Claudio Della Volpe
Quando si parla di idrogeno viene subito necessario chiarire che si tratta di un vettore di energia perché – si dice- non esistono giacimenti di idrogeno sul nostro pianeta; questo nonostante l’idrogeno sia l’elemento più diffuso dell’universo e anche il più antico degli elementi, quello che si è formato per primo e anche il motore basico dell’energia delle stelle.
Ma questa descrizione è del tutto vera e corretta? Abbiamo parlato ripetutamente del ciclo dell’idrogeno e delle sue peculiarità, per esempio qui e qui. Ma mai dell’idrogeno naturale.
Lavori che mostravano l’esistenza di risorse “naturali” di idrogeno risalgono almeno al 1962 (World Oil, nov, pag 78), ma il dubbio esiste ufficialmente fin dal 1990, quando un ingegnere minerario, H.C. Petersen scriveva (Int. J. Hydrogen Energy,Vol. 15,No. 1,p. 55, 1990) in una lettera alla rivista, raccontando di aver cercato l’elio nei campioni di gas che gli provenivano da parecchi giacimenti americani, ma di aver trovato anche idrogeno in percentuali che erano significative; e rivelando che, a suo parere, in Kansas and Iowa erano stati perforati pozzi dalla Texaco alla ricerca specifica di idrogeno.,
Da allora sono stati pubblicati un piccolo numero di lavori riguardanti la ricerca di giacimenti di idrogeno; il più famoso dei quali si trova, al momento, in Mali, in Africa.
Nella prima di queste review (1) del 2005 gli autori scrivevano:

Nella medesima review si sosteneva che le risorse di idrogeno “naturale” erano prodotte in massima parte da processi di serpentinizzazione in rocce ultramafiche o ultrabasiche, rocce ignee con contenuto molto basso, meno del 45%, di silice (che esalta l’acidità), generalmente percentuale superiore al 18% di ossidi di magnesio, ossidi ferrosi elevati, basso contenuto in potassio, e sono composte principalmente da minerali femici (ossia contenenti ferro e magnesio).

Queste condizioni erano estranee a quelle dei comuni giacimenti di petrolio e necessitavano dunque di una ricerca specifica.
Per confronto il lavoro mostra la diversa composizione in idrogeno di un tipico deposito carbonifero e quella invece di depositi ultramafici ricchi di idrogeno.


La reazione principale per la formazione di idrogeno è proposta in questa forma:

In definitiva i depositi di ferro ferroso servono da riducenti dell’acqua geologica formando cospicue quantità di idrogeno e di ferro ferrico. Secondo un lavoro del 1979 (2) la quantità di idrogeno che viene ceduta all’intero oceano da questi processi assommerebbe a sole 70 ton al giorno, 25mila ton/anno; e come si sa la quantità di idrogeno presente in atmosfera è particolarmente limitata, dell’ordine di un paio di centinaia di Mton.
Una review più recente del 2019 (3) al contrario stima in circa 23Mton/anno il flusso geologico di idrogeno da tutte le sorgenti verso l’atmosfera, dunque dell’ordine del 10% del deposito atmosferico, che come abbiamo raccontato altrove si disperde nello spazio a causa della bassa gravità terrestre.
Nella review si dice:
“Da un punto di vista geologico, l’idrogeno è stato trascurato”. Questo è stato scritto da Nigel Smith e colleghi più di un decennio fa in un articolo del 2005, che sembra essere l’ultima iniziativa in una revisione dell’idrogeno naturale (Smith et al., 2005). Nel 2019 questa affermazione è ancora valida. Sospetto che ciò sia dovuto a un pregiudizio esistente secondo cui l’idrogeno libero in natura è raro, e le descrizioni delle poche scoperte conosciute sono aneddotiche e per qualche motivo raccolgono pochissima attenzione. Pertanto, se nessuno si aspetta di trovare idrogeno libero, nessuno lo campiona. Questo pregiudizio influenza il modo in cui i campioni di gas vengono analizzati e campionati, ma anche il modo in cui i sistemi di rilevamento sono progettati. L’approccio analitico standard per la gascromatografia utilizza spesso l’idrogeno come gas di trasporto (Angino et al., 1984). Per questo motivo, se c’è idrogeno in un campione di gas, non verrà rilevato. È stato riferito che anche nel 1990, molte indagini non erano attrezzate per analizzare l’idrogeno (Smith, 2002). È ancora vero, fino ad oggi, che solo pochi gas-analizzatori portatili moderni utilizzati nelle scienze naturali includono un sensore di idrogeno nel loro design. È difficile stimare quante volte l’idrogeno non è stato identificato in campioni ricchi di H2 a causa della mancanza di una tecnica di rilevamento adeguata per misurare le concentrazioni di idrogeno.
Questo spiega perché a tutt’oggi non abbiamo idea precisa delle effettive dimensioni degli eventuali giacimenti mondiali di idrogeno naturale.
Nella review del 2020 esiste tuttavia una mappa, dalla quale si potrebbe erroneamente pensare che ci sono più depositi in Europa e Russia, ma questo dipende solo dal maggior numero di analisi condotte:

Il giacimento più famoso e sfruttato al momento è quello scoperto in Mali. La sua scoperta è stata raccontata in un recente articolo su Science (17 FEBRUARY 2023 • VOL 379 ISSUE 6633 631 )
All’ombra di un albero di mango, Mamadou Ngulo Konaré ha raccontato l’evento leggendario della sua infanzia. Nel 1987, gli scavatori di pozzi erano venuti al suo villaggio di Bourakébougou, Mali, per trivellare l’acqua, ma avevano rinunciato a un pozzo asciutto a una profondità di 108 metri. “Nel frattempo, il vento stava uscendo dal buco”, ha detto Konaré. Denis Brière, petrophyfisico e vicepresidente di Chapman Petroleum Engineering, nel 2012. Quando un perforatore ha sbirciato nel buco mentre fumava una sigaretta, il vento gli è esploso in faccia. “Non è morto, ma è stato bruciato”, ha continuato Konaré. “E abbiamo avuto un enorme incendio. Il colore del fuoco durante il giorno era come l’acqua frizzante blu e non aveva inquinamento da fumo nero. Il colore del fuoco di notte era come oro splendente, e in tutti i campi potevamo vederci nella luce…. Avevamo molta paura che il nostro villaggio sarebbe stato distrutto”.
Un racconto ed una descrizione più tecnica si ha nella ref. (5)
Questo ci aiuta a capire che si tratta di riserve di idrogeno NON FOSSILI è bene confermarlo, non dipendenti da processi di trasformazione petrolifera e dunque non soggetti ai medesimi limiti, ma comunque limitati nel loro sviluppo complessivo; sono tecnicamente rinnovabili se non usate al di sopra della loro limitata velocità di riproduzione.
I serbatoi di idrogeno relativamente puri sono associati a tracce di metano, azoto ed elio. L’accumulo geologico stratigrafico di idrogeno è legato alla presenza di davanzali e falde acquifere doleritiche sovrapposte che sembrano svolgere un ruolo per disabilitare la migrazione e la dispersione di gas verso l’alto. Il verificarsi di una miscela di gas e acqua che agisce con un’attività artesiana conferma la presenza di fluidi sovra-pressati. Ciò si traduce in un fluido di superficie difasico eruttivo di tipo geyser in molti dei pozzi. Il sistema di “sollevamento del gas” e la presenza di tracce di monossido di carbonio altamente instabile è legato a una recente carica di idrogeno gassoso ai serbatoi dalle falde acquifere sotterranee, in eruzione con l’acqua associata. I pozzi del Mali sottolineano la fonte non fossile di idrogeno gassoso e presentano caratteristiche di un’energia sostenibile. L’attuale stima del suo prezzo di sfruttamento è molto più economica dell’idrogeno fabbricato, sia da combustibili fossili che dall’elettrolisi.
Al momento mi sembra di poter dire che dunque esistono giacimenti sia pur limitati di idrogeno abbastanza puro nella crosta terrestre, da sorgenti non fossili, nel senso non dipendenti da depositi di tipo petrolifero, o carbonifero, ma solo da processi puramente geochimici ed in potenza rinnovabili; tuttavia la loro presenza SEMBRA limitata e potrebbe dunque dare solo un limitato apporto ad un’economia rinnovabile, probabilmente significativa solo in certi luoghi. Rimane però che non esistono ancora precise descrizioni e valutazioni delle dimensioni di queste riserve di idrogeno naturale e che il campo si svilupperà fortemente nei prossimi anni
Sono sicuro che torneremo sull’argomento; infatti proprio perché l’interesse per queste tematiche è enorme serve chiarirne bene i contorni e l’importanza.
1 Hydrogen exploration: a review of global hydrogen accumulations and implications for prospective areas in NW Europe |
SMITH, N. J. P. et al. |
Geological Society, London, Petroleum Geology Conference Series (2005), 6 (1): 349 |
https://doi.org/10.1144/0060349 |
- 2 Welhan, J. A. & Craig, H. 1979. Methane and hydrogen in East Pacific Rise hydrothermal fluids. Geophysical Research Letters, 6(11), 829–831.
- 3 https://doi.org/10.1016/j.earscirev.2020.103140 The occurrence and geoscience of natural hydrogen: A comprehensive review Viacheslav Zgonnik Earth-Science Reviews 203 (2020) 103140
- 4 https://pubs.geoscienceworld.org/msa/elements/article-pdf/16/1/8/4960741/gselements-16-1-8.pdf
- 5 International journal of hydrogen energy 43 (2018) p.19315-19326 Discovery of a large accumulation of natural hydrogen in Bourakebougou (Mali) Alain Prinzhofer et al