Claudio Della Volpe
Se c’è una specie chimica che soprattutto negli ultimi anni ha assunto il ruolo del cattivo di turno, i radicali liberi sono in buona posizione per assumere quel ruolo.
Si fa continuamente un gran parlare sui siti, specialistici e non, dei danni da radicali liberi; ora lungi da me dire che non è vero; voglio solo far notare che, come sempre succede in chimica, il diavolo sta nei dettagli e che la bontà o cattiveria o insomma il ruolo di una specie chimica è complesso, perché, attenzione, perché NOI siamo sistemi complessi, sistemi lontani dall’equilibrio, siamo vivi, in parole povere.
Questo ci rende, come tutti i sistemi lontani dall’equilibrio, molto sensibili a piccole fluttuazioni delle nostre condizioni chimiche; ci possiamo avvelenare facilmente o andare in crisi e perfino morire per piccolissime quantità di “veleno”, che corrisponde molto spesso non semplicemente a tanta roba, ma a poca roba che mettiamo nel posto o nel momento sbagliati.
In effetti basta una piccolissima bolla di benefico ossigeno nel flusso sanguigno per renderci paralitici o farci morire. Lo stesso che respiriamo nei polmoni.
Dunque, se volete, la vecchia regola del veleno di Paracelso (è la dose che fa il veleno) dovrebbe essere modificata aggiungendo che una dose di veleno non solo deve avere un valore quantitativo sufficiente, ma anche essere somministrata nel posto o al momento adeguati, altrimenti non funziona.
I radicali liberi non sono sempre nocivi; certo possono essere causa di malattie anche mortali, ma la cosa non è affatto automatica e vi farò due esempi tutto sommato comunissimi.
Uno è il comune ossigeno che per chi non lo sapesse è un radicale libero, anzi un di-radicale, ossia ha ben due elettroni spaiati; il secondo è il monossido di azoto, NO, che è un monoradicale, così efficace da essere usato come catturatore di altri radicali, come scavenger si dice tecnicamente, ma nel medesimo tempo senza di esso noi maschietti non riusciremmo a svolgere il nostro ruolo di maschietti, in quanto la molecola di NO controlla la pressione sanguigna specie nei luoghi deputati al sesso.
Andiamo per ordine.
Noi respiriamo diradicali, perché la specie denominata diossigeno tripletto, che è la più comune forma dell’ossigeno gassoso è un diradicale.

Singoletto (primo stato eccitato) | Singoletto (secondo stato eccitato) | Tripletto (fondamentale) | |
~1270 nm – 7882,4 cm−1 | 13 120,9 cm−1 | ||
94,29 kJ/mol | 157,0 kJ/mol | ||
0,9773 eV | 1,6268 eV | ||
Nello schema soprastante sono mostrati gli orbitali molecolari superiori (quelli inferiori sono uguali ed omessi per semplicità) dei due stati eccitati di singoletto e dello stato fondamentale di tripletto del diossigeno molecolare (a destra).
Ciascuna freccia indica un elettrone e la sua direzione su o giù indica lo stato di spin, ossia la ipotetica rotazione in un senso o nell’altro che corrisponde alla condizione magnetica dell’elettrone.
I tre stati differiscono solo negli stati di occupazione e spin degli elettroni nei due orbitali antilegame degeneri π*.
Nella tabella sono indicate le differenze di energia fra gli stati; si badi che tali transizioni non possono avvenire in modo radiativo, ma solo attraverso reazioni chimiche con altre specie eventualmente indotte anche da radiazione.
Le transizioni radiative tra questi tre stati elettronici dell’ossigeno (tutti col medesimo numero di ossidazione) sono formalmente proibite come processi di dipolo elettrico, ossia tramite SOLO assorbimento di radiazione.
Le due transizioni singoletto-tripletto sono proibite sia a causa della regola di selezione dello spin ΔS = 0 (conservazione del momento magnetico) sia a causa della regola di parità (segni della funzione d’onda). La transizione singoletto-singoletto tra i due stati eccitati è consentita dallo spin ma proibita dalla parità.
Queste regole di conservazione sono dettate dai principi di conservazione come applicati in MQ.
Per ottenerle servono dunque dei reagenti opportuni, come per esempio dei coloranti che assorbono l’energia e la trasferiscono agli stati e che sono scelti con una struttura opportuna.
Per fare un esempio dei problemi di questi tipi di transizione: un radicale libero non può essere creato in un semplice processo in un’unica fase da reagenti non radicalici se non per dissociazione omolitica del legame. Un principio fondamentale della chimica quantistica è la conservazione dello spin. Nel corso di una semplice reazione, il numero quantico di spin totale S deve rimanere costante (escludendo effetti più complessi che pure ci sono, come il cosiddetto accoppiamento spin-orbita, ma ne parleremo altrove).

I composti non radicalici hanno uno stato di singoletto, cioè il loro numero quantico di spin totale S=0 o 2S+1=1. Tutti gli elettroni sono accoppiati. I tipici radicali organici come il radicale tert-butile hanno uno spin spaiato e sono quindi in uno stato di doppietto S = 1/2, 2S + 1 = 2. I diradicali come O2 sono in uno stato di tripletto con S = 1 e 2S + 1 = 3.
Dunque per arrivare a uno stato del prodotto con S diverso da zero, è necessario generare una coppia di composti di spin opposti (dissociazione di legame semplice) o iniziare con una S diversa da zero.
Nella realtà concreta le specie in questione possono usare SOLO quello che c’è disponibile: il cibo, i tessuti organici e così via e dunque la materia coinvolta diventa essenziale E SPECIFICA per la reazione e ne viene modificata profondamente con effetti irreversibili e duraturi.
Date le quantità di energia coinvolte le cellule si sono adattate a questi processi possibili; ma se tali processi si svolgono fuori del loro ambiente quelle enormi quantità di energia possono alterare irreversibilmente altre molecole, come poniamo per ipotesi, il DNA.
Se invece si svolgono nel contesto che gli è proprio, frutto di milioni di anni di evoluzione, non succede nulla di spiacevole.
La specie diradicalica diossigeno (questo è il nome proprio della molecola di ossigeno O2) nello stato 3Σ–g costituisce una molecola molto particolare: essa è paramagnetica (ossia si manifesta con una magnetizzazione avente stessa direzione e verso di quella associata al campo esterno applicato al materiale paramagnetico stesso ma scompare con la scomparsa del campo a differenza dei materiali ferromagnetici) , una delle poche molecole paramagnetiche comuni (21% dell’atmosfera); ed inoltre è molto stabile come radicale; normalmente i radicali non sono così stabili; e c’è stato chi si è chiesto come mai questo particolare radicale sia così stabile.
In un bel lavoro di Hoffmann (il premio Nobel) e altri studiosi pubblicato su JACS nel 2017 si cerca di spiegare come mai ciò sia possibile.
La domanda è molto furba e la conclusione sorprendente. Farsi le domande giuste è ciò che fa grande uno scienziato, prima di trovare le risposte.
Direte cosa c’è di furbo nella domanda? Ve lo spiego subito.
Hoffmann e collaboratori si chiedono perché l’ossigeno pur essendo così disponibile a reagire con tutto (eccetto forse l’oro) a partire dai componenti del nostro corpo in effetti poi non brucia così facilmente; l’entalpia della reazione di combustione sarebbe alta ma c’è qualcosa che lo impedisce; lo stesso può dirsi della possibilità che l’ossigeno reagisca con se stesso, formando anelli di molecole di ossigeno; è un fenomeno che è tipico del suo parente stretto, lo zolfo; le molecole di S2 (non dimentichiamo che lo S è nello stesso gruppo dell’O) anch’esse di-radicali tendono a reagire con se stesse formando degli anelli di 8 atomi di zolfo, S8; come mai l’ossigeno non fa una cosa analoga?
Dice Hoffmann:
Ma, naturalmente, non bruciamo. Quel pallone a idrogeno che facciamo esplodere in una classe di chimica generale non si attiva fino a quando una fiamma o scintilla entra in scena, per permettere alla reazione di procedere fino al suo nirvana termodinamico, l’acqua. La carta, la realizzazione della nostra civiltà (beh, almeno fino ad ora), non si infiammerà fino a 451 Fahreneit.
Chiaramente la molecola di ossigeno che reagisce esotermicamente con quasi tutto ha una barriera di energia di attivazione ragionevolmente alta col medesimo tutto.
In effetti la barriera di energia di attivazione dell’ossigeno con il legame C-H in qualunque molecola organica è enormemente elevata. Ma perché?

L’O2 nel suo stato fondamentale di tripletto è un diradicale! Pensate a quanto facilmente un atomo di cloro o un radicale idrossile estraggono un atomo di idrogeno dagli alcani. Come i monoradicali anche i diradicali sono estremamente reattivi.
Mettiamo la sorprendente eccezionalità dell’ossigeno in altri termini: come può una molecola costituire un quinto dell’atmosfera terrestre, essendo in continuo contatto intimo con centinaia di migliaia di molecole con le quali la sua reazione sarebbe in discesa in entalpia? Fenomenologicamente, la risposta a questa domanda è ovviamente che l’O2 deve avere alte barriere alle reazioni con la maggior parte delle molecole. Perché sia così, e in particolare perché l’ossigeno abbia un’alta barriera alle reazioni che coinvolgono l’estrazione di atomi di idrogeno, è una delle domande che questo articolo prenderà in considerazione.
La risposta deve essere generale ed essere relativa alla struttura dell’O tripletto.
E i ricercatori la trovano nel fenomeno della stabilizzazione per risonanza; per meglio comprendere questo fenomeno ricordiamo alcune definizioni:
Gli elettroni possono avere uno dei due spin alfa (ms = +1/2) o beta (ms = -1/2) (dove ms è il numero quantico di spin). Gli elettroni rotanti interagiranno con un campo magnetico. Quando due elettroni sono accoppiati in un orbitale gli effetti magnetici vengono annullati. Gli atomi o le molecole che contengono elettroni spaiati sono debolmente attratti dai campi magnetici e si dice che sono paramagnetici. Gli atomi o le molecole in cui tutti gli elettroni sono accoppiati non sono attratti dai campi magnetici e si dice che sono diamagnetici.
Come si distribuiranno i diversi elettroni negli orbitali? Come in questa figura:

Queste distribuzioni sono le possibili strutture che corrispondono a risonanze possibili; un maggior numero di risonanze o se volete di modi di esistenza ne abbassa l’energia e ne aumenta la probabilità. Ne segue che questa combinazione rende l’ossigeno tripletto particolarmente stabile come radicale (secondo Hoffmann la stabilizzazione contribuisce per circa 100kcal/mol!!!).
L’articolo è molto più ampio e si dilunga a spiegare l’interpretazione dei fenomeni dal punto di vista delle due teorie del calcolo degli orbitali la teoria Valence Bonding e quella degli Orbitali Molecolari. Le conclusioni sono le medesime nei due casi. Gli autori usando la MQ calcolano le grandezze termodinamiche di processi comprendenti vari tipi di radicali e ne giustificano le differenze: il meccanismo chiave è la stabilizzazione per risonanza del di-radicale ossigeno tripletto.
Ovviamente la situazione è del tutto diversa nel caso dell’ossigeno singoletto, che invece è specie molto più reattiva ma anche molto meno comune nella nostra atmosfera.
Nel caso dell’NO, l’ossido nitrico, abbiamo un monoradicale, con S=1/2; esso viene immesso nell’atmosfera a partire dagli elementi ad opera della reazione di sintesi:
N2(g) + O2(g) → 2 NO(g)
La reazione avviene in presenza di fulmini (o nei motori a combustione interna). Ma nelle cellule cosa avviene?
Qui un complesso sistema enzimatico trasforma ancora una volta l’ossigeno (e l’azoto sottratto all’arginina, un amminoacido) in ossido nitrico.

(in rosso e verde rispettivamente la distribuzione di eNOS ed iNOS in una cellula trofoblastica).

Lo schema è altamente specifico e prevede l’intervento di enzimi dedicati, le varie categorie di NOS ossia le Nitric Oxide Sinthetase, enzimi la cui distribuzione cellulare è estremamente specifica. NO è molto reattivo e dunque esso deve essere prodotto con un criterio di just-in-time e just-in site per evitare disturbi alla cellula. Il Viagra serve ad aiutare chi non riesce a coordinare questo complicato meccanismo (e casomai ne parleremo in altro post).
Un enzima che deve interagire con un diradicale S=1 per ottenere un radicale di S=1/2 deve rispettare anch’esso le regole di selezione della Meccanica quantistica, nei vari step singoli della reazione.
E questo è spettacolare.
La vita usa la MQ per fare le sue reazioni chiave: l’eme dell’emoglobina che reagisce con l’ossigeno tripletto per farci respirare o le NOS che producono un monoradicale NO da un diradicale O2 per farci avere un sesso soddisfacente sono esempi incredibili di questa programmazione sofisticata delle unità viventi che coordinano senza problemi apparenti tutti i livelli di conoscenza che per noi costituiscono spesso compartimenti stagni. Cosa c’entra la vita con la Meccanica quantistica? Il problema è che c’entra ma non ne abbiamo ancora capito granché.
E questo rende più facile accettare l’idea di un “grande programmatore” invece della semplice evoluzione darwiniana. Ahimè!
Testi consultati:
https://en.wikipedia.org/wiki/Singlet_oxygen
https://en.wikipedia.org/wiki/Triplet_oxygen#cite_note-2
https://en.wikipedia.org/wiki/Reactive_oxygen_species#Singlet_oxygen
R. Hoffmann et al. Dioxygen: What Makes This Triplet Diradical Kinetically Persistent? JACS Journal of the American Chemical Society, 14 Jun 2017, 139(26):9010-9018
DOI: 10.1021/jacs.7b04232
EUNOK CHOE AND DAVID B. MIN Chemistry and Reactions of Reactive Oxygen Species in Foods
https://www.reading.ac.uk/nitricoxide/intro/no/regulation.htm
Cartledge, Jon; Minhas, Suks; Eardley, Ian (2001). The role of nitric oxide in penile erection. Expert Opinion on Pharmacotherapy, 2(1), 95–107. doi:10.1517/14656566.2.1.95
J. Leszczynski (ed.), Handbook of Computational Chemistry, p.1068-1090 Spin-Orbit Coupling in Enzymatic Reactions and the Role of Spin in Biochemistry B. F. Minaev ⋅ V. O. Minaeva ⋅ Hans Ågren
Non ho consultato ma vi segnalo un intero libro dedicato al tema dell’interazione spin-biochimica:

Spin states in Biochemistry and Inorganic Chemistry – Influence on Structure and Reactivity
M. Stuart e M. Costas – Wiley 2016