Se un giorno ti svegli e il depuratore non c’è più.

Mauro Icardi

(Ricordi degli anni 70 e di scelte che sono state inevitabili)

Per la mia formazione culturale e personale, gli anni 70 sono stati decisamente molto importanti. In quel decennio sono passato dall’essere un bambino con le prime insopprimibili curiosità, e sono arrivato ad un passo dall’essere maggiorenne. I diciotto anni li avrei compiuti nel 1980.

Furono molti gli avvenimenti che in quegli anni cercavo di approfondire, leggendo il quotidiano di Torino “La Stampa”, che mio padre acquistava quasi tutti i giorni. L’austerity, l’epidemia di colera, il disastro di Seveso tra i tanti. Ma anche terrorismo, crisi economica, guerre (che non ci facciamo mancare mai), inquinamento e sofisticazioni alimentari.

L’austerity con la conseguente proibizione dell’uso dell’auto nei giorni festivi mi riportò indietro nel tempo, ovvero a prima dell’acquisto della prima automobile di famiglia, una fiat 500. I mezzi che utilizzavamo per spostarci erano principalmente treno e tram. Questa situazione è durata fino a quando non ho compiuto sei anni. Credo che la passione che ancora oggi ho per i mezzi su rotaia sia nata proprio in quel periodo. Mia madre mi racconta che uno dei nostri svaghi era andare in giro la domenica con il tram numero nove, partendo dal quartiere di Borgo Vittoria a Torino, dove ho abitato fino al 1966, percorrendo quasi tutta la  linea fino ad arrivare al capolinea opposto, che si trovava a pochi metri dallo stadio comunale. Con lo stesso tram raggiungevamo la stazione di Porta Nuova quando si andavano a trovare i nonni paterni e materni nel Monferrato. Un tragitto di circa un’ora e mezza che mi sembrava infinito, e che avrei voluto non finisse tanto presto.  Ero un bambino curioso che pronunciava molto spesso una parola: perché. Su quei treni c’erano molte altre persone, parenti o amici dei miei genitori, che ritornavano nello stesso paese, cioè Mombaruzzo.

Quando mia mamma era sul punto di soccombere alle mie continue domande, mi affidava a qualche persona di buona volontà, che mi faceva passeggiare avanti e indietro lungo il convoglio.

 E puntualmente ricominciavo a tempestare il povero sventurato con una raffica continua di domande. Nel 1973 posso dire che l’austerity fu per me decisamente un periodo festoso. Ero libero di viaggiare quasi a piacimento in treno e in bicicletta! Il treno avevamo smesso di usarlo ormai da cinque anni. La 500 color “Blu turchese”, come recitava la targhetta applicata all’interno del piccolo portello che copriva il vano motore posteriore, lo aveva soppiantato. Ma adesso si prendeva la sua rivincita. Così io potevo tornare a soddisfare la mia passione per treni e tram.

La crisi petrolifera del 1973 ebbe l’effetto di far comprendere, anche se solo parzialmente, che non era saggio affidare le necessità di mobilità unicamente alla motorizzazione privata. Torino accantonò il progetto di dismissione della rete tramviaria, e le ferrovie cercarono di fermare la tendenza al calo costante di passeggeri. Ricordo una campagna pubblicitaria per incentivare l’uso del treno che mi aveva molto colpito. Si poteva vedere sui cartelloni pubblicitari, e sulle pagine di riviste e quotidiani.  Uno sconcertato viaggiatore con la valigia in mano sul marciapiede di una stazione, guardava la massicciata priva di rotaie, mentre la didascalia sullo sfondo recitava più o meno cosi: “Se un giorno ti svegli e il treno non c’è più?”

Personalmente vista la mia passione ferroviaria, provo sempre molto disagio quando vedo massicciate senza più binari. Ed è stato proprio il ricordo di quella campagna pubblicitaria che mi ha suggerito il titolo di questo post e le riflessioni che seguono.

L’abitudine a considerare scontate alcune cose, spesso ci fa perdere la percezione della loro importanza.      In quegli anni si manifestarono con molta evidenza i risultati di uno sviluppo industriale che era stato impetuoso, ma che non aveva minimamente considerato l’impatto dei residui sull’ambiente naturale. Anche la crescita della popolazione nelle città più industrializzate ebbe un forte impatto sull’ambiente. Esistevano sul territorio nazionale alcuni depuratori, che si limitavano ad effettuare un trattamento che spesso si limitava alla sola sedimentazione primaria, prima di scaricare i reflui direttamente nei corsi d’acqua.  Proviamo a immaginare cosa potremmo vedere se domani svegliandoci ci accorgessimo che i depuratori sono spariti.

Faremmo un gigantesco passo indietro. Torneremmo a vedere i fiumi cambiare colore a seconda degli scarichi che in quel momento vi si riversano, e potremmo capire che ora del giorno sia. Questo si diceva del fiume Olona, prima che iniziasse l’opera di risanamento. Ci accorgeremmo della presenza di un fiume sentendo a centinaia di metri di distanza l’odore nauseante della degradazione anossica della sostanza organica. Ma prima di tutto questo sentiremmo l’odore della putrefazione dei pesci. Perché i pesci sarebbero i primi a sparire, boccheggiando disperatamente alla ricerca di quell’ossigeno che le loro branchie, nonostante l’evoluzione le abbia rese più efficienti dei nostri polmoni, non riuscirebbero più ad assorbire. Non vi sarebbe più ossigeno disciolto, né vita acquatica come siamo abituati a concepirla.

E di questo si parlava nei testi scolastici proprio degli anni 70. Nei telegiornali, e nelle trasmissioni televisive che ancora si possono rivedere nei siti della Rai.

Credo abbia un valore storico riportare il testo di questo articolo del 29 Luglio 1970,tratto dall’archivio storico del quotidiano “La stampa”, che descrive l’inquinamento della laguna di Venezia. Nella stessa pagina vi erano articoli relativi allo stesso problema, che spaziavano dal litorale di Roma, al canale Redefossi di Milano, e ai fiumi Bormida e Tanaro in Piemonte.

La laguna “fermenta” Moria di pesci – Gravi preoccupazioni a. (g. gr.)

 La laguna fermenta: questo l’allarme che parte da Venezia e si inserisce nel preoccupante quadro degli inquinamenti. Tralasciando di parlare del mare e dei fiumi della sua zona, è soprattutto la laguna che preoccupa i veneziani. Basti ricordare come alla fine dello scorso giugno una preoccupante moria di pesce si sia accompagnata ad un puzzo insopportabile che giorno e notte infastidì i veneziani; gli oggetti in argento si annerivano, alghe putrefatte affioravano nei canali, macchie preoccupanti comparivano sui muri delle case. Il fenomeno — è stato dichiarato ufficialmente dal comune — verosimilmente è da riferirsi a una lenta modificazione dell’ecologia lagunare. A Venezia, hanno detto gli esperti, la laguna si sta concimando, cioè sta diventando troppo fertile. Secondo i ricercatori dell’Università di Padova, i responsabili di questa trasformazione del fondo e della flora lagunare sono gli scarichi urbani, i detersivi, i fertilizzanti agricoli, le immondizie e l’industria. Nella laguna si sono anche notati aumenti nella presenza di idrocarburi, dovuti probabilmente all’accumulo di scarichi incontrollati di nafta sull’arco dei decenni. Quest’ultimo fenomeno mette in evidenza l’urgenza di dotare la città di fognature e di impianti di depurazione adeguati. Il fenomeno dell’inquinamento preoccupa le autorità per due motivi: la circolazione nei canali viene resa difficile dagli accumuli di rifiuti, il turismo sarebbe poi gravemente danneggiato dalla visione delle larghe chiazze di nafta sulla superficie dell’acqua. Venezia perderebbe il suo fascino, insomma. Non esistono per ora pericoli per gli abitanti, ma si prospetta, con l’andare del tempo, anche questo rischio.

E’ stata la lettura di articoli simili a questo, è stato l’aver visto con i miei occhi di bambino prima, e di adolescente poi, che esplorava il proprio spicchio di mondo pedalando su una bicicletta modello “Graziella” di colore azzurro, i canali di irrigazione nella campagna adiacente a Chivasso dove galleggiavano  flaconi di plastica, che si ammassavano sotto le arcate dei ponti. Tutto origina da quegli anni.

I trent’anni di lavoro in depurazione sono stati già superati. La passione di voler imparare e conoscere ancora, proprio no. Perchè c’è sempre tanto lavoro da dover fare. C’è sempre una spinta ad avere delle passioni E c’è da sperare che domani, svegliandoci al mattino, ci si renda conto che non sono spariti né i treni, né i depuratori. La chimica è stata una chiave, uno strumento di lavoro per approcciare questi temi. Giusto ricordarlo. Rifletto spesso che date queste premesse posso dire di essere stato fortunato a fare il lavoro che ho fatto. E anche quello che cerco di fare qui, raccontando di cosa si occupano i tecnici della depurazione.

20 pensieri su “Se un giorno ti svegli e il depuratore non c’è più.

  1. Molto bella la foto del vecchio treno !
    Da bambino era uno spettacolo andare ad assistere allo smistamento/sosta alla stazione di Mestre, ai tempi si vedevano ancora locomotive a vapore…
    Per curiosità : come mai due cavi di alimentazione (e pantografo doppio) ?

    • Questa linea, cioè la Asti-Acqui Terme-Ovada-Genova ha cessato di essere alimentata in trifase nell’aprile del 1976. Ho postato la foto perché sono stati i viaggi con quel sistema di alimentazione, le carrozze chiamate “centoporte” a scatenare la mia passione per i treni.

  2. Non c’entra nulla con l’articolo,e forse ne avete gia discusso, ma potete spiegarmi come è potuto accadere che qualche centinaio di milioni di dischetti di plastica usati nella depurazione sono finiti nei nostri mari? Chi li ha inventati non poteva prevedere un disastro simile?

    • Marcello lei dovrebbe essere un più preciso quando parla di “dischetti usati per la depurazione”. Potrei pensare ad anelli Raschig, ma posta così la questione non riesco a risponderle. Per la mia esperienza nessuno scarica materiali intenzionalmente. Una volta esisteva il problema dei bastoncini cotonati per orecchie. Ne vedevo parecchi, e avevano lo spiacevole effetto di superare le sezioni di grigliatura. Provocando malfunzionamenti ed intasamenti, intasando giranti di, e impedendo l’escursione dei galleggianti di attivazione delle pompe. Poi è stato stabilito che dovessero essere fatti di materiale biodegradabile. Ma come ho avuto già modo di scrivere diverse volte, materiali di questo tipo NON DEVONO ESSERE SCARICATI NEL WC. Niente plastica, niente preservativi. Nemmeno olio di cucina. attualmente le sezioni di grigliatura sono rese sempre più efficienti. Ma il problema dovrebbe essere risolto a monte. Invece in fognatura finisce ancora troppo materiale estraneo. Non è consolante pensare che avvenga anche fuori d’Italia.

  3. Non conoscevo la vicenda, e vedrò di approfondire. La cosa mi lascia decisamente molto perplesso.

    • Leggo del cedimento strutturale di una vasca. Cosa di per se inammissibile.

      • Supporti per crescita di biomassa adesa. Sarebbe interessante leggere gli atti del processo. Comunque scandaloso che si sia alimentato un depuratore, e si sia fatto un revamping di questo genere, quando le strutture erano così danneggiate. Ringrazio Marcello per la segnalazione. Qui però siamo di fronte ad un caso limite. Non si tratta di carenza di funzionamento o gestionale, ma di una carenza strutturale. Quello che dispiace è che un caso simile “sputtana” (concedetemi il termine ) decine e decine di gestioni corrette ed attente. Comunque ecco cosa succede se un depuratore non c’è più, o peggio ancora quando la verifica delle sue strutture è carente o mancante. Una sorta di crollo del Ponte Morandi. Triste scoprire che si verifichino ancora situazioni di questo genere. Molto triste.

      • Visto il precedente e per principio di precauzione non si possono vietare questi filtri e usare tecniche diverse?
        Ho letto che su l’isola d’Elba li trovano in un formato diverso quindi escluderei provengano da Salerno

  4. Il problema è stato il cedimento strutturale di una vasca. Quei supportiì (perche non si tratta di filtri), servono a far crescere biomassa (cioè la microfauna che depura le acque reflue). Se non si usa il sistema a biomassa adesa, si torna al sistema con vasca di ossidazione areata. E prima o poi si porrà il problema dello smaltimento dei fanghi che nessuno vuole. Per altro la modifica di una tecnologia di trattamento non è immediata. Bisogna effettuare il revamping dell’impianto e riprogettarlo. Non è una cosa immediata. L’alternativa è fare come un tempo. scaricare liquami tal quali. Mi consenta questa osservazione: lei è impressionato da questa vicenda, e posso capirlo. Ma allo stesso tempo abbiamo gigantesche isole di plastica negli oceani. Quelle ci interessano molto meno. Esistono soluzioni che vanno calibrate sulla tipologia di scarichi. Qui, lo ripeto non si tratta di puntare il dito su quel tipo di tecnologia, ma di rendersi conto che una vasca di un depuratore , qualsiasi sia la tipologia ci tecnologia che utilizza, non si deve rompere. Non deve avere un cedimento strutturale di quel genere. Indipendentemente da cosa ci sia al suo interno. Rack di supporti per biomassa adesa, turbine superficiali oppure piattelli sommersi per areazione. Anche quelli sono in materiale plastico. Questo è il punto fondamentale. Il problema non sono i supporti di plastica in se, anche se questa vicenda è normale che abbia scosso l’opinione pubblica. Questo è un caso limite. E purtroppo gli articoli che riguardano problemi tecnici, soprattutto in questo settore, son scritti con molta superficialità. Semmai lo scandalo è la situazione di manutenzione carente, oppure mi viene da pensare alla speculazione edilizia.. Quelle vasche avevano cemento a norma, oppure impastato con sterco o sabbia? Non ritengo corretto che passi un messaggio che porta a pensare che i depuratori non servano a nulla. Qui mi sembra di capire che il problema è altro, rispetto a quello gestionale.

    • Eccome se servono i depuratori ma se è vero che molti di quelli che abbiamo sono vecchi e obsoleti, è facile aspettarsi la rottura di altre vasche,ci metterei la mano sul fuoco, è solo questione di tempo e molti possono passare inosservati perché scaricano vicino a coste o piene dei fiumi, così andranno ad arricchire le “isole” di plastica.

  5. Volevo anticipare a Marcello che il prossimo post che scriverò avrà come argomento la situazione della depurazione in Italia, le infrazioni europee, e cercherà di dare un’idea obbiettiva della situazione della depurazione in Italia. Tra le altre cose è di questi giorni la notizia dell’arrivo di finanziamenti per risolvere un altro problema molto sentito: quello delle perdite sulla rete di distribuzione dell’acqua potabile. https://bolognafiere.mailmnsa.com/nl/link?c=25v5u&d=68o&h=4pi1af1v7ueaq4mdgp5439lu&i=4r3&iw=b&n=3ks&p=H301718942&s=wv&sn=3ks

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