Rinaldo Cervellati
Il vanadio (V) è l’elemento n. 23 della tavola periodica, primo del 5o gruppo, 4° periodo, a fianco di titanio (a sinistra) e cromo (a destra). La sua abbondanza nella crosta terrestre, relativamente alta, è stimata in 120 ppm. È un metallo di transizione color grigio argento, duro e malleabile. Si trova raramente libero in natura, ma una volta estratto dai suoi minerali la formazione all’aria di uno strato di ossido stabilizza il metallo libero da un’ulteriore ossidazione.
Figura 1. Vanadio metallico nativo
Il vanadio è contenuto in circa 65 minerali e nei depositi di combustibili fossili.
Fu scoperto nel 1801 dal mineralogista spagnolo Andrés Manuel del Río (1764-1849). Del Río estrasse l’elemento da un campione di un minerale messicano detto “piombo marrone”, in seguito chiamato vanadinite. Scoprì che i suoi sali esibivano una grande varietà di colori e, di conseguenza, chiamò l’elemento panchromium (dal greco: παγχρώμιο “tutti i colori”).
Figura 2. Andrés Manuel del Río (a sinistra); vanadinite (“piombo marrone”, a destra)
Più tardi, del Río ribattezzò l’elemento eritronio (dal greco: ερυθρός “rosso”) perché la maggior parte dei sali diventava rossa a causa del riscaldamento. Nel 1805, il chimico francese Hippolyte Victor Collet-Descotils (1773-1815), sostenuto dal barone Alexander von Humboldt (1769-1859), amico di del Río, dichiarò erroneamente che il nuovo elemento era un campione impuro di cromo. Del Río accettò la dichiarazione di Collet-Descotils e rinunciò alla scoperta.
Nel 1831 il chimico svedese Nils Gabriel Sefström (1787-1845) riscoprì l’elemento in un nuovo ossido che trovò mentre lavorava con i minerali di ferro. Più tardi, quell’anno, Friedrich Wöhler (1800-1882) confermò i primi lavori di del Río. Sefström scelse un nome che iniziasse con V, che non era stato ancora assegnato a nessun elemento. Chiamò l’elemento vanadio, dalla vecchia lingua germano-scandinava Vanadí (un altro nome per la dea scandinava Freyja, i cui attributi includono bellezza e fertilità), a causa dei suoi molti composti chimici meravigliosamente colorati. Nel 1831, il geologo George William Featherstonhaugh (1780-1866) suggerì che il vanadio avrebbe dovuto essere ribattezzato “rionium” (dal cognome del Río), ma questo suggerimento non fu seguito[1].
L’isolamento del metallo vanadio si dimostrò difficile. Nel 1831 Berzelius riferì di aver ottenuto il metallo, ma il chimico britannico Henry Enfield Roscoe (1833-1915) mostrò che Berzelius aveva prodotto il nitruro di vanadio (VN). Alla fine Roscoe isolò il metallo nel 1867 mediante riduzione del cloruro di vanadio (II), VCl2, con idrogeno. Nel 1927 il vanadio puro fu prodotto riducendo il pentossido di vanadio con calcio.
Il primo uso industriale su larga scala fu nel telaio in lega d’acciaio della Ford Model T (1905 ca), figura 3, ispirata alle auto da corsa francesi. L’acciaio al vanadio permise di ridurre il peso aumentando la resistenza alla trazione.
Figura 3. Auto Ford modello T del 1910
Nel 1911, il chimico tedesco Martin Henze (1873-1956) scoprì il vanadio nelle proteine dell’emovanadina che si trova nelle cellule del sangue dell’Ascidiacea[2].
Proprietà fisiche
Il vanadio è un metallo medio-duro, duttile, grigio-blu acciaio. È elettricamente conduttivo e termoisolante. È più duro (7 nella scala di Mohs) della maggior parte dei metalli e degli acciai. Ha una buona resistenza alla corrosione ed è stabile negli alcali e negli acidi solforico e cloridrico. Si ossida in aria a circa 660 °C, sebbene si formi uno strato di passivazione dell’ossido anche a temperatura ambiente.
Il vanadio presente in natura è composto di un isotopo stabile, 51V, e un isotopo radioattivo, 50V. Quest’ultimo ha un’emivita lunghissima, 1,5×1017 anni, e un’abbondanza naturale dello 0,25%. L’isotopo 51V ha uno spin nucleare di 7⁄2, utile per la spettroscopia NMR. Sono stati caratterizzati ventiquattro radioisotopi artificiali, con un numero di massa compreso tra 40 e 65. I più stabili sono 49V con un’emivita di 330 giorni e 48V con un’emivita di 16 giorni.
Proprietà chimiche e principali composti
La chimica del vanadio è particolarmente interessante perché possiede quattro stati di ossidazione adiacenti: da +2 (II) a +5 (V). In soluzione acquosa, il vanadio forma complessi ionici aquo metallici variamente colorati: lilla [V(H2O)6]2+, verde [V(H2O)6]3+, blu [VO(H2O)5]2+, e giallo [VO(H2O)5]3+, in cui lo stato di ossidazione dipende dal pH (figura 4).
Figura 4. Colori degli acquocomplessi del vanadio a vari stati di ossidazione
L’ammonio vanadato (V), NH4VO3, in soluzione può essere successivamente ridotto con zinco elementare per ottenere i diversi colori del vanadio in questi quattro stati di ossidazione.
I composti di vanadio (II) sono agenti riducenti e i composti di vanadio (V) sono agenti ossidanti. I composti del vanadio (IV) spesso esistono come derivati dello ione vanadile, VO2+.
Stati di ossidazione più bassi si trovano in composti come V(CO)6, [V(CO)6]− e derivati sostituiti.
Il pentossido di vanadio è un catalizzatore commercialmente importante per la produzione di acido solforico, una reazione che sfrutta la capacità degli ossidi di vanadio di subire reazioni redox.
La batteria redox al vanadio utilizza tutti e quattro gli stati di ossidazione: un elettrodo sfrutta la coppia +5/+4 e l’altro utilizza la coppia +3/+2. La conversione di questi stati di ossidazione è illustrata dalla riduzione di una soluzione fortemente acida di un composto di vanadio(V) con polvere di zinco o amalgama. La soluzione iniziale di colore giallo dello ione pervanadile [VO2 (H2O)4]+ è sostituita dal colore blu di [VO(H2O)5]2+, seguito da quello verde di [V(H2O)6]3+ e quindi dal colore viola di [V(H2O)6]2+.
Ossianioni
Simile per dimensioni e carica al fosforo (V), la chimica del vanadio (V) è pure simile a quella del fosforo (V).
In soluzione acquosa, il vanadio (V) forma una vasta famiglia di ossianioni come stabilito dalla spettroscopia NMR di 51V. Sono state identificate almeno 11 specie, a seconda del pH e della concentrazione. Lo ione ortovanadato tetraedrico, VO43−, è la principale specie presente a pH 12–14, ed è utilizzato nella cristallografia proteica per studiare la biochimica del fosfato.
A valori di pH inferiori, si formano il monomero [HVO4]2− e il dimero [V2O7]4−, con il monomero predominante alla concentrazione di vanadio inferiore a 10−2 M. La formazione dello ione divanadato è analoga alla formazione dello ione bicromato. Le strutture di molti composti vanadato sono state determinate mediante cristallografia a raggi X. L’acido vanadico, H3VO4 esiste solo a concentrazioni molto basse.
Il vanadio (V) forma vari complessi perossidi, in particolare nel sito attivo degli enzimi bromoperossidasi contenenti vanadio (figura 5).
Figura 5. Sito attivo della vanadiobromoperossidasi
La specie VO(O)2(H2O)4+ è stabile in soluzioni acide. In soluzioni alcaline, sono note specie con 2, 3 e 4 gruppi perossido; l’ultimo forma sali viola di formula M3V(O2)4.nH2O (M = Li, Na, ecc.), in cui il vanadio ha una struttura dodecaedrica.
Alogenuri
Sono noti dodici alogenuri binari, composti con la formula VXn (n = 2… 5). VI4, VCl5, VBr5 e VI5 non esistono o sono estremamente instabili. In combinazione con altri reagenti, VCl4 è utilizzato come catalizzatore per la polimerizzazione dei dieni. Come tutti gli alogenuri binari, quelli del vanadio sono acidi di Lewis, specialmente quelli di V (IV) e V (V). Molti degli alogenuri formano complessi ottaedrici con formula VXnL6−n (X = alogenuro; L = altro ligando).
Sono noti molti ossaluri di vanadio (formula VOmXn). L’ossitricloruro e l’ossitrifluoruro (VOCl3 e VOF3) sono i più ampiamente studiati. Simili all’analogo composto del fosforo, POCl3, sono volatili, adottano strutture tetraedriche in fase gassosa e sono acidi di Lewis.
Composti di coordinazione
I complessi di vanadio (II) e (III) sono relativamente inerti e riducenti. Quelli di V (IV) e V (V) sono ossidanti. Lo ione vanadio è piuttosto grande e alcuni complessi raggiungono numeri di coordinazione maggiori di 6, come nel caso di [V(CN)7]4−. La chimica di coordinazione di V4+ è dominata dallo ione vanadile, VO2+, che lega fortemente altri quattro ligandi e uno debolmente (quello trans al centro vanadilico). Un esempio è il vanadil acetilacetonato (V(O)(O2C5H7)2). In questo complesso, il vanadio è pentacoordinato con struttura piramidale quadrata (figura 6), il che significa che un sesto ligando, come ad es. la piridina, si può attaccare, sebbene la costante di associazione di questo processo sia piccola.
Figura 6. Struttura del vanadil acetilacetonato
Molti complessi vanadilici pentacoordinati hanno geometria bipiramidale trigonale, come VOCl2(NMe3)2. La chimica di coordinazione di V5+ è dominata dai complessi di coordinazione di diossovanadio relativamente stabili, spesso formati dall’ossidazione aerea dei precursori del vanadio (IV) che indicano la stabilità dello stato di ossidazione +5 e la facilità di interconversione tra gli stati +4 e +5.
Composti organometallici
La chimica organometallica del vanadio è ben studiata, sebbene abbia principalmente solo un interesse accademico. Il dicloruro di vanadocene è un reagente di partenza versatile con applicazioni in chimica organica. Il vanadio carbonile, V(CO)6, è un raro esempio di un metallo carbonile paramagnetico. La sua riduzione forma V(CO)6− (isoelettronico con Cr(CO)6), che può essere ulteriormente ridotto con sodio in ammoniaca liquida per produrre V(CO)53− (isoelettronico con Fe(CO)5).
Disponibilità e produzione
Il vanadio è il 20° elemento più abbondante nella crosta terrestre. All’inizio del XX secolo fu scoperto un grande deposito di minerale di vanadio (patrónite), la miniera di Minas Ragra, in Perù. Per diversi anni questo deposito di patrónite (principalmente solfuro, VS4) è stato una fonte economicamente significativa per il minerale di vanadio (figura 7). Nel 1920 circa i due terzi della produzione mondiale furono forniti da questa miniera.
Figura 7. Campione di patrónite
Con la produzione di uranio negli anni ’10 e ’20 dalla carnotite (K2(UO2)2(VO4)2·3H2O), figura 8, il vanadio divenne disponibile come prodotto secondario della produzione di uranio.
Figura 8. Campione di carnotite
La vanadinite (Pb5(VO4)3Cl) e altri minerali contenenti vanadio vengono estratti solo in casi eccezionali. Con la crescente domanda, gran parte della produzione mondiale di vanadio proviene ora dalla titanomagnetite. Quando questo minerale è utilizzato per produrre ferro, la maggior parte del vanadio va nelle scorie e viene estratto da queste.
Il vanadio viene estratto principalmente in Sudafrica, Cina nord-occidentale e Russia orientale. Nel 2013 questi tre paesi hanno estratto oltre il 97% delle 79.000 tonnellate prodotte [1].
Il vanadio è anche presente nella bauxite e nei depositi di petrolio greggio, carbone, scisti bituminosi e sabbie bituminose. Nel petrolio greggio sono state riportate concentrazioni fino a 1200 ppm. Quando questi prodotti petroliferi vengono bruciati, tracce di vanadio possono causare corrosione nei motori e nelle caldaie. È stato stimato che ogni anno siano rilasciate nell’atmosfera 110.000 tonnellate di vanadio bruciando combustibili fossili [2]. Questo dato è impressionante se confrontato con quello riportato in [1]: 30.000 tonnellate annue in più di quelle utilizzate sono rilasciate nell’atmosfera!
Lo ione vanadile è abbondante nell’acqua di mare, con una concentrazione media 30 nM (1,5 mg /m3). Alcune sorgenti di acqua minerale contengono questo ione in alte concentrazioni, ad es. le sorgenti vicino al Monte Fuji ne contengono fino a 54 μg per litro.
Il vanadio metallico viene ottenuto mediante un processo a più fasi che inizia con la torrefazione del minerale tritato con NaCl o Na2CO3 a circa 850 °C per fornire metavanadato di sodio (NaVO3). Un estratto acquoso di questo solido è acidificato per produrre una “torta rossa”, un sale polivanadato che viene ridotto con calcio metallico. In alternativa alla produzione su piccola scala, il pentossido di vanadio viene ridotto con idrogeno o magnesio. Vengono utilizzati anche molti altri metodi, nei quali il vanadio viene prodotto come sottoprodotto di altri processi. La purificazione è possibile con il processo della barra di cristallo sviluppato da Anton Eduard van Arkel e Jan Hendrik de Boer nel 1925. Comprende la formazione dello ioduro del metallo, ad es. lo ioduro di vanadio (III), e successiva decomposizione per produrre metallo puro:
2VI3 ⇌ 2V + 3I2
La maggior parte del vanadio è usata in una lega d’acciaio chiamata ferrovanadio, prodotto direttamente riducendo una miscela di ossido di vanadio, ossidi di ferro e ferro in una fornace elettrica. Il vanadio finisce in ghisa prodotta dalla magnetite contenente vanadio. Secondo il minerale utilizzato, le scorie contengono fino al 25% di vanadio.
(continua)
Opere consultate
Handbook of Chemistry and Physics, 85th Edition, p. 4-34
https://en.wikipedia.org/wiki/Vanadium
Bibliografia
[1] M. J. Magyar, Mineral Commodity Summaries 2015: Vanadium, United States Geological Survey; D.E. Polyak, Vanadium Statistics and Information, US National Minerals Information Center.
[2] M. Anke, Vanadium – An element both essential and toxic to plants, animals and humans?, Anal. Real Acad. Nac. Farm., 2004, 70, 961-999.
[1] Tuttavia Andrés Manuel del Río è considerato lo scopritore del vanadio.
[2] Ascidiacea è una classe degli organismi Tunicati, animali marini, sessili, microfagi filtratori, dal corpo a forma di otre.
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