Ieri sera, 13 dicembre sono andato ad un concerto di Natale. Il concerto di Amnesty International è ormai una costante qui a Trento, una delle occasioni culturali della città; nella chiesa più antica di Trento, vicina alla attuale stazione ferroviaria, non lontano dal sito del mancato incidente della Sloi. Con la musica di Vivaldi, Amnesty richiamava l’attenzione su un evento avvenuto 30 anni e 11 giorni prima in un’altra vecchia città, vicino ad un’altra stazione ferroviaria. La notte del 2 dicembre 1984 a Bophal.
Tutti noi ricordiamo il nome, ma non so quanti ricordano i fatti e conoscono le conseguenze; Bhopal (1984), più di Flixborough (1974), perfino più di Seveso (1976), marca il passaggio del mondo chimico verso una diversa concezione della sicurezza. Ma marca anche la base, il motivo per cui le grandi masse di persone vedono la Chimica come un nemico ed una parolaccia; quindi noi chimici non possiamo abbassare la guardia: decine di migliaia di morti, centinaia di migliaia di ammalati inguaribili.
Uno stabilimento costruito per supportare la “rivoluzione verde”, produrre un pesticida; vicino ad uno slum con migliaia di poveri, senza le misure di sicurezza verso la popolazione che esistevano altrove; sovradimensionato rispetto al mercato prevedibile, il che comportò stoccare gli intermedi; chiuso dopo pochi anni dalla sua costruzione senza aver mai prodotto più di metà del suo potenziale; chiuso perchè non faceva i profitti sperati e lasciato piano piano andare in malora senza aggiornare le misure di sicurezza o le persone (come tanti siti italiani riscoperti dopo decenni, l’ultimo Bussi); stoccando malamente decine di tonnellate di metilisocianato.
La sequenza di fatti che portò all’esplosione (aggiunta accidentale di acqua al serbatoio principale, che era stato staccato nel tempo dalla torcia di smaltimento) è analizzata in dettaglio dal bel post di Marzio Marigo che vi linko più avanti. Union Carbide e Dow sostengono si trattò di un sabotaggio. Ma non c’è bisogno di terrorismo; non bastano forse l’incuria e la strafottenza e naturalmente il massimo profitto ?
Se volete ascoltare una storia, bellissima, c’è il video di Marco Paolini, il nostro più amaro, più efficace e più suadente cantastorie.
Se volete un esame tecnico approfondito con dettagli e mappe c’è il post di Marzio Marigo in una pagina che ho appena scoperto e che è quanto di meglio in fatto di sicurezza industriale.
Quattro anni dopo il disastro, la Union Carbide (oggi Dow Chemical) e il governo dell’India raggiunsero un accordo extragiudiziale di risarcimento per 470 milioni di dollari. La Corte suprema indiana confermò la negoziazione tra le due parti nonostante le vittime, i movimenti della società civile e altri soggetti ne avessero denunciato l’inadeguatezza. Se Amnesty è ancora a raccogliere firme (io ho firmato, potete firmare anche voi, ma dovete cercare la sede di Amnesty nella vostra città) è perchè la ferita è ancora aperta. E noi ci siamo dentro, volenti o nolenti: Responsible Care non ci lava l’anima e d’altronde il sito di Bhopal non è mai stato bonificato (come quello della Sloi, come quello di Bussi e come migliaia di altri). Il 3% del nostro territorio (Italia) è come Bhopal: una zona morta.
(cdv)
Un anniversario che non si può dimenticare!
Colgo l’occasione per ricordare l’approfondito e documentato articolo intitolato: “L’INCIDENTE DI BHOPAL RIVISITATO” scritto da un pioniere dello studio con metodi calorimetrici delle reazioni di runaway spesso coinvolte in incidenti industriali (Chimica e l’Industria (Lug./Ago. ‘08).
Nel caso dell'”incidente” di Bhopal, all’origine dell’evento che produsse la fuoriuscita della miscela tossica dall’impianto, fu proprio la reazione di runaway tra MIC e acqua dentro un serbatoio interrato (cause immediate). Tutto ciò si verificò a causa delle decisioni che il management assunse in tempi e luoghi lontani dall’evento (cause profonde) che resero l’impianto vulnerabile e “predisposto” all’incidente. Una volta assunte tali decisioni è come se l’incidente fosse già accaduto e aspettasse solo l’elemento scatenante per manifestarsi in tutta la sua devastante potenzialità come, purtroppo, avvenne poco dopo la mezzanotte del 3 dicembre 1984.
Il lavoro del dott. Cardillo è stato presentato in occasione dell’edizione di qualche anno fa del convegno sugli incidenti industriali intitolato “Learning By Accidents, Imparare dagli incidenti” che, tutti gli anni, (siamo alla quinta edizione). si svolge presso l’auditorium della scuola e che vede esperti e allievi presentare lo studio di casi d’incidenti industriali e in laboratorio, e disastri ambientali.
Gli allievi delle nuove generazioni non conoscono molti eventi e fatti che hanno segnato, spesso drammaticamente, la nostra storia e, pertanto, gli insegnanti sono tra coloro che, forse più di altri, hanno il dovere di mantenerne la memoria. Forse questo è il solo modo per far si che il sacrificio delle vittime non sia stato inutile.
Un saluto cordiale e i migliori
AUGURI PER LE PROSSIME FESTIVITA’