Botta, risposta e controrisposta: un vivace scambio fra due professori di UniBo sui temi di energia, ambiente e risorse.

Vincenzo Balzani e Gian Battista Vai

Ospitiamo qui tre articoletti pubblicati nella rubrica settimanale di Bo7-Avvenire a firma di due professori di Unibo: Vincenzo Balzani, Chimico e Gian Battista Vai, Geologo. Lo facciamo perché le questioni sono le solite che affrontiamo su queste pagine e in più i riferimenti alla realtà locale ed attuale sono numerosi, così acquista senso ogni parola che si dice, ogni proposta che si fa. L’ambiente bolognese è molto vivace e storicamente Bologna è una città che ha rappresentato e rappresenta un punto ed un momento “centrale” per il nostro paese. Infine un chimico ed un geologo su posizioni opposte non sono un caso perché spesso questi due settori si confrontano sui temi del clima e delle risorse e le posizioni qui riportate non sono poi così isolate. Fra l’altro, e concludiamo, chimici e geologi sono presenti entrambi nella commissione internazionale che sta discutendo se introdurre  il termine Antropocene nella suddivisioni stratigrafiche della geologia (Anthropocene Working Group); i Chimici fanno formalmente parte di questo comitato nella persona dei grandi scopritori del cosiddetto “buco dell’ozono” (Crutzen e altri grandi chimici), e su questa questione torneremo nei prossimi post perché non si tratta di lana caprina, ma di sostanza scientifica e sociale.

Avvenire, Bo7, domenica 4 ottobre: L’Astronave Terra

Vincenzo Balzani, docente emerito di Chimica, Università di Bologna

Il Patto sul Lavoro e sul Clima

Diminuire la disoccupazione e frenare il cambiamento climatico sono due priorità che ogni istituzione deve porsi per trasformare l’uscita dalla crisi pandemica in una opportunità volta a risolvere i problemi che già affliggevano la società. Su questa linea, la Regione Emilia-Romagna ha lanciato il Patto sul Lavoro e sul Clima. Affinché il Patto abbia successo è necessario, anzitutto, fare chiarezza su quali produzioni o iniziative vadano incentivate, sostenute o disincentivate, senza cadere in contraddizioni: ad esempio, non si può ridurre la disoccupazione creando posti di lavoro che distruggono l’ambiente, o che siano dannosi per la salute dei lavoratori.

Per combattere il cambiamento climatico è necessario ridurre, fino ad azzerare, l’uso dei combustibili fossili e, contemporaneamente, accelerare lo sviluppo delle energie rinnovabili che sono pienamente mature. Basti pensare che il fotovoltaico converte la luce del Sole in energia elettrica con una efficienza di circa il 20%, quasi cento volte maggiore dell’efficienza della fotosintesi clorofilliana. Fotovoltaico ed eolico oggi sono le due tecnologie che forniscono energia elettrica ai costi più bassi, anche tenendo conto dell’integrazione con sistemi di accumulo.

Il bilancio della transizione energetica sarà certamente positivo per l’occupazione perché nel settore delle energie rinnovabili il rapporto fra posti di lavoro e capitale investito è almeno 3 volte superiore a quello dei combustibili fossili. Ci saranno, ovviamente, lavoratori da proteggere, riconvertire e riqualificare, ma bisogna evitare di conservare posti di lavoro che non hanno futuro e di allungare la vita dei combustibili fossili con iniziative fuori tempo come la costruzione di gasdotti, di infrastrutture per liquefare/rigassificare o stoccare in sovrapressione il metano, o fuori da ogni logica, come cattura e stoccaggio della CO2. È necessario estendere l’uso dell’energia elettrica nell’industria, nell’agricoltura, nella climatizzazione degli edifici e soprattutto nella mobilità, cominciando dal settore pubblico. Quindi, più treni, tram e autobus elettrici, meno autostrade, nessun sostegno alla produzione di auto altamente inquinanti e di lusso e trasferimento alle energie rinnovabili dei numerosi sussidi di cui godono i combustibili fossili.

Il Patto sul Lavoro e sul Clima dovrà non solo “fare”, ma dovrà anche informare, sollecitare e sostenere i cittadini affinché ciascuno possa dare un suo contributo a questa epocale transizione energetica.

Replica del prof Vai al “Patto per lavoro e clima” Bo7 18.10.20, p. 2 (articolo di V. Balzani)

Disoccupazione, lavoro, sanità, terremoti, alluvioni, eruzioni sono le priorità dell’Italia, non “frenare il cambiamento climatico” meno impellente e poco sostenibile. Sarebbe più onesto e meno strumentale cambiare il titolo in “Patto per il Lavoro” al tempo delle macerie crescenti del Covid.

I posti di lavoro da creare sono quelli sostenibili e efficaci per le priorità indicate. Il clima e la sua visione manichea e catastrofica vengono dopo. Proporre di “azzerare il cambiamento climatico” è un insulto alla storia e alla Provvidenza e alla natura, più forti del piccolo uomo. L’uso dei combustibili fossili è e sarà necessario ancora per decenni fino alla scoperta di un vero sostituto. Diversamente non si rischierebbero guerre per accaparrarsi le riserve crescenti anche in Mediterraneo. Eolico e fotovoltaico (EF), dopo 30 anni di incentivi ideologici, a livello globale pesano per l’ 1,5% (6,5% nella generazione elettrica). Solo rapporti compiacenti affermano che EF sono meno costosi del gas. Se fosse vero l’Italia che ne è primatista non continuerebbe a pagare l’energia il 30% in più degli altri paesi, dopo aver speso 230 miliardi di Euro per vent’anni di incentivi e averne investito altri 230 fino al 2035 (SEN). Nell’affare EF in Italia ci hanno guadagnato solo Cina, Germania, e mafie. In particolare, l’E in Italia è stato uno spreco colossale per il poco vento e la geologia del territorio che ne aumenta i costi (non contabilizzati nelle statistiche) di impianto di pale mostruose e reti, che sono fonte di frane e instabilità. Posti di lavoro per EF in Regione se ne sono visti pochi, mentre quelli perduti per criminalizzare gli idrocarburi sono molti e cresceranno ancora, col rammarico di aver distrutto col capitale umano un settore di eccellenza e competitività (analoga negli anni ’90 l’asfissia dell’eolico bolognese alla Riva-Calzoni sempre per mancanza di strategia energetica nazionale!). Il futuro ci dirà quali progetti energetici siano “fuori tempo … o fuori da ogni logica”, non liste di proscrizione ideologiche. Di fatto gasdotti, liquefazione/rigassificazione, stoccaggio di metano e di anidride carbonica sono cruciali per l’Italia, quando nel mondo il fossile riceve molti più investimenti del cosiddetto green ( 800 vs 550 miliardi di $ nel 2018). L’intensità carbonica dell’energia è stabile negli ultimi 30 anni a 2,39 nel 1990 e 2,32 nel 2018, ma in crescita nella generazione elettrica. Negli ultimi otto anni la CO2 da fossile è aumentata dell’1,1% per anno. I costi stimati della transizione energetica vanno da 1600 miliardi di $ per anno entro il 2050 a 7000 se anticipata al 2030: forse l’equivalente dei soli danni del Covid. Chi vuol fare ponti allo spreco oggi, indebitando il futuro?

Sono fiero di aver contribuito in concreto alla TAV Bologna-Firenze. Perciò al Patto per il Lavoro della Regione consiglierei solo di escludere progetti spreconi, obsoleti, inefficaci, inquinanti, quindi insostenibili, come il Passante di Mezzo Autostradale di Bologna (questo sì fuori tempo e fuori da ogni logica).

Gian Battista Vai, docente di Geologia, Università di Bologna

Controcanto.

Replica di Vincenzo Balzani alla lettera del prof. Gian Battista Vai

Alla Conferenza di Parigi del dicembre 2015, 195 nazioni hanno riconosciuto nelcambiamento climatico la minaccia più grave per l’umanità. L’enciclica Laudato si’ di papa Francesco, pubblicata 4 mesi prima, discute il problema del cambiamento climatico in 14 punti. In particolare, i paragrafi dell’enciclica dal 23 al 26 parlano solo del cambiamento climatico. Mi chiedo se il prof. Vai abbia mai letto questi due fondamentali documenti.

Frenare il cambiamento climatico, già in atto, non è, come sostiene il prof. Vai, “un insulto alla storia, alla Provvidenza e alla natura”, ma un dovere per ogni persona responsabile e, in particolare, per ogni cristiano. La Terra è la nostra casa comune ed è dovere di tutti custodirla.

Al paragrafo 23 dell’enciclica, papa Francesco scrive: “Esiste un consenso scientifico molto consistente che indica che siamo in presenza di un preoccupante riscaldamento del sistema climatico dovuto all’uso intensivo di combustibili fossili”.  Al paragrafo 165 aggiunge “I combustibili fossili devono essere sostituiti senza indugio, ma la politica e l’industria rispondono con lentezza, lontane dall’essere all’altezza delle sfide”.  Al paragrafo 26 incalza: “E’ diventato urgente lo sviluppo di politiche affinché i combustibili fossili vengano sostituiti da fonti di energia rinnovabile”; poi denuncia: “Molti di coloro che detengono più risorse e potere economico o politico sembrano concentrarsi soprattutto nel mascherare i problemi o nascondere i sintomi del cambiamento climatico”. Al paragrafo 25 papa Francesco ricorda che il cambiamento climatico, causato dall’uso dei combustibili fossili nei paesi ricchi, “è un problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche. Gli impatti più pesanti ricadranno nei prossimi decenni sui Paesi in via di sviluppo e sui poveri”.

Tutte le affermazioni specifiche del prof. Vai sono facilmente confutabili. Per ragioni di spazio mi limito a quanto segue. Secondo il Ministero dell’Ambiente, i combustibili fossili, ricevono sussidi per 16,9 miliardi di euro all’anno, mentre le energie rinnovabili, il cui sviluppo deve rimediare i guai causati dai combustibili, ricevono sussidi per 13,7 miliardi. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, su scala mondiale i combustibili fossili ricevono cinquemila miliardi di dollari di sussidi. Che i costi per produzione di elettricità con fotovoltaico ed eolico siano minori di quelli delle centrali a gas non lo dicono “rapporti compiacenti”, come insinua il prof. Vai, ma agenzie internazionali come IRENA, IEA-World Energy Outlook 2020, e Lazard’s Levelized Cost of Energy Analysis. La transizione energetica comporterà un aumento di posti di lavoro poiché nel settore delle energie rinnovabili il rapporto fra posti di lavoro e capitale investito è almeno 3 volte superiore a quello del settore dei combustibili fossili. In Europa nella prima metà del 2020 più del 50% dell’elettricità è stata prodotta dalle energie rinnovabili. Fotovoltaico e eolico dominano, con una quota del 70%, il mercato della nuova potenza elettrica installata.

 

Un post di Fridays for Future

Questo post è un po’ particolare ; non l’abbiamo scritto noi della redazione  o uno di voi lettori, ma un gruppo di ragazzi di varie età che abbiamo imparato a conoscere nei mesi passati, i ragazzi di Fridays for future; al di là delle singole idee o della loro correttezza tecnica rimangono due cose; l’impostazione per il cambiamento radicale e la rabbia che esprime questo post; cittadini del futuro, nostri figli o nipoti  che ci scrivono oggi cosa pensano e sempre più penseranno delle scelte fallimentari sul clima e l’ambiente che hanno caratterizzatoe stanno caratterizzando  la nostra generazione.

Per questo abbiamo deciso di dare spazio a questo testo, alcuni di noi lo hanno firmato, leggetelo con attenzione, è una richiesta ma anche una sfida che non possiamo rifiutare di affrontare.

La pandemia Covid-19 è un esempio dei problemi che la biosfera martoriata da un modo di produrre assurdo ci obbliga a prendere in considerazione; il riscaldamento globale non si è fermato nel frattempo, anzi. Così come l’inquinamento dell’Oceano o i problemi relativi alle risorse energetiche e minerali, di cui abbiamo discusso spesso sul blog.

Eppure tutto ciò non ha scalfito i modi di affrontare le cose dei nostri politici e della nostra classe dirigente economica; come chimici e scienziati dobbiamo essere solidali con questi ragazzi ed aiutarli a vedere sempre meglio e con più chiarezza cosa occorre fare per affrontare non solo questa, ma anche le altre sfide che la biosfera ci porrà: come per la pandemia il riscaldamento globale ci obbliga a rivedere tutto il nostro modo di produrre e consumare; nulla potrà essere come prima, nulla dovrà essere come prima se no torneremo ad avere altre calamità; perché di queste calamità non è responsabile un cinese sporco e cattivo ma noi tutti col nostro modo di produrre e consumare.

State scrivendo il Recovery Fund pensando agli anni Venti. Ma del Novecento

Finora i pacchetti di stimolo italiani sono stati pessimi dal punto di vista climatico: secondo gli ultimi studi sono stati i peggiori in Europa, e tra i peggiori del G20. Il Next Generation EU (in Italia chiamato Recovery Fund) delineerà i prossimi 70 anni: non può essere scritto solo da chi ora ha 70 anni.

Ecco sette punti che il governo deve includere. Fateci decidere sul nostro futuro!

Firma la Lettera

Aggiungi il tuo nome a quello di centinaia di attivisti e fai sentire la tua voce!

Condividila sui social

Scarica le grafiche per post e storie e pubblica la lettera sul tuo profilo.

Scrivi al Governo

Scrivi su Twitter al Presidente Conte e al Ministro Costa!

State scrivendo il Recovery Fund pensando agli anni Venti. Ma del Novecento!

La crisi climatica è stata descritta come “una pandemia al rallentatore”. Entrambe infatti sono “invisibili” all’inizio. Entrambe riguardano l’intero pianeta e affliggono tutti, ma colpiscono le categorie più fragili con maggiore violenza. Per entrambe, le soluzioni coincidono con grandi cambiamenti su scala globale.

Ma la crisi climatica, oltre una certa soglia, è irreversibile. Se superiamo il punto di non ritorno non esisterà un “vaccino” in grado di salvarci. Ogni anno avremo perdite annuali del PIL italiano crescenti, che raggiungeranno l’8% nel 2100 (come spiega il rapporto del Centro euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici). Significa che rischieremo di avere ogni anno i danni economici che stiamo vivendo quest’anno a causa della pandemia!

Ci troviamo quindi di fronte ad un punto cruciale: non possiamo credere di risolverla continuando con il business as usual. Nonostante questo, i pacchetti di stimolo finora approvati dal nostro paese sono stati i peggiori in Europa dal punto di vista della transizione ecologica, e tra i quattro peggiori di tutto il G20 (insieme a USA, Giappone e Australia).

Perché solo sette anni?

Tra sette anni avremo esaurito il budget di CO2 che ci dà il 67% di possibilità di limitare il surriscaldamento globale entro +1.5°C rispetto ai livelli preindustriali. La comunità scientifica ci dice chiaramente che un mondo più caldo di oltre 1.5 o 2°C mette a rischio le nostre stesse condizioni di vita, e neanche le migliori tecnologie ー che comunque non abbiamo ancora sviluppato ー potranno invertire i processi che si innescheranno. 

Nell’Accordo di Parigi vi siete impegnati a rispettare questo limite. Ma le emissioni stanno continuando ad aumentare, e la finestra di tempo che ci resta sta per chiudersi. Dobbiamo agire adesso se vogliamo avere una chance di risolverla.

Poche idee, ma ben confuse: Italia la peggiore in Europa

È questo il messaggio del Green Stimulus Index elaborato da Vivid Economics, che analizza in quale misura i pacchetti di stimolo post Covid dei vari paesi favorirebbero la transizione ecologica. Per l’Unione Europea il GSI è relativamente alto, intorno ai 40 punti. L’Italia però, tra i paesi analizzati, è quello con le performance peggiori: il suo GSI è addirittura negativo: meno 16 punti, il peggiore in Europa e tra i peggiori di tutti i paesi del G20 (insieme a Giappone, Australia e USA). 

Questa situazione vergognosa deriva da tre aspetti: non sono stati finanziati i settori di ricerca e sviluppo nel campo delle tecnologie sostenibili; non si è investito nelle “Nature-based Climate Solutions” (“soluzioni basate sulla natura”); si è concesso un salvataggio ad Alitalia senza condizionalità sulla decarbonizzazione. Le uniche eccezioni sono l’Ecobonus al 110% e gli incentivi ai piccoli Comuni per l’efficientamento energetico, nel Decreto Crescita (qualche decina di milioni). Briciole.

Se piove di quel che tuona…

L’Italia con i suoi piani di stimolo ha fatto poco o nulla. L’ultima occasione di invertire la rotta è data dal Next Generation EU (che in Italia ci ostiniamo a chiamare Recovery Fund): a livello europeo il 37% dei fondi sarà destinato alla transizione ecologica. Ma i primi progetti che trapelano sono la rappresentazione più classica del business as usual.

Eni avrebbe chiesto 12 miliardi di euro per la realizzazione dell’impianto di stoccaggio di CO2 a Ravenna, nel mar Adriatico, per produrre idrogeno blu (cioè da fonte fossile). Il ministero dei Trasporti sembra intenzionato a chiedere diversi miliardi per completare o costruire nuove autostrade. Ad alcuni territori potrebbe anche essere accordata una corsia preferenziale nell’uso dei fondi europei per realizzare inceneritori. Non possiamo continuare così: investire nel fossile non solo non è più accettabile, ma non è nemmeno economicamente vantaggioso

Da dove partire? Il PNIEC è imbarazzante

Per dare all’Italia una strategia chiara verso la decarbonizzazione, sarà fondamentale rivedere gli obiettivi del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, ad oggi ampiamente insufficienti, attribuendo a questo strumento risorse e norme finalizzate alla conversione verso il 100% di energia rinnovabile. Così come bisogna specificare meglio i pilastri del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che per ora parlano solo di una vaga “rivoluzione verde”: oltre al fatto che “verde” non significa nulla di per sé, essi vanno spesso nella direzione opposta, continuando a garantire finanziamenti ad opere e infrastrutture che non hanno nulla a che vedere con la mitigazione delle emissioni. 

7 punti che non devono mancare

La nostra campagna Ritorno al Futuro condivide molti degli obiettivi proposti da importanti associazioni italiane (Legambiente, Kyoto Club, Forum Disuguaglianze e Diversità, tra le altre). Abbiamo individuato sette proposte imprescindibili, senza le quali nessun Next Generation EU potrà definirsi davvero tale.

  1. Fonti rinnovabili: i finanziamenti del Recovery Fund vanno utilizzati per realizzare impianti eolici offshore e onshore, investire nel fotovoltaico, favorire le comunità energetiche e l’autoproduzione da fonti rinnovabili. Bisogna eliminare i 18 miliardi annui di sussidi ambientalmente dannosi e approvare una carbon tax i cui proventi vengano utilizzati in ottica redistributiva. L’obiettivo dev’essere arrivare a 100% di energia prodotta da fonti rinnovabili entro il 2030.
  2. Consumi energetici: ridurre del 50% i consumi energetici del patrimonio edilizio pubblico e privato. Accelerare gli interventi di efficienza energetica su scuole, ospedali, uffici pubblici, edilizia sociale; semplificazione amministrativa degli interventi di riqualificazione energetica e sostituzione di edifici con prestazioni di Classe A.
  3. Mobilità sostenibile: finanziare l’elettrificazione delle linee ferroviarie per il trasporto di merci e persone; rilanciare le infrastrutture di mobilità sostenibile (trasporto pubblico, sharing, colonnine di ricarica) nelle aree urbane. Entro il 2030 ecco le grandi opere che proponiamo: 200 km di metropolitane, 250 km di servizi tramviari metropolitani, 5.000 km di percorsi ciclabili e nessuna infrastruttura stradale che sia in competizione con queste per il trasporto di merci e persone.
  4. Riconversione industriale: investire nei settori industriali strategici della  decarbonizzazione con priorità ad automotive elettrico per la mobilità pubblica, batterie, idrogeno verde, elettrificazione e digitalizzazione dei porti e del trasporto pubblico locale.
  5. Adattamento al clima dei territori: finanziare piani e interventi di adattamento climatico nei territori idrogeologicamente vulnerabili. Rafforzare le attività di monitoraggio degli impatti sanitari dei cambiamenti climatici. Concludere il piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico. 
  6. Diamo sostegno alla ricerca pubblica e privata per nuovi prodotti e produzioni bio circolari, destinando posti di lavoro riservati e garantendo il sostegno alla specializzazione dei giovani. Parallelamente, dobbiamo ridurre i ritardi e i divari digitali che ostacolano l’affermazione di attività economiche e comportamenti sostenibili.
  7. Rafforzare il modello agroecologico: incentivare la transizione ad un modello agricolo che non alteri il clima, che valorizzi le risorse locali (filiera corta) e il biologico e qualifichi l’agricoltura integrata, promuovendo inoltre stili alimentari a base vegetale. Bisogna invece disincentivare l’importazione di prodotti responsabili di deforestazione. L’Italia deve quindi porsi obiettivi più ambiziosi di quelli della Politica Agricola Comune europea.

Si chiama Next Generation EU, non Old Generation

Il Next Generation EU delineerà il futuro dei prossimi 70 anni: non può essere scritto solo da chi oggi ha 70 anni. Saranno i giovani a subire le peggiori conseguenze della crisi climatica causata dall’inazione della politica, e per questo è nostro diritto essere inclusi nella stesura del piano.

Inserire la parola “green” nel Recovery Plan non significa agire per il clima. Non ci importa quante volte la ripetete. Ciò che ci importa è vedere degli obiettivi chiari, e che vengano raggiunti. D’altronde, quando noi studenti facciamo un esame, non ci viene chiesto quante ore abbiamo passato sui libri, ma di dimostrare che abbiamo raggiunto dei risultati e appreso gli argomenti.

Il tempo sta scadendo. Questa è la nostra ultima possibilità.

Tutto il resto è propaganda.

Acqua, ancora e sempre acqua pubblica.

Luigi Campanella, già Presidente SCI

Torno su un tema a me caro, l’acqua, per esaltarne ancora una volta la preziosità e le necessità di risparmio e riciclo. Il prelievo giornaliero di acqua per abitante del nostro Paese supera i 420 l,ma di questi solo il 52% viene realmente consumato, visto che il residuo 48% non arriva nelle nostre case per disfunzioni ed anomalie nella rete pubblica di distribuzione.

Si perdono così annualmente quasi 5 miliardi di mc di acqua che fanno collocare il ns Paese all’ultimo posto rispetto all’obiettivo 6.4 dell’ONU,relativo all’efficienza idrica.Queste disfunzioni si traducono in disservizi, anche pesanti, che oggi gravano su quasi 3 milioni di famiglie, per lo più residenti al Sud.

Anche la Chiesa Italiana si è mossa sul tema istituendo la Giornata Nazionale del Ringraziamento,di cui  l’8 novembre si è celebrato il 70mo evento centrato proprio, fra i tanti problemi sociali e del lavoro, sull’acqua per contrastare qualunque calcolo mercantilistico o di privatizzazione impropria.

Quanto viene affermato nel documento della CEI a celebrazione della Giornata punta a legare l’acqua alla terra: ognuna delle due si completa nell’altra.L’acqua non è bene inesasuribile e va pertanto gestita come tutto ciò che è prezioso.Le recenti risorse che l’Europa ha messo a disposizione anche del nostro Paese dovrebbero trovare nel settore dell’acqua le  risorse per un processo di vera rigenerazione. 50 anni fa avevamo la percezione di una risorsa infinita di acqua.

Poi la società del benessere ha fatto crescere la domanda ed accentuato comportamenti meno virtuosi rispetto ad un usi corretti e ragionevoli.In Italia abbiamo disponibili quantità di acqua superiori a quelli vantati da metá della popolazione cinese,ma a questo regalo non rispondiamo con l’adeguata responsabilità: all’ultimo  referendum indetto dal comuune di Brescia sulla privatizzzazione dell’acqua solo 22 bresciani su 100 hanno pensato di rispondere. Ma,confermando di essere un Paese imprevedibile da un lato non abbiamo sistemi di recupero idrico nelle case private-che invece esistono,ad esempio, in Germania da oltre 30 anni e dall’altro però abbiiamo il più alto tasso di conversione dell ‘acqua in cibo.

La pandemia é servita ad esaltare ancora una volta il ruolo insostituibile dell’acqua per l’attività di pulizia e cleaning, ruolo che ne  giustifica ancora una volta l’insostituibilità del carattere pubblico. Eppure scelte diverse ci sono state, ma per fortuna isolate e spesso proseguite con una responsabile marcia indietro.

L’idea che la privatizzazione attraverso la competizione tra società diverse renda più efficiente e di migliore qualità la gestione dell’acqua e con il tempo faccia abbassare il prezzo per il consumarore era di moda negli anni 90, ma é stata superata dalla realtà. Le carenze del sistema distributivo difficilmente trovano risposte adeguate se a darle deve essere  un privato il cui inteesse  primario è in genere il profitto e che comunque è legato da interessi commerciali a operatori amici, non sempre i migliori sul piano tecnico.

La privatizzazione è ormai promossa soprattutto nei Paesi  emergenti come Cina e Russia e le imprese private, soprattutto in Europa, faticano a dimostrare che non convenga fare marcia indietro verso una progressiva ripublicizzazione dell’acqua. In Italia abbiamo nel 2011 votato un referendum contro la privatuzzazione dell’acqua:quella scelta è stata adeguatamente implementata?

Elementi della Tavola periodica: Carbonio, C (seconda parte)

Rinaldo Cervellati

 

La prima parte di questo post è pubblicata qui.

Produzione

Grafite

Depositi naturali di grafite commercialmente utilizzabili si trovano in molte parti del mondo, ma le fonti economicamente più importanti sono in Cina, India, Brasile e Corea del Nord. I depositi di grafite sono di origine metamorfica, trovati in associazione con quarzo, mica e feldspati in scisti, e arenarie e anche calcare come vene, a volte di un metro o più di spessore.

Esistono tre tipi di grafite naturale: amorfa, in scaglie o in scaglie cristalline e in vena o nodulo. La grafite amorfa è la qualità più bassa e la più abbondante. Contrariamente al linguaggio scientifico, nell’industria “amorfo” si riferisce a dimensioni molto ridotte dei cristalli piuttosto che alla completa mancanza di struttura cristallina. La grafite amorfa è utilizzata per prodotti di basso valore e ha un prezzo contenuto. Grandi depositi di grafite amorfa si trovano in Cina, Europa, Messico e Stati Uniti.

La grafite in scaglie è meno comune e di qualità superiore a quella amorfa; si presenta come placche separate che si sono cristallizzate nella roccia metamorfica. La grafite a scaglie può avere un prezzo quattro volte quello dell’amorfa. Le scaglie di buona qualità possono essere trasformate in grafite espandibile per molti usi, come i ritardanti di fiamma. I depositi più importanti si trovano in Austria, Brasile, Canada, Cina, Germania e Madagascar.

La grafite venata o grumosa è il tipo di grafite naturale più rara, preziosa e di altissima qualità. Si trova nelle vene lungo i contatti intrusivi in ​​grumi solidi, e viene estratta per scopi commerciali solo in Sri Lanka.

In base i dati del Servizio Geologico degli Stati Uniti (USGS), la produzione mondiale di grafite naturale nel 2010 è stata di 1,1 milioni di tonnellate, cui la Cina ha contribuito con 800.000 t, l’India 130.000 t, il Brasile 76.000 t, la Corea del Nord 30.000 t e il Canada 25.000 t.

Diamante

Solo una frazione molto piccola del minerale contenente diamanti è costituita da essi. Il minerale viene frantumato, durante questo processo è necessario prestare attenzione per evitare che i diamanti più grandi vengano distrutti, successivamente le particelle vengono ordinate per densità. I diamanti si trovano nella frazione a densità più alta e vengono identificati con l’aiuto della fluorescenza a raggi X, dopodiché le fasi finali di smistamento vengono eseguite manualmente.

La produzione di diamanti da giacimenti primari (kimberliti e lamproiti) iniziò solo nel 1870 dopo la scoperta di questi minerali in Sud Africa. La produzione è aumentata nel tempo e ora da quella data sono stati estratti 4,5 miliardi di carati (una unità di misura di peso equivalente a 0,2 grammi). Solo negli ultimi 5 anni è stato estratto circa il 20% di tale importo, e negli ultimi dieci anni sono state avviate 9 nuove miniere mentre altre 4 sono in attesa di essere aperte a breve. La maggior parte di queste si trova in Canada, Zimbabwe, Angola e una in Russia.

Figura 11. Produzione mondiale di diamanti nel 2005

Oggi, la maggior parte dei depositi di diamanti commercialmente validi si trova in Russia, Botswana, Australia e Repubblica Democratica del Congo. Nel 2005, la Russia ha prodotto quasi un quinto della produzione mondiale di diamanti, come riportato dal British Geological Survey. Ci sono anche depositi commerciali attivamente usati nei Territori del Nordovest del Canada, in Siberia, in Brasile e nell’Australia settentrionale e occidentale.

Applicazioni

Il carbonio è essenziale per tutti i sistemi viventi conosciuti e senza di esso la vita come la conosciamo non potrebbe esistere. Il principale uso economico del carbonio diverso dal cibo e dal legno è sotto forma di idrocarburi liquidi e gassosi (combustibili fossili) ad esempio il gas metano  e il petrolio greggio. Il petrolio greggio viene distillato nelle raffinerie dall’industria petrolchimica per produrre benzina, cherosene e altri prodotti.

La cellulosa è un polimero naturale contenente carbonio prodotto dalle piante sotto forma di legno, cotone, lino e canapa. La cellulosa è utilizzata principalmente per mantenere la struttura nelle piante. I polimeri di carbonio di origine animale di valore commerciale includono lana, cashmere e seta. Le materie plastiche sono costituite da polimeri di carbonio sintetici, spesso con atomi di ossigeno e azoto inclusi a intervalli regolari nella catena polimerica principale. Le materie prime per molte di queste sostanze sintetiche provengono dal petrolio greggio.

Gli usi del carbonio e dei suoi composti sono estremamente vari. Può formare leghe con il ferro, di cui la più comune è l’acciaio al carbonio. La grafite è combinata con l’argilla per formare la mina utilizzata nelle matite.

Figura 12. Set di mine per matite

È anche usata come lubrificante e pigmento, come materiale di stampaggio nella fabbricazione del vetro, negli elettrodi per batterie a secco, nella galvanica ed elettroformatura, nelle spazzole per motori elettrici e come moderatore di neutroni nei reattori nucleari.

Il carbone di legna viene utilizzato come materiale da disegno in opere d’arte, nei barbecue, nella fusione del ferro e in molte altre applicazioni. Legno, carbone e petrolio sono usati come combustibili per la trasformazione in energia, anche sotto forma di riscaldamento.

I diamanti di qualità gemma vengono utilizzati in gioielleria, mentre quelli industriali sono utilizzati negli strumenti di perforazione, taglio e lucidatura per la lavorazione di pietre e metalli.

La plastica è composta da idrocarburi fossili e la fibra di carbonio, ottenuta dalla pirolisi di fibre sintetiche di poliestere, viene utilizzata per rinforzare la plastica per formare materiali compositi avanzati e leggeri.

La fibra di carbonio è prodotta dalla pirolisi di filamenti estrusi e stirati di poliacrilonitrile (PAN) e altre sostanze organiche. La struttura cristallografica e le proprietà meccaniche della fibra dipendono dal tipo di materiale di partenza e dalla lavorazione successiva. Le fibre di carbonio realizzate con PAN hanno una struttura simile a stretti filamenti di grafite, ma il trattamento termico può riordinare la struttura in un foglio laminato continuo. Il risultato sono fibre con una resistenza alla trazione specifica più elevata rispetto all’acciaio.

Il nero carbone viene utilizzato come pigmento nell’inchiostro da stampa, nella pittura a olio  e nei colori ad acqua, nella carta carbone, nelle finiture automobilistiche, nell’inchiostro di India e nel toner per stampanti laser. Il nerofumo è anche usato come riempitivo in prodotti in gomma come pneumatici e in composti di plastica. Il carbone attivo viene utilizzato come assorbente e adsorbente nel materiale filtrante in applicazioni diverse come maschere antigas, purificazione dell’acqua e cappe aspiranti da cucina e in medicina per assorbire tossine, veleni o gas dal sistema digestivo.

Il carbonio viene utilizzato nella riduzione chimica ad alte temperature. Il coke viene utilizzato per ridurre i minerali di ferro in ferro per fusione.

La tempra dell’acciaio si ottiene riscaldando i componenti in acciaio finiti in polvere di carbonio. I carburi di silicio, tungsteno, boro e titanio sono tra i materiali più duri conosciuti e sono utilizzati come abrasivi negli utensili da taglio e molatura. I composti del carbonio costituiscono la maggior parte dei materiali utilizzati nell’abbigliamento, come i tessuti naturali e sintetici e la pelle, e quasi tutte le superfici interne delle costruzioni , tranne il vetro, la pietra e il metallo.

L’industria dei diamanti si divide in due categorie: una si occupa di diamanti di qualità gemma e l’altra di diamanti di qualità industriale. Sebbene esista un grande commercio di entrambi i tipi di diamanti, i due mercati funzionano in modo notevolmente diverso.

A differenza dei metalli preziosi come l’oro o il platino, i diamanti gemma non sono scambiati come merce: c’è un notevole aumento nella vendita di diamanti e non c’è un mercato molto attivo per la rivendita di diamanti.

I diamanti industriali sono apprezzati principalmente per la loro durezza e conducibilità termica, con qualità gemmologiche di purezza e colore per lo più irrilevanti. I diamanti sintetici, inventati negli anni 50 del secolo scorso, hanno trovato applicazioni industriali quasi immediate; ogni anno sono prodotte 600 tonnellate di diamanti sintetici.

L’uso industriale dominante del diamante è nel taglio, perforazione, molatura e lucidatura. La maggior parte di queste applicazioni non richiede grandi diamanti; infatti, la maggior parte dei diamanti di qualità gemma di piccole dimensioni, possono essere utilizzati a livello industriale. I diamanti sono incorporati nelle punte dei trapani o nelle lame delle seghe, oppure vengono macinati in polvere per l’uso in applicazioni di molatura e lucidatura.

Le applicazioni specializzate includono l’uso nei laboratori come contenimento per esperimenti ad alta pressione (ad es. nelle celle a incudine di diamante), cuscinetti ad alte prestazioni e uso limitato in altre apparecchiature specializzate. Con i continui progressi nella produzione di diamanti sintetici, nuove applicazioni si stanno affacciando all’orizzonte. A suscitare molto interesse è il possibile utilizzo del diamante come semiconduttore adatto per microchip e, a causa delle sue eccezionali proprietà di conduttanza termica, come dissipatore di calore nell’elettronica.

Tossicologia e precauzioni

Il carbonio puro ha una tossicità estremamente bassa per l’uomo e può essere maneggiato in sicurezza sotto forma di grafite o carbone. È resistente alla dissoluzione o all’attacco chimico, anche nel contenuto acido del tubo digerente. Di conseguenza, una volta che entra nei tessuti del corpo è probabile che rimanga lì a tempo indeterminato. Il nerofumo è stato probabilmente uno dei primi pigmenti a essere utilizzati per i tatuaggi, e si è scoperto che Ötzi, l’uomo venuto dal ghiaccio, aveva tatuaggi al carbonio sopravvissuti per 5200 anni dopo la sua morte. 

L’inalazione di polvere di carbone o fuliggine (nerofumo) in grandi quantità può essere pericolosa, irritare i tessuti polmonari e causare la malattia polmonare (pneumoconiosi) dei carbonai.

La polvere di diamante usata come abrasivo può essere nociva se ingerita o inalata.

Le microparticelle di carbonio vengono prodotte nei gas di scarico dei motori diesel e possono accumularsi nei polmoni. In questi esempi, il danno può derivare da contaminanti (ad esempio, sostanze chimiche organiche, metalli pesanti) piuttosto che dal carbonio stesso.

Il carbone può bruciare vigorosamente e brillantemente in presenza di aria ad alte temperature. Grandi accumuli di carbone, che sono rimasti inerti per centinaia di milioni di anni in assenza di ossigeno, possono bruciare spontaneamente se esposti all’aria nelle discariche di rifiuti delle miniere di carbone, nelle stive delle navi e nelle discariche di stoccaggio.

La grande varietà di composti del carbonio include specie chimiche essenziali per la vita come il glucosio e le proteine, ma anche veleni letali come ad esempio la tetrodotossina, la lectina dai semi della pianta dell’olio di ricino, il Ricinus communis, il cianuro (CN) e il monossido di carbonio.

Economia a basso consumo di combustibili fossili.

L’uso eccessivo dei combustibili fossili ha portato a un incremento impressionante di CO2 e altri gas serra nell’atmosfera contribuendo al fenomeno del riscaldamento globale e conseguente cambiamento climatico.

Un’economia a basso consumo di combustibili fossili (LFFE), o a basse emissioni di carbonio (LCE) o un’economia decarbonizzata, è un’economia basata su fonti di energia a basse emissioni di carbonio che quindi ha una produzione minima di emissioni di gas (GHG) che aumentano l’effetto serra in atmosfera, in particolare l’anidride carbonica [1]. Le emissioni di GHG dovute all’attività antropica (umana) sono la causa principale del riscaldamento globale osservato dalla metà del XX secolo. La continua emissione di gas a effetto serra può causare cambiamenti duraturi in tutto il pianeta, aumentando la probabilità di effetti gravi, pervasivi e irreversibili per le persone e gli ecosistemi.

Il passaggio a un’economia a basse emissioni di gas serra su scala globale potrebbe portare vantaggi sostanziali sia ai paesi sviluppati sia a quelli in via di sviluppo. Molti paesi in tutto il mondo stanno progettando e implementando strategie di sviluppo a basse emissioni. Queste strategie cercano di raggiungere obiettivi di sviluppo sociale, economico e ambientale riducendo le emissioni di gas a effetto serra a lungo termine e aumentando la resilienza agli effetti del cambiamento climatico.

Le economie a basse emissioni di carbonio implementate a livello globale sono quindi proposte per evitare cambiamenti climatici catastrofici e come transizione per arrivare all’economia più avanzata a zero emissioni di carbonio.

L’indice GeGaLo dei guadagni e delle perdite geopolitiche valuta come potrebbe cambiare la posizione geopolitica di 156 paesi se il mondo passasse completamente alle risorse energetiche rinnovabili. Si prevede che gli ex esportatori di combustibili fossili perderanno potere, mentre si prevede un rafforzamento delle posizioni degli ex importatori di combustibili fossili e dei paesi ricchi di risorse energetiche rinnovabili.

Riciclaggio

La Carbon Recycling International (CRI), una società a responsabilità limitata islandese, creata nel 2006, ha sviluppato una tecnologia progettata per produrre metanolo rinnovabile da anidride carbonica e idrogeno, utilizzando l’elettrolisi dell’acqua o, in alternativa, l’idrogeno catturato dai gas di scarico industriali. La produzione di metanolo non dipende dalle risorse agricole, poiché l’idrogeno e l’anidride carbonica sono gli input primari. Il processo di produzione si basa su tre moduli principali, la purificazione dell’anidride carbonica, la generazione di idrogeno e il sistema di sintesi e purificazione del metanolo. Il processo di conversione catalitica da idrogeno e anidride carbonica avviene in una fase, mentre la produzione di metanolo da combustibili fossili, come il gas naturale o il carbone, comporta diverse fasi di reforming per ottenere il gas seguite dalla fase catalitica [2].

A parere di chi scrive, questa iniziativa lodevole non sarà sufficiente a eliminare le emissioni di CO2 nell’atmosfera, dovuta all’uso eccessivo dei combustibili fossili.

Nel 2011, un gruppo di ricercatori italiani e francesi, ha pubblicato una review sul riciclaggio della CO2 [3]. Lo scopo è di offrire una panoramica sull’utilizzo chimico della CO2 (mineralizzazione inorganica, carbossilazione organica, reazioni di riduzione e conversione biochimica) con un focus specifico su progetti/impianti pilota attualmente emergenti a livello (pre) industriale.

Ciclo biogeochimico

Il ciclo biogeochimico del carbonio è uno dei più studiati, qui proponiamo quello tratto dal capitolo 3.2 del volume Environmental Biology a cura di Mattew R. Fisher [4]:

Figura 13. Ciclo biogeochimico del carbonio [4, Cap. 3.2]

Dicono gli autori di questo capitolo del libro:

I composti del carbonio contengono energia e molti di questi composti provenienti da piante morte e alghe si sono fossilizzati nel corso di milioni di anni e sono noti come combustibili fossili. Dal 1800, l’uso dei combustibili fossili è accelerato. Dall’inizio della rivoluzione industriale la domanda per le scorte limitate di combustibili fossili della Terra è aumentata, provocando un drastico aumento della quantità di anidride carbonica nella nostra atmosfera. Questo aumento di anidride carbonica è associato al cambiamento climatico ed è una delle principali preoccupazioni ambientali in tutto il mondo.

Un’altra significativa immagine è la seguente, che illustra la correlazione fra ciclo del carbonio e formazione di composti organici.

Figura 14.  Correlazione fra ciclo del carbonio e composti organici. Credit. CCPL

Nelle piante, l’anidride carbonica formata dalla fissazione del carbonio può unirsi all’acqua nella fotosintesi (in verde) per formare composti organici, che possono essere utilizzati e ulteriormente convertiti sia dalle piante sia dagli animali.

Opere consultate

Handbook of Chemistry and Physics 85th Ed., 4-7,8

https://en.wikipedia.org/wiki/Carbon

Bibliografia

[1] https://en.wikipedia.org/wiki/Low-carbon_economy

[2] https://en.wikipedia.org/wiki/Carbon_Recycling_International

[3] Elsje A. Quadrelli et al., Carbon Dioxide Recycling: Emerging Large-Scale Technologies with Industrial Potential., ChemSusChem, 2011, 4, 1194 – 1215.

[4] Environmental Biology, Mattew R. Fischer Ed., Open Oregon Educational Resources, 2018, revised version 2019.

Giornata internazionale dell’albero.

Luigi Campanella, già Presidente SCI
13:07 (1 ora fa)

Le Nazioni Unite hanno proclamato il 2020 Anno Internazionale della salute delle piante per sottolineare quanto le stiamo maltrattando,anche se ci forniscono alimenti,biomassa e provvedono ad assorbire CO2 e a contrastare il dissesto idrogeologico.

Il 21 novembre si celebra la Giornata Mondiale dell’Albero .In quel giorno sarebbe bello che tutti sfogliassimo il catalogo degli alberi monumentali istituito nel 2013 dal Ministero delle Politiche Agricole e giunto ad oltre 3500 presenze. I criteri di monumentalitá sono molto e svariati: raritá,valore ecologico,età,dimensioni,importanza culturale. Gli esemplari oggi disponibili hanno età media che va dagli 800 ai 2000 anni;ma l’albero più antico d’Italia,vero esemplare, ha 4000 anni ed esisteva giá al tempo dei Babilonesi.Le altezze variano dai 10 ai 30 m. La Regione più ricca di questi capolavori della natura è la Sardegna con 405 colossi.

La mappa degli alberi monumentali d’Italia; cercate il più vicino a voi ed andatelo a visitare oggi.

La loro etá viene determinata con metodi diversi, uno dei quali suggerito da Leonardo; la dendrocronologia si basa sulla conta degli anelli in una sezione del tronco. Anche la sensoristica si è però cimentata con successo in questi test di datazione. Siccome però purtroppo la mano destra non sa cosa fa la sinistra e viceversa la buona notizia che ho appena ora dato viene schiacciata da una molto brutta. In Italia è possibile trasformare boschi, cioè eliminare la vegetazione arborea ed arbustiva per una serie di esigenze che non siano selvicolturali. Lo stabilisce il Tuff (testo unico materia foreste e filiere forestali) che statuisce pure il principio per cui ogni trasformazione deve essere compensata a cura e spese di chi è stato autorizzato alla trasformazione. Ora in piena pandemia il Ministro per le Politiche agricole e forestali Teresa Bellanova ha avuto l’idea di cancellare questo obbligo di compensazione!! Da un lato valorizziamo le piante antiche e dall’altro consentiamo di sacrificare le più giovani: il tutto mentre effetto serra, inquinamento, malattie sociali continuano a sostenere l’importanza di difendere il verde.

Elementi della tavola periodica: Carbonio, C (parte prima).

Rinaldo Cervellati

 

Il carbonio (inglese: carbon), simbolo C, è l’elemento n. 6 della Tavola Periodica, posto al 14° gruppo, 2° periodo. Benché fondamentale per la vita, costituisce solo lo 0,025% circa della crosta terrestre. È un non metallo tetravalente che ha quattro elettroni disponibili per formare legami chimici covalenti.

Il nome inglese carbon e il francese charbon derivano dal latino carbo, carbone. In tedesco, olandese e danese, i nomi per il carbonio sono rispettivamente Kohlenstoff, koolstof e kulstof, che letteralmente significano tutti carbone.

Il carbonio è stato scoperto nella preistoria ed era conosciuto nelle forme di fuliggine e carbone di legna dalle prime civiltà umane. I diamanti erano conosciuti probabilmente già nel 2500 a.C. in Cina, mentre il carbonio sotto forma di carbone veniva prodotto intorno all’epoca romana con lo stesso procedimento odierno, riscaldando il legno in una piramide ricoperta di argilla per escludere l’aria.

Nel 1722, René Antoine Ferchault de Réaumur (1683-1758) dimostrò che il ferro veniva trasformato in acciaio attraverso l’assorbimento di una sostanza, oggi nota come carbonio.

Nel 1772 Antoine-Laurent Lavoisier (1743-1794) dimostrò che i diamanti sono una forma di carbonio; egli bruciò campioni di carbone e diamante, scoprendo che nessuno dei due produceva acqua e che entrambi rilasciavano la stessa quantità di anidride carbonica per grammo.

Figura 1. Antoine-Laurent Lavoisier

Nel 1779, Carl Wilhelm Scheele (1742-1786) dimostrò che la grafite, che era ritenuta una forma di piombo, era invece identica al carbone ma con una piccola mescolanza di ferro, e che dava “acido aereo” (il suo nome per il diossido di carbonio) quando ossidata con acido nitrico.

Figura 2. Carl Wilhelm Scheele

Nel 1786, gli scienziati francesi Claude Louis Berthollet (1748-1822) e Gaspard Monge (1746-1818)  confermarono che la grafite era principalmente carbonio, ossidandola in ossigeno più o meno nello stesso modo in cui Lavoisier aveva fatto con il diamante. Rimase tuttavia del ferro, che i chimici francesi pensavano fosse necessario per la struttura della grafite. Nella loro pubblicazione proposero il nome carbone (latino carbonum) per l’elemento nella grafite che emetteva il gas durante la sua combustione. Antoine Lavoisier elencò poi il carbonio come un elemento nel suo libro Traitè Elementaire de Chimie del 1789.

Un nuovo allotropo del carbonio, il fullerene, scoperto nel 1985, include forme nanostrutturate come buckyball e nanotubi. I loro scopritori, Robert Curl, Harold Kroto e Richard Smalley, hanno ricevuto il Premio Nobel per la Chimica nel 1996. Il conseguente rinnovato interesse per nuove forme ha portato alla scoperta di ulteriori allotropi esotici, incluso il carbonio vetroso, e alla realizzazione che il “carbonio amorfo” non è strettamente amorfo.

Caratteristiche fisico chimiche

Gli allotropi del carbonio includono la grafite, una delle sostanze più morbide conosciute, e il diamante, la sostanza naturale più dura. Si lega prontamente con altri piccoli atomi, inclusi altri atomi di carbonio, ed è in grado di formare più legami covalenti stabili con atomi multivalenti. È noto che il carbonio forma quasi dieci milioni di composti, la grande maggioranza di tutti i composti chimici. Il carbonio ha anche il punto di sublimazione più alto di tutti gli elementi. A pressione atmosferica non ha punto di fusione, poiché il suo punto triplo è a 10,8 ± 0,2 MPa e 4.600 ± 300 K (4.330 ± 300 °C), quindi sublima a circa 3.900 K (3.630 °C). La grafite è molto più reattiva del diamante in condizioni standard, nonostante sia più termodinamicamente stabile, poiché il suo sistema di orbitali p delocalizzato è molto più vulnerabile agli attacchi. Ad es., la grafite può essere ossidata dall’acido nitrico concentrato a caldo in condizioni standard in acido mellitico, C6(CO2H)6.

Il carbonio sublima in un arco di carbonio, che ha una temperatura di circa 5800 K (5.530 ° C). Pertanto, indipendentemente dalla sua forma allotropica, il carbonio rimane solido a temperature più elevate rispetto ai metalli con il punto di fusione più alto come il tungsteno o il renio. Sebbene termodinamicamente incline all’ossidazione, il carbonio resiste all’ossidazione in modo più efficace rispetto a elementi come ferro e rame, che sono agenti riducenti più deboli a temperatura ambiente.

Il carbonio è il sesto elemento, con una configurazione elettronica nello stato fondamentale di 1s22s22p2, di cui i quattro elettroni esterni sono elettroni di valenza. Le sue prime quattro energie di ionizzazione, 1086,5, 2352,6, 4620,5 e 6222,7 kJ/mol, sono molto superiori a quelle degli elementi più pesanti del gruppo 14. L’elettronegatività è 2,5, significativamente più alta degli altri elementi del gruppo 14 (1,8-1,9), ma vicina alla maggior parte dei non metalli, così come ad alcuni metalli di transizione del secondo e terzo periodo. I raggi covalenti sono normalmente considerati come 77,2 pm (C − C), 66,7 pm (C = C) e 60,3 pm (C≡C), sebbene questi valori possano variare a seconda del numero di coordinazione e di ciò a cui il carbonio è legato.

I composti del carbonio costituiscono la base di tutta la vita conosciuta sulla Terra e il ciclo carbonio-azoto fornisce parte dell’energia trasformata dal Sole e da altre stelle. Sebbene formi una straordinaria varietà di composti, la maggior parte degli allotropi sono relativamente non reattivi in condizioni normali. A temperatura e pressione standard, resiste a tutti tranne ai più forti ossidanti. Non reagisce con acido solforico, acido cloridrico, cloro o altri alcali. A temperature elevate reagisce con l’ossigeno per formare ossidi di carbonio e toglie l’ossigeno dagli ossidi metallici per lasciare il metallo elementare. Questa reazione esotermica viene utilizzata nell’industria siderurgica per fondere il ferro e per controllare il contenuto di carbonio dell’acciaio:

Fe3O4 + 4C(s) → 3Fe(s) + 4CO(g)

Il monossido di carbonio può essere riciclato per ridurre ancora di più l’ossido di ferro:

Fe3O4 + 4CO(g) → 3Fe(s) + 4CO2(g)

Il carbonio reagisce anche con vapor d’acqua nella reazione carbone-gas:

C(s) + H2O(g) → CO(g) + H2(g).

Il carbonio si combina con alcuni metalli ad alte temperature per formare carburi metallici, come la cementite (carburo di ferro) nell’acciaio e carburo di tungsteno, ampiamente utilizzato come abrasivo e per realizzare punte dure per utensili da taglio.

Figura 3. Carburo di ferro in polvere

Il carbonio ha due isotopi stabili presenti in natura: il carbonio-12 (12C) forma il 98,93% del carbonio sulla Terra, mentre il carbonio-13 (13C) forma il restante 1,07%. La concentrazione di 12C è ulteriormente aumentata nei materiali biologici perché le reazioni biochimiche discriminano il 13C. Nel 1961, l’International Union of Pure and Applied Chemistry (IUPAC) adottò l’isotopo carbonio-12 come base per i pesi atomici. L’identificazione del carbonio negli esperimenti di risonanza magnetica nucleare (NMR) viene eseguita con l’isotopo 13C.

Il carbonio-14 (14C) è un radioisotopo presente in natura, creato nell’atmosfera superiore (stratosfera inferiore e troposfera superiore) dall’interazione con i raggi cosmici. Si trova in tracce (1 parte per trilione, cioè 0,0000000001%) sulla Terra, per lo più confinato nell’atmosfera e nei depositi superficiali, in particolare di torba e altri materiali organici. A causa della sua emivita relativamente breve, 5730 anni, il 14C è praticamente assente nelle rocce antiche. La quantità di 14C nell’atmosfera e negli organismi viventi è pressoché costante, ma diminuisce in modo prevedibile nei loro corpi dopo la morte. Questo principio è utilizzato nella datazione al radiocarbonio, inventata nel 1949, che è stata ampiamente utilizzata per determinare l’età dei materiali carboniosi fino a circa 40.000 anni.

Ci sono altri 15 radioisotopi artificiali noti del carbonio.

Allotropi

Il carbonio atomico è una specie a vita molto breve e, quindi, il carbonio è stabilizzato in varie strutture multi-atomiche con diverse configurazioni molecolari chiamate allotropi. I tre allotropi più noti del carbonio sono grafite, diamante e carbonio amorfo (figura 4).

Figura 4. Diamante (a sinistra), grafite (al centro) e carbonio amorfo (a destra)

La forma amorfa è un assortimento di atomi di carbonio in uno stato non cristallino, irregolare. È presente sotto forma di polvere ed è il principale costituente di sostanze come carbone, nerofumo (fuliggine) e carbone attivo. A pressioni normali, il carbonio assume la forma di grafite, in cui ogni atomo è legato trigonalmente ad altri tre in un piano composto da anelli esagonali fusi, proprio come quelli degli idrocarburi aromatici. La rete risultante è bidimensionale e i fogli piatti risultanti sono impilati e legati in modo lasco attraverso deboli forze di van der Waals. Ciò conferisce alla grafite la sua morbidezza e le sue proprietà di taglio (i fogli scivolano facilmente l’uno sull’altro). A causa della delocalizzazione di uno degli elettroni esterni di ciascun atomo per formare una nuvola π, la grafite conduce l’elettricità, ma solo nel piano di ciascun foglio legato in modo covalente. Ciò si traduce in una conduttività elettrica di massa inferiore per il carbonio rispetto alla maggior parte dei metalli. La delocalizzazione spiega anche la stabilità energetica della grafite rispetto al diamante a temperatura ambiente.

Una volta considerati esotici, i fullereni sono oggi comunemente sintetizzati e utilizzati nella ricerca; includono buckyball, nanotubi di carbonio, nanobuds di carbonio e nanofibre (figura 5).

Figura 5. Strutture di alcuni allotropi del carbonio: a) diamante; b) grafite; c) lonsdaleite; d – f) fullereni (C60, C540, C70); g) carbonio amorfo; h) nanotubi di carbonio

Sono stati scoperti anche molti altri allotropi esotici, come la lonsdaleite, carbonio vetroso, nanofoam di carbonio e carbonio acetilenico lineare (carbyne).

A pressioni molto elevate, il carbonio forma l’allotropo più compatto, il diamante, con densità quasi doppia rispetto alla grafite. Nel diamante, ogni atomo è legato tetraedralmente ad altri quattro, formando una rete tridimensionale di anelli di atomi a sei membri. A causa della forza dei legami carbonio-carbonio, è la sostanza naturale più dura, resistente ai graffi. I diamanti sono termodinamicamente instabili in condizioni normali (298 K, 105 Pa) e si trasformano in grafite, tuttavia la transizione è così lenta da essere impercettibile.

In alcune condizioni, il carbonio cristallizza come lonsdaleite, un reticolo cristallino esagonale con tutti gli atomi legati in modo covalente e proprietà simili a quelle del diamante.

I fullereni sono una formazione cristallina sintetica con una struttura simile alla grafite, ma al posto delle sole celle esagonali piatte alcune di esse possono assumere forme diverse, pentagonali, esagonali non piane o anche eptagonali. Le proprietà dei fullereni non sono state ancora completamente analizzate e rappresentano un’intensa area di ricerca sui nanomateriali. Il nome fullereni viene da Richard Buckminster Fuller, divulgatore di cupole geodetiche, che assomigliano alla struttura dei fullereni. Il più noto e più semplice è il C60 a forma di pallone da calcio. I nanotubi di carbonio (buckytubes) sono strutturalmente simili ai fullereni, tranne per il fatto che ogni atomo è legato trigonalmente in un foglio curvo che forma un cilindro cavo. I nanobuds sono stati segnalati per la prima volta nel 2007 e sono materiali ibridi nanotubi/fullereni che combinano le proprietà di entrambi in un’unica struttura.

Degli altri allotropi scoperti, la nanoschiuma (nanofoam) di carbonio è un allotropo ferromagnetico scoperto nel 1997. Consiste in un raggruppamento a bassa densità di atomi di carbonio legati insieme in una rete tridimensionale, in cui gli atomi sono legati trigonalmente in sei e sette anelli. È tra i solidi più leggeri conosciuti, con una densità di circa 2 kg/m3.

Allo stesso modo, il carbonio vetroso contiene un’alta percentuale di porosità, ma contrariamente alla grafite normale, gli strati non sono impilati come le pagine di un libro, ma hanno una disposizione più casuale.

Figura 6.  Campione di carbonio vetroso

Il carbonio acetilenico (carbyne) ha struttura chimica −(C ::: C)n−. Il carbonio in questo allotropo è lineare ed è un polimero con legami singoli e tripli alternati.

Nel 2015, un team della North Carolina State University ha annunciato lo sviluppo di un altro allotropo soprannominato Q-carbon, creato da un impulso laser di alta energia e breve durata su polvere di carbonio amorfo. I ricercatori hanno riportato che il Q-carbon mostra ferromagnetismo, fluorescenza e una durezza superiore al diamante.

In fase vapore, una parte del carbonio è sotto forma di molecole biatomiche (C2). Quando è eccitato, questo gas emette una luce verde.

Disponibilità

Il carbonio è il quarto elemento chimico più abbondante per massa nell’universo osservabile, dopo l’idrogeno, l’elio e l’ossigeno. Nel luglio 2020, gli astronomi hanno riportato prove che il carbonio si è formato principalmente nelle nane bianche, in particolare quelle più grandi di due masse solari. Il carbonio è abbondante nel Sole, nelle stelle, nelle comete e nelle atmosfere della maggior parte dei pianeti.

Nel 2014 la NASA ha annunciato un database notevolmente aggiornato per il monitoraggio degli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) nell’universo. Più del 20% del carbonio nell’universo può essere associato a IPA, composti complessi di carbonio e idrogeno senza ossigeno.

È stato stimato che la Terra solida nel suo complesso contiene 730 ppm di carbonio, con 2000 ppm nel nucleo e 120 ppm nel mantello e nella crosta.

In combinazione con l’ossigeno nell’anidride carbonica, il carbonio si trova nell’atmosfera terrestre (circa 900 Gt, cioè gigatonnellate) e disciolto in tutti i corpi idrici (circa 36.000 Gt). Nella biosfera è stato stimato a 550 Gt ma con una grande incertezza, dovuta principalmente alla scarsa conoscenza sulla quantità di batteri terrestri nel sottosuolo. Anche i combustibili fossili (come carbone, petrolio e gas naturale) contengono carbonio. Le “riserve” di carbone (non le “risorse”) ammontano a circa 900 Gt con forse 18.000 Gt di risorse. Le riserve di petrolio sono di circa 150 Gt. Le fonti provate di gas naturale sono circa 175 × 1012 metri cubi (contenenti circa 105 Gt di carbonio), ma gli studi stimano altri 900 × 1012 metri cubi di depositi “non convenzionali” come il gas di scisto, che rappresentano circa 540 Gt di carbonio.

Il carbonio si trova anche negli idrati di metano nelle regioni polari e sotto i mari. Varie stime mettono questo carbonio tra 500 – 2500 Gt, altre a 3.000 Gt.

In passato, le quantità di combustibili fossili erano maggiori. Secondo una fonte, nel periodo dal 1751 al 2008 circa 347 Gt di carbonio sono state rilasciate come anidride carbonica nell’atmosfera dalla combustione di combustibili fossili. Un’altra fonte stima la quantità aggiunta all’atmosfera per il periodo dal 1750 a 879 Gt, e il totale (in carbonio) destinato all’atmosfera, al mare e alla terra a quasi 2.000 Gt.

Il carbonio è un costituente (circa il 12% in massa) delle grandi quantità di rocce carbonatiche (calcare, dolomite, marmo e così via). Il carbone è molto ricco di carbonio (l’antracite contiene il 92-98%) ed è la più grande fonte commerciale di carbonio minerale, rappresentando 4.000 Gt.

Per quanto riguarda i singoli allotropi di carbonio, la grafite si trova in grandi quantità negli Stati Uniti, Russia, Messico, Groenlandia e India. I diamanti naturali si trovano nella roccia kimberlite, presente in antichi “colli” vulcanici.

Figura 7. Campione di kimberlite

La maggior parte dei depositi di diamanti si trova in Africa, in particolare in Sud Africa, Namibia, Botswana, Repubblica del Congo e Sierra Leone. Depositi di diamanti sono stati trovati anche in Arkansas, Canada, nell’Artico russo, Brasile e nell’Australia settentrionale e occidentale. I diamanti vengono ora recuperati anche dal fondo dell’oceano al largo del Capo di Buona Speranza. Circa il 30% di tutti i diamanti industriali utilizzati viene ora prodotto negli Stati Uniti.

Gli asteroidi ricchi di carbonio sono relativamente preponderanti nelle parti esterne della fascia degli asteroidi nel nostro sistema solare, e potrebbero essere utilizzati nell’ipotetica estrazione del carbonio dallo spazio in futuro, ma attualmente è tecnologicamente impossibile.

Principali composti inorganici

Comunemente i composti contenenti carbonio che sono associati a minerali o che non contengono legami con altri atomi di carbonio, alogeni o idrogeno, sono trattati separatamente dai composti organici classici; la definizione non è rigida e la classificazione di alcuni composti può variare da autore ad autore. Tra questi ci sono i semplici ossidi di carbonio. L’ossido più importante è il diossido di carbonio (anidride carbonica), CO2. Questo un tempo era il principale costituente della paleoatmosfera ma oggi è un componente minore dell’atmosfera terrestre.  Dissolto in acqua, dovrebbe formare acido carbonico (H2CO3), ma poiché la maggior parte dei composti con più ossigeni a legame singolo su un singolo carbonio è instabile, si dissocia immediatamente in CO2 e H2O. Attraverso questo intermedio, tuttavia, vengono prodotti ioni carbonato stabilizzati dalla risonanza. Alcuni minerali importanti sono i carbonati, in particolare la calcite.

Il disolfuro di carbonio (CS2) è strutturalmente simile a CO2. Tuttavia, a causa delle sue proprietà fisiche e del suo largo impiego nella sintesi organica, il disolfuro di carbonio è talvolta classificato come solvente organico.

L’altro ossido comune è il monossido di carbonio (CO). Si forma nella combustione incompleta del carbonio ed è un gas incolore e inodore. Le molecole contengono ciascuna un triplo legame e sono abbastanza polari, con conseguente tendenza a legarsi permanentemente alle molecole di emoglobina, spostando l’ossigeno che ha un’affinità di legame inferiore. Il cianuro (CN), ha una struttura analoga, ma si comporta in modo molto simile a uno ione alogenuro (pseudoalogeno). Ad esempio, può formare la molecola di cianogeno, (CN)2, simile agli alogenuri biatomici. Altri ossidi non comuni sono il subossido di carbonio (C3O2), il monossido di dicarbonio instabile (C2O), il triossido di carbonio (CO3), il ciclopentanepentone (C5O5), il cicloesaneesone (C6O6), e l’anidride mellitica (C12O9). Tuttavia, quest’ultima è la tripla anidride acilica dell’acido mellitico (C12H6O12); inoltre contiene un anello benzenico. Pertanto, molti chimici la considerano organica.

Con metalli reattivi, come il tungsteno, il carbonio forma carburi (C4−) o acetiluri (C22−) usati in leghe ad alto punto di fusione. Questi anioni sono anche associati al metano e all’acetilene, entrambi acidi molto deboli. Con un’elettronegatività di 2,5 il carbonio preferisce formare legami covalenti. Alcuni carburi sono reticoli covalenti, come il carborundum (SiC), che assomiglia al diamante. Tuttavia, anche i carburi più polari e salini non sono composti completamente ionici.

Figura 8. Cristallo singolo di carborundum

Composti organici

Il carbonio può formare catene molto lunghe di legami interconnessi carbonio-carbonio, una proprietà chiamata catenazione. I legami carbonio-carbonio sono forti e stabili. Attraverso la catenazione, il carbonio forma un numero quasi infinito di composti. Un’affermazione simile può essere fatta per l’idrogeno perché la maggior parte dei composti organici contiene idrogeno legato chimicamente al carbonio o un altro elemento come l’ossigeno o l’azoto.

La forma più semplice di una molecola organica è l’idrocarburo.

Figura 9. Struttura del metano (CH4), il più semplice idrocarburo

Gli idrocarburi sono una grande famiglia di molecole organiche, composte da catene di atomi di carbonio legati a atomi di idrogeno. In una catena idrocarburica, alcuni atomi possono essere sostituiti da altri atomi, noti come eteroatomi. Gli eteroatomi comuni che compaiono nei composti organici includono ossigeno, azoto, zolfo, fosforo e alogeni. Gli idrocarburi costituiti da atomi di carbonio e idrogeno sono importanti per l’industria come refrigeranti, lubrificanti, solventi, come materie prime per la produzione di materie plastiche e petrolchimiche, nonché come combustibili fossili.

Alcuni raggruppamenti di atomi, spesso inclusi gli eteroatomi, ricorrono in un gran numero di composti organici. Questi raggruppamenti, noti come gruppi funzionali, conferiscono schemi di reattività comuni e consentono lo studio e la categorizzazione sistematici dei composti organici. Lunghezza della catena, forma e gruppi funzionali influenzano tutti le proprietà delle molecole organiche.

Nella maggior parte dei composti stabili del carbonio (e quasi tutti i composti organici stabili), il carbonio obbedisce alla regola dell’ottetto ed è tetravalente, il che significa che un atomo di carbonio forma un totale di quattro legami covalenti (che possono includere doppi e tripli legami). Le eccezioni includono un piccolo numero di carbocationi stabilizzati (tre legami, carica positiva), radicali (tre legami, neutri), carbanioni (tre legami, carica negativa) e carbeni (due legami, neutri), sebbene queste specie abbiano molte più probabilità di essere riscontrate come intermedi instabili e reattivi.

Il carbonio si trova in tutta la vita organica conosciuta ed è la base di quella che è chiamata chimica organica. Quando combinato con ossigeno e idrogeno, il carbonio può formare molti gruppi di importanti composti biologici tra cui alcoli, zuccheri, lignani, chitine, grassi ed esteri aromatici, carotenoidi e terpeni. Con l’azoto forma alcaloidi e con l’aggiunta di zolfo forma anche antibiotici, amminoacidi e altri prodotti. Con l’aggiunta di fosforo a questi altri elementi, forma DNA e RNA, i vettori del codice chimico della vita, e l’adenosina trifosfato (ATP), la più importante molecola di trasferimento di energia in tutte le cellule viventi.

Composti organometallici

I composti organometallici contengono per definizione almeno un legame covalente carbonio-metallo. Esiste un’ampia gamma di tali composti; classi principali includono semplici composti di metalli alchilici (ad esempio, piombo tetraetile), composti η2-alchenici (ad esempio, sale di Zeise) e composti η3-allilici (ad esempio, dimero di cloruro di allilpalladio); metalloceni contenenti ligandi ciclopentadienilici (ad esempio, ferrocene); e complessi di metalli di transizione.

Figura 10. Struttura del sale di Zeise

Esistono molti carbonili metallici e cianuri metallici (ad esempio, nicheltetracarbonile e ferricianuro di potassio); alcuni ricercatori considerano i complessi di metallo carbonile e ferricianuro senza altri leganti di carbonio come puramente inorganici e non organometallici.

I complessi metallici contenenti ligandi organici senza un legame covalente carbonio-metallo (ad esempio, carbossilati metallici) sono chiamati composti organici metallici.

Sebbene il carbonio preferisca fortemente la formazione di quattro legami covalenti, sono noti anche altri schemi esotici di legame. I carborani sono derivati ​​dodecaedrici altamente stabili dell’unità [B12H12]2-, con un BH sostituito con un CH+. Pertanto, il carbonio è legato a cinque atomi di boro e un atomo di idrogeno.

Il catione [(Ph3PAu)6C]2+ contiene un carbonio ottaedrico legato a sei frammenti di fosfina-oro. Questo fenomeno è stato attribuito all’aurofilia dei ligandi dell’oro, che forniscono un’ulteriore stabilizzazione di una specie altrimenti labile.

In natura, anche il cofattore ferro-molibdeno (FeMoco) responsabile della fissazione dell’azoto microbico ha un centro di carbonio ottaedrico legato a sei atomi di ferro.

Opere consultate

Handbook of Chemistry and Physics 85th Ed., 4-7,8

https://en.wikipedia.org/wiki/Carbon

Chimica e satelliti.

Luigi Campanella, già Presidente SCI

Un paio di anni fa ho partecipato ad un progetto ASI che ha prodotto un microsatellite per misure sensoristiche nello spazio. E’stata per me una grande occasione per fare la conoscenza con un settore, quello dell’Aerospazio, che conoscevo poco e che ho invece avuto modo di apprezzare sia per le competenze e professionalità che è in grado di esprimere, sia per rappresentare un interessante sbocco per alcune ricerche chimiche in campo ambientale, biologico,alimentare.

Oggi il nostro Paese investe nel settore quasi 5 miliardi fra pubblico (circa 50%) e privato; il prodotto aerospaziale in termini di fattutrato corrisponde all’1% del PIL (13 miliardi) con circa 60000 dipendenti. La ricerca aerospaziale è oggi pervasa da una forte tendenza di spin out : trasferire le proprie competenze e tecnologie al di fuori dello specifico settore spaziale per proiettarsi verso un mercato industriale e commerciale rispettoso della sostenibilità e di una visione green dell’economia.

Lo Spazio è ormai affermata risorsa terrestre in grado di venire incontro ai nostri bisogni; si pensi alla geolocalizzazione ed alle telecomunicazioni, ma anche ai nostri smartphone, alle nostre maps,  al monitoraggio delle grandi infrastrutture, alle applicazioni comuni di certi materiali ( il teflon (che esisteva già da vent’anni, applicato nel corso del progetto Mahnattan)) fu usato come film antiaderente durante i primi viaggi spaziali; all’elettronica: i sensori per la misura dell’ossigeno nell’aria utilizzati nelle astrostazioni e nelle astronavi sono oggi applicati alle mascherine per la misura dell’inalato e, rimanendo a questo aspetto sanitario, i tessuti a protezione degli astronauti trovano applicazioni terrestri, specialmente nell’era difficile che stiamo vivendo.

L'uomo sulla Luna, lo sbarco impossibile che oggi fa sognare Marte - la  Repubblica

Il settore che si é più giovato di questa collaborazione con l’aerospazio è di certo quello medico con ricadute sugli strumenti per TAC,  PET e Tomografia computerizzata. Ci sono poi le stampanti 3D usate nell’aerospazio per produrre propulsori che in ambito sanitario stampano adattarori per piccoli respiratori. Ed ancora l’automotive (supercar) i cui obbiettivi sono gli stessi dell’aerospazio e cioè ridurre il peso, migliorare le performaces, testare nuovi materiali. Anche la chimica, come dicevo, è legata all’aerospazio nella ricerca di materiali sempre più corrispondenti alle richieste di stabilità, resistenza, leggerezza.

La chimica è anche coinvolta per gli aspetti analitici: la conoscenza di un sistema in studio può essere di tipo elementale o composizionale; in questo secondo caso si determinano i composti costituenti ed i raggi X, supportati nel  loro impiego dai sensori giroscopi di origine spaziale utilizzati per orientare le analisi con raggi X sono preziosa tecnologia. Questi intrecci ci fanno capire 2 cose importanti
-come l’articolazione in filiere industriali, se funziona sul piano organizzativo, non deve mai essere interpretata come un ostacolo alla fertilizzazione incrociata delle competenze ed un motivo di ritardo e di polemiche rispetto all’aumento dei finanziamenti: puntiamo al Piano Amaldi con la sua idea di portare gli investimenti per ricerca pubblica dallo 0,5 all’ 1,1% entro il 2026 e di innovare modelli di sviluppo e di mercato;
-come qualunque proprietà di conoscenza debba rispondere nel suo uso al criterio di sostenibilita: anche l’aerospazio é una proprietà per certi aspetti limitata e deve essere condivisa con rispetto delle differenze geografiche e di quelle generazionali.

 

Almeno cacciate senza piombo!

Claudio Della Volpe

Pochi giorni fa il Parlamento Europeo ha votato la messa al bando delle munizioni al piombo in tutte le zone umide europee: già a settembre con 18 paesi favorevoli e 9 contrari il comitato REACH aveva votato per una restrizione di pallini di piombo nelle zone umide che vedrebbe una zona cuscinetto di 100 metri attorno a qualsiasi specchio d’acqua, indipendentemente dalle dimensioni, e in tutte le torbiere. Il regolamento verrà ora presentato per l’approvazione e ratificato al più tardi entro l’inizio del 2021. Entrerà quindi in vigore all’inizio del 2023 negli Stati membri dell’Ue a meno che uno Stato membro non contesti la decisione per motivi formali.

L’Italia ha fatto delle sperimentazioni a riguardo e si spera che l’approvazione e la ratifica avvengano al più presto nonostante le resistenze dell’industria e dei cacciatori.

I cigni applaudono!

Perché ha senso questa scelta?

La carne di selvaggina colpita da munizioni al piombo può raggiungere concentrazioni di metallo di oltre 50 volte superiori ai limiti consentiti per il consumo umano.

Inoltre sono oltre un milione ogni anno, secondo le stime, gli uccelli che nella sola Europa finiscono vittime dell’intossicazione da piombo, perché il piombo usato nelle cartucce viene distribuito in ambiente ed entra nella catena alimentare in ragione di migliaia di tonnellate/anno.

Dunque l’uso delle cartucce di piombo provoca due danni alla fauna e uno anche a chi consuma in modo non accorto le sue carni.

Questi problemi sono documentati ampiamente nei documenti ISPRA citati in fondo.

D’altronde il piombo e la sua tossicità sono talmente importanti che già da anni il suo uso (sotto forma di piombo tetraetile) è vietato nella benzina come antidetonante (la benzina è definita verde proprio per questo anche se è ancora lecito metterci dentro benzene in piccola quantità); dunque perché accettarlo in altri casi?

Ci sono problemi tecnici? Per i cacciatori si, ma limitati. Il piombo (come in altri casi l’uranio impoverito) è usato per rendere i proiettili più densi e dunque se si sostituisce il piombo che ha densità 11.3 con un altro metallo occorre cambiare le caratteristiche dei pallini nelle cartucce; al momento la cosa è stata risolta usando acciaio o rame (densità 8 e 9 rispettivamente), aumentando leggermente le dimensioni dei pallini. Ci sono altri dettagli, che potete leggere nei documenti in fondo, ma sostanzialmente, a parte un aumento dei costi, che non credo sia casuale, il commercio e l’innovazione funzionano così, non ci sono altri problemi. Piuttosto la domanda è se sia ancora accettabile la caccia, specie agli uccelli, in una paese come il nostro il cui territorio è stato devastato e inquinato; è vero che negli ultimi anni l’abbandono del terreno agricolo e il GW hanno comportato modifiche e a volte aumento delle superfici forestali, ma ricordiamo che abbiamo il 3% del territorio inquinato in modo sostanzialmente irreversibile e che le foreste ci mettono decenni a crescere; sostanzialmente foreste primigenie non ne abbiamo quasi più e foreste mature ne abbiamo pochissime; gli stessi parchi nazionali esistono da troppo poco tempo per avere queste caratteristiche su porzioni estese di territorio.

Abbiamo si favorito in alcuni casi la ricrescita della fauna e della avifauna, ma ha senso la caccia?

E’ una industria basata su una malintesa ma forte tradizione culturale; questo è il punto: interessi economici e posti di lavoro si uniscono per continuare a cacciare, ma dal punto di vista ecologico serve? Beh sui posti di lavoro è da ridere; pensate  a quanti posti sono recuperabili nella mera gestione dei parchi e del territorio!!

Tuttavia potrebbe sembrare che fin quando le zone che abbiamo ripopolato di ungulati o lasciato abbandonate ai cinghiali rimangono prive di predatori come il lupo o l’orso o spazzini come l’avvoltoio uno potrebbe pensare che dopo tutto una caccia mirata potrebbe essere utile.

Non sono un esperto, ma dalla lettura dei documenti ISPRA noto che nella maggior parte dei casi anche questa spiegazione non regge: i cinghiali per esempio nonostante la ampia caccia non diminuiscono affatto; la ragione starebbe nel particolare meccanismo di controllo della specie; i gruppi di cinghiali si raccolgono attorno ad una femmina che è l’unica a procreare e i suoi feromoni controllano la fertilità delle altre femmine; se uno uccide un cinghiale, e succede di solito che uccida il capobranco femmina, le altre possono procreare e dunque la caccia è poco utile, anzi è controproducente.

Più utili sono i mezzi di controllo della fertilità come i vaccini autoimmuni, che inattivano le cellule della riproduzione, un metodo ancora poco applicato; la questione rimane dubbia per gli ungulati, i cervidi; per loro forse una caccia mirata avrebbe senso, dato l’alto costo del metodo di controllo della fertilità per i cervidi . Forse, non so non sono un esperto.

Per gli uccelli la cosa è invece quasi del tutto inutile anche se dalle mie parti il ritorno del cormorano, che d’altronde era nativo di queste parti da ben prima di Homo sapiens, fa arrabbiare i pescatori; i quali però pescano poi sostanzialmente quello che hanno introdotto; lo stato dei laghi e dei fiumi anche in una regione apparentemente pulita e ridente come il Trentino Alto Adige è ben poco naturale, i fiumi in particolare sono grandi canali dell’industria idroelettrica, personalmente ho smesso di pescarci da tempo; e i cormorani invece sono bravi cacciatori e nei laghi in particolare fanno il loro mestiere, meglio dei pescatori della domenica.

La eliminazione delle cartucce al piombo almeno nella caccia degli uccelli e attorno alle zone umide è molto o è poco? Secondo me è poco.

E’ un primo passo anche se lento; la direzione è giusta, la velocità ridicola. Potrebbe estendere il mercato delle cartucce alternative, ridurne il prezzo. Ovviamente misureremo la capacità del Governo di recepire piccole cose come queste in tempi VELOCI, senza farsi prendere in giro dalle associazioni dei cacciatori, per i quali casomai ci sono piccoli costi aggiuntivi e dei produttori di armi, che come minimo vorranno smaltire i depositi. Piuttosto si può fare di più, vietare SEMPRE l’uso delle cartucce al piombo, in ogni caso.

Una cosa utile è che fa vedere come REACH possa agire su questioni che apparentemente sono lontane dal suo immediato campo di applicazione. Una riflessione negativa è sui tempi; da quanti anni sappiamo che il piombo è tossico e cancerogeno?

Documenti da consultare:

di piombo abbiamo parlato ripetutamente:

https://ilblogdellasci.wordpress.com/2019/10/07/elementi-della-tavola-periodica-piombo-pb-3-origine-del-piombo/

e nei post ivi citati

https://www.isprambiente.gov.it/contentfiles/00006600/6683-linee-guida-gestione-cinghiale.pdf/

Open Science: riparliamone in occasione di Covid.

Luigi Campanella, già Presidente SCI

Il dramma pandemico ha riportato all’attenzione di addetti e non addetti il tema dell’Open Science.

https://www.openaire.eu/item/open-science-e-covid-19-collaborare-per-contrastare-la-pandemia

Dinnanzi ad un nemico planetario solo difese planetarie possono aspirare a vincere e perché ciò avvenga è fondamentale che il patrimonio delle conoscenze sia quanto più possibile comune. Non sarebbe bello se i dati sperimentali fossero disponibili indipendentemente da dove ti trovi, dal sistema e formato di immagazzinamento adottato, dall’autore e dal suo Paese di origine? E se i dati sperimentali fossero disponibili per organizzare future esperienze senza inutili ripetizioni sperimentali con conseguenti spreco di risorse?

Lo stato dell’arte dell’acquisizione dati in laboratorio fotografa situazioni molto diiverse. Viene utilizzata una pletora di differenti strumenti per l’acquisizione a cui generalmente segue una classificazione e catalogazione,in genere sommariamente in un registro di laboratorio indipendentemente dalla natura del dispositivo di acquisizione del dato. Per passare ad una gestione ordinata e moderna dei dati da quella attuale si possono utilizzare registri elettronici. Una sfida della scienza è facilitare le scoperte di nuovi dati, ed associati algoritmi e flussi operativi, attraverso un’assistenza continua sostanziata in principi guida. Nelle posizioni fra loro contrapposte sulla base di interessi, anche comprensibili, ma di tipo prevalentemente economico il mondo della ricerca, in particolare universitaria, si è sempre schierato a sostegno dell’Open Science, sostanziandolo con iniziative concrete e non solo proclamandolo in via di principio.

Presso l’università di Hannover è stato sviluppata la guida FAIR per rendere i dati sperimentali  Findable Accessible Interoperable Reusable. Le regole guida di FAIR postulano identificatori dei database che siano globalmente unici e persistenti. Essi aiuteranno uomo e macchina a trovare dati rilevanti da potere essere riutilizzati appropriatamente. La etichettatura dei dati rende possibili clsssificazioni strutturate dei dati pubblicati sul web in  modo da rendere più efficace la ricerca da parte di chi sia interessato. Queste forme di etichettatura, chiamate metadati, dovrebbero essere più ampie possibili, in quanto nessuno sa chi vorrà utilizzare i dati classificati e per quale fine. A volte i metadati sono conservati nei file dei dati, ma questo è possibile solo in alcuni casi. Altrimenti essi sono file a parte da connettere uno con l’altro con l’identificatore universale. Questo tipo di approccio ha come risultato file standard per i dati, per i metadati e per l’associazione fra gli uni e gli altri a vari livelli.

Lo stato dell’arte dell’acquisizione dati nei laboratori é molto variegato passando dal registro contenente anche immagini dei risultati (spettri, cromatogrammi) all’immagazzinamento in hard disk o in cloud server dove vengono conservati, ma in tutti i casi la ricerca da parte di un potenziale utente ad essi interessato non è semplice.

Da qui l’esigenza di guide per l’operazione di stoccaggio dei dati: esattamente lo scopo di FAIR attorno a cui sono nati consorzi e piattaforme. In futuro la crescita di richiesta di dati con un approccio olistico alle differenti tematiche ed annesse matrici avrà come effetto anche una lievitazione del numero di dati prodotti in ogni laboratorio. Questo renderà sempre più complessa la loro consultazione in assenza di standard universali di metadati.

A monte di tutto resta l’aspetto della qualità della misura intesa come garanzia di tracciabilità senza la quale il rischio è costruire castelli su fondamenta gracili. La chimica è la scienza che più ha contribuito allo sviluppo di una cultura della misura con l’introduzione negli anni ’70 dei materiali di riferimento. Si pensi che il primo catalogo di essi era costituito da 8 pagine che oggi sono divenute alcune centinaia: il mercato ha risposto ad una richiesta dietro la quale c’era la volontà di eseguire misure tracciabili con metodi validati.

L’UE ha più volte richiamato il concetto di economia della misura: misurare costa ed il costo deve essere ricompensato da dati affidabili e quindi fruibili.

Elementi della Tavola Periodica: Bario, Ba.

Rinaldo Cervellati

Il bario (simbolo Ba) è l’elemento n. 56 della Tavola Periodica, posto al 2° gruppo, 6° periodo, sotto lo stronzio, sopra al radio, a sinistra del cesio. È un metallo alcalino terroso argenteo e morbido. A causa della sua elevata reattività chimica il bario non si trova mai in natura come elemento libero ma combinato nei suoi minerali più comuni: la barite (solfato di bario, BaSO4) e la witherite (carbonato di bario, BaCO3), entrambi insolubili in acqua. La sua abbondanza nella crosta terrestre è stimata in 425 ppm.

Figura 1. Campioni di barite (sopra) e witherite (sotto)

Gli alchimisti dell’alto medioevo conoscevano alcuni minerali di bario. Pietre lisce simili a ciottoli del minerale barite sono state trovate nelle rocce vulcaniche vicino a Bologna (Italia), e così sono state chiamate “pietre di Bologna”. Gli alchimisti ne erano attratti perché dopo l’esposizione alla luce avrebbero brillato per anni. Le proprietà fosforescenti della barite riscaldata con carbone furono descritte dal calzolaio e alchimista Vincentius Casciorolus nel 1602.

Carl Scheele (1742-1786) stabilì che la barite conteneva un nuovo elemento nel 1774, ma non poté isolare il bario, solo l’ossido di bario. Johan Gottlieb Gahn (1745-1818) isolò l’ossido di bario due anni dopo in studi simili. Il bario ossidato fu inizialmente chiamato “barote” da Guyton de Morveau (1737-1816), un nome che fu cambiato da Antoine Lavoisier (1743-1794) in baryta, dal greco βαρύς (barys), che significa “pesante”. Sempre nel XVIII secolo, il mineralogista inglese William Withering (1741-1799) notò un minerale pesante nelle miniere di piombo del Cumberland, ora noto per essere witherite.

Il bario fu isolato per la prima volta nel 1808 da Sir Humphry Davy (1778-1829) in Inghilterra, dall’elettrolisi dei Sali fusi di bario. Davy, per analogia con il calcio, lo chiamò “bario” dal nome barite, con la desinenza “-ium” (barium) che indica un elemento metallico.

Figura 2. Sir Humphry Davy

Robert Bunsen (1811-1899) e Augustus Matthiessen (1831-1870) ottennero bario puro mediante elettrolisi di una miscela fusa di cloruro di bario e cloruro di ammonio.

Proprietà fisiche

Il bario è un metallo morbido, bianco-argenteo, con una leggera sfumatura dorata quando ultrapuro.

Il colore bianco-argenteo del bario metallico svanisce rapidamente all’ossidazione nell’aria, producendo uno strato di ossido grigio scuro.

Figura 3. Campione di bario metallico

Ha un peso specifico medio e una buona conduttività elettrica. Il bario ultrapuro è molto difficile da preparare e quindi molte proprietà del bario non sono state ancora misurate con precisione. A temperatura e pressione ambiente ha una struttura cubica a corpo centrato, con una distanza bario-bario di 503 picometri, che si espande con il riscaldamento a una velocità di circa 1,8×10−5 pm/°C. È un metallo molto tenero con una durezza Mohs di 1,25. La sua temperatura di fusione di 1.000 K (730 °C) è intermedia tra quelle dello stronzio più leggero (1.050 K o 780 °C) e del radio più pesante (973 K o 700 °C); tuttavia il suo punto di ebollizione di 2.170 K (1.900 °C) supera quello dello stronzio (1.655 K o 1.382 °C). La densità (3,62 g/cm3) è di nuovo intermedia tra quelle dello stronzio (2,36 g/cm3) e del radio (≈5 g/cm3).

Caratteristiche chimiche

Il bario è chimicamente simile al magnesio, al calcio e allo stronzio ma ancora più reattivo. Mostra praticamente sempre lo stato di ossidazione +2. La maggior parte delle eccezioni si hanno in alcune specie molecolari rare e instabili, caratterizzate solo in fase gassosa come BaF, tuttavia recentemente una specie contenente bario (I) è stata segnalata in un composto di intercalazione con grafite [1]. Le reazioni con i calcogeni sono altamente esotermiche; la reazione con l’ossigeno o l’aria avviene a temperatura ambiente, quindi il bario viene immagazzinato sotto olio o in un’atmosfera inerte. Le reazioni con altri non metalli, come carbonio, azoto, fosforo, silicio e idrogeno, sono generalmente esotermiche. Le reazioni con acqua e alcoli sono molto esotermiche e rilasciano idrogeno gassoso:

Ba + 2ROH → Ba(OR)2 + H2↑ (R = un gruppo alchilico o un atomo di idrogeno)

Il bario reagisce con l’ammoniaca per formare complessi come Ba(NH3)6.

Il bario metallico viene facilmente attaccato dalla maggior parte degli acidi. L’acido solforico è un’eccezione notevole perché la passivazione arresta la reazione formando il solfato di bario insolubile sulla superficie. Il bario si combina con diversi metalli, tra cui alluminio, zinco, piombo e stagno, formando fasi e leghe intermetalliche.

Il bario nella crosta terrestre è una miscela di sette isotopi, di cui il bario-138 è il 71,7% del totale, gli altri isotopi (da Ba-130 a Ba-137) hanno un’abbondanza decrescente con la diminuzione del numero di massa.  Il bario-130 subisce un decadimento radioattivo molto lento a xeno-130 con un’emivita di (0,5-2,7)×1021 anni. La sua abbondanza è ≈0,1% di quella del bario naturale. Teoricamente, il bario-132 può subire un decadimento simile. La radioattività di questi isotopi è così debole da non rappresentare un pericolo per la vita.

In totale, il bario ha circa 40 isotopi artificiali noti, con una massa compresa tra 114 e 153. Il radioisotopo artificiale più stabile è il bario-133 con un’emivita di circa 10,51 anni.

Principali composti

I sali di bario solidi sono tipicamente bianchi e incolori quando disciolti in acqua, quindi gli ioni di bario non sono colorati. Sono più densi di quelli dello stronzio o degli analoghi del calcio, ad eccezione degli alogenuri.

L’idrossido di bario (baryta) era noto agli alchimisti, che lo producevano riscaldando il carbonato di bario. A differenza dell’idrossido di calcio, assorbe pochissima CO2 in soluzioni acquose ed è quindi insensibile alle fluttuazioni atmosferiche. Questa proprietà viene utilizzata nella calibrazione delle apparecchiature per il pH.

I composti volatili del bario bruciano con una fiamma da verde a verde chiaro, che è un test efficiente per rilevare un composto di bario. Il colore risulta dalle linee spettrali a 455,4, 493,4, 553,6 e 611,1 nm.

I composti organobarici sono un campo di conoscenza in crescita: recentemente scoperti sono i dialchilbari e gli alchilalobari.

Disponibilità e produzione

L’abbondanza del bario è dello 0,0425% nella crosta terrestre e di 13 μg/L nell’acqua marina. La principale fonte commerciale è la barite (chiamata anche longarone pesante), un minerale costituito da solfato di bario, con depositi in molte parti del mondo. Un’altra fonte commerciale, molto meno importante della barite, è la witherite, un minerale composto di carbonato di bario. I depositi principali si trovano in USA, Cina, India, Inghilterra, Romania e nell’ex Unione Sovietica.

Le riserve di barite sono stimate tra 0,7 e 2 miliardi di tonnellate.

Figura 4. Riserve di barite nel mondo (2011)

La produzione massima, 8,3 milioni di tonnellate, risale al 1981, ma solo il 7-8% è stato utilizzato per estrarre il metallo o formarne altri composti. La produzione di barite è aumentata dalla seconda metà degli anni ’90 da 5,6 milioni di tonnellate nel 1996 a 7,6 nel 2005 e 7,8 nel 2011. La Cina rappresenta oltre il 50% di questa produzione, seguita da India (14% nel 2011), Marocco (8,3%), Stati Uniti (8,2%), Turchia (2,5%), Iran e Kazakistan (2,6% ciascuno).

Figura 5. Andamento nella produzione di barite

Il minerale estratto viene lavato, frantumato, classificato e separato dal quarzo. Se il quarzo penetra troppo in profondità nel minerale o il contenuto di ferro, zinco o piombo è molto alto, viene utilizzata la flottazione con schiuma. Il prodotto è una barite pura al 98% (in massa); la purezza non deve essere inferiore al 95%, con un contenuto minimo di ferro e biossido di silicio. Viene quindi ridotto dal carbonio a solfuro di bario:

BaSO4 + 2C → BaS + 2CO2

Il solfuro di bario solubile in acqua è il punto di partenza per altri composti: facendo reagire BaS con ossigeno si produce il solfato, con acido nitrico il nitrato, con anidride carbonica il carbonato, e così via. Il nitrato può essere decomposto termicamente per produrre l’ossido.

Il bario metallico è prodotto mediante riduzione con alluminio a 1.100 °C. Il composto intermetallico BaAl4 è prodotto per primo:

3BaO + 14Al → 3BaAl4 + Al2O3

BaAl4 è un intermedio fatto reagire con ossido di bario per produrre il metallo (non tutto il bario è ridotto):

8BaO + BaAl4 → 7Ba↓ + 2BaAl2O4

(NdP: attenzione questa reazione su wikipedia è sbagliata)

Il restante ossido di bario reagisce con l’ossido di alluminio formato:

BaO + Al2O3 → BaAl2O4

e la reazione complessiva è:

4BaO + 2Al → 3Ba↓ + BaAl2O4

Il vapore di bario viene condensato e confezionato in stampi in un’atmosfera di argon. Questo metodo è usato commercialmente, producendo bario ultrapuro. Il bario comunemente venduto è puro per circa il 99%, con le principali impurità come stronzio e calcio (fino allo 0,8% e 0,25%) e altri contaminanti che contribuiscono per meno dello 0,1%.

Una reazione simile con il silicio a 1.200 °C produce bario e metasilicato di bario.

L’elettrolisi non è utilizzata perché il bario si dissolve facilmente in alogenuri fusi e il prodotto è piuttosto impuro.

Applicazioni

Metallurgia

Il bario, come metallo o in lega con alluminio, è utilizzato per rimuovere i gas indesiderati dai tubi a vuoto, come quelli delle immagini televisive. È adatto a questo scopo a causa della sua bassa pressione di vapore e reattività verso ossigeno, azoto, anidride carbonica e acqua; può anche rimuovere parzialmente i gas nobili dissolvendoli nel reticolo cristallino. Questa applicazione sta scomparendo a causa della popolarità dei display LCD e al plasma..

Altri usi del bario elementare sono minori e includono un additivo al silicio (leghe di alluminio-silicio) che ne raffina la struttura, così come leghe per cuscinetti; leghe piombo-stagno per aumentare la resistenza alla deformazione; additivo su acciaio e ghisa come inoculante; leghe con calcio, manganese, silicio e alluminio come disossidanti per acciaio di alta qualità.

Solfato di bario e barite

Il solfato di bario (il minerale barite, BaSO4) è importante per l’industria petrolifera come fluido di perforazione nei pozzi di petrolio e gas. Il precipitato del composto (chiamato “blanc fixe”, dal francese “permanente bianco”) è utilizzato per pitture e vernici, come riempitivo in inchiostri, plastica e gomme, come pigmento di rivestimento della carta e nelle nanoparticelle per migliorare le proprietà fisiche di alcuni polimeri, come gli epossidici. Il solfato di bario ha una bassa tossicità e una densità relativamente alta di ca. 4,5 g/cm3 (e quindi opacità ai raggi X). Per questo motivo è usato come agente di radiocontrasto nell’imaging a raggi X del sistema digerente (“farine di bario” e “clisteri di bario”).

Figura 6. Radiografia con solfato di bario

Il litopone, un pigmento che contiene solfato di bario e solfuro di zinco, è un bianco permanente con buon potere coprente che non scurisce se esposto ai solfuri.

Altri composti del bario trovano solo applicazioni di nicchia, limitate dalla tossicità degli ioni Ba2+ (il carbonato di bario è un veleno per topi), che non è un problema per il BaSO4 insolubile. Grazie alla sua grande densità atomica, il carbonato di bario aumenta l’indice di rifrazione e la lucentezza del vetro e riduce le perdite di raggi X dai televisori con tubi catodici (CRT).

Il rivestimento di ossido di bario sugli elettrodi delle lampade fluorescenti facilita il rilascio di elettroni. Il nitrato di bario conferisce un colore giallo o verde “mela” ai fuochi d’artificio, per il verde brillante è utilizzato il monocloruro di bario.

Il perossido di bario è un catalizzatore nella reazione alluminotermica (termite) per la saldatura dei binari.

Il titanato di bario è un promettente elettroceramico.

Il fluoruro di bario viene utilizzato per l’ottica nelle applicazioni a infrarossi a causa del suo ampio intervallo di trasparenza di 0,15-12 micrometri.

Y-Ba-Cu-O è stato il primo superconduttore ad alta temperatura raffreddato da azoto liquido, con una temperatura di transizione di 93 K (−180,2 °C) che ha superato il punto di ebollizione dell’azoto (77 K o −196,2 °C).

La ferrite, un tipo di ceramica sinterizzata composta da ossido di ferro (Fe2O3) e ossido di bario (BaO), è sia elettricamente non conduttiva che ferromagnetica e può essere magnetizzata temporaneamente o permanentemente.

Tossicologia

A causa dell’elevata reattività del metallo i dati tossicologici sono disponibili solo per i composti, quelli solubili sono velenosi. A basse dosi, gli ioni bario agiscono come stimolanti muscolari ma a dosi più elevate influenzano il sistema nervoso, causando irregolarità cardiache, tremori, debolezza, ansia, mancanza di respiro e paralisi. Questa tossicità può essere causata dagli ioni Ba2+ che bloccano i canali ionici del potassio, fondamentali per il corretto funzionamento del sistema nervoso. Altri organi danneggiati da composti di bario idrosolubili sono gli occhi, il sistema immunitario, il cuore, il sistema respiratorio e la pelle, causando, ad esempio, cecità e sensibilizzazione.

Il bario non è cancerogeno e non si bioaccumula.  La polvere inalata contenente composti insolubili di bario può accumularsi nei polmoni, causando una condizione benigna chiamata baritosi. Il solfato insolubile non è tossico e non è classificato come merce pericolosa nei regolamenti sui trasporti.

Per evitare una reazione chimica potenzialmente vigorosa, il bario metallico è tenuto in un’atmosfera di argon o sotto oli minerali. Il contatto con l’aria è pericoloso e può provocare l’accensione. Bisogna evitare umidità, attrito, calore, scintille, fiamme, urti, elettricità statica e esposizione a ossidanti e acidi. Tutto ciò che può entrare in contatto con il bario deve essere collegato a terra. Chiunque lavori con il metallo dovrebbe indossare scarpe antiscintilla pre-pulite, indumenti di gomma ignifuga, guanti di gomma, grembiule, occhiali e una maschera antigas. In genere è vietato fumare nell’area di lavoro. È necessario un lavaggio accurato dopo aver maneggiato il bario.

Riciclaggio

Causa le scarse applicazioni del bario e dei suoi composti, il riciclaggio è particolarmente limitato al solfato (usato sopratutto nell’industria petrolifera) e al titanato (usato nell’industria ceramica).

Secondo la National Library of Medicine [2], la barite (solfato di bario) può essere recuperata dai fanghi di perforazione per il riutilizzo in alternativa allo smaltimento. Lo scambio ionico, l’addolcimento della calce e l’osmosi inversa sono efficaci per rimuovere il bario dall’acqua potabile.

In un articolo del 2007 un gruppo di ricercatori giapponesi propose un sistema per il recupero del biossido di titanio (e del bario) dal titanato di bario [3]:

Figura 7. Schema del riciclo del TiO2 e del Ba2+ NO3 dal titanato di baio [3]

Ciclo biogeochimico

In una senior tesi del 2013, discussa da Mehar Kaur allo Scripps College dell’Università di Claremont (California, USA), si trova il seguente schema del ciclo biogeochimico del bario con i riferimenti bibliografici dei vari flussi, a eccezione di quello fra atmosfera e idrosfera [4]:

Figura 8.  Rappresentazione schematica del ciclo biogeochimico terrestre del bario [4]

Lo schema, abbastanza completo e interessante, è un preludio al successivo studio sul flusso del bario nella polvere del deserto del Mojave. Studiando una parte del ciclo, ovvero l’interazione fra il bario nell’atmosfera con la geosfera nel deserto del Mojave (NV, USA), si propone una ricerca per verificare l’ipotesi che la presenza del minerale barite, nei suoli desertici, sia principalmente guidata dal flusso di polvere. La proposta include la metodologia per la raccolta della polvere, l’analisi dei campioni utilizzando diverse tecniche chimico-fisiche, il budget potenziale e la tempistica. Le evidenze a sostegno di questa affermazione suggeriscono che la polvere trasporta tali minerali, influendo sulla chimica dei suoli desertici e interagendo con altri sistemi terrestri [4].

Opere consultate

Handbook of Chemistry and Physics, 85th Ed. p. 4-5

https://en.wikipedia.org/wiki/Barium

Bibliografia

[1] W. Xu, M. Lerner, A New and Facile Route Using Electride Solutions To Intercalate Alkaline

Earth Ions into Graphite., Chem. Mater. 2018, 30, 6930–6935.

[2]https://webwiser.nlm.nih.gov/substance?substanceId=503&identifier=Barium%20sulfate&identifierType=name&menuItemId=59&catId=76

[3] K. Kikuta et al., A New Recycling Process for Barium Titanate Based Waste., Journal of the Ceramic Society of Japan, May 2006, DOI: 10.2109/jcej.114.392; K. Okada et al., Properties of TiO2 prepared by acid treatment of BaTiO3., Materials Research Bulletin, 2007,

[4] Kaur, Mehar, The Terrestrial Biogeochemical Cycle of barium: A proposed study to examine barium flux in Mojave Desert dust., (2013). Scripps Senior Theses. Paper 150.