Giornata mondiale dell’acqua (22 marzo).

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Luigi Campanella, già Presidente SCI

Siamo fatti per il 65% di acqua e questa composizione è fondamentale per il nostro stato di salute. Infatti è l’acqua che lubrifica articolazioni e muscoli, previene la secchezza della pelle, regola la temperatura, aiuta la digestione, mantiene la pressione sanguigna, aumenta le capacità fisiche, trasporta i nutrienti alle varie parti del corpo.

Questo induce i medici ad affermare che bisogna bere prima di avere sete. Ma oltre a bere un’altra forma di idratazione è quella termale. La chimica è la grande guida  di questa forma di cura e prevenzione; infatti la classificazione delle acque termali è tipicamente chimica in relazione ai minerali contenuti: sulfuree, salse, solfato carbonatiche ,ferruginose , bicarbonate ciascuna con evidenti maggiori capacità curative verso specifiche patologie

Si tratta di risorse preziose anch’esse, come tutte quelle riferite all’acqua, esposte a fenomeni di inquinamento. Il nostro territorio è ricco di pozzi in ambienti privati esposti a processi di inquinamento non controllati e non contrastati. Continua inoltre senza sosta, lo sversamento di preziose Acque Sulfuree di falda nei fiumi, come avviene per il fiume Aniene. Potrebbe e dovrebbe essere un tesoro, come lo è sempre stato sin dai tempi dei Romani. Ci dicono che siamo arrivati ad una quota di 6000 litri al secondo, sversati direttamente in Aniene attraverso canali che partono da impianti di estrazione di travertino, tramite potenti impianti di pompaggio. Accade ormai da anni, troppi anni.

Le cure termali sono un metodo terapeutico che consente di

–  diminuire o eliminare i farmaci

–  aumentare l’efficacia di un farmaco

–  ridurre gli effetti collaterali di alcune terapie di lungo periodo.

Le cure termali consentono inoltre:

– la diagnosi precoce di certe affezioni

– la prevenzione delle ricadute e delle complicanze.

L’effetto delle cure termali è pertanto curativo e preventivo. Ogni ciclo ha una tempistica minima studiata per permettere un riequilibrio efficace. Nelle malattie caratterizzate da crisi acute e ripetute, come l’asma, l’emicrania, l’eczema, le cure termali aiutano a diminuire la sensibilità agli agenti scatenanti. Quando i disturbi funzionali sono legati a delle difficoltà psicologiche, possono scomparire completamente una volta riconquistato l’equilibrio psichico.

L’inquinamento ambientale può danneggiare l’acqua termale rilasciando in essa composti estranei, quando non tossici, tanto che oggi alcune terme vengono periodicamente sanificate con radiazioni uv e con ozonoterapia, ma purtroppo quando la falda è stata intaccata la sua completa rigenerazione è difficile.

L’acqua termale contiene sempre molti minerali, ciascuno dei quali implica diversi benefici per la salute della pelle: 

magnesio: stimola la rigenerazione e la cicatrizzazione della pelle;

calcio: protegge e preserva i tessuti cutanei rinforzandone le difese;

manganese: potente antiossidante che stimola la rigenerazione cellulare combattendo così l’invecchiamento cutaneo;

potassio: idrata in profondità le cellule che caratterizzano il tessuto cutaneo;

silicio: rigenera e rende maggiormente compatta l’epidermide;

rame: un potente anti infiammatorio che previene e lenisce eventuali irritazioni;

ferro: fornisce ossigeno alle cellule che caratterizzano i tessuti cutanei agevolandone lo sviluppo;

zinco: stimola la crescita cellulare e ne favorisce il naturale turn over.

La recente legge 24 ottobre 2000 n. 323 definisce le acque termali come “le acque minerali naturali, di cui al regio decreto 28 settembre 1919 n. 1924, e successive modificazioni, utilizzate a fini terapeutici”. Ma non sempre la distinzione è nitida: in alcuni casi, ad esempio, quando le acque termali hanno caratteristiche di composizione tali da potere essere impiegate anche come “comuni” acque minerali (principalmente salinità non elevata e parametri nei limiti previsti dalla normativa), possono venire regolarmente messe in commercio per tale utilizzo.

Non è raro infatti osservare sulle etichette di alcune note acque minerali la dicitura: “Terme di……”. Al fine di stabilire il regime giuridico applicabile, più che alla origine occorre far riferimento alla utilizzazione delle acque. Per quanto riguarda gli aspetti microbiologici, le acque termali seguono quanto è previsto dalla normativa per le acque minerali mentre per gli aspetti chimici non si applica l’articolo 6 del Decreto 542/92 relativo alle sostanze contaminanti o indesiderabili. Questo articolo è da riferirsi, secondo il contenuto della nota del Ministero della sanità  del 19.10.1993, esclusivamente alle acque destinate all’imbottigliamento.

Il tenore di certi elementi (boro, arsenico, bario e altri) è ammesso nelle acque termali in misura superiore a quanto previsto per le acque minerali imbottigliate: il loro uso infatti, oltre ad essere molto limitato nel tempo, avviene sotto controllo medico. Occorre inoltre ricordare che talvolta è proprio la concentrazione di alcuni elementi a determinare l’attività  farmacologica delle acque termali. In Toscana ad esempio sono diffuse acque termali con boro in concentrazione superiore al valore limite previsto per le acque minerali, così come è noto l’impiego delle acque termali arsenicali-ferrugginose in alcuni impianti termali italiani. Con riferimento alle ricadute igienico sanitarie The Lancet, eccellenza scientifica di riferimento mondiale anche nella recente emergenza coronavirus, rilevava in un’inchiesta come la maggiore “rivoluzione sanitaria” in termini di numero di vite umane salvate nella storia fino ai nostri giorni, fosse la gestione sicura dell’acqua e dei servizi igienico-sanitari, considerata addirittura più rilevante dell’invenzione degli antibiotici, dei vaccini e della stessa scoperta del genoma – che ci consente oggi di identificare i virus e studiare le cure. Disporre di una risorsa igienicamente pura è essenziale per garantire la propria salute nel tempo.

WWD actionlist

C’è poi il problema del recupero di risorse idriche ad oggi non utilizzabili, a partire da quelle marine

 All’Italia con 9000 km di coste il mare non manca, ma la salinità impedisce la fruizione diretta di questa risorsa. La desalinizzazione è adottata in quasi 200 Paesi al mondo con oltre 16000 impianti. In Italia è un tecnologia ancora indefinita per scelte e tempi a causa degli elevati costi energetici ad essa correlati, tanto che la politica energetica verso le fonti rinnovabili e quella economica verso il modello circolare potrebbero giocare un ruolo importante nel prossimo futuro. Israele ed Emirati Arabi ci insegnano che dall’acqua marina desalinizzata possono derivare giardini e verde. In Medio Oriente la percentuale di acqua potabile ottenuta dalla desalinizzazione di quella marina sfiora il 50%. In Europa il capofila in materia è la Spagna con quasi 800 impianti di desalinizzazione In Italia come dicevo siamo in uno stallo di attesa per motivi energetici ma anche per le carenze idriche che obbligano ad interventi urgenti per la produzione agricola e per quella industriale, piuttosto che a scelte strutturali.

L’allarme deriva anche dagli ultimi dati: il 2023 si presenta come l’anno più caldo di sempre con un aumento per i primi 2 mesi di 1,44 gradi rispetto alla media. In attesa di scelte e di tempi certi bisogna intervenire con provvedimenti di obbligato rigoroso risparmio, di identificazione di invasi e laghetti artificiali, di ricarica delle falde. Le piogge sono sempre di meno con un calo ogni anno dell’80% e con i grandi laghi e fiumi sempre più secchi:% di riempimento 19 per lago di Como, 36 per lago di Garda, 40 per Lago Maggiore, livello del Po 3 m sotto rispetto al livello idrometrico normale.

Misurare la tossicità del particolato col lievito.

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Luigi Campanella, già Presidente SCI

L’atmosfera urbana è caratterizzata dalla presenza di un insieme vasto ed eterogeneo, da un punto di vista chimico-fisico, di particelle aerodisperse di dimensioni comprese tra 0,005 e 100 μm, costituite essenzialmente da minerali della superficie terrestre, prodotti di combustione e di attività industriali, artigiane, domestiche, sali provenienti da aerosol marini, prodotti di reazione in atmosfera. Le quantità di materiale particellare riscontrabili nelle atmosfere urbane sono in genere dell’ordine di 50-150 μg/m3,,ovviamente con i valori bassi dell’intervallo più pertinenti alle città europee e dei paesi più avanzati nelle politiche ambientali.

Fra queste particelle  viene considerata con sempre maggiore interesse per i suoi effetti sulla salute della popolazione esposta la frazione inalabile, ovvero la frazione granulometrica di diametro aerodinamico minore di 10 μm (PM 10). La frazione granulometrica del PM 10 formata da particelle di diametro aerodinamico maggiore di 2,5μm costituisce la frazione coarse, che una volta inalata può raggiungere l’apparato respiratorio superando il livello naso-faringeo, quella costituita da particelle con diametro aerodinamico minore di 2,5μm (PM 2,5) costituisce la frazione fine, che una volta inalata, è in grado di arrivare fino al livello degli alveoli polmonari.

Le polveri fini, o particolato, hanno soprattutto tre origini:

Mezzi di trasporto che bruciano combustibili

Impianti industriali

Impianti di riscaldamento

Le attuali conoscenze sul potenziale rischio cancerogeno per l’uomo dovuto all’esposizione del particolato, derivano da studi di epidemiologia ambientale e di cancerogenesi sperimentale su animali e da saggi biologici a breve termine, quali test di genotossicità, mutagenesi e trasformazione cellulare.

Si è riscontrata un’elevata attività mutagena nell’aria urbana di tutte le città del mondo e risulta crescente la preoccupazione per un possibile effetto cancerogeno sulla popolazione in seguito all’esposizione da particolato urbano. E’ infatti noto da molto tempo che estratti della componente organica da particolato urbano possono indurre cancro alla pelle in animali da esperimento e risultano mutageni in alcuni dei test adottati per tale valutazione.

Inoltre in alcuni studi è stato mostrato come l’esposizione ad aria urbana abbia provocato la formazione di addotti multipli al DNA, sia nel DNA batterico che nel DNA della pelle e del polmone del topo. Infine estratti della componente organica da particolato sono risultati positivi anche in saggi di trasformazione cellulare in cellule di mammifero.

https://www.epa.gov/pmcourse/particle-pollution-exposure

Uno studio dell’US Environmental Protection Agency (USEPA) sui tumori “ambientali” negli Stati Uniti stima che il 35% dei casi di tumore polmonare “urbano” attribuibili all’inquinamento atmosferico sia imputabile all’inquinamento da particolato.

L’organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto che in Italia, nelle città più inquinate la percentuale dei decessi che si possono addebitare alle polveri può arrivare fino al 5%.

La variabilità della composizione chimica del particolato atmosferico fa si che, ai fini della protezione dei cittadini e degli esposti, la misura solo quantitativa di questo indice non sia del tutto significativa.

E’ per questo che negli ultimi anni vanno moltiplicandosi gli studi su questo inquinante, riguardanti il campionamento, l’analisi, la valutazione di tossicità.

La presenza nel particolato di elementi e composti diversi a differenti concentrazioni comporta quindi che, a parità di quantità, la qualità di esso possa essere differente da caso a caso e determinante ai fini della individuazione di situazioni di rischio e pericolo. È ovvio che, per gli aspetti più strettamente fisici del rischio ambientale, tale considerazione è relativamente meno influente in quanto tale azione si esercita attraverso un’ostruzione delle vie respiratorie da parte del particolato; ma quando da questi si passa a quelli chimici e quindi alle interazioni chimiche e biochimiche fra l’ecosistema, l’organismo umano, che ne fa parte, ed il particolato, si rende necessaria una valutazione integrale di tipo anche tossicologico finalizzata a valutare le potenzialità nocive del particolato in studio.

I test di tossicità integrale nascono con il fine di fornire in tempo reale risposte finalizzate a possibili interventi tempestivi in caso di situazione di allarme, superando i tempi morti dell’attesa dei risultati delle complesse e complete analisi chimiche e microbiologiche di laboratorio.

Le metodiche di campionamento da adottarsi devono essere compatibili con le procedure e le tecniche di preparazione dei campioni dell’analisi successiva. I metodi adatti a tale fine sono essenzialmente due: il metodo del filtro a membrana che permette di raccogliere direttamente il particolato su un supporto adatto alla successiva analisi mediante microscopio elettronico (MEA) ed il campionamento mediante impattori inerziali. Fra i test di tossicità integrale, escludendo quelli basati su sperimentazione animale che richiedono strutture particolari e guardando piuttosto al contrario verso test semplici ed economici che possano essere applicati anche da laboratori non particolarmente attrezzati, stanno trovando crescente interesse quelli respirometrici. Sostanzialmente si misura la capacità respiratoria di cellule, libere o immobilizzate, spesso di lieviti, nell’ambiente sotto esame e la si confronta con quella in un ambiente di riferimento.

La riduzione della suddetta capacità è correlata alla tossicità dell’atmosfera testata. Il test può anche essere condotto basandosi sulla cinetica di respirazione. Nell’intenzione di rendere il test quanto più sensibile possibile si sono utilizzate modificazioni genetiche cellulari, cellule private della parete o cellule sensibilizzare attraverso trattamenti preliminari. In tutte queste misure l’elettrodo indicatore può essere di 3 tipi: in primis ovviamente l’elettrodo di Clark che misura per via amperometrica la concentrazione dell’ossigeno, l’elettrodo a diffusione gassosa per la CO2 ed un FET (transistor ad effetto di campo) per l’acidità prodotta dalla respirazione.

Scuola Salesiana.

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Luigi Campanella, già Presidente SCI

Già in altre occasioni ho parlato dei Salesiani e della loro capacità di anticipare i tempi. È successo in occasione della raccolta differenziata, della nutraceutica, oggi avviene per il contrasto agli abbandoni scolastici.

Da quasi un secolo a Palermo i Salesiani accompagnano generazioni di studenti attraverso una gestione della scuola “circolare” fondata sulla responsabilità condivisa della comunità educativa. Già la sede, sopravvissuta indenne alla seconda guerra mondiale, rappresentava un impegno: trasformata da spazio di sollazzo di casati in decadenza in scuola ed oratorio. La visione antropocentrica della vita e lo studio dell’economia sono da sempre i suoi connotati primari

La secondaria di primo grado accompagna gli studenti alla scoperta del proprio talento attraverso il dialogo e la proficua relazione fra giovani ed educatori. Ogni allievo cresce attraverso una combinazione di formazione e di educazione alla vita, financo a farlo abituare sin dalle aule alla competizione concorsuale ed ai laboratori professionali. Molta attenzione è anche riservata alle lingue con full immersion nei relativi laboratori, ma in una visione non solo economica, ma anche culturale, così con uno sguardo ad esempio all’arabo, oltre ai tradizionali inglese, francese e spagnolo.

Villa Ranchibile, sede Istituto Salesiano Don Bosco di Palermo

Nella Scuola Secondaria di Secondo Grado multiculturalità, apertura e dialogo con Paesi vicini e lontani sono le coordinate. Sul piano delle software skills, ossia delle competenze trasversali spendibili in qualsiasi ambito di lavoro, è attiva una Sala Confezione Telegiornale. È poi previsto un tempo da dedicare alla lettura ed interpretazione dei social, da un punto di vista grafico e contenutistico. La sala robotica corrisponde perfettamente alle esigenze della didattica 4.0: il confronto continuo con le istituzioni accademiche garantisce la scelta professionale più idonea.

Due altre attività di certo qualificanti riguardano l’educazione al Teatro sia come spettatori che come attori e l’educazione alla legalità. L’alternanza Scuola Lavoro è realizzata in modo nuovo senza creare le fasi di confusione ed incertezza proprie del metodo nella forma attuale ed avviene sotto la guida di CNR, Agenzia delle Entrate, Istituti Finanziari.

Visite culturali, molto innovativa e moderna quella realizzata a Wall Street, e comunicazione sociale completano questo quadro formativo, al tempo stesso tradizionale ed innovativo.

Come si comprende una scuola diversa da quella tradizionale generalmente basata sulla monoculturalitá che funge da base per caratterizzare l’offerta, dimenticando però la multiculturalità che caratterizza la domanda è che se rispettata può fungere da incentivo a superare i momenti difficili e ridurre gli abbandoni.

L’inquinamento (è) di casa.

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Luigi Campanella, già Presidente SCI

Ammettiamolo il caminetto rende un ambiente più intimo ed accogliente se a ciò aggiungi il freddo di questi ultimi giorni si comprende come i caminetti accesi siano aumentati di molto esponendo gli abitanti che ne usufruiscono a qualche pericolo. La SIMA, Società Italiana di Medicina Ambientale) il 12 novembre, ha pubblicato una serie di dati sui pericoli legati alle fonti alternative di riscaldamento domestico. In Italia, i camini aperti tradizionali rilasciano nell’atmosfera 3.679 tonnellate di PM10 ogni anno, cifra che scende a 2.401 tonnellate per quelli chiusi, mentre le stufe a legna sono responsabili di 2.651 tonnellate di PM10.

Oltre alle polveri sottili responsabili di patologie broncopolmonari e di cardiopatie i caminetti emettono idrocarburi policiclici aromatici, alcuni dei quali  classificati come cancerogeni dall’Istituto internazionale di ricerca sul cancro. A proposito di inquinamento indoor un ulteriore pericolo viene dal radon presente in molti materiali da costruzione delle nostre case. Il PM è un ottimo carrier del radon le cui emissioni sono capaci di modificare i processi biologici delle cellule tanto da essere considerato la seconda causa di tumore al polmone dopo il fumo di sigaretta. Questa è la ragione per cui di recente l’Istituto Superiore di Sanità ha prodotto una guida di raccomandazioni per proteggerci dal pericolo/rischio radon

Ventilazione degli ambienti, per un corretto ricircolo d’aria;

Sigillatura di crepe o fessure per evitare la penetrazione del gas in altre stanze o ambienti;

Aspirazione dell’aria interna per l’eliminazione dell’aria contaminata;

Pressurizzazione dell’edificio;

Isolamento di locali particolarmente colpiti (solitamente piani interrati, cantine, vespai).

Nei casi più gravi, interventi strutturali o di sostituzione dei materiali.

 Un altro punto debole della sicurezza in casa è rappresentato dalla cucina a gas da alcune recenti ricerche considerata fonte di inquinamento. I due gas prodotti maggiormente sono gli ossidi di azoto (valutati fino ad una concentrazione maggiore di quella misurabile in una strada molto trafficata) ed il monossido di carbonio. Ricambio d’aria e soprattutto vigile manutenzione sono gli strumenti più idonei a ridurre la produzione di questi gas entrambi cause  almeno di patologie respiratorie, per non parlare di danni ancora più gravi riscontrati soprattutto nel caso di bambini.

Una soluzione sarebbe passare alle piastre ad induzione che però è ancora relativamente poco adottata rispetto ai 100 milioni di cittadini che usano la cucina a gas.  C’è da osservare a latere che guardarsi da questi rischi e poi passare ore col cellulare acceso  non sembra prudente visto che anche in questo caso ci si espone a radiazioni. L’Ufficio federale tedesco per la protezione dalle radiazioni aggiorna costantemente online i dati attraverso un database che include tutti gli smartphone presenti sul mercato e i relativi indici SAR (Specific Absorption Rate), ovvero l’unità di misura che rappresenta la quantità di energia elettromagnetica assorbita dal corpo quando si utilizzano. Sebbene la Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro confermi da tempo che non ci sia un nesso tra l’uso del cellulare, in particolare quelli di nuova generazione, e i tumori cerebrali, alcuni consumatori continuano a temerlo perché le vecchie generazioni di telefoni avevano fatto emergere criticità nel 10% dei soggetti che ne facevano un uso intensivo. Comunque, la radioattività proviene anche da fonti naturali, come è il caso delle radiazioni cosmiche e delle emissioni da parte degli elementi radioattivi della crosta terrestre e da questa difendersi sarebbe più difficile. Per nostra fortuna il campo magnetico ed il guscio dell’atmosfera si comportano come eccellenti scudi e riescono egregiamente a proteggere dall’azione dei raggi cosmici le forme di vita che popolano il pianeta terra.

Arte e Scienza

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Luigi Campanella, già Presidente SCI

La Scienza ha sempre considerato lo studio della vita in età preistorica come un contributo fondamentale per capire la dinamica della società civile, delle trasmigrazioni, dello sfruttamento delle risorse naturali, del passaggio dall’individualismo alla società civile ed altri affascinanti temi. Sono molte le discipline che hanno contribuito a questi studi e fra queste, non solo storiche, anche la chimica che ha indagato su residui alimentari, sulle articolazioni degli insediamenti civili, sul rapporto fra patologie e qualità ambientale, sullo sfruttamento dei materiali naturali. In un recente volume di Carole Fritz “L’ Arte nella Preistoria” il testo conduce la stessa indagine attraverso lo studio archeologico di pitture ed opere in rilievo diffuse in tutto il globo.

La creatività dei primi gruppi tribali si è dimostrata una rivelazione attraverso immagini di grande valore non solo storico, tanto che per alcuni di essi si parla della loro capacità di ispirare geni del nostro tempo come Picasso. Le immagini ritrovate in Paesi americani, asiatici africani, ma anche, in misura minore, europei si riferiscono al mondo animale e vegetale, ma anche al mondo sociale perfino ai primi concetti di economia, di politica del lavoro, di ricerca della conoscenza.

Oggi in alcuni paesi questi siti vengono esaltati per un valore quasi spirituale, un ponte verso la metafisica celeste. Bisonti, cervi, leoni, giraffe, orsi, cavalli, ma anche sciamani, dee, ninfe che nella loro bellezza estetica confermano che l’arte è l’attività simbolica più preziosa dell’Homo Sapiens.

A volte queste immagini sono collocate in rocce sotterranee che inducono a chiedersi: ma perchè in un luogo così poco accessibile e visitato? La risposta più probabile è data dalla chimica che correla questa abitudine alla migliore qualità ambientale di anfratti protetti dagli eventi atmosferici e dalla incuria dell’uomo.

Quasi contemporaneamente al testo di Fritz ne è stato pubblicato un altro del genetista Guido Barbujani che integra quello di Fritz: questo, abbiamo visto di carattere socioambientale, quello di Barbujani più dedicato all’evoluzione dell’Homo Sapiens ed alle diverse scoperte di scheletri avvenute nel mondo.

L’ autore in 25 racconti descrive l’evoluzione dell’uomo. Ogni racconto si riferisce alla scoperta di uno scheletro da Oase 2, cranio preistorico di 37 mila anni fa, allo scheletro di Cap Blanc, dall’Africa al Brasile, dall’uomo di Cheddar, prime pelli bianche, occhi chiari, a Ötzi,il Sapiens italiano.

In molte di queste scoperte il livello di conoscenza è stato di certo accresciuto attraverso la chimica della datazione che riesce a superare i limiti del tempo che passa individuando segnali e marker che consentono di decifrare la nascita o l’età di un reperto. È vero che i metodi più affidabili, basati sugli isotopi radioattivi del carbonio, possono essere classificati come fisici, ma quelli sulla racemizzazione, sulla degradazione chimica indotta, sul valore dell’indice di depolimerizzazione, per certi aspetti la stessa dendrocronologia, di certo sono chimici.

Cibo e imballaggi.

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Luigi Campanella, già Presidente SCI

La qualità alimentare dipende ovviamente dai prodotti a cui ci si riferisce, ma c’è poi una componente che gioca sempre un ruolo fondamentale, forse anche più importante di quanto si possa pensare. Intendo parlare degli imballaggi alimentari che proteggono l’alimento da contaminazioni e degrado, assicurando al tempo stesso il mantenimento delle caratteristiche di qualità. Inoltre con le etichette le confezioni forniscono preziose indicazioni ai consumatori circa proprietà ed uso dell’alimento confezionato. Si possono individuare 3 fasi nello sviluppo dell’imballaggio alimentare smart: una iniziale fino al 2000, una di sviluppo per altri 15 anni ed una terza esponenziale che arriva e si proietta oltre i tempi nostri.

La ricerca scientifica ha contribuito molto alla seconda fase moltissimo alla terza. In particolare la pandemia dovuta a covid 19 ha segnato un’accelerazione ed una intensificazione delle ricerche aventi per oggetto materiali sostenibili, sicuri, naturali. La maggior parte però dei prodotti delle ricerche non è ancora oggi commercializzata a causa degli elevati costi di produzione e la mancanza di codificati standard di qualità. La ricerca accademica, con le prove sui materiali e lo studio dei meccanismi di funzionamento, è davanti alla commercializzazione, come dimostrano le migliaia di lavori scientifici prodotti sul tema. È anche interessante rilevare la molteplicità delle discipline coinvolte, alternandosi atteggiamenti esclusivi monodisciplinari ad altri ben più aperti in favore di multi-pluri-inter-disciplinarietà.

Dettaglio di un convertitore analogico digitale stampato con materiali organici,
anziché con silicio, per il monitoraggio di alimenti nelle loro confezioni. Economico e veloce da realizzare. © Bart van Overbeeke

Quando i relativi risultati si trasferiranno alla produzione di imballaggi sicuri su larga scala saranno i consumatori ad usufruire di questi avanzamenti. Uno stadio intermedio nella fase di avanzamento con i nuovi materiali inseriti all’interno dei sistemi oggi operanti è probabilmente un saggio approccio metodologico.

Oggi vengono classificati 3 tipi di imballaggi avanzati: gli smart dotati di sensori, in genere Biosensori, per il controllo che il  contenuto non subisca danni durante il tragitto; gli imballaggi attivi in cui il materiale del contenitore è additivato con composti che possono essere assorbiti o rilasciati nelle due direzioni contenuto/contenitore e viceversa; gli imballaggi intelligenti dotati di sensori di controllo del contenuto come negli smart, ma anche in questo caso dell’ambiente circostante per evitare che da esso derivino rischi per il contenuto ed anche per l’integrità dell’imballaggio. Sono numerosi i materiali degli imballaggi di nuova generazione, usati sia come base sia come additivi partire da biopolimeri, cellulosa, proteine, amidi, polisaccaridi formabili in 3D. Quando si utilizzano additivi questi vengono ricercati con attenzione a proprietà specifiche, antibatteriche, antiossidanti, passivanti

La dieta planeterranea

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Luigi Campanella, già Presidente SCI

La dieta mediterranea è da sempre considerata un veicolo fondamentale per alcune tradizioni e per la cultura alimentare del nostro Paese, oltre che per un sostegno significativo all’economia, anche se da sempre questi riconoscimenti subiscono qualche critica, dovuta alla difficoltà di trasportare una dieta così specifica a realtà così diverse come quelle che si trovano nel mondo, per di più riconosciute nella visione globalizzata del nostro Pianeta.

Una risposta puntuale a questi dubbi è venuta dalla Università Federico II di Napoli con una proposta ripresa anche da Nature, il più prestigioso giornale scientifico al mondo. La proposta è quella di esportare la dieta mediterranea nel mondo adattandola ai cibi giusti di ogni continente. Nature ha considerata geniale l’idea trasformandola in un editoriale girato, vista la diffusione del giornale, al mondo intero e tale da giustificare una nuova denominazione, non più dieta mediterranea, ma planeterranea.

Resta il carattere di un regime alimentare basato sulla completezza dei nutrimenti provenienti da alimenti freschi, stagionali con basso indice glicemico, conditi con olio extravergine. Nella nuova versione planiterranea la dieta mediterranea potrà accogliere quindi alimenti asiatici come anche sudamericani con nuove piramidi alimentari locali che però dovranno attenersi alle regole della dieta mediterranea, principalmente a base vegetale, frutta fresca e secca, con apporto adeguato di grassi mono e poli-insaturi, con farina integrale, legumi e, in quantità limitata, pesce, latticini, carne.

Assortment of various food groups: proteins, fats, fruit, vegetables and carbohydrates.

Gli studiosi che hanno formulato la proposta si sono spinti oltre, fino ad individuare, continente per continente, gli alimenti equivalenti ai fini della dieta. Un.esempio molto rappresentativo è rappresentato dai cibi algali tipici dei paesi subtropicali, raccomandati contro l’ipertensione, costituenti una fonte importante di fibre, proteine , polisaccaridi, sali, vitamine. In Canada l’olio estratto da una modificazione della colza e e da alcune variazioni di fagioli si fanno consigliare come alimenti contro l’accumulo di colesterolo. In Africa i prodotti estratti dalla manioca risultano pienamente corrispondenti per proprietà ai nostri spinaci. In America Latina avogado e papaia sono fonti di acidi grassi monoinsaturi, vitamine e polifenoli. La dieta planeterranea verrà diffusa attraverso una piattaforma ad hoc con il fine di contrastare malattie ed obesità. Per quanto riguarda le prime la proposta rinforza ulteriormente la cultura nutraceutica, secondo la quale molti dei principi attivi dei farmaci possono essere introdotti nell’organismo attraverso alimenti con proprietà antinfiammatorie, antidolorifiche, antiossidanti, antimicrobiche, antivirali così contribuendo a ridurre uno degli inquinamenti del nostro tempo sempre più presenti, quello da farmaci e loro prodotti metabolici che ha causato il moltiplicarsi, in 3-4 decenni, per 30 dell’inquinamento da farmaci delle acque dei fiumi europei.

Per il secondo aspetto c’è da osservare che adolescenti e genitori sono persone per il 30% inconsapevoli della loro condizione di obesità, come risulta da un recente studio internazionale “Action Teens”. Questa incoscienza della patologia porta a non contrastarla con conseguenze anche peggiori della causa primaria. L’Italia è purtroppo tra i Paesi a maggiori valori di sovrappeso ed obesità nei giovani in età scolare le cui conseguenze possono essere prevenute a patto di interventi tempestivi e finalizzati

Smontiamo le cialde (e le capsule).

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Luigi Campanella

Un americano su 2 ha una macchina da caffè con capsule o cialde. Tenuto conto che l’Europa cammina ad una velocità poco inferiore a quella americana e che anche il mercato asiatico è in via di adeguamento a questi numeri si calcola che nel 2025 il giro di affari dei vari tipi di capsule si aggirerà sui 30 miliardi di euro. In Italia 2 famiglie su 5 usano le cialde per un totale di1,5 miliardi di cialde l’anno con un tasso di crescita annua del 13%. Nel.mondo le cialde consumate ammontano a mezzo miliardo di tonnellate. Questi dati giustificano quanto si sta tentando di fare per ridurli a valori più sostenibili. La prima osservazione non può che riguardare lo stile di vita e chiedersi se proprio sia necessario abbandonare la moka per il caffè monouso anche pensando al fine vita: un elettrodomestico elettronico contro un altro più facilmente  smaltibile in quanto più smontabile nei singoli pezzi e ricaricabile nell’uso in modo semplice con un cucchiaino. Ovviamente chi sceglie le cialde fa riferimento alla rapidità con cui si ottiene la bevanda amata ed alla assenza di rischio di bruciare il caffè o di dimenticare il fuoco acceso. Per contrastare le critiche alle cialde i produttori si muovono su varie direzioni a cominciare con lo scaricare sul consumatore la responsabilità di uno smaltimento sostenibile.

L’altro accorgimento è ricorrere a capsule svuotabili fatte in un solo materiale rispetto al.mjx attuale (plastica ed alluminio) con il caffè usato svuotato da conferire nel bidoncino dell’organico. Per agevolare il consumatore alcuni produttori forniscono un apri capsule domestico che con una leggera pressione separa il contenitore dal contenuto. Però nascono allora 2 domande: il guadagno di tempo che fine ha fatto? Perchè non ricorrere alla riutilizzabilità delle capsule con la possibilità di ricaricare con qualunque miscela di caffè e conseguente vantaggio economico? Alcuni produttori raccolgono le capsule usate, separano contenuto da contenitore e riciclano il materiale di questo. L’alluminio è uno degli elementi più facilmente ed economicamente riciclabili con un risparmio energetico del 90% rispetto ai costi di produzione dalle materie prime. Il caffè smaltito è un ottimo concime, specificatamente in relazione alla sua composizione per le culture di riso di cui viene incrementata significativamente la produttività con i conseguenti vantaggi economici ed etici (lotta alla fame.nel.mondo). Una recente opzione del mercato è il ricorso alla cialda fotodegradabile in carta con il vantaggio che si può conferire il tutto nell’organico senza nessuna separazione fra contenitore e contenuto.

L’ultima innovazione viene dalla Svizzera con una sfera costituita da un polimero algale contenente caffè pressato e quindi da potere essere caricato in minore quantità senza incidere sul gusto della bevanda. Come si vede tanti pro e tanti contro, senza parlare dell’aspetto estetico e dell’eleganza dei vari modelli alcuni dei quali smontabili e ristampabili in 3D per le parti danneggiate. Un discorso più scientifico circa il confronto fra le varie possibili soluzioni si può fare con riferimento ai differenti valori della impronta carbonica utilizzando le Public Available Specifications. Una ricerca dell’Università della Tuscia ha fornito i risultati di questo confronto.

La moka ad induzione genera 55-57 g di CO2,la moka a gas 47-59 g, la macchina per il caffè espresso 74-96 g, quella a capsule 57-73, infine quella a cialde 72-92 g. C’è però da precisare che se si considera l’intero ciclo di vita vanno aggiunti ai dati ora forniti le quantità di CO2 prodotta per la produzione e lo smaltimento di cialde e capsule. Ci sono poi da considerare gli imballaggi, tutti a favore della tazzina con moka, solo 0,5 g contro i 6,4 g del caffè in cialde. A questi dati a favore della moka ad induzione si deve poi aggiungere ad ulteriore suo vantaggio che questa consuma meno energia per essere scaldata:6 wattora contro il doppio della macchina a cialde.

Chimica e spreco alimentare.

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Luigi Campanella, già Presidente SCI

La Chimica aiuta moltissimo ad utilizzare nel modo più razionale ed efficace le risorse alimentari di cui disponiamo ed aiuta anche a gestire gli scarti alimentari secondo i principi dell’economia circolare. Purtroppo non può fare molto quando quantità rilevanti di cibo vengono smaltite nell’indifferenziata precludendo qualsiasi azione di recupero. Eppure i dati ci fanno capire che l’entità del fenomeno ne giustifica assolutamente il contrasto.

Una recente statistica quantifica lo spreco nel mondo nel 17% ed in Italia in 9 miliardi (0,5 % del PIL) pari a quasi 0,6 kg pro capite a settimana.

Il dato italiano è coerente con quello europeo, essendo solo il Regno Unito e la Germania, in significativo aumento di cibo sprecato, rispettivamente 1081 e 949 g a settimana pro capite. Sorprende rilevare che proprio dove potrebbe essere più facile contribuire al recupero, e cioè nelle case private, lo spreco sia massimo, vicino al 12%, contro il 5% delle mense ed il 2% dei rivenditori. Questa percentuale bassa però si ridimensiona quando si passa al valore assoluto: nei supermercati ogni anno si buttano 200.000 tonnellate di alimenti. Dati che appaiono ancor più drammatici rispetto a 2 milioni di famiglie ed il 19%della popolazione che vive in condizioni di povertà. Contro gli sprechi è attivo il terzo settore, ma anche la tecnologia e la ricerca. La prima con un’app che consente l’acquisto di una magic box con l’invenduto del giorno da ristoranti, bar, forni; la seconda con metodi sempre più automatizzati, sicuri ed economici che invogliano e stimolano il recupero degli scarti. Fra questi il compostaggio è un processo biologico assistito, dove i microrganismi scompongono le sostanze organiche complesse e le trasformano in compost: un terriccio organico, ricco di nutrienti per il suolo. Dunque, è un procedimento che simula quanto avviene in natura, dove ogni elemento alimenta la vita di qualcos’altro, in un ciclo continuo di rigenerazione.

Se si vuole contribuire a ridurre l’inquinamento e innescare processi di economia circolare, i vantaggi del compostaggio non sono più ignorabili. Aiuta il riciclo alimentare e garantisce la sostenibilità ambientale, poiché mantiene i rifiuti in un ambiente controllato, dove vengono trasformati in un prodotto utile. Il compost arricchisce il suolo, prevenendone l’erosione, consente di risanarlo dall’inquinamento e alimenta la biodiversità, attirando insetti, batteri e funghi che portano benefici per il raccolto. Ma non solo, riduce drasticamente il volume dei rifiuti umidi organici destinati alla discarica e contribuisce a ridurre l’effetto serra, mitigando la produzione di gas.

Ogni volta che sprechiamo alimenti, sprechiamo anche il terreno, l’acqua, l’energia e gli altri fattori di produzione utilizzati per produrre l’alimento che non consumiamo. Pertanto, ogni diminuzione dello spreco alimentare comporta effettivamente potenziali vantaggi per l’ambiente. Se riduciamo la quantità di alimenti che sprechiamo attraverso il sistema alimentare, avremo bisogno di minori quantità di acqua, di fertilizzanti e di terra, di un’inferiore capacità di trasporto, di minori quantità di energia, di una ridotta attività di raccolta di rifiuti e di riciclaggio e così via. Finalmente anche la politica si è accorta di questa situazione e per combattere sprechi e povertà ha proposto il reddito alimentare che sarà sperimentato nelle città metropolitane secondo quanto contenuto nella Legge di Bilancio. Un fondo di 1,5 milioni per il 2023 e di 2 milioni per il 2024 permetterà di dirottare verso i poveri pacchi di alimenti invenduti. Basterà prenotarli con un’app purché nella condizione di povertà e si potrà ritirare il pacco in una delle strutture previste.

L’impatto ambientale di Qatar 2022

In evidenza

Margherita Ferrari*

Lo scorso 20 Novembre si è dato inizio alla Coppa del Mondo 2022, con la prima partita tra Qatar, che ospita il torneo, ed Ecuador. Già a partire dal 2010 il Paese si è preparato ad accogliere per la prima volta i mondiali di calcio ed i suoi numerosi tifosi.

In che modo i mondiali in Qatar sono “Carbon Neutral”? 

Fin da subito, gli organizzatori hanno garantito che sarà la prima Coppa del Mondo ad essere “carbon neutral” ovvero a impatto ambientale nullo o quasi. Per realizzare questa impresa sono state utilizzate nuove tecnologie con cui sono stati costruiti gli 8 stadi, posizionati ad una distanza tra loro che permettesse agli spettatori di poter utilizzare i mezzi di trasporti pubblici, quali metro e linee elettriche, per spostarsi da uno stadio all’altro e dunque ridurre le emissioni. 

Inoltre, uno degli stadi stesso è stato costruito utilizzando container navali, con la possibilità di essere successivamente smantellato e utilizzato in altre occasioni. Infine, la costruzione di un impianto fotovoltaico e la creazione di un vivaio permettono di produrre energia “green” e di assorbire le emissioni di CO2 emesse

Un’altra particolarità della Coppa del Mondo 2022 in Qatar è quella di essere il primo mondiale a svolgersi d’inverno, a causa delle temperature troppo elevate che si registrano durante l’estate in Qatar.

Impatto ambientale e condizioni lavorative

Tuttavia, i mondiali di calcio in Qatar sono stati fin da subito soggetti a numerose polemiche. Da quelle iniziali, relative alle pessime condizioni lavorative a cui gli operai erano sottoposti, a quelle relative all’enorme impatto che ha sull’ambiente. Infatti, sebbene gli organizzatori abbiano da subito dichiarato che i mondiali di calcio 2022 in Qatar sarebbero stati “carbon free”, sono molti coloro che non sono d’accordo. Si stima che la Coppa del Mondo 2022 produrrà circa 3.6 milioni di tonnellate di biossido di carbonio, quasi il doppio di quelli del 2018 in Russia. 

Innanzitutto per realizzare questa impresa, avevano bisogno di molta manodopera e l’hanno trovata in Paesi come Nepal, Bangladesh, India e Libano. Questi lavoratori lavoravano in turni di 12 ore al giorno, 7 giorni su 7, a temperature estreme che in estate superano i 50ºC. Queste condizioni, insieme alla scarsa sicurezza dei luoghi di lavoro, hanno causato la morte di molte persone. 

Molte ONG, come Amnesty International, sono venute a conoscenza della situazione in Qatar e hanno denunciato le condizioni di lavoro nella costruzione degli stadi della Coppa del Mondo. 

Il sistema di raffreddamento degli stadi e le conseguenze sull’ambiente

In aggiunta, una delle ultime polemiche riguarda gli elevati consumi elettrici relativi all’utilizzo di condizionatori all’interno degli stadi.

Sebbene in Inverno il Qatar abbia temperature relativamente miti che si aggirano tra i 17-19 gradi e i 28-30 gradi, per mantenere una temperatura costante intorno ai 20°C all’interno degli stadi, questi ultimi sono stati costruiti in modo da poter incorporare sistemi di aria condizionata sugli spalti.

In particolare, il sistema utilizzato per abbassare la temperatura è il cosiddetto “cooling system”, progettato dall’ingegnere Saud Abdulaziz Abdul Ghani o “Dr. Cool”. Tale sistema prevede l’utilizzo di specifiche “bocchette d’aria” posizionate sotto i sedili di ciascun spettatore e vicino al campo da gioco che gettano aria condizionata. 

Gli organizzatori hanno dichiarato che l’energia utilizzata per il sistema di raffreddamento deriva da energia solare tramite impianti fotovoltaici, tuttavia il report pubblicato dal Carbon Market Watch (e anche https://carbonmarketwatch.org/publications/poor-tackling-yellow-card-for-2022-fifa-world-cups-carbon-neutrality-claim/  )ha dimostrato che gli stadi costruiti per ospitare le 32 squadre nazionali producono elevatissime emissioni di gas serra, dalla loro costruzione fino al loro utilizzo. 

Queste possono essere paragonate a quelle emesse dall’Italia in un anno per riscaldare le case durante l’inverno. In aggiunta, per l’irrigazione dei campi da calcio vengono impiegati circa 10000 litri di acqua al giorno

Considerato l’impatto ambientale dei mondiali del 2022, sebbene gli sforzi degli organizzatori siano stati elevati, questi non sono sufficienti

Fonte: https://energia-luce.it/news/impatto-ambientale-mondiali-qatar-2022/

*Margherita Ferrari è una redattrice del blog Energia-Luce