Il lager, la materia, la chimica e la scrittura nell’esperienza di Primo Levi

Mauro Icardi

Primo Levi in un’intervista televisiva racconta quali siamo stati gli elementi fondamentali della sua vita: la prigionia e l’avere deciso di scrivere.

 Il terzo elemento fondamentale della sua vita, cioè la chimica, non è mai assente anche durante la tragica esperienza quotidiana del vivere in Lager. Si manifesta in diversi modi, dal quasi surreale esame di chimica sostenuto in Lager davanti al Dottor Pannwitz, fino al tentativo di costruire pietrine per accendini con dei cilindretti di cerio trovati in un magazzino dl camp di prigionia.

Levi affermò anche che Auschwitz fosse stata forse l’esperienza più importante della sua vita. Non è semplice mettersi nei panni di questo uomo timido e garbato, che si trova proiettato nella bolgia del Lager a soli ventiquattro anni, e comprendere i pensieri e le emozioni profonde che possono averlo spinto a questa affermazione.

L’esperienza vissuta lo spinge a scrivere, perché sente dentro di sé l’obbligo morale di testimoniare quello che era l’organizzazione dei campi di sterminio.  E lo fa non solo esaminando la questione dal punto di vista morale e storico, ma anche descrivendo le assurde regole che vigevano nel campo, e le terribili condizioni di igieniche a cui i prigionieri dovevano sottostare.

Il primo testo pubblicato da Levi dopo il ritorno dal Lager è intitolato “ Rapporto sulla organizzazione igienico-sanitaria del campo di concentramento per ebrei di Monowitz”. Fu scritto in collaborazione con l’amico Leonardo De Benedetti, e comparve sulla rivista Minerva Medica. L‘intenzione era quella di descrivere con la massima obbiettività le condizioni del campo, le patologie che affliggevano i prigionieri, e il funzionamento delle camere a gas.

Ma Levi scrisse anche una lettera che inviò alla redazione de “La chimica e l’industria” e che venne pubblicata nel numero di Dicembre del 1947.

Levi descrive la condizione dei prigionieri e fornisce alcune notizie sulle sue produzioni chimiche: il campo di Monowitz, struttura satellite del più noto campo di Auschwitz, era infatti sede di vari impianti chimici, tra cui uno gigantesco per la produzione di gomma sintetica, la cosiddetta “buna”*. I bombardamenti alleati del Luglio 1944 danneggiano in parte gli impianti per la produzione della buna, che infatti non verrà mai prodotta nel campo di Monowitz. Restano attive però altre produzioni, tra cui quella di metanolo. L’azienda che gestisce gli impianti all’interno dei lager e tutta la produzione chimica di interesse per il regime nazista e l’economia di guerra è la IG Farben.

Nel dopoguerra, nel breve periodo in cui Levi prova ad esercitare la libera professione, prova a sintetizzare l’allossana come stabilizzante da impiegare nella formulazione di un rossetto. La descrizione della faticosa ricerca della materia prima, cioè escrementi di gallina, e il difficoltoso tentativo di sintetizzarla partendo dall’acido urico che vi è contenuto, e che terminerà con un insuccesso, è narrata in “Azoto”, sedicesimo racconto contenuto ne “Il sistema periodico”.

Ed è in questo capitolo che Levi spiega una parte della filosofia chimica. Partendo dall’idea che lo faceva sorridere, cioè il ricavare un cosmetico da un escremento. Cosa che non lo imbarazzava minimamente.

Il mestiere di chimico (fortificato, nel mio caso, dall’esperienza di Auschwitz) insegna a superare, anzi ad ignorare, certi ribrezzi, che non hanno nulla di necessario né di congenito: la materia è materia, né nobile né vile, infinitamente trasformabile, e non importa affatto quale sia la sua origine prossima.”

Quello della manipolazione della materia, insieme alla modificazione dell’uomo operata nel Lager, è uno dei capisaldi dell’intera sua opera. La materia che resiste all’uomo in una lotta senza fine, così come l’uomo resiste, nonostante tutto, alla manipolazione operata dai nazisti nel campo di concentramento.

* La buna è la gomma sintetica che si può ottenere dalla copolimerizzazione del butadiene con lo stirolo o con il nitrile acrilico. Il termine, il quale può sembrare così particolare, non è altro che la fusione tra le due iniziali delle parole Butadiene e Natrium (sodio) che sono la materia prima e il catalizzatore che si sfruttano nel processo.

3 pensieri su “Il lager, la materia, la chimica e la scrittura nell’esperienza di Primo Levi

  1. Grazie per il ricordo di Primo Levi, i suoi scritti sono per me una preziosa eredità, letti e riletti offrono sempre emozioni e saggezza che accompagnano lo scorrere della vita. Ricordo con grande nostalgia di aver ascoltato le sue parole in una serie di registrazioni radiofoniche che purtroppo non ritrovo più. Si intitolavano “Io sono un centauro”, Levi raccontava se stesso con una voce fresca e pacata che ti scendeva nell’anima. Emozionante!

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