Mauro Icardi
I rincari record del gas fanno sentire i propri effetti. I costi dei fertilizzanti sono aumentati a causa dell’incremento della domanda e della diminuzione dell’offerta. Tutto ciò è stato scatenato dai prezzi record del gas naturale, che hanno a loro volta innescato tagli alla produzione nel settore dei fertilizzanti. Così facendo, l’urea ha aumentato i prezzi di più del 200%, mentre i prezzi del fosfato biammonico (DAP) sono quasi raddoppiati. La cronaca di questi giorni poi aumenta le apprensioni, visto lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina.
Tornano quindi di attualità i progetti che puntano a riutilizzare tutto il riutilizzabile. Perché va ricordato, il problema della scarsità di nutrienti per l’agricoltura non proviene solo da questioni geopolitiche, ma anche dalla perturbazione dei cicli di azoto e fosforo, che furono segnalati già nel 2009 dallo Stockholm Resilience Centre ( SRC ) Centro di resilienza di Stoccolma. Il lavoro fu pubblicato sulla rivista “Ecology and Society”.

Andiamo ad affrontare quindi un problema delicato, cioè quello dell’utilizzo dell’urina umana come materia seconda per la produzione di fertilizzante. Ricordando quello che scriveva Primo Levi nel Sistema Periodico : “Lungi dallo scandalizzarmi, l’idea di ricavare un cosmetico da un escremento, ossia aurum de stercore, mi divertiva e mi riscaldava il cuore come un ritorno alle origini, quando gli alchimisti ricavavano il fosforo dall’urina. Era un’avventura inedita e allegra, e inoltre nobile, perché nobilitava, restaurava e ristabiliva.”
Il fosforo è particolarmente prezioso. Indispensabile nell’agricoltura come fertilizzante e complemento alimentare, sta infatti diventando sempre più raro. Gli esperti ritengono che le riserve potrebbero esaurirsi nei prossimi ottant’anni.
L’elemento centrale di qualsiasi progetto di recupero e trasformazione dell’urina in fertilizzante sono degli speciali servizi igienici, ossia gabinetti non collegati a un sistema fognario, che permettono di separare l’urina dalle feci grazie alla presenza di due scompartimenti.

Non sono le caratteristiche tecniche a creare dei problemi. In molte parti del mondo la disapprovazione sociale per chi ha a che fare con gli escrementi umani è enorme. Un tabù molto radicato.
L’urina è uno dei componenti delle acque reflue. Nelle urine sono presenti, in quantità variabili, nutrienti preziosi quali fosforo, azoto e potassio. Non è conveniente un recupero direttamente dalle acque reflue perché ancora oggi in generale si utilizza troppa acqua (potabile va sottolineato) per accompagnare i nostri residui corporei alla fognatura, e poi all’impianto centralizzato di depurazione.
Vediamo ora alcune tecniche sviluppate per la trasformazione dell’urina in fertilizzante. Non tratterò dell’utilizzo tal quale dell’urina, che pure è stato praticato nell’antichità e che in qualche caso viene suggerito ancora oggi. Preferisco occuparmi di alcune tecniche e ricerche sviluppate a partire dallo scorso decennio di questo secolo, che utilizzano le tecniche tradizionali, sia del trattamento delle acque reflue, che della chimica industriale.
Urina nitrificata concentrata.
Questo processo (nitrificazione parziale seguita da distillazione) è stato sviluppato dall’Istituto federale svizzero per la Scienza e la Tecnologia dell’Acqua (EAWAG) dove è stato installato un impianto pilota. Il fertilizzante liquido ottenuto è ora commercializzato dalla società “VUNA”. Il prodotto è stato approvato dall’Ufficio federale dell’agricoltura ed è venduto in Svizzera con il nome commerciale di Aurin.
Il processo per ricavare fertilizzante avviene in tre fasi: la prima fase è un normale processo di nitrificazione biologica, la seconda è la concentrazione dell’urina estraendo una parte dell’acqua tramite distillazione, la terza e ultima fase una filtrazione su carboni attivi. In questo modo l’azoto organico è mineralizzato durante la nitrificazione, la distillazione ad alta temperatura riduce notevolmente la quantità di agenti patogeni. Infine la filtrazione su carbone attivo rimuove i composti quali residui di farmaci o simili.

Urina granulare disidratata.
In questo caso il processo è stato sviluppato dall’Università svedese di scienze agricole (SLU). Attualmente sono in fase di test degli impianti pilota e il processo viene commercializzato da una società svedese, la Sanitation 360.L’azoto può essere stabilizzato e immagazzinato come urea alcalinizzando l’urina fresca. Questo perché un alto pH impedisce all’enzima ureasi (secreto dai microrganismi) di essere attivo e di degradare l’urea in azoto ammoniacale. Quando viene aggiunto all’urina idrolizzata, l’aumento del pH promuove la volatilizzazione dell’ammoniaca. Si possono usare diversi tipi di basi, come idrossidi di calcio, magnesio o potassio o cenere di legno.
Un esempio di base facilmente disponibile è l’idrossido di calcio Ca(OH)₂(calce spenta). L’aggiunta di 10 g di Ca(OH)₂ per litro di urina fresca permette la stabilizzazione dell’urea. La miscela calce/urina viene poi disidratata con un ventilatore, una volta solidificata può essere trasformata in forma granulare, con un processo di pellettizzazione.
Estrazione dei nutrienti.
I trattamenti estrattivi mirano a recuperare uno o più dei nutrienti presenti nell’urina per ottenere un fertilizzante concentrato. L’azoto può essere recuperato sotto forma di solfato di ammonio (ad esempio in una colonna di strippaggio ). Il fosforo può essere recuperato per precipitazione ottenendo struvite, processo per altro maturo e abbastanza consolidato.
Recupero del fosforo da acque reflue e allevamenti | La Chimica e la Società (wordpress.com)
Mi sono venuti diversi dubbi e interrogativi mentre scrivevo quest’articolo. Perché non è usuale parlare di alcune funzioni del nostro corpo, così come non è usuale (e potrebbe sembrare maleducato o scortese) menzionare i prodotti di rifiuto del nostro metabolismo. Gli anni che stiamo vivendo ci stanno riportando in maniera direi brutale, a dover fare i conti con problemi che non abbiamo mai voluto affrontare con la necessaria serietà. Sono passati cinquant’anni esatti dalla pubblicazione del lavoro conosciuto da molti come “I limiti dello sviluppo” ma che in realtà fu tradotto approssimativamente perché si sarebbe dovuto tradurre “I limiti alla crescita”, come ha giustamente fatto la LU CE edizioni ripubblicandolo.
Da tecnico che si è occupato di acque reflue, non ho mai avuto troppi ribrezzi li ho superati facilmente. Ricordandomi ancora di Primo Levi al quale non importava l’origine prossima della materia.
Prendere finalmente coscienza di questi limiti, dell’impossibilità di forzare le leggi della natura, della fisica ai nostri desideri invece è un tema che da sempre mi pone degli interrogativi. Ma i segnali di allarme ormai stanno squillando come impazziti. Mentre non solo le persone comuni, ma purtroppo la classe politica e quella dirigente non trovano il coraggio necessario per cambiare radicalmente il nostro modo di vivere sull’unico pianeta che abbiamo. Quasi fossimo senza più capacità di riflessione o di reazione. E questo davvero mi inquieta.
In questi giorni solo la tragedia di una guerra ci fa riflettere sulla nostra fragilità e sul modo con il quale ci approcciamo a problemi reali. Se scarseggiano i fertilizzanti prima o poi scarseggia il cibo. E forse solo in quel momento diventa meno importante per tutti da dove abbia potuto avere origine il fertilizzante che spargeremo sul campo da coltivare.