La fondamentale importanza del campionamento.

Mauro Icardi

Nonostante negli ultimi anni siano stati immessi sul mercato sistemi di analisi automatici in continuo, il laboratorio rimane il luogo deputato e fondamentale per l’esecuzione delle analisi dei campioni di acque reflue.

Il campionamento costituisce di fatto la prima parte dell’analisi di laboratorio. Questa fase è estremamente importante e delicata. Dalla sua corretta esecuzione dipendono i risultati di tutte le determinazioni analitiche successive.

Un campione deve essere rappresentativo delle condizioni quali-quantitative che si desiderano conoscere.

Questa rappresentatività è importante per diverse ragioni e tra queste principalmente:

  • controllo dei limiti di accettabilità previsti da leggi e regolamenti
  • valutazione del contributo all’inquinamento nel corpo idrico ricettore
  • controllo dell’efficienza del trattamento di depurazione nelle sue diverse fasi
  • verifica dell’escursione della concentrazione di parametri significativi, legati a particolari cicli produttivi che intervengono nella caratterizzazione dello scarico in ingresso al depuratore.

  Gli scarichi che pervengono agli impianti di depurazione sono normalmente scarichi continui, con fluttuazioni della portata influente nelle diverse ore del giorno. Per quanto riguarda invece gli scarichi di insediamenti produttivi si possono fare delle distinzioni. Uno scarico può essere discontinuo, ma avere una periodicità nota e definita, per esempio legata a particolari processi e cicli di lavorazione.

Esistono poi gli scarichi accidentali, quelli il cui sversamento avviene per casi di forza maggiore. In quel caso può essere importante un sistema di allerta. Utilizzando per esempio sensori di conducibilità che attivino un prelievo da campionatore automatico, quando rilevino il superamento di una soglia prefissata ed impostata. In alternativa si potrà effettuare un prelievo istantaneo, per esempio dopo aver ricevuto la segnalazione da parte di personale di impianto, oppure di chi stia rilevando anomalie, per esempio su un corso d’acqua.

In questo caso si tratta di un campionamento che avviene in un tempo molto breve, e che è rappresentativo delle sole condizioni rilevate al momento del prelievo. Il prelievo istantaneo può essere utilizzato anche per la determinazione di parametri quali temperatura, ossigeno disciolto, pH. I prelievi possono essere ripetuti ad intervalli di tempo prestabiliti in maniera da ottenere una media di valori. Negli impianti di depurazione questi parametri normalmente sono letti e registrati da apposite sonde, e mostrano quindi grafici relativi alle variazioni nell’arco dell’intera giornata. Non essendo sempre possibile installare sonde di misura in continuo sui corpi idrici, la tecnica di prelievi o di determinazioni istantanee con apposite sonde ad intervalli regolari, viene comunemente utilizzata.

Il campionamento medio composito che di solito si effettua con l’ausilio di campionatori programmabili, può essere proporzionale o non proporzionale alla portata. Di solito le autorità di controllo richiedono l’utilizzo di campionatori che siano programmati in maniera proporzionale alla portata influente, collegati quindi al misuratore di portata, e tenuti sempre a disposizione per gli eventuali prelievi che si potessero rendere necessari, oltre a quelli legati all’ ordinaria gestione impiantistica. Il campionatore programmabile è anche fornito di circuito frigorifero per il raffreddamento del volume di campione prelevato. Normalmente questo non deve essere inferiore ai dieci litri, soprattutto quando si tratta di campioni destinati al controllo periodico effettuato da enti di controllo. In caso di impianti di elevata potenzialità si possono avere fino a sei controlli all’anno.

La scelta dell’ubicazione del punto di campionamento è guidata non solo da considerazioni di carattere tecnico, ma anche di carattere pratico e normativo. In particolare per gli scarichi degli impianti di depurazione, il campionamento delle acque depurate deve avvenire immediatamente a monte dell’immissione nel corpo idrico ricettore. Per le altre sezioni dell’impianto, normalmente il campionatore di ingresso può essere posizionato allo sbocco del collettore fognario che perviene al depuratore.  Oppure immediatamente a valle della zona di grigliatura, nel caso di acque reflue molto cariche di residui solidi che potrebbero renderne difficoltoso il funzionamento a causa di ostruzioni del tubo pescante.  In ogni caso deve essere sempre valutata la rappresentatività del campione. Nel caso dello scarico finale, sia per la valutazione del rispetto dei limiti normativi, che dell’impatto sul corpo idrico. Nel caso dell’ingresso per definire con esattezza il valore del carico inquinante, e di conseguenza valutare costantemente la regolazione dei parametri di processo dell’impianto. Per esempio il dosaggio di reagenti, o la variazione della quantità di aria immessa nella vasca di ossidazione biologica. Quest’ultima operazione è importante per razionalizzare e diminuire i consumi energetici dell’impianto.

La facile accessibilità alla zona di ubicazione del campionatore deve essere garantita sia al personale di gestione che a quello degli enti di controllo, ed allo stesso tempo devono essere garantite tutte le misure di sicurezza adottabili per prevenire infortuni o incidenti.

Per quanto riguarda la conservazione del campione, oltre alla refrigerazione è opportuno adottare accorgimenti che permettano di ridurre al minimo le alterazioni del campione. Queste possono essere dovute a vari fattori, tra i quali il deposito di sostanze sulle pareti del contenitore, e alterazioni della composizione conseguenti ad attività microbiologica nelle acque reflue, principalmente nei campioni di acqua reflua in ingresso.

Per ovviare a questi inconvenienti e per ridurre entro limiti accettabili queste variazioni, si potranno utilizzare appositi stabilizzanti chimici, ricordando sempre che la refrigerazione a 4°C rappresenta una delle migliori garanzie per la stabilizzazione dei medesimi.

Come si vede da questa breve descrizione, il campionamento deve essere effettuato con molta attenzione. Per quanto riguarda i campionatori automatici, è necessaria la pulizia frequente dei contenitori di raccolta dei campioni, la verifica e la sostituzione periodica dei tubi di prelievo, e di quelli interni nel caso siano campionatori che utilizzino una pompa peristaltica per l’aspirazione del campione. Tutte queste operazioni servono ad evitare il fenomeno di “cross-contamination”. Con tale termine si intende il potenziale trasferimento di parte del materiale prelevato da un punto di campionamento ad un altro, nel caso in cui non venga accuratamente pulita l’apparecchiatura di campionamento tra un prelievo ed il successivo.

Per tutte queste ragioni ho sempre ritenuto opportuno che il personale che effettua materialmente questa operazione debba essere adeguatamente istruito e formato. E questo vale sia per i non chimici, che per i chimici. Questi ultimi però dovrebbero già essere in grado di valutare l’importanza di effettuare un campionamento corretto. Ma ritengo molto importante non interrompere un percorso di formazione continua.

Ancora sull’esplosione di Beirut.

Claudio Della Volpe

A distanza di qualche giorno dall’esplosione di Beirut l’ipotesi dell’incidente ne esce rafforzata; vi riporto qua tutta una serie di notizie che si trovano sulla stampa internazionale che ha fatto una intensa attività di ricerca; la nostra stampa nazionale viceversa non sembra particolarmente interessata alla questione nonostante la posizione dell’Italia nel Mediterraneo.

Delle proprietà del nitrato di ammonio abbiamo detto ripetutamente; ma vale comunque la pena di ricordare qua che il nitrato di ammonio è un potente esplosivo che detona, ossia che in condizioni opportune ha una velocità di detonazione di circa 5km/sec e dunque sul fatto che abbia potuto produrre le conseguenze di Beirut non ci sono dubbi.

Ovviamente per avere queste caratteristiche occorre usarlo come esplosivo, ossia impaccarlo al massimo; probabilmente le 2750 ton di Beirut avrebbero avuto effetti ancora più devastanti se le cose fossero state queste; fortunatamente il nitrato era in condizioni “miste”; conservato per quasi sette anni in modo improprio, aveva certo assorbito umidità si era ridisciolto e dunque ricompattato ma non completamente e poi era certamente in contenitori di materiale plastico, non rigidi, sacchi di polimero che pure potrebbero aver avuto il loro ruolo nella propagazione delle fiamme iniziali, ma anche nella separazione.

Ci sono state tre fasi che avevamo già segnalato nel primo post e che sono state confermate da più testimoni, un incendio iniziale la cui origine è sconosciuta, una esplosione iniziale, una deflagrazione e poi la vera e propria detonazione che ha fatto il grosso dei danni.

Da dove veniva il nitrato di ammonio?

Era stato prodotto dall’azienda Rustavi Azot, un’azienda chimica georgiana che esiste dal 1956; di fronte alle foto dei sacchi e al nome del prodotto (Nitroprill HD, che al momento non esiste più, non è chiaro se fosse considerato esplosivo o fertilizzante, ma viste le precauzioni con cui fu trasportato sembra più un fertilizzante o comunque un prodotto ancora non definitivo ) l’azienda ha fatto una strana dichiarazione in cui sostiene che non può confermare di aver prodotto quel materiale a Rustavi (una cittadina al confine con l’Azerbaigian); ma nessuno ha sostenuto che l’abbia prodotto in quella città o in un certo specifico impianto, ma solo che l’abbia prodotto e venduto. Che la Rustavi Azot fosse in grado di produrlo non ci sono dubbi, dato che (se guardate la sua storia sul suo sito web) lo fa dal principio degli anni 80.

L’acquisto fu fatto nel 2013 per il Mozambico, sull’oceano Indiano; la nave che trasportava le 2750 ton, la motonave Rhosus, lunga 86m, 3226 ton di DGW (Deadgrossweight)  costruita nel 1986 in Giappone , era diretta in Mozambico; dunque la sua rotta dalla Georgia (sul Mar Nero) avrebbe previsto passare per il canale di Suez. Tenete presente che la Rhosus era già una “carretta” del mare, già fermata in altri porti per deficienze nella sua struttura.

Nel settembre 2013 il cargo è stato noleggiato per trasportare un carico di nitrato di ammonio ad alta densità da Batumi in Georgia per essere consegnato a Fabrica de Explosivos a Matola, Mozambico. Il 27 settembre 2013, Rhosus salpò da Batumi diretto a Beira trasportando in sacchi 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio, un carico che il capitano considerava “pericoloso”, ma non così pericoloso da non poter essere trasportato. Il 21 novembre 2013 la nave ha fatto scalo a Beirut

Il periodico specializzato “The Arrest News” riporta:

On 23/9/2013, m/v Rhosus, flying the Moldovian flag, sailed from Batumi Port, Georgia heading to Biera in Mozambique carrying 2,750 tons of Ammonium Nitrate in bulk. En route, the vessel faced technical problems forcing the Master to enter Beirut Port. Upon inspection of the vessel by Port State Control, the vessel was forbidden from sailing. Most crew except the Master and four crew members were repatriated and shortly afterwards the vessel was abandoned by her owners after charterers and cargo concern lost interest in the cargo………Owing to the risks associated with retaining the Ammonium Nitrate on board the vessel, the port authorities discharged the cargo onto the port’s warehouses. The vessel and cargo remain to date in port awaiting auctioning and/or proper disposal.

La nave abbandonata a se stessa nel porto andò in malora ed affondò fra il 16 e il 18 febbraio 2018; ed attualmente, se guardate con attenzione la foto del porto, giace sul fondale del molo frangiflutti appena al di sopra di quello dove è avvenuta l’esplosione.

Non è chiaro se la sosta a Beirut sia stata dovuta a problemi tecnici o alla speranza di avere altri ingaggi. La nave aveva un tonnellaggio di portata lorda di 3226 ton e dunque avrebbe forse potuto stivare altro carico. A questo proposito faccio notare che comunque i parametri della nave sono complessi e che di proposito non ho usato il termine stazza o dislocamento più comuni in italiano ma che hanno un diverso significato. Mi scuso con chi è più esperto di me; metto questo dato perché mi era venuto il dubbio che la nave non potesse stivare quel carico, ma ho concluso che non è così.

Comunque si nota che il carico era già al limite del tonnellaggio; dunque è credibile anche la versione che avendo effettuato il nuovo carico, un macchinario pesante, una volta imbarcato sul ponte questo abbia messo la nave in situazione di insicurezza o l’abbia addirittura danneggiata e che l’autorità portuale l’abbia a questo punto bloccata.

Fatto sta che la nave è poi rimasta a Beirut fino al suo affondamento.

Cosa è successo al  nitrato di ammonio? Depositato in uno dei grandi silos del porto era all’attenzione dei responsabili, i quali secondo Al Jazeera hanno ripetutamente chiesto una soluzione.

l’allora direttore della dogana libanese, Shafik Merhi, ha inviato una lettera al giudice con oggetto «questioni urgenti», chiedendo una soluzione per il carico pericoloso ancora fermo nel porto. I funzionari doganali hanno inviato almeno altre cinque lettere nei tre anni successivi – il 5 dicembre 2014, il 6 maggio 2015, il 20 maggio 2016, il 13 ottobre 2016 e il 27 ottobre 2017 – chiedendo assistenza.

“In view of the serious danger of keeping these goods in the hangar in unsuitable climatic conditions, we reaffirm our request to please request the marine agency to re-export these goods immediately to preserve the safety of the port and those working in it, or to look into agreeing to sell this amount” to the Lebanese Explosives Company.

Tre opzioni sono state messe sul tavolo: spostare il nitrato di ammonio, consegnarlo all’esercito libanese o venderlo a società private di esplosivi. Un anno dopo, Badri Daher, il nuovo direttore dell’amministrazione doganale libanese, scrisse di nuovo a un giudice. Nella lettera del 27 ottobre 2017, Daher ha esortato il giudice a prendere una decisione sulla questione del carico in vista del «pericolo di lasciare questi beni nel luogo in cui si trovano e per coloro che vi lavorano».

https://www.open.online/2020/08/05/esplosione-beirut-come-nitrato-ammonio-arrivato-porto-libano-autorita-doganali-chiesto-rimozione/

Secondo i giornali libanesi comunque l’ambiente di gestione del porto è da considerare altamente corrotto.

Il materiale era stoccato nell’hangar 12 e questo hangar è stato effettivamente il cuore dell’esplosione, dunque tagliamo la testa al toro a tutti i complottismi, l’hangar che è saltato in aria conteneva effettivamente 2750 ton di nitrato di ammonio, circa 1600 metri cubi, una quantità molto grande, fra le maggiori mai esplose nella storia tragica di questo prodotto, che ha visto ben 47 esplosioni di grande portata documentate.

http://www.archiviodeilaghi.net/foto_dettaglio.asp?ID=139&localita=Vergiate

L’esplosione di Vergiate ormai dimenticata è stata la seconda in ordine di tempo nella storia del nitrato di ammonio; nessun morto ma enormi distruzioni materiali.

E veniamo al dettaglio dell’esplosione. L’ipotesi della esplosione iniziale nella fabbrica di fuochi artificiali è stata abbandonata anche ufficialmente per far posto ad un incendio dovuto ad una attività di manutenzione; una attività di saldatura che avrebbe dato luogo ad un incendio accidentale.

La sequenza degli eventi (incendio, esplosione piccola e grande) è stata documentata sul NYT e l’abbiamo già citata:

https://www.nytimes.com/2020/08/05/video/beirut-explosion-footage.html

ma anche il fatto quotidiano.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/08/07/lincendio-i-primi-scoppi-e-poi-la-deflagrazione-la-sequenza-dellesplosione-a-beirut-in-un-nuovo-video/5892438/

o su Youtube:

o su Repubblica:

https://video.repubblica.it/mondo/beirut-nel-video-inedito-l-esplosione-in-slow-motion/365484/366036?ref=RHPPTP-BS-I257387636-C12-P6-S1.3-T1

dunque non ci sono molti dubbi questa è la sequenza dei fatti.

Una serie di commenti su questa sequenza e sui singoli eventi si trova in questa pagina (che a mio parere la SCI  e anche le altre società scientifiche italiane farebbero bene ad imitare per contrastare le fake news  e ridare smalto alla scienza presso le grandi masse di persone, una iniziativa di tipo giornalistico basata su esperti disponibili ed intervistati quasi in tempo reale):

https://www.sciencemediacentre.org/expert-reaction-to-beirut-explosion/

Di queste interviste ve ne riporto una, ma sono abbastanza assonanti su tutti gli aspetti basilari.

La professoressa Jacqueline Akhavan, capo del Centro per la chimica della difesa, Cranfield Defense and Security, Cranfield University, ha dichiarato:• È esplosivo: perché potrebbe essere successo?• “No, non è classificato come esplosivo quando è immagazzinato correttamente in balle inferiori a 1m3. Tuttavia, se viene immagazzinato in una grande pila, al di sopra del suo diametro critico e preparato, può avere proprietà esplosive.• C’è qualcosa che puoi dire dal filmato dell’esplosione?• “A quanto mi risulta, c’è stato un incendio che ha dato il via ai fuochi d’artificio. Questo incendio si è poi propagato al mucchio di nitrato di ammonio che ha iniziato a bruciare emettendo prodotti NOx, acqua come gas e azoto. Poiché il nitrato di ammonio bruciava, i prodotti gassosi all’interno del mucchio non potevano fuoriuscire causando un aumento della velocità di combustione. Quando la velocità della combustione è diventata supersonica (maggiore della velocità del suono attraverso il materiale) il nitrato di ammonio è esploso provocando uno shock supersonico che viaggiava attraverso il materiale che è diventato un’onda d’urto quando ha viaggiato attraverso l’atmosfera. L’onda d’urto conterrebbe pressioni di GPa (Giga Pascal) e temperature superiori a 3000oC. L’onda d’urto può percorrere grandi distanze causando danni a edifici, automobili, persone ecc.• C’è qualcosa che puoi dire dall’entità del danno e da come si è sentita l’esplosione?• “Se sei vicino all’onda d’urto, ti solleverà da terra e ti lancerà nella direzione dell’onda d’urto. Le pressioni causerebbero danni ai timpani, ai polmoni, agli organi e provocherebbero fratture ossee. Le alte temperature provocherebbero ustioni alla pelle e ai polmoni.• Qualche altro commento?• “L’iniziazione del nitrato di ammonio deve avvenire attraverso un incendio. Il nitrato di ammonio assorbe l’acqua e, nel tempo, diventa un solido duro piuttosto che una polvere. La velocità di detonazione aumenta con la densità, quindi la potenza dell’esplosione è maggiore in un solido rispetto a una polvere. “

Articoli, riferimenti sitografici.

https://www.wired.com/story/tragic-physics-deadly-explosion-beirut/?utm_source=Nature+Briefing&utm_campaign=86b34a9516-briefing-dy-20200810&utm_medium=email&utm_term=0_c9dfd39373-86b34a9516-42234511

https://www.nytimes.com/2020/08/07/world/middleeast/lebanon-explosion-ship.html

https://www.open.online/2020/08/05/esplosione-beirut-come-nitrato-ammonio-arrivato-porto-libano-autorita-doganali-chiesto-rimozione/

https://www.aljazeera.com/news/2020/08/officials-knew-danger-beirut-port-years-200805032416684.html

https://rustaviazot.ge/media/news/5f2ba81d72afc126b35a2b85

https://www.sciencemediacentre.org/expert-reaction-to-beirut-explosion/

https://shiparrested.com/wp-content/uploads/2016/02/The-Arrest-News-11th-issue.pdf

https://ilblogdellasci.wordpress.com/2013/05/02/molecole-a-due-facce/

https://ilblogdellasci.wordpress.com/2018/07/16/la-cina-prosegue-sulla-strada-dello-sviluppo-incontrollato/

https://ilblogdellasci.wordpress.com/brevissime/incidente-di-tianjin/

https://video.repubblica.it/mondo/beirut-nel-video-inedito-l-esplosione-in-slow-motion/365484/366036?ref=RHPPTP-BS-I257387636-C12-P6-S1.3-T1

Note:

Il drone su beirut è un filmato precedente, una fake: https://www.open.online/2020/08/05/beirut-il-video-del-drone-e-loggetto-lanciato-poco-prima-dellesplosione-circolava-gia-in-passato/

Molecole auto replicanti con segni di attività metabolica

Rinaldo Cervellati

Nel numero del 3 agosto di Chemistry World Weekly newsletter[1], Katrina Krämer, corrispondente scientifica della rivista, riporta la notizia che il gruppo del prof. Sijbren Otto[2] dell’Università di Groningen (Olanda) ha recentemente pubblicato due importanti articoli che riguardano l’osservazione per la prima volta dell’emergere di qualcosa di simile al metabolismo in molecole che si autoreplicano [1,2].

Sebbene l’autoreplicazione sia solitamente associata al DNA, il comportamento è stato osservato in sistemi chimici dall’aspetto molto diverso, ad esempio nei rotaxani. Ciò solleva l’intrigante possibilità di ottenere forme di vita completamente sintetiche che esplicano tutte e tre le funzioni essenziali per la vita: replicazione, uso e conservazione dell’energia per eseguire reazioni energicamente sfavorevoli o endoergoniche e utilizzarle per protezione da altre forme di vita parassitarie.

In passato erano stati riportati sistemi che replicano o eseguono reazioni simili al metabolismo e alcuni potevano persino passare da una funzione all’altra con l’aggiunta di sostanze chimiche o cambiamenti ambientali. Ma il gruppo di Sijbren Otto ha ora individuato molecole che esplicano entrambe le funzioni allo stesso tempo.

Scrivono Otto e collaboratori, nell’abstract di uno dei loro articoli:

Stabilire come la vita possa emergere dalla materia inanimata è tra le grandi sfide della scienza contemporanea. Sistemi chimici che catturano le caratteristiche essenziali della vita, replicazione, metabolismo e cooptazione, offrono una via per la comprensione di questo importante processo. La sintesi della vita, basata su biomolecole canoniche o molecole completamente sintetiche, richiede l’integrazione funzionale di queste tre caratteristiche.

Figura 1. Il prof. Sijbren Otto e il suo gruppo

Il gruppo molecolare di base del sistema è un benzene-1,3-ditiolo attaccato a una corta catena peptidica. In presenza di ossigeno, i tioli si ossidano e formano macrocicli disolfuro di diverse dimensioni, principalmente trimeri e tetrameri. Gli anelli si scambiano costantemente blocchi di tiolo tra loro, quindi c’è la possibilità di formazione di anelli più grandi, in particolare a sei membri. Questi anelli esamerici si assemblano in pile o fibre che continuano a crescere ad entrambe le estremità, e questo è il replicatore. Dopo agitazione meccanica, le fibre più lunghe si rompono in due e poi ricominciano a crescere individualmente. Man mano che più anelli vengono incorporati in pile, l’equilibrio chimico della soluzione si sposta verso i blocchi di quella dimensione. Ciò che consegue è l’auto-replicazione esponenziale. I ricercatori hanno incidentalmente scoperto che le pile di replicatori possono catalizzare reazioni che i singoli blocchi non possono fare. Sulla superficie delle fibre, catene laterali di lisina caricate positivamente si trovano nelle immediate vicinanze, il che migliora la loro basicità. In una reazione catalizzata da una base di Brønsted, i replicatori scindono la glicina del peptide protetta con fluorenilmetossicarbonile (Fmoc), creando dibenzofulvene. Questo composto accelera l’ossidazione dei gruppi ditiolici e quindi la formazione del replicatore. Si ottengono pertanto replicatori che sono in grado di catalizzare reazioni i cui prodotti aiutano a far cresce il replicatore stesso e questo altro non è che una forma primitiva di metabolismo (proto metabolismo). La figura 2 schematizza il processo.

Figura 2. La scissione da parte dei replicatori di una molecola di glicina protetta forma dibenzofulvene che accelera l’auto-replicazione del sistema, comportamento che potrebbe essere assimilabile a una forma primitiva di metabolismo. Credit: Springer Nature

Dice il prof. Otto: “È stata una scoperta casuale, il sistema sta facendo qualcosa per cui non è mai stato progettato, abbiamo lavorato su queste molecole per 10 anni, avremmo potuto scoprirlo allora ma non ce ne siamo accorti prima nonostante fosse sotto i nostri occhi.”

Nel successivo articolo, il gruppo di Otto ha lavorato con il replicatore in presenza di un fotosensibilizzatore, tetrafenilporfirina, anziché Fmoc-glicina. Le fibre replicanti legano il sensibilizzatore, che per irradiamento produce fotocataliticamente ossigeno singoletto a sua volta in grado di indurre l’ossidazione del replicatore (figura 3).

Figura 3. Aumentata auto-replicazione del sistema indotta dalla presenza di un fotosensibilizzatore in grado di produrre ossigeno singoletto quando illuminato. Credit: Springer Nature.

Kamila Muchowska, scienziata che studia l’origine della vita all’Università di Strasburgo (Francia), non coinvolta nella ricerca afferma: “Ciò che questi lavori possono insegnarci è che quelle funzioni che vediamo nei sistemi viventi, non sono uniche della vita come la conosciamo”. Muchowska è tuttavia riluttante a chiamare il sistema protometabolico – manca la capacità di immagazzinare energia ed eseguire processi endoergonici – ma sostiene: “il fatto che i ricercatori stiano verificando l’effetto di un cofattore per eseguire la catalisi all’interno del sistema autoreplicante è davvero importante perché permette di iniziare ad approfondire l’insorgere della biocatalisi in un sistema vivente”.

Kamila Muchowska

Anche se il sistema di Otto non sta cercando di imitare la biologia, potrebbe aiutare i ricercatori a risolvere un enigma persistente che circonda l’origine della vita sulla Terra. Il paradosso di Eigen afferma infatti che una replica accurata ha bisogno di processi complessi, ma per creare replicatori complessi attraverso l’evoluzione è necessario un accurato numero di sequenze[3].

“Nonostante non ci siano ancora prove reali di sistemi sperimentali che risolvono il paradosso di Eigen, ci piacerebbe provare con il nostro sistema”, dice Otto.

Un’idea per risolvere il paradosso è quella di non archiviare tutte le informazioni in una lunga molecola, ma piuttosto in un sistema cooperativo di più molecole contenenti ciascuna una piccola quantità di informazioni, spiega Yu Liu che studia modelli complessi di sistemi chimici all’Università di Glasgow (Regno Unito) e che aggiunge “costruire questi sistemi potrebbe anche aiutare i ricercatori a riconoscere la vita aliena, se mai dovessimo incontrarla su altri pianeti”.

Infine, Otto si chiede: “Quanto è lontano [il nostro sistema] dall’essere vivo? Penso che dobbiamo integrare altre due cose: cooptazione ed evoluzione a tempo indeterminato. Ora stiamo davvero sondando le domande relative a come può evolvere il sistema se gli offriamo possibilità di variazioni strutturali”.

Bibliografia

[1] J. Ottelé et al., Chance emergence of catalytic activity and promiscuity in a self-replicator., Nature Catalysis, 2020, DOI: 10.1038/s41929-020-0463-8

[2] G Monreal et al., Emergence of light-driven protometabolism on recruitment of a photocatalytic cofactor by a self-replicator. Nature Chemistry, 2020, DOI: 10.1038/s41557-020-0494-4

*Tradotto e adattato da: Self-replicating molecules show signs of metabolism for the first time

by Katrina Krämer, Chemistry World newsletter, 29 July 2020

Chi è Katrina Krämer, l’autrice dell’articolo. Dopo aver terminato il mio percorso A-level, volevo studiare arte o lingue, ma poi ho deciso che essere un chimico in camice bianco era decisamente più bello. Così ho continuato e ho passato dieci anni a studiare chimica in Germania, Spagna e Regno Unito, prima di rendermi conto che anche non lavorare in laboratorio può essere divertente. Dopo un anno nel programma di tirocinio per laureati della Royal Society of Chemistry, sono entrata a far parte di Chemistry World prima come assistente editoriale e ora come corrispondente scientifico.

[1] Ricordiamo che Chemistry World è la rivista ufficiale della britannica Royal Society of Chemistry.

[2] Sijbren Otto (1971-) è professore ordinario di Chimica dei Sistemi presso l’Istituto di chimica Stratingh dell’Università di Groningen (Olanda).

[3] Per approfondire i paradosso di Eigen (Manfred Eigen (1927-2019), Premio Nobel per la chimica 1967) è utile il link  https://en.wikipedia.org/wiki/Error_threshold_(evolution)

Elementi della tavola periodica. Bismuto, Bi. (seconda parte)

Rinaldo Cervellati

(la prima parte di questo post è qui)

Disponibilità e produzione

Nella crosta terrestre il bismuto è circa il doppio dell’oro. I minerali più importanti del bismuto sono bismutinite e bismite. Il bismuto nativo si trova in Australia, Bolivia e Cina.

La differenza tra produzione mineraria e raffinazione riflette lo stato del bismuto come sottoprodotto dell’estrazione di altri metalli come piombo, rame, stagno, molibdeno e tungsteno. I principali produttori e raffinatori sono, in ordine: Cina, Vietnam e Messico. Tuttavia il Giappone, pur non avendo particolari risorse minerarie di bismuto, figura al quarto posto fra i Paesi raffinatori. La produzione mondiale di bismuto dalle raffinerie dà un’idea più completa e affidabile della quantità del prodotto, valutata in circa 17000 tonnellate nel 2016.

Il bismuto contenuto nel piombo grezzo, in quantità fino al 10%, passa attraverso diverse fasi di raffinazione, fino a quando non viene rimosso con il processo di Kroll-Betterton[1] che separa le impurità come scorie, o tramite il processo elettrolitico di Betts. Il bismuto ottenuto con entrambi questi processi contiene ancora quantità considerevoli di altri metalli, soprattutto piombo. Facendo reagire la miscela fusa con cloro gassoso questi metalli sono convertiti nei loro cloruri mentre il bismuto non è intaccato. Le impurità possono anche essere rimosse con altri metodi, ad esempio con flussi e trattamenti che producono il metallo bismuto ad alta purezza, oltre il 99%.

Applicazioni

Il bismuto ha poche applicazioni commerciali, generalmente c’è una bassa richiesta rispetto ad altre materie prime. Negli Stati Uniti, ad esempio, nel 2016 sono state consumate 733 tonnellate di bismuto, di cui il 70% per prodotti chimici (compresi prodotti farmaceutici, pigmenti e cosmetici) e l’11% per leghe di bismuto.

Alcuni produttori utilizzano il bismuto come sostituto del piombo in sistemi per la potabilizzazione di acqua, come ad es. nelle valvole per soddisfare i regolamenti “senza piombo”. Questa applicazione è in notevole crescita poiché coinvolge l’edilizia residenziale e commerciale.

Dall’inizio degli anni ’90, i ricercatori hanno iniziato a valutare il bismuto come sostituto non tossico del piombo in varie altre applicazioni.

Industria farmaceutica

Il bismuto è un ingrediente di alcuni prodotti farmaceutici, sebbene l’uso di alcune di queste sostanze sia attualmente in disuso. Il subsalicilato di bismuto[2] è usato come antidiarroico, è l’ingrediente attivo in preparazioni dette “bismuto rosa” come il Pepto-Bismol. Viene anche usato per trattare altre malattie gastrointestinali come la sigellosi e l’avvelenamento da cadmio. Il meccanismo d’azione di questa sostanza non è ancora ben documentato, sebbene un effetto oligodinamico (effetto tossico di piccole dosi di ioni di metalli pesanti sui batteri) possa essere coinvolto in alcuni casi. L’acido salicilico derivante dall’idrolisi del composto è antimicrobico per l’E. Coli, un importante agente patogeno nei disturbi intestinali a carattere diarroico. Una combinazione di subsalicilato di bismuto e subcitrato di bismuto viene utilizzata per trattare i batteri che causano ulcere peptiche.

Il bibrocatolo è un composto organico contenente bismuto usato per trattare le infezioni agli occhi.

Alcuni composti di bismuto (incluso il tartrato di bismuto e sodio) furono usati per trattare la sifilide.

Cosmetici e pigmenti

L’ossicloruro di bismuto (BiOCl) è talvolta usato nei cosmetici, come pigmento negli ombretti, spray per capelli e smalti per unghie.  Questo composto si trova nel minerale bismoclite e in forma cristallina contiene strati di atomi che rifrangono la luce cromaticamente, dando luogo a un aspetto iridescente simile alla madreperla. È stato usato come cosmetico nell’antico Egitto e in molti altri luoghi. Il bianco di bismuto (detto anche “bianco spagnolo”) può riferirsi al bismuto ossicloruro o all’ossinitrato di bismuto (BiONO3), se usato come pigmento bianco. Il vanadato di bismuto è usato come pigmento per vernici stabile alla luce (in particolare per i colori degli artisti), spesso in sostituzione dei pigmenti più tossici come il giallo al solfuro di cadmio. La varietà più comune nelle pitture è il giallo limone, visivamente indistinguibile dalla sua alternativa contenente cadmio (figura 7).

Figura 7. Vanadato di bismuto

Industria metallurgica

Il bismuto è usato nelle leghe metalliche con altri metalli come il ferro. Queste leghe sono utilizzate nei sistemi automatici di irrigazione anti incendio. Costituisce la maggior parte (50%) del metallo di Rose, una lega fusibile, che contiene anche il 25-28% di piombo e il 22-25% di stagno. Fu anche usato nell’età del bronzo per produrre bronzo al bismuto.

La differenza di densità tra piombo (11,32 g/cm3) e bismuto (9,78 g/cm3) è abbastanza piccola, tanto che in molte applicazioni balistiche e di ponderazione il bismuto può sostituire il piombo. Ad esempio, può sostituirlo nei “piombini” da pesca e in proiettili e munizioni per armi antisommossa meno letali. I Paesi Bassi, la Danimarca, l’Inghilterra, il Galles, gli Stati Uniti e molti altri paesi ora vietano l’uso di piombo per la caccia agli uccelli delle zone umide, poiché molte specie sono inclini a contrarre avvelenamenti a causa di errata ingestione di piombo dei proiettili andati a vuoto. La lega di bismuto-stagno è un’alternativa che fornisce prestazioni balistiche simili al piombo.

Il bismuto, come elemento denso di alto peso atomico, è utilizzato negli scudi di lattice impregnati di bismuto per proteggere dai raggi X in esami medici.

La direttiva sulla restrizione delle sostanze pericolose dell’Unione europea (RoHS), riguardo alla riduzione del piombo, ha raccomandato l’uso del bismuto nell’elettronica come componente delle saldature a basso punto di fusione, in sostituzione delle tradizionali saldature al piombo-stagno. La sua bassa tossicità è particolarmente importante per le saldature da utilizzare nelle apparecchiature per la lavorazione degli alimenti e nelle tubature dell’acqua in rame, sebbene possa essere utilizzato anche in altre applicazioni, tra cui quelle dell’industria automobilistica.

Il bismuto è stato considerato in sostituzione del piombo negli ottoni per applicazioni idrauliche, sebbene non eguagli le prestazioni degli acciai al piombo.

Molte leghe di bismuto hanno bassi punti di fusione e si trovano in applicazioni speciali come le saldature. Molti irrigatori automatici e dispositivi di sicurezza nei sistemi di rilevazione e soppressione incendi contengono la lega In19.1-Cd5.3-Pb22.6-Sn8.3-Bi44.7 che fonde a 47 °C.  Le leghe a basso punto di fusione, come anche la Bi-Cd-Pb-Sn che fonde a 70 °C, vengono utilizzate nell’industria automobilistica e aeronautica.

Il bismuto è usato per realizzare acciai e leghe di alluminio per lavori di precisione. Ha un effetto simile al piombo e migliora la rottura del truciolo durante la lavorazione. Il restringimento nella solidificazione del piombo e l’espansione del bismuto si compensano reciprocamente e quindi piombo e bismuto sono spesso usati in quantità simili. Le leghe contenenti parti uguali di bismuto e piombo presentano una variazione molto piccola (dell’ordine dello 0,01%) in caso di fusione, solidificazione o invecchiamento e sono utilizzate nella fusione ad alta precisione, ad es. in odontoiatria, per creare modelli e stampi. Il bismuto viene anche usato come agente legante nella produzione di ferri malleabili e come materiale per termocoppie.

Il bismuto viene anche aggiunto alle leghe alluminio-silicio per migliorare la morfologia del silicio. La sinterizzazione di polveri di bismuto e di manganese a 300 °C produce un magnete permanente, che è utilizzato in generatori e ricevitori a ultrasuoni operanti nell’intervallo 10–100 kHz e in dispositivi di memoria magnetica.

Infine, composti del bismuto sono utilizzati come catalizzatori per la fabbricazione di fibre acriliche, e come elettrocatalizzatore nella conversione di CO2 in CO [1].

Tossicologia ed ecotossicologia

La letteratura scientifica indica che alcuni dei composti del bismuto sono meno tossici per l’uomo per ingestione rispetto ad altri metalli pesanti (piombo, arsenico, antimonio, ecc.), presumibilmente a causa della solubilità relativamente bassa dei sali di bismuto. La sua emivita biologica di ritenzione nel corpo umano è di 5 giorni, ma può rimanere nel rene per anni nelle persone trattate con composti di bismuto.

L’avvelenamento da bismuto non è così raro e secondo alcuni rapporti è stato comune in tempi relativamente recenti. Come per il piombo, l’uso prolungato di composti di bismuto può provocare la formazione di un deposito nero sulle gengive, nota come bismutia. Questa patologia può essere trattata con dimercaprolo, un farmaco già utilizzato per intossicazioni da piombo e altri metalli pesanti, tuttavia le prove a beneficio non sono chiare.

Gli impatti ambientali del bismuto non sono ben noti; sembrerebbe poco probabile che si bioaccumuli rispetto ad altri metalli pesanti, tuttavia le ricerche in proposito sono attive, in particolare attraverso la bonifica biologica di terreni inquinati usando opportuni funghi [2].

Riciclaggio

La maggior parte del bismuto è prodotto come sottoprodotto di processi di estrazione di altri metalli, compresa la fusione di piombo, tungsteno e rame. Il suo riciclaggio è quindi assai problematico.

Si riteneva che il bismuto potesse essere riciclato dai giunti saldati nelle apparecchiature elettroniche. Le recenti efficienze nell’applicazione delle saldature nell’elettronica mostrano che vi è una quantità sostanzialmente inferiore di materiale utile nelle saldature e quindi meno bismuto da riciclare. Mentre il recupero dell’argento dalle saldature può avere un impatto economico, il recupero del bismuto è sostanzialmente irrilevante.

I composti in cui è disperso il bismuto comprendono alcuni medicinali (subsalicilato di bismuto), vernici (vanadato di bismuto), cosmetici (ossicloruro di bismuto) e proiettili contenenti bismuto. Tuttavia il riciclaggio del bismuto da questi composti non è pratico da un punto di vista commerciale.

Il futuro del riciclo potrebbe consistere nei catalizzatori esausti con un discreto contenuto di bismuto, come il fosfomolibdato di bismuto.

Ciclo biogeochimico

Poco si sa del ciclo biogeochimico del bismuto, probabilmente è legato a quelli dei metalli dello stesso gruppo, arsenico e antimonio e del piombo, da cui viene separato.

si veda anche: https://aslopubs.onlinelibrary.wiley.com/doi/pdf/10.4319/lo.2010.55.3.1093

Opere consultate

CRC, Handbook of Chemistry and Physics, 85th, p. 4-5

https://en.wikipedia.org/wiki/Bismuth

Bibliografia

[1] J.L. DiMeglio, J. Rosentha, Selective Conversion of CO2 to CO with High Efficiency Using an Inexpensive Bismuth-Based Electrocatalyst., J. Am. Chem. Soc.2013, 24, 8798–8801.

[2] K. Boriová et al., Bismuth(III) Volatilization and Immobilization by Filamentous Fungus Aspergillus clavatus During Aerobic Incubation., Arch Environ Contam Toxicol2015, 68405–411.

[1] Il processo di Betterton-Kroll è un procedimento industriale per rimuovere il bismuto dal piombo. Il processo è stato sviluppato da William Justin Kroll e brevettato nel 1922. Ulteriori miglioramenti furono sviluppati da Jesse Oatman Betterton negli anni ’30. Consiste nel trattare il materiale grezzo fuso con calcio e magnesio. I composti di bismuto risultanti hanno punti di fusione più elevati e densità inferiori rispetto al piombo e possono essere rimossi facilmente.

[2] Il subsalicilato di bismuto, formula chimica empirica C7H5BiO4, è una sostanza colloidale ottenuta per idrolisi del salicilato di bismuto (Bi(C6H4(OH)CO2)3).

In occasione dell’overshoot day, il giorno del debito.

Luigi Campanella, già Presidente SCI

Si parla spesso ed in sedi diverse della commutazione dal modello lineare a quello circolare dell’economia. Se ne parla come di una necessità a protezione della salute nostra, dell’ambiente e del portafoglio, ma poi si fa fatica a trovare iniziative legislative che realmente contribuiscano a questa transizione.

Il riciclo e riuso degli scarti è oggi sostanzialmente affidato alla creatività del singolo ed alla sua cultura chimica. Credo che ancora una volta la chimica giochi un ruolo primario: solo attraverso la conoscenza delle proprietà dei materiali e delle correlazioni fra tali proprietà e le applicazioni è possibile intuire nuovi destini come materie prime secondarie di scarti e rifiuti di precedenti lavorazioni.

Per dare concretezza a quanto dico mi fa piacere segnalare due casi di economia circolare creativa dei quali sono venuto a conoscenza e che sono esempi da seguire, incoraggiare, apprezzare e possibilmente imitare. Uno degli ultimi riguarda l’utilizzo della plastica strappata al mare per produrre costumi da bagno: l’iniziativa è merito di due surfisti di Vicenza che utilizzano come materia prima bottiglie, reti da pesca, oggetti vari in plastica trovati nei fondali. Ma il merito dei due imprenditori “verdi” non si limita qui: infatti a chi porta plastica riciclabile garantiscono uno sconto sul prezzo del costume acquistato. I modelli da donna preferiscono come materia prima il nylon delle reti da pesca rigenerato in filo ed il lycra, quelli maschili il poliestere riciclato da scarti industriali e detriti plastici.

Usando 10 mila tonnellate di filo rigenerato al posto di un filato standard si risparmiano circa 70 mila barili di petrolio e più di 57 mila tonnellate di CO2, con una riduzione complessiva di circa l’80% dell’impatto ambientale. Un aspetto ulteriore del carattere green di questo progetto deriva dall’impegno dei suoi promotori affinché i prodotti finali (costumi da bagno) trovino collocazione commerciale in un’area di 300 km evitando emissioni dovute al trasporto dalla zona di produzione a quella di commercializzazione. Altra iniziativa dei surfisti vicentini riguarda il riciclo dei costumi: un costume in cambio di un costume. Una volta preso in carico l’usato può essere sanificato ed inviato alla vendita, oppure donato a persone bisognose o ancora trasformato in filato rigenerato. Ultimo vantaggio: il percorso dei capi rottamati è tracciabile grazie a un QR code che viene applicato al momento della consegna: così è possibile controllare che l’azienda faccia quanto promette.

Un’altra visione dell’economia circolare fa riferimento al riciclo e riuso non di scarti e rifiuti, ma di prodotti che non possono essere utilizzati secondo il consueto uso per motivi diversi. Ecco su questo fronte un bell’esempio rappresentato dalla Guinness irlandese produttrice di birra. A causa dell’isolamento il consumo di questa bevanda ha subito un drastico taglio con conseguente accumulo di questa bevanda. I produttori hanno intelligentemente pensato ad un nuovo uso della birra, in particolare in agricoltura. Grazie alle numerose preziose sostanze contenute nella birra abeti e salici di diversi vivai cresceranno più forti e rigogliosi. Non è nota la quantità di birra divenuta fertilizzante, ma si parla di milioni di litri e anche di un’altra sua destinazione a produrre biogas e materiale da compostaggio. Certamente però l’impiego come fertilizzante è quello che affascina di più: in particolare gli abeti di Natale sono stati fertilizzati con la birra e si attende di vedere se le loro chiome trarranno vantaggi da questi trattamenti speciali. Oltre che in Irlanda il problema del nuovo destino da assegnare a grandi quantità di birra prodotte ma non consumate a seguito dell’ isolamento ha riguardato il Belgio. In questo caso i produttori di birra si sono orientati verso la produzione di un nuovo liquore superalcoolico. Si può dire ancora una volta che conoscere la chimica delle sostanze con cui ci confrontiamo nella vita di tutti i giorni ne consente l’uso più intelligente, più economico ed in alcuni casi anche più ecologico.

Elementi della Tavola periodica. Bismuto, Bi. (prima parte)

Rinaldo Cervellati

 Il bismuto (Bi) è l’elemento n. 83 della tavola periodica, collocato nel gruppo 15, 5° periodo, sotto l’antimonio, a fianco di piombo (a sinistra) e polonio (a destra). La sua abbondanza nella crosta terrestre è stimata in 0,0250 ppm, circa dieci volte minore di quella dell’antimonio (stima: 0,20 ppm). È un metallo di post-transizione, con proprietà chimiche che assomigliano a quelle degli elementi più leggeri del gruppo (arsenico e antimonio) detto degli pnictogeni (o famiglia dell’azoto). Il bismuto elementare si può trovare libero in natura, ma più comunemente nei suoi minerali commerciali, solfuro (bismutinite, Bi2S3) e ossido (bismite Bi2O3).

 

 

Figura 1. a) bismuto nativo; b) bismutinite; c) bismite

L’elemento libero è denso (86% rispetto al piombo). È un metallo fragile con un colore bianco argenteo, tuttavia l’ossidazione della superficie gli conferisce una sfumatura iridescente di diversi colori. Il bismuto è l’elemento naturale più diamagnetico e ha uno dei valori più bassi di conducibilità termica tra i metalli.

Il bismuto è noto fin dall’antichità, sebbene fosse spesso confuso con piombo e stagno, con i quali condivide alcune proprietà fisiche. Il nome bismuto risale al 1660 circa ed è di etimologia incerta. Probabilmente deriva dal tedesco antico, Wismut, Wissmuth (inizio del XVI secolo); forse legato all’alto tedesco hwiz (“bianco”). Il nome latino bisemutium, dovuto a Georgius Agricola (1494-1555), che latinizzò molte parole minerarie e tecniche tedesche, proviene dal Wismuth, forse dalla weiße Masse, “massa bianca”.

Figura 2. Georgius Agricola

È uno dei primi 10 metalli ad essere stato scoperto. Poiché il bismuto è conosciuto fin dall’antichità (era noto anche agli Inca, e usato insieme a rame e stagno in una speciale lega di bronzo per coltelli), la sua scoperta non è attribuita a nessuno. Agricola, in De Natura Fossilium (1546 ca), afferma che il bismuto è un metallo distinto in una famiglia di metalli tra cui stagno e piombo. Ciò si basava sull’osservazione dei metalli e delle loro proprietà fisiche.

Figura 3. De la Natura de le Cose fossili e che da la terra si causano

I minatori nell’era dell’alchimia diedero al bismuto il nome tectum argenti, o “fabbricazione dell’argento”, nel senso che l’argento sarebbe ancora in fase di formazione all’interno della Terra.

A partire dal chimico tedesco Johann Heinrich Pott (1692-1777) e dagli svedesi Carl Wilhelm Scheele (1742-1786) e Torbern Olof Bergman (1735-1784), la distinzione fra piombo e bismuto divenne chiara. Claude François Geoffroy (1729-1753) dimostrò definitivamente nel 1753 che il metallo era diverso da piombo e stagno.

Proprietà fisiche

Il bismuto è un metallo fragile con una tonalità bianca, rosa-argento, spesso ricoperto da una patina di ossido iridescente che mostra colori dal giallo al blu. Le variazioni dello spessore dello strato di ossido che si forma sulla superficie del cristallo fanno sì che diverse lunghezze d’onda della luce interferiscano con il riflesso, mostrando così un arcobaleno di colori.

Figura 4. Arcobaleno di colori da cristalli di bismuto

La struttura a spirale dei cristalli di bismuto è il risultato di un tasso di crescita più elevato attorno ai bordi esterni rispetto ai bordi interni. Quando viene bruciato in ossigeno, il bismuto brucia con una fiamma blu e il suo ossido forma fumi gialli. La sua tossicità è molto inferiore a quella dei suoi vicini nella tavola periodica, come piombo, antimonio e polonio.

Fra tutti i metalli, ha uno dei valori più bassi di conduttività termica. Ha un’alta resistività elettrica. Quando depositato in strati sufficientemente sottili su un substrato, il bismuto diviene semiconduttore, nonostante sia un metallo di post-transizione.

Il bismuto elementare è più denso nella fase liquida rispetto a quella solida, caratteristica che condivide con germanio, silicio, gallio e acqua. Si espande al 3,32% nella solidificazione; pertanto, è stato a lungo un componente di leghe a bassa fusione, dove ha compensato la contrazione degli altri costituenti.

Sebbene virtualmente scarso in natura, il bismuto di elevata purezza può formare cristalli di tramoggia distintivi e colorati. È relativamente non tossico e ha un basso punto di fusione appena sopra i 271 °C, quindi i cristalli possono essere coltivati ​​usando una stufa domestica, sebbene questi tenderanno a essere di qualità inferiore rispetto ai cristalli coltivati ​​in laboratorio.

In condizioni ambientali il bismuto condivide la stessa struttura stratificata delle forme metalliche di arsenico e antimonio, cristallizzandosi in una struttura reticolo romboedrico, spesso classificato nei sistemi cristallini trigonale o esagonale. Quando è compressa a temperatura ambiente, questa struttura Bi-I passa dapprima alla Bi-II monoclina a 2,55 GPa, quindi alla Bi-III tetragonale a 2,7 GPa e infine alla Bi-V cubica a corpo centrato a 7,7 GPa (figura 5).

Figura 5. Diagramma di fase del bismuto

Le transizioni corrispondenti possono essere monitorate mediante variazioni della conducibilità elettrica; sono piuttosto riproducibili e improvvise e sono quindi utilizzate per la calibrazione di apparecchiature ad alta pressione.

L’unico isotopo naturale del bismuto, il 209Bi, è stato per lungo tempo considerato l’isotopo stabile più pesante, ma teoricamente era prevista una sua qualche instabilità. Questa fu finalmente dimostrata nel 2003 dai ricercatori dell’Institut d’Astrophysique Spatiale di Orsay (Francia) che riscontrarono l’emissione α dell’isotopo valutandone l’emivita in 2,01 × 1019 anni, oltre un miliardo di volte più lunga dell’attuale età stimata dell’universo. Per questo motivo il bismuto può essere trattato come se fosse stabile e non radioattivo in tutte le applicazioni industriali e farmaceutiche attualmente note. L’emivita estremamente lunga significa che meno di un miliardesimo del bismuto presente alla formazione del pianeta Terra sarebbe decaduto in tallio da allora.

Diversi isotopi di bismuto con emivite brevi si ottengono nelle disintegrazioni radioattive di attinio, radio e torio, e altri sono stati sintetizzati sperimentalmente. Nel 1997, un anticorpo coniugato con l’isotopo radioattivo 213Bi, che ha un’emivita di 45 minuti e decade con emissione di una particella α, è stato usato per trattare i pazienti con leucemia. Questo isotopo è stato anche provato nel trattamento del cancro, ad es. nel programma di terapia alfa mirata (TAT).

Commercialmente, l’isotopo 213Bi bismuto può essere prodotto bombardando il radio con fotoni in un acceleratore lineare di particelle.

Caratteristiche chimiche

Il bismuto è stabile all’aria secca e umida a temperature normali. Quando è rovente, reagisce con l’acqua per produrre ossido di bismuto (III):

2Bi + 3H2O → Bi2O3 + 3H2

Reagisce con fluoro per produrre fluoruro di bismuto (V) a 500 °C o fluoruro di bismuto (III) a temperature più basse; con altri alogeni produce solo alogenuri di bismuto (III). Questi sono corrosivi e reagiscono facilmente con l’umidità, formando ossalidi con formula BiOX (X=Cl, Br, I):

2Bi + 3X2 → 2BiX3

2BiX3 + O2 → 2BiOX + 2X2

Il bismuto si dissolve in acido solforico concentrato per produrre bismuto (III) solfato e anidride solforosa:

6H2SO4 + 2Bi → 6H2O + Bi2(SO4)3 + 3SO2

Reagisce con acido nitrico per produrre nitrato di bismuto (III):

Bi + 6HNO3 → Bi(NO3)3 +3NO2 + 3H2O

Si dissolve anche nell’acido cloridrico, ma solo in presenza di ossigeno:

4Bi + 3O2 + 12HCl → 4BiCl3 + 6H2O

Principali composti

Il bismuto manifesta due principali stati di ossidazione, +3(III) e +5(V) essendo +3 il più comune. Molte delle proprietà chimiche dei suoi composti sono simili a quelli dell’arsenico e dell’antimonio, sebbene siano meno tossici dei derivati ​​di questi elementi .

Ossidi e solfuri

A temperature elevate, i vapori del metallo si combinano rapidamente con l’ossigeno, formando il triossido giallo, Bi2O3. Quando fuso, a temperature superiori a 710 °C, questo ossido corrode qualsiasi altro ossido di metallo e persino il platino. Per reazione con una base, forma due serie di ossianioni: BiO2−, che è polimerico e forma catene lineari, e BiO33−. Questi anioni si trovano in combinazione con cationi alcalini, a es. Li+ e Na+.

L’ossido di bismuto(V), Bi2O5, di color rosso scuro, è instabile, liberando O2 gas per riscaldamento.

Il solfuro di bismuto, Bi2S3, è presente naturalmente nei minerali di bismuto. È anche prodotto dalla combinazione di bismuto fuso e zolfo.

Idruro e bismuturi

A differenza degli pnictogeni più leggeri, azoto, fosforo e arsenico, ma similmente all’antimonio, il bismuto non forma un idruro stabile. La bismutina (idruro di bismuto), BiH3, è un composto endotermico che si decompone spontaneamente a temperatura ambiente. È stabile solo al di sotto di -60 °C. I bismuturi sono composti intermetallici tra bismuto e altri metalli.

Nel 2014 i ricercatori hanno scoperto che il bismuturo di sodio può esistere come “controparte” naturale tridimensionale del grafene, con mobilità e velocità elettronica simili. Il grafene e i materiali simili sono strutture cristalline elettricamente isolanti all’interno ma conduttori in superficie, consentendo loro di funzionare come transistor e altri dispositivi elettronici. Mentre il bismuturo di sodio (Na3Bi) è troppo instabile perché sia utilizzato in questi dispositivi, può dimostrare potenziali applicazioni nei sistemi tridimensionali 3DTDS, che offrono notevoli vantaggi di efficienza e fabbricazione rispetto al grafene lineare nelle applicazioni come semiconduttore.

Alogenuri

Gli alogenuri di bismuto in stati di bassa ossidazione hanno dimostrato di adottare strutture insolite. Quello che originariamente si pensava fosse cloruro di bismuto (I), BiCl, è un composto complesso costituito dai cationi Bi95+ e dagli anioni BiCl52− e Bi2Cl82-.

Il bismuto forma anche un bromuro a basso numero di ossidazione (BiI), che contiene catene con unità Bi4I4. Il monobromuro BiI si decompone per riscaldamento in triioduro, BiI3 e bismuto elementare. .

Nello stato di ossidazione +3, il bismuto forma trialidi con tutti gli alogeni: BiF3, BiCl3, BiBr3 e BiI3. Tutti questi tranne BiF3 si idrolizzano in acqua.

Il cloruro di bismuto (III) reagisce con acido cloridrico in soluzione eterea per produrre l’acido HBiCl4.

Lo stato di ossidazione +5 si riscontra meno frequentemente. Uno di questi composti è il BiF5, un potente agente ossidante e fluorescente. È anche un forte accettore di fluoro, che reagisce con il tetrafluoruro di xeno per formare il catione XeF3+ :

BiF5 + XeF4 → XeF3+BiF6

Il minerale bismoclite contiene ossicloruro di bismuto, BiOCl. L’ossicloruro di bismuto (figura 6) e l’ossinitrato di bismuto (BiONO3) stechiometricamente appaiono come semplici sali anionici del catione bismutile(III) (BiO+) che si forma comunemente nelle soluzioni acquose dei composti acquosi di bismuto. Tuttavia, nel caso di BiOCl, il cristallo del sale si forma in una struttura di piastre alternate di atomi Bi, O e Cl, con ciascun ossigeno coordinato con quattro atomi di bismuto sul piano adiacente.

Figura 6. Struttura dell’ossicloruro di bismuto. Atomi di bismuto in grigio, di ossigeno in rosso, di cloro in verde.

Il minerale bismoclite è usato come pigmento e cosmetico.

Specie acquose

In soluzione acquosa fortemente acida, lo ione Bi3+ viene solvatato per formare lo ione Bi(H2O)83+. A pH> 0 esistono specie polinucleari, la più importante delle quali si ritiene sia il complesso ottaedrico [Bi6O4(OH)4]6+.

Opere consultate

CRC, Handbook of Chemistry and Physics, 85th, p. 4-5

https://en.wikipedia.org/wiki/Bismuth

Pesticidi illegali.

Claudio Della Volpe

Secondo i dati della FAO, che si possono liberamente scaricare e che sono fra i pochi non a pagamento, in tutto il mondo si consumano poco più di 4 Mton di pesticidi, intendendo con questo termine sia sostanze di sintesi che naturali appartenenti alle tre classi degli insetticidi, erbicidi e funghicidi.

Si tratta dunque di una media di un po’ più di mezzo chilo a testa per ogni uomo, donna o bambino del pianeta.

La suddivisione fra i vari continenti è la seguente:

L’Italia (ma anche altri paesi europei)  ha una storia recente di forte diminuzione:

Ma ciononostante il consumo procapite rimane circa il doppio della attuale media mondiale, 1kg a testa, fra i più alti del mondo e ai massimi in UE. In assoluto siamo il sesto utilizzatore mondiale di pesticidi.

In media la metà circa di questo totale sono erbicidi, un terzo sono insetticidi ed un quinto sono funghicidi.

La riduzione italiana è il frutto di  fenomeni contraddittori; secondo Lega Ambiente questa riduzione è il frutto della riduzione della SAU (la superficie agricola utilizzata) totale e dell’aumento delle coltivazioni biologiche che hanno un ridotto consumo di pesticidi.

In questo contesto generale vorrei dire oggi due parole sul fenomeno dei pesticidi illegali, ossia dell’uso in tutto il mondo ma in Europa e in Italia di pesticidi non permessi o comunque distribuiti in modo illegale o usati in modo sbagliato.

Da 5 anni l’UE fa ogni anno una campagna per individuare il commercio di pesticidi illegali, coordinata da Europol e inquadrata nel contesto di una azione periodica chiamata Silver Axe, contro la contraffazione di pesticidi;  quest’anno si è svolta tra gennaio e aprile 2020, e ha coinvolto 32 Paesi, tra cui l’Italia

E’ una azione che rientra nella politica UE, che incentiva fortemente (almeno come principio) la riduzione dei rischi connessi all’utilizzo dei principi attivi autorizzati in agricoltura per la difesa delle piante, in termini di esposizione potenzialmente tossica per l’uomo ed inquinamento della matrice ambientale.

In totale sono state sequestrate 1346 ton di pesticidi illegali, una percentuale apparentemente molto bassa, (il totale europeo consumato è dell’ordine delle 600.000 ton) ma che comunque NON esaurisce il consumo di pesticidi illegali, ma dà un’idea della situazione.

In realtà si tratterebbe della cima dell’iceberg tanto che uno studio dell’Ufficio Ue per la proprietà intellettuale (Euipo), stima che tra il 10% e il 14% del mercato Ue dei pesticidi sia interessato dal commercio illegale che frutta fino a 70 euro per ogni kg di prodotto contraffatto, il valore della merce sequestrata sarebbe dunque pari a 94 milioni di euro.

https://www.ansa.it/europa/notizie/proprieta_intellettuale/2020/06/05/europol-sequestro-1346-ton-di-pesticidi-illegali-in-32-paesi_55b1e3d7-a900-4783-b427-4fc108ac789b.html

https://euipo.europa.eu/tunnel-web/secure/webdav/guest/document_library/observatory/resources/research-and-studies/ip_infringement/study10/pesticides_sector_it.pdf

Se le stime dell’Euipo sono corrette stiamo parlando di una quantità di pesticidi dell’ordine di 60-100.000 ton in tutta Europa, dunque dell’ordine del consumo di un paese grande come l’Italia o più; e nel nostro paese di una quantità pari a 10.000 ton, non le misere 16 che sono state sequestrate recentemente in provincia di Viterbo.

Alcuni gruppi criminali che trafficano pesticidi sono coinvolti in altre attività come il traffico di sigarette contraffatte e il commercio illegale di prodotti farmaceutici, sostiene Europol. Il commercio di pesticidi illegali include anche l’importazione di sostanze vietate come il clorpirifos.

In un bell’articolo di Internazionale pubblicato sul numero di luglio (1366, pag 42) e tradotto dal De Groene Amsterdammer, dal titolo significativo “Un crimine a buon mercato”, il giornalista Rasit Elibol racconta la situazione svelata dalle inchieste europee ma anche i retroscena legati alle leggi che di fatto facilitano o perfino consentono questo tipo di traffici illegali.

Se volete arricchirvi con il contrabbando, lasciate perdere le droghe, le armi, l’alcol e le sigarette e dedicatevi ai pesticidi. Come sostiene Rob de Rijck, coordinatore nazionale per i crimini ambientali e pubblico ministero nel caso dei sei container: “Chi si macchia di questo delitto non deve avere troppa paura della pena, ammesso che sia denunciato. Quello dei pesticidi illegali sembra un problema del tutto sottovalutato. Non so dire perché”.

Il crimine è semplice e comporta pochi rischi: si comprano pesticidi cinesi che costano dai quindici ai venti euro al litro e li si rivendono in Europa a ottanta, cento euro al litro. Tolte le spese d’imballaggio e di trasporto, il guadagno netto è di quasi cinquanta euro al litro. “Con un carico da 160 tonnellate si intascano otto milioni di euro. È un’attività molto redditizia”, spiega Rien van Diesen, che lavora all’Europol ed è il maggior esperto in materia di contrabbando di pesticidi.

……

In Italia, dove la vendita di pesticidi illegali comporta solo una multa, ne sono state sequestrate 1.053 tonnellate negli ultimi tre anni, e sono state inflitte 668 sanzioni. Dal 2015 almeno quattro casi sono finiti in tribunale. Uno ha portato a una condanna a un anno di prigione e multe tra i mille e i seimila euro. Due processi sono ancora in corso.

In Italia La strage delle api friulane(foto dal Fatto Quotidiano)

“L’introduzione in Italia di prodotti vietati è stata depenalizzata nel 1999, quindi perché ci sia un reato e si vada a processo si deve configurare il pericolo per la salute pubblica, oppure il disastro ambientale”, spiega IrpiMedia, partner italiano del consorzio di giornalisti che ha realizzato l’inchiesta sui pesticidi pubblicata in queste pagine. Oltre al traffico di sostanze illegali, un altro problema è rappresentato dall’uso improprio di quelle autorizzate. Uno dei casi più gravi è quello scoperto nel 2018 in provincia di Udine in seguito a una grave moria di api: quasi duecento agricoltori della zona sono finiti sotto processo per uso improprio del Mesurol, una sostanza prodotta dalla Bayer. Il processo dovrebbe concludersi a settembre. Dal 3 aprile di quest’anno il Mesurol è illegale in Italia.

La conclusione di questo breve excursus è che il contrabbando di pesticidi illegali o l’uso improprio di pesticidi non può essere considerato un reato minore, suscettibile solo di una multa; occorre cambiare prospettiva, e dare a questo tipo di reati il significato che hanno: sono un danno ambientale grave, che dura lungo tempo, che può avere ricadute sia ecologiche che di salute importanti sia per gli operatori agricoli che per tutti noi; non stiamo parlando badate di eliminare tutti i pesticidi (anche se, a mio parere, la prospettiva di una forte riduzione ha senso e ci sono gli strumenti per realizzarla); stiamo parlando di usarli secondo le norme che ci sono e che (contrariamente a quanto si pensa) sono abbastanza forti e limitative da stimolare un mercato clandestino fuori di esse.

Almeno questo è doveroso farlo SUBITO.

Secondo il rapporto dell’EFSA in Italia i residui di pesticidi (legali o meno) che si trovano nei cibi nel 98% dei casi sono sotto la soglia di limite massimo di residuo (LMR, per i 1/3)) e in gran parte sono addirittura sotto la soglia di quantificazione (LDQ, per 2/3), solo nel 2% dei casi si supera LMR; rimane scoperto il discorso delle sinergie fra le varie molecole.

http://www.efsa.europa.eu/it/interactive_pages/Pesticides_report_2017

Non sono risultati di cui andare fieri, anche se sono i migliori d’Europa; ma quali sono le conseguenze se il pesticida è addirittura un pesticida illegale? La cui composizione è anche sconosciuta? E secondo UE, almeno in un settimo degli usi siamo potenzialmente di fronte ad un pesticida illegale o ad un suo uso illegale; pensiamoci.

Come chimici dobbiamo prendere posizione.

Una riflessione su Beirut.

Luigi Campanella, già Presidente SCI

La tremenda esplosione che ha distrutto il quartiere del porto di Beirut seminando morte e dolore ha lasciato sgomenti. Delle  ipotesi che possano spiegarla deve essere scartata quella dell’ignoranza, in quanto le proprietá del nitrato di ammonio sono fra quelle più note al grande pubblico, anche dei non addetti.

Si tratta di un sale relativamente comune, poco costoso, relativamente maneggevole, impiegato come fertilizzante, ma anche per applicazioni particolari,come la produzione del ghiaccio istantaneo, utilizzato come anti dolorifico: a contatto con l’acqua infatti il sale si scioglie assorbendo calore con produzione di ghiaccio.

Ben più note sono le sue applicazioni in agricoltura come fertilizzante alle quali si accennava più sopra o in ingegneria mineraria per esplosioni controllate: il suo bilancio in ossigeno ne è l’indicatore più evidente.

Questa proprietà gli ha purtroppo aperto la strada del terrorismo, malgrado la emanazione di norme destinate a ridurne la libera circolazione. Fra le ipotesi che sono state formulate per spiegare l’esplosione c’è stata anche quella dell’incidente basandosi sulla storia di questo sale che si è reso in passato responsabile di molti incidenti mortali: quello che ha reso  l’ultimo episodio enormemente più cruento è stata la quantità di sale stoccato ed esploso, circa 3 mila tonnellate.

Il primo episodio di esplosione di cui si ha notizia risale al 1916 nella cittá di Faversham nel Kent, Inghilterra: esplosero 700 tonnellate di ammonio nitrato con 115 morti,  dato  confrontabile con quello di questi giorni. Soltanto 5 anni dopo in Germania nello stabilimento per i fertilizzanti della BASF ad Oppau si è prodotta un’esplosione che ha portato alla morte di oltre 500 persone ed al ferimento di quasi 5000. Il terzo episodio importante è avvenuto durante la seconda guerra mondiale in Belgio con quasi 200 morti e 1000 feriti: è questo dei vari episodi quello dove la colpa dell’uomo e della sua ignoranza è più evidente, in quanto tutto è avvenuto per un colpevole tentativo di separare fra loro vari composti dell’ammonio fra i quali il nitrato.

Sembra quasi dimostrare quanto sia errato parlare di eccellenze tecniche solo su base geografica l’episodio successivo che riguarda la Francia: in questo caso l’errore umano é ancora più macroscopico, in quanto l’esplosione avviene per il colpevole rilascio al terreno di un mozzicone di sigaretta; siamo nel 1947 ed il teatro del dramma è la nave francese Grandcamp ancorata nel porto di Texas City; sono oltre 500 i morti e siccome l’esplosione avviene in 2 tempi e fra il primo ed il secondo si accumula al porto una folla di curiosi alcuni dei morti sono proprio fra i cittadini.Vista aerea di texas City 16 aprile 1947

Il 1947 è un anno no per il nitrato di ammonio: un’altra nave, un cargo  norvegese si incendia nel porto di Brest e solo la grande professionalità del capitano evita una strage, muoiono 26 persone. Gli episodi più recenti riguardano Corea del Nord e Cina rispettivamemte negli anni 2004 e 2015: altre centinaia di vittime che però non hanno insegnato niente visto quanto avvenuto.

Molte volte le conoscenze chimiche sono difficilmente trasferibili ai non addetti, anche non si può ammettere l’esistenza di un deposito di prodotti chimici senza la presenza di un responsabile tecnico, ma nel caso delle proprietà del nitrato di ammonio queste sono ben note a quasi tutti, al pari ,per fare un esempio, dell’infiammabilità dell’alcool e quindi l’ignoranza non è altro che colpa!

Quando muoiono centinaia di innocenti è impossibile solo pensare ad una compensazione, ma ora alla scienza si apre una grande opportunità: risanare l’ambiente martoriato dall’esplosione, bonificare le derrate alimentari avvelenate, ristabilire condizioni di igiene, sanitá e sicurezza per tutti i libanesi di Beirut

Elementi della tavola periodica. Il Vanadio nel sistema solare

Diego Tesauro

Il Vanadio, come riportato nei precedenti post, è il ventesimo elemento per abbondanza della crosta terrestre, quarto fra gli elementi di transizione, essendo presente in modo ubiquitario,  contenuto in quasi 70 diversi minerali, oltre che nei combustibili fossili e nelle sabbie bituminose. Ma la sua nucleosintesi come  è avvenuta? E quale interesse riveste oggi la sua presenza nei corpi extraterrestri del sistema solare?

Come tutti gli elementi della prima serie dei metalli di transizione del blocco d, il vanadio ha avuto origine a seguito di esplosioni di stelle super-massicce come supernove di tipo II b oppure in esplosioni di nane bianche come supernove di I a. In questi eventi, con un processo di cattura neutronica di tipo r, i nuclei crescono di dimensioni e si arricchiscono di neutroni. Questo processo di nucleosintesi spiega l’esistenza dell’isotopo 51V con un elevato rapporto neutroni vs protoni. Tra gli elementi di transizione della prima serie nell’universo, contrariamente alla crosta terrestre, è tra i meno abbondanti, penultimo precedendo solo lo scandio. L’isotopo 51V costituisce il 99.75% del Vanadio naturale, mentre per l’altro 0.25% è presente l’isotopo 50V. Questo rapporto presente sulla Terra non sempre si ripete esattamente nel sistema solare, in particolare possono verificarsi leggere variazioni. L’esistenza di due soli isotopi stabili rende però difficile determinare la causa per la quale i rapporti isotopici non sono uguali a quelli riscontrati sulla Terra.

I recenti progressi nelle tecniche e procedure di separazione chimica per la misurazione delle composizioni isotopiche di vanadio, hanno fornito una maggiore quantità di dati provenienti da differenti materiali provenienti dal Sistema Solare. In particolare un gruppo di ricercatori del Woods Hole Oceanographic Institution [1] è riuscito a mettere in correlazione il rapporto isotopico del vanadio presente in diverse meteoriti condriti ed altri elementi di transizione quali il 54Cr un isotopo altrettanto ricco di neutroni.

Figura 1: Meteorite Condrite

Le condriti (figura 1) sono meteoriti rocciose con la stessa composizione chimica dei planetesimi, cioè di quei piccoli corpi freddi, che diedero origine con la loro aggregazione, ai pianeti del sistema solare. Avendo un’età stimabile intorno ai 4.6 miliardi di anni sono dei reperti fossili che possono fornire informazioni sull’origine del sistema solare. Analizzando 10 condriti carboniose e 11 ordinarie, pur mostrando una gamma limitata di composizioni di isotopi di vanadio, (con una variazione della quantità di 51V= -1,20 ± 0,22 ‰), sono emerse differenze tra diversi gruppi di meteoriti. Tre sono le possibili spiegazioni per la variazione di rapporto isotopico: processi di frazionamento isotopici stabili, proporzioni variabili di materiale irradiato o distribuzione eterogenea di materiale nucleosinteticamente anomalo. I ricercatori attribuiscono a questa causa il dato riscontrato.  La composizione isotopica del Vanadio del pianeta Terra è più ricca dell’isotopo pesante di quanto non lo sia quella dei meteoriti analizzati finora. Se questo è vero, e dovrà essere supportato da un numero di maggiori dati, sembrerebbe suggerire che la Terra sia stata arricchita da materiale, forse per una porzione significativa, non condritica ma che non è ancora stata ritrovata nei campioni raccolti dai meteoriti. Sempre recentemente un gruppo di geologi britannici dell’università di Oxford [2] ha riportato la composizione isotopica del vanadio per 19 basalti lunari, scoprendo che le composizioni isotopiche sono correlate al tempo di esposizione ai raggi cosmici ad alta energia. Più a lungo una roccia di superficie lunare è esposta, più leggera è la sua composizione isotopica di vanadio cioè si arricchisce del isotopo 50V. Questi dati supportano l’idea che la causa dominante delle variazioni isotopiche del vanadio nel nostro Sistema Solare sia quindi dovuta agli effetti cosmogenici. Pertanto le composizioni isotopiche pre-esposizione sarebbero state simili tra condriti, Terra e Luna. Il lavoro futuro non solo contribuirà a far progredire la comprensione delle composizioni isotopiche del vanadio e dei processi responsabili delle variazioni, ma anche delle questioni più ampie dei processi nebulari planetari e solari, e in definitiva la nostra comprensione dei mattoni che hanno permesso alla Terra e alla Luna di formarsi.

Oltre a studi sulla formazione del Sistema solare Il vanadio potrebbe costituire un marker per la vita su Marte. Affiancando la spettroscopia Raman sulla materia organica, potrebbe confermare la presenza di microfossili sul pianeta rosso. Tre anni fa dall’università del Kansas è venuta una proposta per la NASA per esperimenti da far svolgere alla missione Mars 2020, partita dal Cape Canaveral il 30 luglio scorso con il rover Perseverance (https://mars.nasa.gov/mars2020/mission/overview/) (Figura 2).

Figura 2: Il rover Perseverance sulla superficie di Marte, dove si poserà nel cratere Jezero, il 18 febbraio 2021

Tra gli scopi della missione c’è al ricerca di tracce fossili della vita su Marte.  Su Marte, come sulla Terra, le rocce nei loro complessi movimenti in miliardi di anni possono, ad alta temperatura e alta pressione, distruggere le molecole organiche prodotte da forme di vita fossili. A questo punto cercare il vanadio con la microscopia ai raggi X potrebbe essere di aiuto [3]. E’ noto che il vanadio si ritrova nei combustibili fossili. Infatti, come riportato, nel precedente post, oggi la maggior parte delle emissioni nell’atmosfera di questo metallo, avviene a seguito dell’uso dei combustibili fossili. Il vanadio si ritrova nei combustibili fossili in quanto, dopo l’interramento delle sostanze organiche di origine biotica, per stress termico, lo ione vanadile sostituisce il magnesio nella porfirina della clorofilla (Figura 3).

Figura 3 : Complesso di Vanadio con la clorofilla

Analogo processo può essere avvenuto su Marte costituendo a questo punto un marker inconfondibile di sostanze organiche di natura biologica. Infatti un loro rinvenimento mediante la spettroscopia Raman in grado di rilevare il carbonio cellulare, potrebbe non essere scontata in quanto la natura delle sostanze organiche potrebbe avere origine abiotica.

Riferimenti

  1. Nielsen, S. G., Auro, M., Righter, K., Davis, D., Prytulak, J., Wu, F., and Owens, J. D. (2019) Nucleosynthetic Vanadium Isotope Heterogeneity of the Early Solar System Recorded in Chondritic Meteorites, Earth and Planetary Science Letters, v. 505, p. 131-140, doi: 10.1016/j.epsl.2018.10.029.
  2. Hopkins, S. S., Prytulak, J., Barling, J., Russell, S. S., Coles, B. J., and Halliday, A. N. (2019) The Vanadium Isotopic Composition of Lunar Basalts, Earth and Planetary Science Letters, v. 511, p. 12-24, doi: 10.1016/j.epsl.2019.01.008.
  3. Marshall, C.P., Olcott Marshall A., Aitken, J.B., Lai, B., Vogt S., Breuer, P., Steemans, P.,  P. A. Lay (2017) Imaging of Vanadium in Microfossils: A New Potential Biosignature (2017) Astrobiology v.11, p. 1069-1076, doi.org/10.1089/ast.2017.1709