Elementi della tavola periodica, Oro, Au. 1 parte.

Rinaldo Cervellati

 

“All’idea di quel metallo portentoso onnipossente

un vulcano la mia mente incomincia a diventar…”

(da: Il barbiere di Siviglia, di Gioacchino Rossini)   

Forse per il suo colore giallo brillante, forse perché è uno dei pochi metalli che si trova libero in natura o per la sua inalterabilità, l’oro ha sollecitato, nel bene e nel male, tutte le fantasie umane fin dalla preistoria.

È l’elemento n 79 della Tavola periodica, simbolo Au (dal latino aurum[1]), raro ma non il più raro essendo la sua abbondanza nella crosta terrestre mediamente 0,03 g/tonnellata e negli oceani circa 1,3 mg/tonnellata acqua marina.

Un poco di storia

In inglese oro si traduce gold, come pure in tedesco, etimologicamente affine a parole derivate dal proto-germanico (gulþą) e dal proto-indoeuropeo (ǵʰelh₃- ) che significano brillante, giallo.

Sembra proprio che l’oro sia stato il primo metallo utilizzato dall’uomo, infatti piccole quantità di oro naturale sono state trovate in grotte spagnole utilizzate durante il tardo Paleolitico, 40.000 a.C. ca. Manufatti d’oro fecero la loro prima apparizione all’inizio del periodo pre-dinastico in Egitto, fine quinto- inizio quarto millennio a.C., e la fusione fu sviluppata nel corso del IV millennio.

Monile egizio in oro e pietre preziose

Manufatti d’oro compaiono in Mesopotamia all’inizio del IV millennio, come pure nei Balcani. Dal 1990 gli archeologi hanno trovano manufatti d’oro nelle necropoli ipogee di Nahal Qana in Palestina, datati IV millennio a.C. Manufatti d’oro come copricapo e dischi apparvero nell’Europa centrale dall’età del bronzo, II millennio a.C.

La più antica mappa conosciuta di una miniera d’oro fu disegnata durante la XIX dinastia dell’antico Egitto (1320-1200 a.C.), mentre il primo riferimento scritto all’oro fu registrato nella dodicesima dinastia verso il 1900 a.C.

Mappa egizia

I geroglifici risalenti al 2600 a.C. descrivono l’oro come molto abbondante in Egitto. In Egitto e in particolare nella regione della Nubia (dall’antico egizio Nwb, che significa appunto oro) vi erano molte miniere d’oro e gli egizi possedevano la tecnologia per estrarlo e lavorarlo, tanto che la Nubia divenne un’importante area di produzione aurifera per gran parte della storia successiva. La mappa dei papiri conservata al Museo Egizio di Torino mostra il piano di una miniera d’oro in Nubia, insieme a indicazioni sulla geologia del luogo.

L’oro è menzionato frequentemente nell’Antico Testamento, dalla storia del vitello d’oro a quella dell’altare d’oro. Nel Nuovo Testamento è incluso nei doni dei magi a Gesù; il libro dell’Apocalisse descrive la città di Gerusalemme come se avesse strade “fatte di oro puro, chiare come cristallo”.

Lo sfruttamento dell’oro nell’angolo sud-est del Mar Nero pare risalga al tempo di Re Mida, e fu importante per datare quello che probabilmente è stato il primo conio in oro, avvenuto in Lydia, regione dell’Asia minore, attorno al 610 a.C.

Nella metallurgia romana furono sviluppati nuovi metodi per estrarre oro su larga scala, in particolare in Spagna dal 25 a.C. e in Dacia (attuali Romania e Moldavia) a partire dal 106 d.C.

Moneta in oro di Adriano 125-128 d.C.

Una delle più grandi miniere era a Las Medulas a León, dove sette lunghi acquedotti consentivano di isolare la maggior parte di un grande deposito alluvionale. I vari metodi usati sono ben descritti da Plinio il Vecchio nella sua enciclopedia Naturalis Historia, scritta verso la fine del I secolo d.C.

Uno degli obiettivi principali degli alchimisti medievali era produrre oro da altre sostanze, come il piombo, presumibilmente dall’interazione con una sostanza mitica chiamata pietra filosofale. Sebbene non siano mai riusciti in questo tentativo[2], gli alchimisti hanno perfezionato alcuni procedimenti come ad es. la calcinazione, la distillazione e la sublimazione, poi divenute di uso comune in chimica. Il simbolo alchemico per l’oro era il cerchio con un punto al centro, che era anche il simbolo astrologico e l’antico carattere cinese per il Sole.

Simbolo alchemico per l’oro

L’esplorazione europea delle Americhe (dal 1492) è incentivata dai resoconti dei primi esploratori circa la gran quantità di gioielli d’oro indossati dalle popolazioni native in America Centrale, Perù e Colombia.

Nel XIX secolo fu scoperta una serie di bacini auriferi in Nord America, soprattutto in California, Colorado, Black Hills e Klondike (Alaska).

Anche se dal punto di vista geologico l’oro nell’antichità era facile da ottenere, il 75% dell’oro prodotto è stato estratto dopo il 1910.

Estrazione e raffinamento

A causa della sua notevole inalterabilità (elevata inerzia chimica) l’oro si trova principalmente allo stato nativo o legato ad altri metalli (argento e rame). Spesso si presenta in forma di granuli e pagliuzze, a volte si trovano anche agglomerati piuttosto grossi, detti pepite. I granelli appaiono inclusi in minerali o sulle superfici di separazione tra cristalli di minerali. Si trova anche nei depositi alluvionali sul fondo dei fiumi.

Pepita d’oro (a sinistra), scaglie d’oro alluvionale (a destra)

L’oro si trova anche associato al quarzo, spesso in filoni, e a solfuri minerali (pirite, calcopirite, galena, arsenopirite).

Filone d’oro in quarzo

Fino dal 1880 il Sudafrica è stato la fonte di circa due terzi dell’oro estratto nel mondo. La città di Johannesburg è stata costruita alla sommità di uno dei più grandi giacimenti mondiali. Tuttavia, dal 2007, la posizione di predominio del Sudafrica è stata superata dalla Cina, la cui produzione nel 2008 è giunta fino a 260 tonnellate di oro, con un incremento del 59% dal 2001. Tra gli altri maggiori produttori figurano gli Stati Uniti (principalmente in Alaska, in Dakota e in Nevada), l’Australia occidentale, il Perù e la Russia.

La seguente mappa mostra la distribuzione mondiale dell’oro.

Mappa della distribuzione mondiale di oro

In Italia l’oro si trova in quantità ponderabili in alcuni fiumi (Po, Ticino). All’interno del Monte Rosa si trova un giacimento più ricco di quelli attualmente presenti in Sudafrica. Tuttavia, a causa di problemi ambientali, di sicurezza e di costi, tale oro non è sfruttato.

La quantità totale di oro presente negli oceani è tutt’altro che trascurabile, ma la bassissima concentrazione rende per il momento antieconomica l’estrazione dall’acqua marina.

L’oro si estrae quindi dalle miniere e, in misura minore, dai depositi alluvionali.

Dopo averlo estratto, l’oro ha bisogno di essere raffinato per aumentarne la purezza. Il metodo più utilizzato è quello ideato e realizzato da Francis Bowyer Miller[3] che lo brevettò nel 1867.

Il processo Miller è un procedimento chimico su scala industriale utilizzato per raffinare l’oro a un grado di purezza del 99,95%. Consiste nell’insufflare una corrente di gas cloro puro sopra e attraverso un crogiolo contenente l’oro fuso da purificare. Poiché quasi tutte le impurezze metalliche degli altri elementi formano cloruri prima dell’oro, possono essere rimosse essendo questi sali insolubili nel metallo fuso. L’oro risultante è puro al 99,95%.

Quando si rende necessaria una purezza ancora maggiore viene utilizzato il metodo Wohlwill[4] che consiste nell’elettrolisi di una soluzione di acido cloroaurico. L’oro che si deposita sul catodo raggiunge una purezza del 99,99%.

A livello mondiale, l’oro prodotto è impiegato per circa il 50% in gioielleria, il 40% in investimenti e il 10% nell’industria.

Dal 1998 l’Italia è il maggiore trasformatore di oro al mondo, con una media di 450-500 tonnellate lavorate ogni anno.

Caratteristiche chimico-fisiche

L’oro è il metallo più duttile e malleabile: un grammo d’oro può essere battuto in lamine di area pari a un metro quadrato. Questi sottilissimi fogli d’oro puro sono usati per decorare cornici di quadri, specchi, ecc. È un metallo tenero e per conferirgli una maggiore resistenza meccanica è lavorato in lega con altri metalli.

L’oro non è intaccato né dall’aria né dall’umidità né dalla maggior parte dei reagenti chimici. Non è solubile negli acidi forti (cloridrico, nitrico e solforico) e negli alcali caustici, invece può essere ossidato dall’acqua regia (una miscela di acido nitrico e cloridrico in rapporto 1:3) o con soluzioni acquose contenenti cianuro di sodio o potassio in presenza di ossigeno o perossido di idrogeno. Nell’acqua regia forma l’acido tetracloroaurico (HAuCl4). A contatto con il mercurio si scioglie in esso formando una lega detta amalgama.

L’oro si lega con molti altri metalli: le leghe col rame sono rossastre, con il ferro verdi, con l’alluminio violacee, col platino bianche, col bismuto e l’argento nerastre.

Gli stati di ossidazione più frequenti dell’oro sono +1 e +3. Gli ioni dell’oro sono facilmente ridotti per aggiunta di qualsiasi altro metallo. Il metallo aggiunto si ossida e si scioglie facendo precipitare l’oro metallico.

È un eccellente conduttore di elettricità, il migliore tra i metalli dopo l’argento e il rame.

Uso nella monetazione

L’oro è stato ampiamente usato in tutto il mondo come denaro sia per rendere efficienti gli scambi sia per immagazzinare ricchezza. Ai fini degli scambi, le zecche producevano monete e lingotti d’oro standardizzati in peso e purezza.

Monete (a sinistra) e lingotti (a destra)

Le prime monete conosciute contenenti oro furono coniate in Asia Minore, attorno al 600 a.C.

La moneta talento d’oro in uso durante l’epoca greca pesava tra 8,42 e 8,75 grammi.

Dopo una iniziale preferenza all’uso dell’argento, le economie europee ristabilirono la coniazione dell’oro come moneta durante il tredicesimo e il quattordicesimo secolo.

I certificati di possesso e le valute cartacee (convertibili in monete d’oro presso la banca emittente) si aggiunsero alle monete circolanti in oro nella maggior parte delle economie industriali del diciannovesimo secolo. Durante la prima guerra mondiale, le nazioni belligeranti gonfiarono le loro valute cartacee per finanziare lo sforzo bellico. Dopo la guerra, i paesi vittoriosi, in particolare la Gran Bretagna, ripristinarono gradualmente la convertibilità dell’oro, e i flussi internazionali di oro tramite cambiali rimasero sotto embargo; le transazioni internazionali venivano effettuate esclusivamente attraverso scambi bilaterali.

Nel secondo dopoguerra l’oro fu sostituito da un sistema di valute nominalmente convertibili legate da tassi di cambio fissi secondo il sistema di Bretton Woods[5]. Nel 1971 gli Stati Uniti rifiutarono di riscattare i propri dollari in oro pertanto la convertibilità diretta delle monete d’oro fu abbandonata da quasi tutti i governi mondiali. La Svizzera è stata l’ultima nazione a legare la sua moneta all’oro; sostenne il 40% del suo valore fino a quando gli svizzeri non aderirono al Fondo monetario internazionale nel 1999.

Le banche centrali continuano a mantenere una parte delle loro riserve liquide in oro. Le riserve auree mondiali e la loro negoziazione sono diventate una piccola parte di tutti i mercati, il tasso di cambio fisso è stato sostituito da prezzi variabili. Sebbene lo stock d’oro cresca solo dell’1%-2% all’anno, una lievissima quantità del metallo viene irrimediabilmente persa.

La percentuale di oro (finezza) nelle leghe è misurata dal carato[6] (k). L’oro puro (commercialmente chiamato oro zecchino) è designato a 24 carati (24k). Le monete d’oro inglesi destinate alla circolazione dal 1526 agli anni ’30 del secolo scorso erano tipicamente costituite da una lega standard di 22k denominata corona.

Sebbene i prezzi di alcuni metalli del gruppo del platino siano molto più alti, l’oro è ancora considerato il più desiderabile dei metalli preziosi.

Molti detentori di oro lo conservano sotto forma di lingotti o di monete come bene rifugio contro l’inflazione o le crisi economiche, sebbene la sua efficacia in quanto tale sia stata messa in dubbio. Le moderne monete di metallo prezioso per scopi di investimento o di collezione non richiedono buone proprietà di usura meccanica; sono in genere oro fino a 24k, sebbene l’American Gold Eagle e le sovrane britanniche continuino ad essere coniati in metallo 22k (0.92) come da tradizione..

Sterlina in oro 22k

(continua)

[1] Secondo la simbologia introdotta da J. J. Berzelius nel 1814, tuttora in uso.

[2] La trasmutazione degli elementi chimici è divenuta possibile nel XX secolo tramite la fisica nucleare. La prima sintesi dell’oro fu effettuata dal fisico giapponese Hantaro Nagaoka nel 1924, che sintetizzò l’oro bombardando il mercurio con neutroni. Un gruppo di fisici americani condusse lo stesso esperimento nel 1941, ottenendo lo stesso risultato e dimostrando che gli isotopi d’oro prodotti in questo modo erano tutti radioattivi. L’oro può attualmente essere prodotto in un reattore nucleare mediante irradiazione neutronica di platino o mercurio.

[3] Francis Bowyer Miller (1828-1887), inglese, saggiatore di metalli, artista e fotografo. Il suo maggior successo scientifico è stato lo sviluppo di un processo di raffinazione e tempra dell’oro che porta il suo nome. Brevettò questo processo a Londra nel 1867. Dodici mesi dopo, l’articolo che descriveva il processo fu presentato alla Chemical Society di Londra. Poco dopo il suo metodo fu applicato con successo dalla Zecca di Sydney e dalla Bank of New Zealand ad Auckland, in Nuova Zelanda.

[4] Wolf Emil Wohlwill (1835 –1912), ingegnere elettrochimico tedesco-ebraico ha inventato il processo di purificazione dell’oro che porta il suo nome nel 1874.

[5] Il sistema di Bretton Woods stabilì le regole per le relazioni commerciali e finanziarie tra Stati Uniti, Canada, Paesi dell’Europa occidentale, Australia e infine Giappone dopo gli accordi del 1944. Fu il primo esempio di una gestione pienamente negoziata allo scopo di governare le relazioni monetarie tra stati indipendenti.

[6] Il carato è principalmente utilizzato in oreficeria e metallurgia sia come unità di misura della massa di materiali preziosi, sia come indicatore di purezza delle leghe auree. Il suo nome deriva dai semi di carruba che pesano tutti circa 200 mg. Nel 1907 la IV Conférence générale des poids et mesures adottò come valore del carato (detto carato metrico) una unità di massa pari esattamente a 200 mg (0,2).

 

4 pensieri su “Elementi della tavola periodica, Oro, Au. 1 parte.

  1. Fu Fritz Haber a studiare la realizzabilità e la convenienza di estrarre oro dall’acqua dell’oceano. L’estrazione dell’oro con il metodo dell’amalgama al mercurio ha impatti sanitari ed ambientali spaventosi.

    • Ne ero al corrente, tuttavia le mie fonti riportano che il metodo Haber non fu preso in considerazione perchè poco economico e con rese basse. Il metodo dell’amalgama al mercurio ha certamente i gravi problemi da lei indicati. Aggiungo anche che se un qualsiasi oggetto d’oro viene a contatto con il mercurio, riscaldare l’amalgama a fuoco è una pratica estremamente pericolosa.
      Grazie comunque per la precisazione.

  2. Pingback: Elementi della tavola periodica, Oro, Au. (2a parte) | La Chimica e la Società

  3. Mi ha sempre incuriosito l’importanza che la società umana dà all’oro, un metallo che in per il 90% non serve a nulla. Un amico bancario mi disse che viene preso come riferimento perché il quantitativo globale è limitato e praticamente costante. Non mi ha convinto. Ma se crolla il nostro sistema economico a cosa serve avere la moneta d’oro in cassetta di sicurezza? Chi te la compra? Infatti il privato che vende oro ottiene poco più della metà del valore che riportano i listini di borsa. Meglio avere una lamina d’acciaio che puoi battere ed affilare per ottenere una falce o una zappa. Ma l’Uomo, asceti a parte, ha bisogno di azioni ed oggetti inutili forse solo per ostentare ai suoi simili una presunta superiorità individuale. Miope ambizione?

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