . Per esempio nella sezione dedicata alla chimica di base si trova esposto un brano tratto da “Racconti e saggi” cioè “La sfida della molecola”, oppure nella sezione dedicata alle macchine da calcolo un brano de “Lo scriba” uscito su “L’altrui mestiere” dove Levi racconta la sua esperienza nell’uso del suo primo elaboratore elettronico di testi ,ausilio ed aiuto nel suo lavoro di scrittore.

mostralevi3Nell’attesa dell’ingresso al museo ho avuto modo di scambiare qualche parola con altri visitatori. Accorgendomi come per il pubblico dei semplici lettori, o studenti sia ancora prevalente l’immagine del Levi scrittore e testimone dell’olocausto e che molti non sapessero che lo scrittore era un chimico.

mostralevi4All’interno della mostra ho spiegato ad alcune persone cosa rappresentasse la prima sezione della mostra, dove il racconto “Carbonio” viene illustrato con le parole scritte da Levi e con le tavole disegnate dall’artista giapponese Yosuke Taki. Il visitatore viene condotto a viaggiare nell’infinitamente piccolo, nel ciclo del carbonio.

Le sezioni della mostra prendono poi in esame l’esperienza del lager e della deportazione (Il viaggio verso il nulla/Il cammino verso casa) e le varie altre anime di Levi. “Cucire parole” per significare il lavoro di scrittore attento a evitare lo scrivere oscuro, “Cucire molecole” che invece ci mostra il Levi chimico ed i momenti più salienti del suo rapporto con la chimica.

Le sezione “Homo Faber” è dedicata al rapporto tra mano e cervello che Levi sviluppava costruendo sculture in filo di rame, quello che rivestiva con vernici e polimeri alla SIVA. Uno di questi, una farfalla si trova esposto alla mostra mentre altri si possono vedere in fotografia.

mostralevi6“Il giro del mondo del montatore Tino Faussone” personaggio de “La chiave a stella” è la sezione della mostra che si occupa del lavoro, tema centrale di questo romanzo. Dell’etica che ad esso si lega e del concetto che amare il proprio lavoro sia “la migliore approssimazione concreta della felicità sulla terra”.

La mia seconda visita come dicevo non è stata inutile. Come per la lettura dei suoi libri,anche rivedere la mostra ha avuto lo stesso effetto. Le sua opera anche se letta e riletta non stanca mai. Sia che si analizzi il versante memorialistico,sia che si analizzi quello propriamente dedicato alla chimica, o cosa significhi essere chimico, o quelle che sono esperienze comuni per chi la pratica, di soddisfazioni o di problemi lavorativi da affrontare e risolvere.

Levi è stato scrittore e chimico, ma sostanzialmente è stato un grandissimo uomo di cultura ed un divulgatore di primissimo ordine.

Tutti questi aspetti della sua vita e della sua opera non sono scindibili. Levi riesce a trasmettere in chi si accosta alla sua opera questa inesauribile curiosità.

Non saprei suggerire quale aspetto si possa considerare prevalente. Mi sento solo di suggerire per esempio che, pur essendo necessario far leggere soprattutto a scuola i suoi libri attinenti alla vicenda storica della deportazione e dell’olocausto, andrebbe fatto conoscere forse di più il Levi chimico.

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Levi è un autore che ci porta per mano nel XXI secolo dopo essere uscito vivo da una delle peggiori tragedie storiche e umane del ventesimo.

La sua poliedricità di temi ed argomenti è una vera costante scoperta. E visitare questa mostra ne è un importante tassello.

 

La saliva.

Luigi Campanella, ex Presidente SCI

La saliva è considerato un liquido biologico ed il suo ruolo è spiegato attraverso la chimica,ancora una volta scienza regina per interpretare i processi biologici e naturali,compreso anche il funzionamento dell’organismo umano-

La saliva, con le sue caratteristiche, esercita un’influenza diretta sulla salute dei denti, una parte del nostro corpo fondamentale ai fini delle attività di nutrizione e digestione. La sua composizione normalmente ha un pH neutro (valori da 6.5 a 7.5), ma varia quando si mangia o si beve. Un paio di ore dopo l’assunzione di cibo torna a livelli normali. Talvolta però questo non succede e un ambiente della bocca troppo acido, in cui l’acidità permane a lungo (valore pH inferiore a 6.5) contribuisce alla formazione di un eccesso di placca batterica che, indebolendo lo smalto dei denti, dà il via al processo cariogeno.

 

Al contrario, quando il pH sale a livelli basici o alcalini (superiore a 7.5), il calcio contenuto nella saliva tende a cristallizzarsi sui denti, andando a formare il tartaro, nocivo per le gengive. Da qui si comprende come un’alimentazione troppo ricca in cibi acidi o basici sia dannosa e come la saliva con la sua composizione aiuti l’organismo a difendersi. Ma non solo gli equilibri acido/base sono coinvolti nell’azione salivare. L’idrossiapatite che compone i denti potrebbe col tempo disciogliersi se la saliva fosse solo costituita da acqua; infatti anche i composti più insolubili finiscono per sciogliersi in un solvente che si rinnovi continuamente nel tempo. Ma la nostra saliva è invece un liquido iposmotico secreto dalle ghiandole salivari che contiene oltre ad oltre il 99% di acqua, numerose sostanze organiche ed inorganiche. Fra queste troviamo soprattutto sali minerali, in particolare cloruri e bicarbonati di Na,K,Ca. La frazione organica è invece rappresentata da enzimi (amilasi,mucina,lisozima) ed immunoglobuline.

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dalla presentazione Umich

Anche gli equilibri redox sono coinvolti. Le nostre ghiandole salivari accumulano attivamente i nitrati prelevandoli dal sangue e li secernono con la saliva nella bocca, dove alcuni batteri non dannosi (denitrificanti) possono ridurli a nitrito che in presenza di ambiente acido rimuove i batteri pericolosi costituendo per essi un veleno l’acido nitroso formato.

Ancora più complesso è il caso dell’assunzione di farmaci: in questo caso la composizione e di conseguenza le caratteristiche della saliva possono risultare molto alterate rispetto alle condizioni di normalità. Anche il flusso salivare può essere modificato indebolendo così la difesa naturale della bocca affidata alla grande quantità di saliva, capace di tamponare gli attacchi chimici e biologici. E’ proprio il diminuito flusso salivare notturno a consigliare di andare a letto avendo puliti accuratamente i denti.

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da asisccmaxilo.com

Il pH salivare viene generalmente misurato dai dentisti con le cartine al tornasole e generalmente, per accrescere la qualità e quantità di informazione, il test viene ripetuto sul paziente nel tempo durante sia una giornata sia l’arco di tutto un anno.

per documentazione:

Una presentazione della Università del Michigan

Wikipedia:

https://en.wikipedia.org/wiki/Saliva_testing#Evidence_and_current_research

Omega-3 e dintorni

Rinaldo Cervellati

Negli ultimi decenni gli omega-3 sono diventati sempre più popolari e richiesti come integratori alimentari per gli effetti benefici che questi prodotti avrebbero sulla salute umana, dalla diminuzione del rischio di disturbi cardiovascolari a quella dell’incidenza di demenza senile, insomma una panacea per tutti i mali. Ma cosa sono esattamente gli omega-3 e quanto sono veramente efficaci?

fig-1-pubblicita-omega-3Gli omega-3 sono sostanze appartenenti alla categoria chimica degli acidi grassi polinsaturi, costituiti da una lunga catena di atomi di carbonio, alcuni dei quali legati fra loro con un doppio legame, come mostra la struttura del composto principale, l’acido α-linolenico (ALA, Fig.1):

fig-2-acido-linolenicoSe si inizia a contare gli atomi di carbonio da quello terminale della catena (carbonio ω, in rosso), il primo doppio legame (=) si trova nella terza posizione, da cui il termine omega-3. Quindi il termine è solo una questione di nomenclatura chimica, niente di più[1]. A questo proposito il Dr. Nils Hoem, ricercatore capo della norvegese Aker Biomarine[2], dice: Quante persone sanno che omega-3 è solo nomenclatura chimica? Significa solo che un doppio legame si trova nella terza posizione dall’estremità omega, l’estremità opposta al gruppo carbossilico di un acido grasso polinsaturo. L’ultima lettera dell’alfabeto greco in sé non ha alcun significato.(NUTRAingredients newsletter, 12-12-2016)

La posizione dei doppi legami e dei gruppi metilenici conferiscono alle molecole di omega-3 una struttura spaziale elicoidale.

fig-3-struttura-spaziale-di-alaOltre all’acido linolenico altri due importanti omega-3 sono l’acido timnodonico (EPA, acido eicosapentaenoico) e l’acido cervonico (DHA, acido docosaesaenoico). Essi, insieme a ALA, intervengono infatti nel normale metabolismo umano. I mammiferi non sono in grado di sintetizzare gli acidi grassi omega-3, ma possono ottenere ALA (catena più corta, 18 C, 3 =) attraverso la dieta e utilizzarlo per formare il più importante EPA (20 C, 5 =) e infine da questo il fondamentale DHA (22 C, 6 =).

fig-4-struttura-spaziale-dhaTuttavia la capacità di trasformare ALA in DHA può calare rapidamente con l’età. Gli acidi grassi insaturi si ossidano all’aria fino all’irrancidimento, cioè la trasformazione in acidi grassi saturi dal caratteristico cattivo odore.

Fonti ricche di omega-3 sono gli olii vegetali (noce, lino, alga, ecc) e animali (pesci, plancton, ecc.).

fig-5-fonti-di-omega-3Fra gli olii di origine animale troviamo il ben noto olio di fegato di merluzzo, ottenuto dal fegato fresco del merluzzo (Gadus morhua) contenente anche vitamine A e D. Il prodotto grezzo viene raffinato e chiarificato a 0 °C e mantenuto in recipienti chiusi e scuri per evitare il contatto con l’aria e la luce. E’ un liquido di color giallo pallido con un lieve odore di pesce.

fig-6-olio-di-fegato-merluzzo-e-capsuleSecondo la USP (United States Pharmacopeia) 1.0 g di olio non deve contenere meno di 850 unità USP (225 µg) di vitamina A e non meno di 85 unità USP (2,125 µg) di vitamina D; possono essere aggiunte idonee sostanze aromatizzanti, in quantità non superiori all’1%.

L’olio è particolarmente ricco di omega-3, il contenuto in EPA e DHA va da un minimo del 7- 6 % a un massimo del 16-18 % in peso rispettivamente. Il contenuto massimo di questi e di altri omega-3 può raggiungere il 60 % in peso.

E’ stato riportato che l’assunzione di 5 ml di olio di fegato di merluzzo può soddisfare ampiamente la richiesta dietetica giornaliera di vitamina A e D nell’adulto e nel bambino. L’assunzione in forma liquida può risultare disgustosa a causa del cattivo sapore dell’olio (come ben sanno o ci hanno raccontato i nostri nonni o bisnonni), pertanto, e in particolare come integratore, viene commercializzato sottoforma di perle farmaceutiche da inghiottire.

fig-7-omega-3-capsuleIn passato l’olio di fegato di merluzzo è stato impiegato come lassativo e nella profilassi del rachitismo nei bambini e dell’osteoporosi negli adulti causa carenza vitaminica.

fig-8-olio-di-fegato-di-merluzzo-bambiniPassiamo in rassegna le principali proprietà terapeutiche attribuite a questo prodotto.

Cancro. Non sembra vi siano evidenze che a un maggior consumo di pesce sia associato un minor rischio per tutte le possibili patologie cancerose [1], lo stesso vale per l’integrazione con omega-3 [2]. In pazienti con tumori in stadio avanzato l’integrazione con omega-3 può essere di beneficio nel migliorare la qualità della vita [3]. Il tentativo di correlare l’assunzione di omega-3 a un minor rischio di cancro al seno e alla prostata ha fornito dati inconcludenti [4].

Malattie cardiovascolari. Non vi sono evidenze cliniche a sostegno della supplementazione con omega-3 per la prevenzione di malattie cardiovascolari, incluso infarto del miocardio e ictus [5]. Tuttavia, l’assunzione di un grammo o più al giorno per almeno un anno può avere effetti protettivi da infarti o ictus in persone che hanno già sofferto di disturbi cardiaci [6]. L’evidenza suggerisce che gli acidi grassi abbassano la pressione arteriosa (sistolica e diastolica) sia in soggetti con ipertensione sia in persone con pressione sanguigna normale [7]. Alcune evidenze suggeriscono che le persone con problemi circolatori, come le vene varicose, possono trarre beneficio dal consumo di EPA e DHA, che stimolano la circolazione sanguigna e aumentano la rottura della fibrina, una proteina coinvolta nella coagulazione del sangue [8].

Infiammazioni. Per l’artrite reumatoide (RA), una revisione sistematica ha trovato una correlazione positiva, anche se modesta, fra gli effetti dell’olio di pesce e sintomi come gonfiore, dolore, durata della rigidità mattutina, analoghi a quelli prodotti dall’uso di farmaci anti-infiammatori non steroidei [9]. L’American College of Rheumatology (ACR) ha dichiarato che si possono ottenere modesti benefici dall’uso di oli di pesce, ma che potrebbero essere necessari mesi per rilevarne effetti, e mette in guardia su possibili effetti collaterali gastrointestinali e la possibilità di supplementi contenenti mercurio o vitamina A a livelli tossici.

Disturbi del comportamento e dello sviluppo cognitivo. Anche se non sostenuta da prove scientifiche certe, una supplementazione con omega-3 è stata raccomandata a bambini che soffrono di deficit di attenzione/iperattività (ADHD), autismo o altri disturbi dello sviluppo [10].

Una meta-analisi ha concluso che tale supplementazione ha avuto esiti modesti nel ridurre i sintomi di ADHD, un altro studio afferma che “ci sono poche prove che la supplementazione di PUFA (Poly Unsaturated Fatty Acids) fornisca qualche beneficio nei bambini e negli adolescenti” [11]. Un’altra ricerca ha trovato evidenze inconcludenti per l’uso di acidi grassi omega 3 nei disturbi del comportamento e disordini neuropsichiatrici non-degenerativi come l’ADHD e la depressione [12].

Il legame tra omega-3 e la depressione è stato ipotizzato in base al fatto che alcuni prodotti della biosintesi di omega-3 svolgono un ruolo chiave nella regolazione delle infiammazioni, come ad es. la prostaglandina E3 che è stata collegata alla depressione [13]. Questo collegamento alla regolazione dell’infiammazione è stato confermato sia in vitro che in vivo come pure da studi di meta-analisi.

Il meccanismo esatto in cui gli omega-3 agiscono sul sistema infiammatorio è ancora controverso [14]. Ci sono alcune prove che gli acidi grassi omega-3 possano essere utili per il trattamento della depressione associata a disturbo bipolare. Tuttavia benefici significativi dovuti alla supplementazione di EPA sono stati osservati solo sui sintomi depressivi, non su quelli maniacali, il che suggerisce un legame tra omega-3 e il solo umore depresso [15]. Vi è,comunque, una significativa difficoltà di interpretazione dei risultati a causa di differenze sistematiche nelle diete dei soggetti coinvolti nella sperimentazione o addirittura di errori sistematici (bias) nel trattamento statistico dei dati.

Demenza senile. Gli studi epidemiologici su possibili effetti degli omega-3 sui meccanismi della malattia di Alzheimer sono inconcludenti [16]. Ci sono evidenze preliminari di un qualche effetto su problemi cognitivi lievi [17], ma nulla riguardo differenze fra persone sane e persone affette da demenza.

Dermatiti atopiche. I risultati di studi che hanno valutato il ruolo dell’integrazione di acidi grassi omega-3 nella prevenzione e terapia delle dermatiti atopiche (rinocongiuntivite allergica, dermatite atopica e asma allergica) sono controversi. Pertanto, allo stato attuale delle conoscenze, non si può affermare né che l’apporto nutrizionale di acidi grassi omega-3 abbia un ruolo preventivo o terapeutico né che l’assunzione di questi prodotti abbia un ruolo nella promozione di malattie atopiche [18].

Da quanto sopra esposto risulta chiaro che gli acidi grassi polinsaturi omega-3 non possono essere considerati una cura per il trattamento e prevenzione delle malattie prese in considerazione. Essi, al pari di altri integratori, sono utili nei casi di carenza di questi importanti fattori che intervengono nel corretto funzionamento dell’organismo umano mantenendolo in salute.

La deficienza si manifesta ovviamente in caso di malattie, l’integrazione avrà quindi il compito di ristabilire il normale equilibrio, riducendo nel contempo i sintomi del malanno che sarà curato con i farmaci appropriati.

fig-9Da ultimo, ma non meno importante, va detto che il mercato degli omega-3 ha un fatturato annuo di miliardi di dollari con enormi guadagni dato anche il basso costo della materia prima, non sorprende quindi il volume pubblicitario di persuasione su questo prodotto.

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[1] Nella nomenclatura standard IUPAC si inizia a contare a partire dal carbonio carbossilico da cui il nome acido octadecatrienoico, comunemente acido α-linolenico.

[2] Una gigante fra le più importanti industrie produttrici di omega-3.