Beni culturali e inquinamento atmosferico.

Luigi Campanella, già Presidente SCI

La protezione e conservazione dei Beni Culturali dovrebbe essere priorità per un Paese che proprio nei Beni Culturali ha la sua principale ricchezza. L’accertamento dello stato di conservazione permette l’individuazione delle cause di degrado e di dissesto, dei meccanismi responsabili dei fenomeni alterativi riscontrati con la messa a punto di tecniche opportune per le procedure d’intervento. Tale attività deve essere applicata sia a livello di prescrizione normativa, sia a livello di diagnosi e di intervento sui manufatti.

La legislazione italiana riguardante le problematiche relative all’inquinamento atmosferico è mirata alla sola tutela della salute umana e degli ecosistemi naturali e non tocca minimamente la salvaguardia del patrimonio storico – artistico, l’unica eccezione è costituita dalle opere d’arte esposte all’interno dei musei, regolate dall’art. 150 del Decreto Legislativo n. 112 del 1998 per il problema della qualità dell’aria all’interno e le implicazioni dell’ambiente esterno sulle opere conservate. Per i riferimenti legislativi sulla salvaguardia del patrimonio storico – artistico occorre appellarsi alla normativa europea; in particolare alle Direttive 62 del 1996, 30 del 1999 e al V programma quadro del quadriennio 1998-2002 che definisce una prima disciplina sull’argomento, identificando anche dei valori soglia per i diversi inquinanti .

La conservazione di un’opera d’arte quale testimonianza artistica e storica è universalmente considerata un atto obbligatorio di cultura; di conseguenza lo studio preliminare dello stato di degradazione in cui l’opera si trova in seguito all’azione del tempo e dell’ambiente alterato da attività antropiche assume una importanza fondamentale. La materia e quindi l’aspetto di un’opera sono soggetti a continue inevitabili trasformazioni. Sotto il profilo artistico ciò corrisponde ad una variazione dei rapporti estetici rispetto a quelli originali; sotto il profilo chimico – fisico, ad una alterazione dei materiali, in particolare di quelli più a diretto contatto con l’ambiente. La conoscenza di tali trasformazioni e delle loro cause è alla base di qualsiasi intervento di manutenzione, restauro e conservazione.

Fra i materiali dei Beni Culturali la Carta ha di recente riassunto il ruolo primario che la storia le aveva assegnato e che sembrava messo in discussione dalle tecnologie informatiche. Il degrado della carta costituisce il problema principale per quanto riguarda la protezione del “bene” (libri antichi, documenti, etc.), dagli attacchi di agenti esterni di varia natura (ambientali, biologici, chimico-fisici, ecc.) e dall’aggressione di fattori interni al materiale stesso. L’invecchiamento dei materiali, la loro sensibilità ad agenti inquinanti, la loro vulnerabilità in seguito ad azioni di corrosione sono tra le cause più frequenti del degrado. Bisogna pertanto conoscere l’insieme del quadro storico, ambientale e diagnostico del manufatto per intervenire in modo responsabile e appropriato trattandosi di beni che hanno rilevanza per significato storico e valore documentario, anche riferendosi al dovuto rispetto per le generazioni future.

Le indagini per la valutazione dello stato di conservazione devono essere rivolte allo studio delle cause e dei meccanismi di alterazione con tecniche e metodi in grado di esprimere il degrado con uno o più parametri quantificabili attraverso la progettazione e la sperimentazione di protocolli di procedura. A tale proposito le tecniche di invecchiamento artificiale consentono di verificare il comportamento nel tempo e la stabilità della carta ai fini della salvaguardia del patrimonio artistico, ma anche della possibilità di poter costruire eventuali nuove scale archeometriche per la datazione di reperti cartacei di interesse archeologico.

La stabilità chimica o inerzia chimica (in effetti il primo termine si riferisce alla termodinamica,il secondo alla cinetica) è la caratteristica di un composto a non decomporsi facilmente o ad essere modificato chimicamente, è consigliata per i materiali utilizzati nei beni culturali poiché essa garantisce la capacità di resistere al degrado chimico (ad esempio la carta col tempo e all’esposizione variabili durante la consultazione o l’esposizione può diventare fragile). La permanenza della carta è definita nella norma UNI EN ISO 9706 come la proprietà di rimanere chimicamente e fisicamente stabile per lunghi periodi di tempo, cioè di mantenere le sue caratteristiche senza un deterioramento significativo nelle normali condizioni di conservazione e di uso. La valutazione della permanenza della carta consiste nell’esame della composizione e delle proprietà originali della carta (assenza di sostanze incrostanti, come lignina ed emicellulose, e caratteristiche di resistenza meccanica), nello studio del comportamento della carta rispetto a particolari condizioni di invecchiamento accelerato (le condizioni normalizzate più usate sono quelle previste dalla norma ISO 5630-3, cioè T=80 °C e U. R. 65 % per 24 giorni), nella combinazione di entrambi queste informazioni.

Il componente principale della carta è la cellulosa (Figura 1), polimero lineare naturale polidisperso, costituito da un numero variabile di molecole di anidro-D(+)-glucosio (unità monomerica), legate tra loro mediante legami 1-4-ß-glucosidici. L’unità strutturale è il cellobiosio. Il numero di volte in cui ciascuna unità monomerica è ripetuta nella macromolecola è il grado di polimerizzazione e rappresenta una media fra tutti i gradi di polimerizzazione delle singole catene costituenti la cellulosa.

Le molecole di cellulosa si legano fra loro fino a costituire delle fibre, al cui interno è possibile distinguere, anche se non esiste un confine netto, zone con struttura geometrica definita (zone cristalline) e zone in cui le macromolecole sono disposte in modo disordinato (zone amorfe). La regione cristallina conferisce resistenza alla struttura, mentre quella amorfa rappresenta la parte più fragile e facilmente aggredibile.

Figura1: Struttura della cellulosa

L’invecchiamento della carta è dovuto a variazioni della struttura della cellulosa come idrolisi, ossidazione, biodegradazione, fotodegradazione e rigonfiamento delle fibre che provocano rotture dei legami nelle catene polimeriche, e ossidazione con formazione di gruppi carbossilici e produzione di radicali con conseguenti ingiallimento, infragilimento, attacco da insetti (tarli, termiti) o, da batteri, funghi e muffe, umidità, polvere, danni fisici, strappi, usura, aggressione da parte di inquinanti aggressivi, come, a volte, gli stessi inchiostri chimicamente instabili ed anche da parte dei depositi lasciati dalle dita dei lettori. L’ingiallimento e l’infragilimento sono legati all’ossidazione della carta e quindi di per sè sono inevitabili, ma rallentabili. L’ossidazione della carta si verifica sia per degrado, legato all’esposizione alla luce (fotoossidazione) , sia per via acida causata da problemi interni legati ai nuovi metodi di produzione della carta e all’acidità dell’inchiostro. Ad esempio gli inchiostri ferrogallici impiegati sui manoscritti provocano sui supporti azioni di degrado di molteplice natura. L’acido in essi contenuto catalizza l’idrolisi della cellulosa che conduce a scissione delle catene polimeriche fino ad arrivare a forare il documento stesso. L’acidità non è tuttavia la sola causa dell’effetto “corrosivo” di questi inchiostri. Gli ioni ferro(II) sono sospettati catalizzare una degradazione di tipo ossidativo che, insieme all’idrolisi, opera un’azione sinergica nel degrado complessivo. Normalmente lo stato delle fibre è monitorato indirettamente con misure meccaniche macroscopiche, correlandole con analisi chimiche, volte a determinare il grado di acidità del foglio; infatti la progressiva acidificazione sembra essere la principale causa del processo di degradazione. Si deve potere intervenire anche preliminarmente, con trattamenti sulla carta, mediante azioni protettive ed inibitrici delle reazioni responsabili dell’invecchiamento ; devono inoltre essere effettuati studi dettagliati, basati su validi procedimenti di invecchiamento artificiale ed accelerato dei materiali cellulosici moderni.

Fra gli agenti responsabili dell’invecchiamento ci sono anche i radicali liberi , ad esempio i radicali idrossilici con facilità distaccano atomi di idrogeno dalla cellulosa dando perciò origine ad una catena di reazioni radicali che che portano a scissione e legami trasversali delle molecole di cellulosa. I legami trasversali dei radicali cellulosici risultano in una trama più densa delle catene di cellulosa con meno spazio per le molecole d’acqua a formare legami idrogeno. Perciò le aree della carta danneggiate dalla corrosione sono meno idrofile delle aree non danneggiate. Come conseguenza la carta diviene più fragile fino a rompersi.

 

La protezione della carta dai deterioramenti indotti da potenziali specie ossidanti, soprattutto dai radicali liberi a livello molecolare, si può effettuare con gli antiossidanti, categoria di sostanze eterogenee, come vitamine, minerali, aminoacidi essenziali, Gli antiossidanti agiscono in concentrazione bassa rispetto a quella del substrato cartaceo ossidabile e prevengono o ritardano in modo significativo l’ossidazione di questo substrato; reagiscono con i radicali liberi, ne riportano l’equilibrio chimico grazie alla possibilità di fornire loro gli elettroni dei quali sono privi e si trasformano in nuove specie radicaliche, stabilizzate per risonanza e poco reattive. Possono agire singolarmente o interagire, proteggendosi a vicenda nel momento in cui vengono ossidati. Ciascun antiossidante ha un campo di azione limitato ad uno o due specifici radicali liberi. Dal punto di vista chimico si suddividono in: naturali (es. tocoferolo, acido ascorbico) e sintetici (es. il propilgallato).

Da quanto detto sinora si comprende quanta chimica ci sia nella protezione di libri,collezioni di documenti,biblioteche,archivi. A suo tempo io credo che la Chimica avrebbe dovuto fare di più per mantenere il suo carattere prioritario in questo campo:non furono molte le sedi di Corso di Laurea in Chimica che istituirono curricula sui Beni Culturali. La riforma obbligata,in quanto imposta dall’Europa,ha indotto il MIUR ad istituire i Corsi di Laurea per gli addetti scientifici dei Beni Culturali. Forse anche in questi la presenza della Chimica è inferiore rispetto alla reale incidenza della nostra disciplina nei processi di conservazione e restauro dei Beni Culturali