4 morti ad Adria: NON è colpa della Chimica.

Notizie terribili e tragiche vengono da Adria (Rovigo); 4 operai morti in uno stabilimento (la CoImPo, che tratta reflui industriali); non è ben chiaro cosa sia accaduto; sembra che le morti siano state determinate da vapori ed aerosol di acido solforico o da vapori ed aerosol prodotti dalla reazione di acido solforico con l’ammoniaca o con altri composti presenti in una vasca di decantazione (l’ammoniaca è uno dei componenti delle acque reflue, ma non si può escludere la presenza di altri ragenti).

Non si sa se siano state rispettate le precauzioni necessarie o se perfino ce ne fosse la possibilità (indempienze aziendali); sui giornali si leggono commenti in entrambe le direzioni. Dobbiamo aspettare le indagini della magistratura e della polizia.

Adria, Rovigo, dalla pagina di ANSA

Adria, Rovigo, dalla pagina di ANSA

Quali reazioni possono aver determinato questo incidente? Quali comportamenti? L’acido solforico si usa negli impianti di trattamento di acque reflue per neutralizzare la loro alcalinità; l’acido solforico si usa anche per produrre, tramite la reazione con ammoniaca strippata (cioè estratta dalla soluzione di acque reflue), solfato di ammonio, che si usa poi come fertilizzante.

L’aggiunta di un acido forte ad una soluzione basica è una reazione molto esotermica e puo’ provocare un forte riscaldamento con violenta evaporazione e sviluppo di un aerosol (microscopiche goccioline) contenente i composti che si stanno usando. Trattandosi di reflui industriali potrebbero essere stati presenti in quantità significativa altri reagenti diversi da quelli qui indicati

Tutti i chimici sanno che nell’uso dell’acido solforico “non bisogna dar da bere all’acido”, ossia è meglio aggiungere acido all’acqua che acqua all’acido per evitare spruzzi causati dal forte calore sviluppato. Ma non sembrerebbe essere stato questo il problema.

Escluderei invece la formazione riportata su alcuni giornali di anidride solforosa, che si potrebbe formare solo in condizioni particolari, per esempio ad alta temperatura ed in presenza di rame o stagno.

Insomma su queste cose si sa tutto o quasi; come è possibile che 4 uomini siano morti durante il lavoro per fare operazioni che si conoscono bene? Chi ha sbagliato? Perchè è chiaro che qui si tratta di errore o di trascuratezza o di non rispetto di norme di sicurezza che si conoscono bene, nessun mistero.

Questo posso dirlo non è colpa della Chimica, è colpa di chi la usa male, non è certo il primo caso in cui operazioni in cisterna o vasca portino a esiti tragici, e credo ciò derivi o dall’eccessiva sicurezza e quindi dalla trascuratezza nelle operazioni o dal non rispetto delle norme a sua volta spesso dovuto a trascuratezza e negligenza dei datori di lavoro.

Le mie condoglianze vanno alle quattro famiglie, alle quali però assicurerei che non è colpa della Chimica anche se questo non le renderà meno infelici.

Cosa possiamo fare come Chimici per evitare queste tragedie? Diffondere la cultura della sicurezza: rispettare le norme, usare i corretti metodi di lavoro, denunciare gli abusi e le inadempienze da parte dei datori di lavoro, esigere il rispetto delle procedure, la qualificazione degli operatori. Non si può rinunciare a preparare le persone o a munirle di strumenti idonei, nè si può, avendoli, trascurare di usarli : ne va della vita. Se c’è qualcuno dei lettori più esperto di me (che è facile) sul tema dell’uso dell’acido solforico nelle acque reflue lo pregherei di dire la sua.

(cdv)

8 pensieri su “4 morti ad Adria: NON è colpa della Chimica.

  1. Ieri su twitter c’era stato un certo scambio di idee, avendo ovviamente gli stessi dubbi. Risparmiamoci i soliti commenti sui requisiti necessari per fare il giornalista, e/o su cosa succederebbe se un cronista scrivesse, tanto per dire, che Buffon è il centravanti del Milan…

    Ricordo che, alla fine del secolo scorso, il gestore di uno dei primissimi portali web italiano mi aveva chiesto di tenere una pagina sulla sicurezza, sul lavoro e nella vita quotidiana, che con alterne fortune avevo condotto fino a quando poi il portale chiuse. Avevamo parlato di infortuni sul lavoro e di lavori di casa, di macroincidenti industriali e di uranio impoverito…
    Molti addetti ai lavori erano stati così cortesi da apprezzarla, ma purtroppo la frequenza di lettura tra i non addetti ai lavori era molto piccola – certo, eravamo ancora nella preistoria del web.
    Ma da allora, e al di là del ricordo personale, mi è rimasta la convinzione di quanto sarebbe opportuno usare la rete per divulgare il più possibile notizie chiare, non ambigue, leggibili da tutti, che servano ad evitare queste tragedie. Così come in tanti facciamo ad esempio per combattere le mistificazioni pseudoscientifiche.

    Con la Divisione Didattica della SCI stiamo cercando di organizzare un database delle risorse che possano rendersi utili nell’insegnamento e nell’organizzazione dei lavori nelle scuole.
    Colgo l’occasione per chiedere di segnalare, a me o agli altri membri del Direttivo, ogni cosa che si renda utile ed ogni consiglio costruttivo.

    • Alcuni giornali hanno parlato dello sviluppo di una nube di anidride solforosa a seguito del versamento dell’acido solforico nella vasca. Non è del tutto inverosimile che i fanghi diano luogo alla reazione di riduzione dell’acido solforico e che anzi questa serva proprio a disinfettare l’insieme.
      Vedasi ad esempio qui: http://www.google.com/patents/US6800109.

      Dal brevetto sopracitato: Concentrated sulfuric acid is added to the organic sludge on a one-to-one basis with solids contained within the sludge. The concentrated sulfuric acid reacts with the organic sludge to neutralize pathogens by carbonizing the sludge, pasteurizing the sludge through heat of hydration, and chemically disinfecting the sludge through the production of sulfur dioxide.

      • Concordo con la possibilità che mescolando sludge, ossia fanghi con acido solforico si possa ottenere una reazione di ossidazione, ma qua parliamo di acido versato in una vasca di decantazione in cui i fanghi sono sul fondo e sopra ci sono metri di acqua sporca, non fanghi, ecco perchè lo escludevo; comunque si è una possibilità, in fondo c’è da dire che la densità dell’acido solforico concentrato (circa 2 mi pare) lo spingerebbe sul fondo.

  2. Credo che occorra aspettare per sapere qualcosa di più. E per quanto mi riguarda non credo si tratti di fanghi provenienti dalla sola depurazione delle acque reflue. Anche se sottoposti ad ispessimento non hanno mai concentrazioni cosi elevate di ammonio. Potrebbe trattarsi di fanghi da fosse settiche (Imhoff) ma anche in questo caso bisognerebbe capire quale poteva essere la concentrazione di metalli che potrebbero avere avuto la funzione di catalizzare una reazione così violenta. Se parliamo di fanghi propenderei per fanghi di tipo industriale. Ma così a naso penso che abbiano semplicemente per errore o trascuratezza mescolato acido solforico con in una vasca che conteneva già una soluzione di ammoniaca.
    La citazione del “non dar da bere all’acido” mi è particolarmente cara, e ringrazio Claudio che mi ha “rubato” questa citazione.
    Io ho iniziato a lavorare nel 1984, e per tre anni l’ho fatto proprio in una piccola azienda che si occupava del ritiro di piccole partite di rifiuti industriali. Non posso citarla per ovvi motivi, ma posso assicurare che ancora oggi il settore del trattamento rifiuti è quasi una zona franca. Esistono centinaia di piccole aziende in Italia che cercano unicamente di sfruttare il business sui rifiuti. Dove si lavora senza protezioni, e dove si ritirano rifiuti di origine diversa. Occorrerebbe un controllo molto più serrato e capillare sulle loro attività. Potrei citare centinaia di casi in cui queste aziende hanno stoccato grandi quantità di rifiuti industriali. Poi i titolari si sono eclissati lasciando alla collettività l’onere delle bonifiche. Due casi su tutti: la Petroldragon di Andrea Rossi a Caponago ed in altri siti, e l’Ecolibarna di Serravalle Scrivia.
    Tornando in tema, la Chimica non è responsabile. Quello che ritengo necessario fare, oltre ai controlli è un lavoro molto capillare e reale sulla sicurezza, ed anche sulla didattica della Chimica. E badate bene, non solo per questi incidenti, ma anche per i troppi incidenti domestici di cui sentiamo spesso parlare . Personalmente ho dovuto fermare un mio collega che voleva da me qualche pastiglia di Soda Caustica da usare per disgorgare il lavandino. Solo che quasi senza chiedermelo stava cercando di riempire un barattolo a mani nude, senza i guanti. ora è in pensione, ma lavorava con me sull’impianto di depurazione. Avrebbe dovuto sapere quali sono i rischi di manipolazione delle sostanze chimiche. Ovvio, questo è un caso limite, visto che dove lavoro adesso la formazione grazie al cielo c’è, ed è anche fatta molto bene. Ma si tratta di azienda di grandi dimensioni. Il mio timore è che nelle piccole tutto questo non venga fatto.

  3. “Cosa possiamo fare come Chimici per evitare queste tragedie? Diffondere la cultura della sicurezza”.

    A questo proposito ricordo che la riforma della secondaria superiore e degli ITIS in particolare prevede, per la prima volta, che i temi della educazione alla sicurezza e della prevenzione sui luoghi di lavoro, siano tra gli assi portanti della formazione degli allievi e che a ciò contribuiscano tutte le materie ciascuna delle quali può dare un contributo a partire dal suo specifico educativo.
    Utile è la lettura delle linee guida che accompagnano i nuovi programmi degli ITI (http://www.gildavenezia.it/riforma/riformadoc/2011/linee-triennio_tecnici.htm)

    Anche se sembra che a quasi tutti sia sfuggito che, ad esempio al
    punto 2.4 intitolato: “La formazione alla sicurezza e al benessere nei luoghi di lavoro” si legge che:
    _____________________________
    “I concetti di sicurezza e di benessere nella società contemporanea assumono una crescente rilevanza sul piano culturale e organizzativo.
    La cultura della sicurezza, vista come esigenza di rispetto delle persone e delle cose, salvaguardia della natura, determinazione di un ambiente di vita il più possibile esente da rischi, ha trovato adeguata attenzione nelle Linee Guida dell’Istruzione Tecnica.
    A questi temi si è dato particolare risalto nella formulazione dei risultati di apprendimento. Ogni indirizzo, ogni disciplina, ogni attività contiene, infatti, specifiche indicazioni a tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro.
    Rispetto al primo biennio, in cui la sicurezza era integrata nelle competenze chiave di cittadinanza che presiedono all’obbligo di istruzione, nel secondo biennio e quinto anno l’accento viene posto sulla sensibilizzazione alla sicurezza nei luoghi di lavoro e vengono innestati gli strumenti cognitivi ed esperienziali necessari all’agire sicuro e responsabile nelle attività professionali tipiche di ciascun indirizzo di studio.
    Ciò evidenzia il carattere multidisciplinare delle competenze sulla sicurezza che implicano, pertanto, il concorso di tutti i docenti nel programmare e realizzare risultati di apprendimento efficaci.
    Affinché le competenze sulla sicurezza vengano “metabolizzate”, è necessario orientare lo studente a considerare come, alla base della funzionalità di apparati, impianti e processi, siano poste anche le leggi vigenti in materia di sicurezza personale e ambientale.
    In quest’ottica, tutte le normative sulla sicurezza sono associate agli apprendimenti tecnici e costituiscono con essi un fertile terreno d’incontro fra le discipline scientifico-tecnologiche e storico-sociali. Negli ambiti di integrazione così individuati è opportuno svolgere approfondimenti disciplinari specialistici, molto interessanti ai fini della contestualizzazione delle attività pratiche, dell’innovazione tecnologica o delle filiere produttive presenti nel territorio.
    Nella cultura della sicurezza può essere individuato un paradigma secondo il quale la sicurezza è elemento chiave con cui possono essere affrontati i contenuti relativi a tutti gli indirizzi tecnici. Ogni tecnologia e processo sarà, pertanto, esaminato anche sotto il profilo del rischio che comporta per l’operatore o per i terzi.
    In questo quadro, si può perseguire l’obiettivo di favorire l’acquisizione delle certificazioni specifiche relative alla sicurezza, nei diversi settori di ciascun indirizzo, anche attraverso la collaborazione della scuola con soggetti esterni accreditati.
    ____________________________

    Una “novità” così importante non può essere ignorata dalla SCI che, su questi temi, può dare un significativo e autorevole contributo tecnico-scientifico oltre che etico.

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