A che serve la cultura?

Luigi Campanella, già Presidente SCI

In una recente statistica circa il ritorno in termini di PIL del patrimonio storico artistico è emerso che l’Italia non riesce a raccogliere i frutti economici attesi: con un parco monumenti e siti culturali quasi doppio dell’Inghilterra, in termini di numero di siti UNESCO, riesce ad ottenere un ritorno economico pari a circa la metà degli inglesi, ed anche Spagna, Germania e Francia fanno meglio di noi. La domanda ovvia che ci si pone è allora: dove sta il problema? Perché questo avviene?


La risposta non è semplice in quanto in essa confluiscono aspetti tecnico-scientifici, aspetti di politica del lavoro, aspetti organizzativi e soprattutto incapacità a sfruttare completamente il potenziale culturale a disposizione. Per gli aspetti tecnico scientifici il rilievo principale che si può fare riguarda una certa inerzia del settore dei Beni Culturali rispetto all’applicazione delle innovazioni tecnologiche che pure consentirebbero monitoraggi continui da remoto, anche in situazioni ambientali difficili, che pure eviterebbero con le corrispondenti capacità preventive di cadere in situazioni di urgenza ed emergenza, che pure consentirebbero un maggiore grado di fruibilità e di fruizione dei capolavori esposti. Ma oggi, anche in relazione alla situazione romana di emergenza vorrei parlare delle altre due carenze, le scarse risorse investite nella promozione e l’organizzazione dei grandi eventi e del mercato del lavoro e delle competenze in esso coinvolte. Per quanto riguarda il primo punto fino all’anno scorso Roma spendeva soltanto 1 milione di euro l’anno per attività promozionali. Oggi finalmente quella cifra è stata raddoppiata e, cosa ancora più importante, sono in arrivo risorse per un’app per rilanciare l’immagine della capitale:13 milioni di euro sono stati  erogati attraverso un bando UNESCO Il servizio applicherà le metodologie più avanzate della digitalizzazione: si pensi che un assistente virtuale indicherà ai turisti cosa visitare ed i percorsi per evitare le file. Cambierà anche la segnaletica: non più grigi cartelloni ma paline tecnologiche per illustrare la storia dei monumenti più belli. Arriviamo all’ultimo punto, quello più dolente. Forse anche a causa di ritardi connessi a burocrazia e covid i nostri Musei, a partire da quelli romani, mancano di tecnici e custodi. Il turn over è fermo da anni con il risultato che da Ostia Antica ai Musei Capitolini si registrano chiusure a rotazione per molti siti e sale, con conseguente ridotto ritorno economico. Aree archeologiche vengono chiuse durante la settimana per essere riaperte solo nel week-end ad orari contingentati e rigorosamente su prenotazione. Mancano anche tecnici che possano garantire una manutenzione ordinaria evitando i periodici ricorsi alla straordinaria, più costosa ed anche improgrammabile ed amministrativi che possano espletare le pratiche richieste, a partire da quelle correlate alla sicurezza dei visitatori ed alla protezione delle opere esposte. Conoscendo le mie passioni non vi stupirete se concludo con un memento circa il Museo della Scienza: sembra che i primi passi necessari, una guida scientifica, una programmazione temporale ed economica, una collocazione definita e ragionevole, siano stati compiuti. Purtroppo già in passato situazioni come questa si erano realizzate senza però mai sfociare in passi avanti più concreti, fatta eccezione per un tentativo piano di fattibilità degli anni 80-90. Roma è forse la città al mondo con la maggiore concentrazione di strutture scientifiche, anche predisposte alla diffusione e comunicazione: un Museo della Scienza, ritornando al punto da cui siamo partiti, avrebbe di certo ricadute economiche significative.

6 pensieri su “A che serve la cultura?

  1. Direi che con un Ministero della Cultura periodicamente disastrato da un Ministro come Franceschini (qualcuno ricorda Verybello? Da bocciatura in quinta elementare!) non c’è da stupirsi granché dei risultati

  2. Roma città del mondo con la maggiore concentrazione di strutture scientifiche ?
    Quali ?
    Mi sembra ottimistico, che dire di Los Angeles o di Oxford o di Zurigo o Monaco o Berlino, Parigi etc ?

    • Non sono d’accordo con Stefano,per la verità per la prima volta.
      9 Atenei
      4 Accademie
      3 Enti di Ricerca Nazionali
      Oltre 10 Musei
      Qualche decina di ricercatori nella TOP CLASS
      Sono numeri ufficiali:se poi entriamo nella qualità ci sono alti e bassi come in tutto il mondo e non si possono assumere a standard di riferimento eccellenze assolutamente straordinarie,peraltro anche superiori.Però,penso, non facciamoci male da soli e cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno piuttosto che mezzo vuoto e di valorizzare quanto abbiamo

      • Caro Luigi, non voglio polemizzare con te.
        Certo, anche il Nobel per la Fisica scorso ha confermato la bontà della “Scuola Romana”, dai tempi di via Panisperna ad oggi fra le migliori al mondo.
        Mi sembra però che le eccellenze riconosciute a livello internazionale per le università romane siano prevalentemente per il settore umanistico, storico, archeologico, per il restauro etc. Un po’ meno per il settore scientifico tecnico, prova ne sia appunto la mancanza in città di un museo della Scienza (e della Tecnica) che tu sottolinei.
        Comunque posso non avere la visione che tu hai con maggiore ampiezza della mia.
        Ciao caro Luigi !

  3. I musei oggi devono essere animati, servono persone che ciclicamente modifichino gli oggetti esposti e promuovano attività correlate in modo da richiamare ciclicamente lo stesso pubblico locale e, nello stesso tempo, rendano il museo spettacolare in modo da attirare il pubblico lontano con il meccanismo del passaparola. Il pubblico deve poter interagire con il materiale esposto, e in questo senso vorrei invitarvi a visitare l’Immaginario Scientifico di Trieste. Serve poi una massa critica per invogliare il pubblico a spostarsi per visitare quel luogo. A Banja Luka (Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina) ho apprezzato come in uno stesso luogo vi fosse un museo che espone reparti dalla preistoria alla II guerra mondiale integrati da una collezione di strumenti musicali e da un’esposizione di costumi tradizionali e ambienti domestici nonché di ambienti naturali tipici del territorio.
    Ci sono grandissimi complessi come il museo di storia naturale (reso famoso dalle riprese dei film su Henry Potter) e del vicino museo i tecnologia in cui simpatici studenti animano la visita con dimostrazioni di ogni genere (compreso il lancio di modellini di missile). Già indicare con una targhetta le speci botaniche di un giardino pubblico potrebbe essere un inizio di museo scientifico, magari lungo un cammino che unisce più musei in modo che non si perda la soluzione di continuità tra l’interno del museo e il territorio che lo circonda, perché l’inclinazione alla conoscenza non deve essere relegata ad un luogo o ad un momento ma deve essere una forma mentis che accompagna tutti sempre: lo scopo ultimo dell’attività museale è proprio stimolare questa forma mentis.

    • Ovviamente sono d’accordo con Alberto:la voglia di conoscenza nella maggior parte dei casi richiede di essere stimolata continuamente e le nuove forme di Museo (in vivo,interattivio,abodatorio),rispondono a questa esigenza.Vorrei fare osservare che il Covid 19 ha dato involontariamente una mano:liberi di spostarci visitavano i siti più vicini ai.nostri interessi,fermi a casa affidandoci alle visite virtuali finivano per essere portati ad allargare i nostri stretti interessi culturali

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