Diego Tesauro
A settembre destò molta risonanza nei media di tutto il mondo la notizia della scoperta di segnali attribuibili alla fosfina nell’atmosfera di Venere. Questo argomento fu oggetto anche di un intervento di Claudio Della Volpe sul nostro blog che illustrava l’importanza della scoperta ( https://ilblogdellasci.wordpress.com/2020/09/21/vita-su-venere/) . La notizia intensificò gli sforzi per dimostrane la veridicità oppure fornire alternative attribuzioni ai segnali radio rilevati. Recentemente sono stati accettati dalla rivista Astrophysical Journal Letters due lavori che aumentano i dubbi sulla reale presenza della fosfina.
Il dibattito verte sull’attribuzione della banda di assorbimento a 266,94 gigahertz (Figura 1)

Figura 1 Gli Spettri di PH3 nell’atmosfera di Venere
misurata dal radiotelescopio Atacama Large Millimeter Array (ALMA) (https://www.eso.org/public/italy/teles-instr/alma/) (Figura 2) situato nel Cile.

Figura 2 L’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA) è un radiointerferometro situato a 5000 metri d’altitudine nel deserto di Atacama in Cile.
Questa banda è stata attribuita alla fosfina da un team guidato da Jane Greaves, astronomo dell’Università di Cardiff [1]. In particolare era stata stimata una concentrazione di 20 ppb ad una altezza di 56 Km nelle nuvole alte. Nell’atmosfera venusiana, fortemente ossidante, la formazione di questa molecola non è favorita mentre è fortemente avvantaggiata la sua distruzione. Inoltre la genesi della fosfina dovrebbe risiedere o in processi geochimico al momento non conosciuti oppure dovrebbe essere prodotta da organismi biologici. La banda a 266.94 cade nella zona in cui però insiste anche una banda di assorbimento del biossido di zolfo che rappresenta il terzo fra i gas presenti nell’atmosfera di Venere dopo il biossido di carbonio e l’azoto. Per discriminare la natura della banda Greaves hanno ricercato altri segnali appartenenti al SO2 e non trovandoli hanno attribuito la banda alla fosfina. I dati però utilizzati erano stati elaborati dall’osservatorio in maniera errata per cui resisi conto dell’errore, i dati erano stati rielaborati. Su questi nuovi dati, il gruppo di Greaves, ha concluso che la banda era ancora attribuibile alla fosfina, anche se ad una concentrazione molto più bassa (5-10 ppb) di quella che avevano riportato all’inizio [2].
Ma anche i dati ALMA rielaborati sono stati posti al centro di un nuovo studio che contestano la presenza della fosfina [3]. Un team guidato da Akins, del Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, in California, utilizzando una diversa procedura di calibrazione nell’elaborazione dello spettro, non concorda con le attribuzioni della banda alla fosfina, ma piuttosto al biossido di zolfo chiaramente non di origine biologica.
Un secondo studio esplora la banda a 266,94 gigahertz, come osservata dal telescopio James Clerk Maxwell (JCMT) (Figura 3), un radiotelescopio submillimetrico situato all’Osservatorio di Mauna Kea (Hawaii), giungendo alla conclusione che la banda era spiegata meglio dalla presenza di SO2 a più di 80 chilometri al sopra della superficie del pianeta, piuttosto che dalla fosfina a 50-60 chilometri dalla superficie, come affermato dal team di Greaves.

Figura 3 Il radiotescopio James Clerk Maxwell (JCMT) è un telescopio submillimetrico situato all’Osservatorio di Mauna Kea (Hawaii),
Ovviamente il dibattito è aperto e sicuramente sono necessarie ulteriori osservazioni sia nel dominio delle onde millimetriche che sub-millimetriche, nonchè osservazioni infrarosse per chiarire l’eventuale presenza di fosfina su Venere.
- Greaves, J. S. et al. Nature Astron. https://doi.org/10.1038/s41550-020-1174-4 (2020).
- 5. Greaves, J. S. et al. Preprint at https://arxiv.org/abs/2011.08176 (2020).
- Akins, A. B., Lincowski, A. P., Meadows, V. S. & Steffes, P. G. Preprint at https://arxiv.org/abs/2101.09831 (2021).
- Lincowski, A. P. et al. Preprint at https://arxiv.org/abs/2101.09837 (2021).