Rinaldo Cervellati.
(la prima parte di questo post è pubblicata qui; ripreso dal n. 31 di Chemistry & Engineering newsletter on line del 25 luglio scorso)
“I cibi a breve scadenza come il pane possono richiedere interventi significativi” “se si vuole andare oltre un paio di giorni di conservazione, serve una soluzione per evitare le muffe“, dice Anieke Wierenga della Corbion.
Il pane commerciale ha un odore diverso dal pane da forno perché contiene propionato, un ingrediente poco pericoloso che però non è una sostanza naturale. Se deve essere conservato per pochi giorni, alcuni pani senza additivi sintetici eviteranno di ammuffirsi utilizzando come conservante zucchero fermentato.
Prima che il pane faccia la muffa, in genere diventa stantio o raffermo. Anche se i consumatori sono scoraggiati dall’ammorbidimento del pane raffermo con il latte, come accade in pasticceria, la morbidezza è generalmente associata alla freschezza. L’indurimento del pane è dovuto agli amidi, che ricristallizzano nel tempo. I panificatori a “marchio pulito” utilizzano enzimi per impedire la cristallizzazione degli amidi.
Figura 2. Chimici degli alimenti mentre controllano gli effetti dei conservanti sulla qualità del pane
Il controllo di un pane a base di pasta priva di conservanti deve tenere anche conto della manipolazione della pasta e della cottura. I panettieri commerciali accelerano il processo con ingredienti tipo esteri di mono- e di gliceridi dell’acido diacetiltartarico, noto come DATEM e oli vegetali parzialmente idrogenati che fanno lievitare una pagnotta in breve tempo.
“Sul pane commerciale la lista di additivi è lunga ma si sta facendo strada da parte delle aziende nostre clienti, un movimento teso a ridurla”, dice Anieke Wierenga.
Consultare database di spezie è un modo con cui le aziende alimentari e i loro fornitori di ingredienti cercano conservanti con nomi “naturali”. Label Insight, azienda di database per gli ingredienti, elenca una serie di erbe e spezie comuni che “possono agire come conservanti”. L’analisi delle etichette degli ingredienti su prodotti da forno e salumi ha dimostrato che i produttori si stanno orientando su rosmarino, aglio, zenzero, cannella e chiodi di garofano.
Le aziende alimentari sono consapevoli fino dagli anni ’90 che più di mille piante sono potenziali fonti di composti antimicrobici, molti dei quali agiscono anche come antiossidanti.
Alla Kemin, un’industria di ingredienti alimentari dello Iowa, i ricercatori identificano conservanti naturali selezionando le piante riportate in letteratura anche in relazione alla medicina popolare, come quella a base di erbe cinesi, afferma William Schroeder, direttore del reparto R & S della Kemin. L’obiettivo è quello di trovare piante funzionali che i consumatori possano apprezzare e che siano facili da coltivare. “Abbiamo escluso una bacca che cresce solo in Groenlandia“, dice Schroeder.
Se il Gruppo trova una sostanza vegetale che funziona come antiossidante, cerca di determinare il tipo di azione. Schroeder afferma che gli antiossidanti possono funzionare in uno dei seguenti modi: la chelazione, il sequestro dei radicali liberi o delle specie reattive all’ossigeno.
Una volta che è stata individuata una pianta promettente, ci possono volere anche più di 10 anni per svilupparne un ingrediente alimentare commerciale, dice Schroeder. La Kemin cerca di identificare la molecola o le molecole responsabili dell’azione conservativa e produrre estratti che non siano dannosi alla salute e interferiscano poco o niente con gli aromi degli alimenti a cui verranno aggiunti. Se l’ingrediente non è conosciuto dalla Food and Drug Administration degli USA, la società può chiederne il riconoscimento ma la procedura è piuttosto lunga.
Il rosmarino, che contiene acido carnosico, potente antiossidante, è stato un primo successo della Kemin, secondo Schroeder. L’estratto di rosmarino e i tocoferoli, conosciuti dai consumatori come vitamina E, sostituiscono gli antiossidanti sintetici quali il butil idrossianisolo (BHA) e il terbutil idrochinone (TBHQ). Un esempio più recente è l’estratto di tè verde, che contiene polifenoli antiossidanti e catechine che possono inibire la crescita delle micotossine da funghi.
Poiché l’uso di estratti vegetali come conservanti incontra il favore dei consumatori, nuove aziende alimentari cercano di scavarsi delle nicchie. Per esempio, La Biosecur Lab, con sede a Montreal, è stata fondata nel 2000, ma è entrata nel mercato alimentare solo nel 2011. Sta commercializzando alternative naturali a base di estratti di agrumi, dice il presidente Yves Methot.
L’anno scorso l’azienda ha introdotto FoodGard, un antimicrobico per frutta, succhi e dolci a base di frutta. “Il nostro momento era giunto: il prodotto era proprio quello che chiedeva il mercato”, continua Methot, “gli estratti esplicano il loro potere antimicrobico per l’alto contenuto di bioflavonoidi e polifenoli”. In combinazione con un carrier di glicerina, l’ingrediente può essere utilizzato in alimenti classificati organici2.
“La nostra visione è quella di sostituire sostanze di sintesi, ma possiamo farlo solo se l’azienda alimentare desidera veramente avere una ”etichetta pulita“, sottolinea Methot, “se vogliono solo qualcosa che suoni naturale, non è difficile da realizzare ma i costi sono notevoli”.
“La volontà delle aziende alimentari di spendere di più per avere ingredienti da etichette pulite varia a seconda del target. Se l’azienda sta lanciando un nuovo prodotto a marchio pulito, può accettare un costo maggiore per avere l’etichetta pulita“, dice Schroeder della Kemin. Al contrario, per un prodotto già sul mercato l’azienda può non essere incline a pagare di più per la sostituzione di qualche ingrediente nella nuova etichetta.
In alcuni casi, vantare etichette pulite vale il denaro e lo sforzo, afferma Lisa Y. Lefferts, scienziato senior del gruppo di difesa dei consumatori Center for Science in the Public Interest, CSPI. La ricercatrice raccomanda alle aziende alimentari di assegnare la priorità alla rimozione di BHA, nitriti, nitrati, propil gallato, e TBHQ, sostenendo che rappresentano un rischio per la salute, incluso il cancro.
“Ci sono molti modi per garantire la sicurezza alimentare e la scadenza, senza utilizzare conservanti che aggiungono un possibile rischio alimentare.”, dice Lefferts. Suggerisce di sostituire gli antiossidanti sintetici con le vitamine C ed E. Il congelamento, il sottovuoto possono essere soluzioni alternative.
Kantha Shelke, scienziato dell’alimentazione, avverte che i consumatori potrebbero non essere pronti ad adattarsi a tutti i prodotti naturali a causa delle scadenze più corte. Inoltre, è preoccupato che i nuovi ingredienti che vengono immessi devono ancora dimostrare di essere innocui per la salute.
“Molte aziende hanno un additivo ‘speciale’, alcuni sono miscugli misteriosi, e mi interpellano per un parere”, continua Shelke: “Solo perché è naturale o ricavato da una pianta non significa che sia sicuro”.
Gli esperti concordano comunque che la domanda di ingredienti per etichette pulite sta crescendo. Courtney Schwartz, responsabile delle comunicazioni per le tecnologie alimentari della Kemin, afferma di attendersi che gli estratti vegetali rappresenteranno il 60% delle vendite dell’azienda in cinque anni, a partire da circa un terzo di oggi. “L’etichetta pulita è qualcosa che i consumatori esigono“, dice, Schwartz, “non solo dai marchi premium ma anche dai marchi famosi“.
Brevi considerazioni di RC all’intero post
L’articolo di Melody Bomgarner, prendendo lo spunto da un alimento ampiamente consumato negli USA, ci fornisce la tendenza odierna del consumatore americano medio nei confronti dei conservanti e degli additivi alimentari in generale. Ovviamente la grande produzione, sempre interessata al profitto, cerca di adeguarsi all’orientamento del consumatore e la preoccupazione di Kantha Shelke sulla necessità di indagini più approfondite su possibili effetti negativi dei “nuovi” conservanti “naturali” e sul loro dosaggio resta in secondo piano. Ma, a mio avviso, un altro aspetto della questione è stato trascurato. Mi riferisco alla percezione, a quanto pare sempre più estesa nel pubblico per cui “naturale” è buono e benefico mentre “chimico” è cattivo e maligno. Percezione che ovviamente le aziende si guardano bene da sfatare, il caso del succo di sedano vs. i cattivissimi nitriti è emblematico. Ricordo che anni fa, a un convegno di illustri pedagogisti feci presente che la vitamina C (acido ascorbico), estratta da agrumi (“naturale”) e quella di sintesi (“chimica”) allo stesso grado di purezza, hanno le stesse proprietà, sollevando più perplessità che curiosità…