“Greta, il clima e il futuro energetico”

Gent. Direttore,
vorremmo condividere alcune riflessioni sui temi clima ed energia in questa fase così complessa e contraddittoria,
sperando che possano essere di interesse del vostro giornale e dei vostri lettori.
 
Cordialmente
Alberto Bellini
Professore Associato, Alma Mater Studiorum, Università di Bologna
Coordinatore del Corso di laurea ICT for climate
 
Vincenzo Balzani
Professore Emerito, Alma Mater Studiorum, Università di Bologna
GRETA, IL CLIMA E IL FUTURO ENERGETICO
“Cambiare tutto per non cambiare nulla”.
Osservando gli stridenti contrasti di questi giorni, viene in mente questa frase, che sintetizza il moto disordinato di tante azioni che portano alla conservazione di tutto: economia, regole, inquinamento.
Da una parte, abbiamo vista la rabbia feroce di Greta che accusa la politica (e noi tutti) di inazione e chiede interventi immediati e radicali.
Dall’altra parte, il presidente del Brasile Bolsonaro chiede che nessuno interferisca sulla situazione in Amazzonia perché lui è il legittimo proprietario di quelle foreste.
La politica si divide in due categorie: quelli che si schierano dalla parte di Greta a parole e facendo una foto con lei; quelli che la considerano solo una rappresentante di indefiniti interessi economici.
La terza parte, quella che sostiene una rivoluzione economica e sociale per contrastare i cambiamenti climatici non esiste, semplicemente perché la politica è lo specchio della società, e questa terza parte è largamente minoritaria.
Il mondo economico, imprese e associazioni, si divide in due frazioni: quelli che combattono ferocemente il pensiero di Greta, classificandolo come utopia o peggio una potenziale sorgente di crisi economiche e occupazionali; e quelli  che si convertono solo a parole al pensiero ecologico.
Tra questi ultimi, merita particolare attenzione ENI. La frase: “Riduciamo le emissioni da fonti fossili. Più energia da gas e rifiuti” è talmente incredibile da sembrare falsa, ma purtroppo è la strategia comunicativa di ENI. Il gas è una fonte fossile e inoltre non è uno strumento adeguato per la transizione energetica. Molti studi hanno dimostrato che il rilascio in atmosfera di gas metano ha un impatto molto elevato sull’effetto serra, e la rete di distribuzione del gas ha, inevitabilmente, perdite rilevanti. Si può stimare che l’impatto sul clima del gas sia simile a quello del carbone.
Analogamente, i biocombustibili sono una soluzione errata (1) dal punto di vista ambientale: per le polveri rilasciate dalla combustione e la competizione con la filiera agricola; (2) dal punto di vista tecnico: il rendimento di conversione di energia per biocombustibili è 200 volte inferiore a quello dei veicoli elettrici. Ovvero, per lo stesso percorso un automobile a biocombustibili consuma risorse naturali in quantità 200 volte superiore a quelle richieste da un auto elettrica.
In questo quadro confuso e contraddittorio, si può solo immaginare che i cittadini preferiscano mantenere le condizioni e scelte attuali.
Riteniamo importante che la comunità scientifica esca dalle sale chiuse delle accademie per informare in maniera neutra, pacata e diretta sui rischi e le opportunità derivanti dalla transizione ambientale. 
Non abbiamo scelta, la transizione è necessaria e la rivoluzione sociale ed economica che produrrà deve essere guidata e regolata in maniera condivisa tra tutti gli attori delle nostre comunità.

10 pensieri su ““Greta, il clima e il futuro energetico”

  1. Condivido le idee e l’impostazione della lettera. Quindi, aggiungo re commenti (che, certamente, hanno bisogno di ulteriore sviluppo):
    1) D’accordo sulla necessità di sviluppare in modo quantitativo, secondo le regole scientifiche (e non solo per concetti indefiniti e meramente “qualitativi”) l’analisi delle questioni energetico-ambientali, da considerare come uno dei lati di un poliedro più complesso, che include anche 1) le tecnologie industriali utilizzate (forse da riconsiderare in termini di impatto sull’ambiente, e non solo sui costi?), 2) le tipologie di “industria” e, in genere, di “impresa” che occupano lo spazio “produzione”: dalle industrie di armi a quelle per i consumabili quotidiani, a quelle dell’industria alimentare, etc…, 3) il modo di vita delle diverse fasce sociali (che, a secondo del reddito, consumano/producono impatto ambientale in modo quantitativamente (oltre che qualitativamente) diverso, etc… Come suggerisce giustamente la lettera: il problema “ambiente” è strettamente connesso a TUTTI i lati del poliedro e da questo deriva che singole e caotiche iniziative abbiano impatto quasi esclusivamente mediatico, cioè un impatto del secondo ordine e di emivita brevissima su chi detiene effettivamente il potere (v. “quelli che si schierano dalla parte di Greta a parole e facendo una foto con lei;”).
    2) A proposito della “La terza parte, quella che sostiene una rivoluzione economica e sociale per contrastare i cambiamenti climatici non esiste, semplicemente perché la politica è lo specchio della società, e questa terza parte è largamente minoritaria”: In effetti, credo che questa “terza parte” sia meno minoritaria di quello che viene detto nella lettera. Vuoi per l’immediata ricaduta della questione ambientale sulla vita quotidiana (aumentano le dimostrazioni di cittadini contro le discariche e gli impianti (inquinanti) di smaltimento rifiuti e simili…), che per l’effetto mediatico citato sopra, questa ”terza parte” è più numerosa di quel che possiamo pensare. Però manca di un “manifesto” organico di cosa vuol dire il problema ambientale-energetico-di vita quotidiana. La lettera suggerisce che si possa pensare di fare qualcosa di utile in questo senso.
    3) Un punto esclusivamente tecnico: condivido l’analisi sul reale impatto ambientale di gas metano e dei biocombustibili. Analizzando in dettaglio il problema si vede che, appunto, i biocombustibili hanno “rendimento di conversione di energia per biocombustibili di 200 volte inferiore a quello dei veicoli elettrici”, quindi con un consumo effettivo globale di 200 volte maggiore! A questo punto, vale la pena di ricordare che l’analisi di ogni “soluzione” o tecnologia energetica (ma anche industriale, edile, agroindustriale, etc..) va fatta nei termini della valutazione del costo energetico-ambientale dell’intero ciclo produttivo necessario per la produzione e messa in opera. In questa prospettiva, non solo i biocombustibili diventano molto discutibili, ma anche varie tecnologie del fotovoltaico, dell’elettrico e (certamente…) dell’eolico. In sintes, dobbiamo sostituire i conti giusti agli slogan.

  2. Chiedo cortesemente di citare le eventuali pubblicazioni che riportano che “il rendimento di conversione di energia per biocombustibili è 200 volte inferiore a quello dei veicoli elettrici.”, tenendo conto di tutto il processo produttivo di produzione di energia elettrica, il quale, in maggior parte e specialmente in Italia, avviene con l’uso di combustibili fossili. Infine, da notare che attualmente, e specialmente in eni, i biocombustibili vengono prodotti da materiale di scarto tipo Used Cooking Oil (UCO), nell’ottica della economia circolare, che, senon riciclati, darebbero un impatto decisamente negativo sull’ambiente.

    Un saluto a tutti.

    Paolo Soragna, ingegnere chimico

  3. Certo che se facciamo l’elettricità con i combustibili fossili ha ragione. Il confronto si basa sulla efficienza di conversione dell’energia solare per una utilizzazione di mobilità in auto.

    ecco la bibliografia: E. Williams et al., Environ. Sci. Technol., 2015, 49, 6394

    Per un ragionamento più completo: La Chimica e l’Industria – ISSN 2532-182X – 2018, 5(7), ottobre
    La Chimica e l’Industria – ISSN 2532-182X – 2018, 5(8), novembre
    Infine, Eni per fare i biocombustibili usa essenzialmente olio di palma proveniente dalla Malesia

  4. Il cambiamento climatico sembra avvenire in modo molto più rapido di quanto ritenuto sulla base delle conseguenze previste considerando le sole attività umane. Ritengo sia possibile(forse già esiste) una valutazione quantitativa dell’impatto di queste ultime ad es. negli ultimi 10 anni, per valutare l’effetto copresente, di un eventuale difficilmente contrastabile ciclo di evoluzione climatica naturale. Ovvio che le due cose alla fine si sommano ma si avrebbe un quadro più oggettivo,
    Tornare indietro dal modo di vivere moderno non è possibile e lo dimostrano gli stessi ambientalisti che utilizzano tutti i ritrovati della modernità (avrete visto la bottiglia di acqua di plastica sulla barca del famoso viaggio di Greta, tanto per fare un esempio banale).
    A mio avviso occorre intraprendere una grande educazione di massa a comportamenti civili che limitino al massimo sprechi ed errori evitabili, dannosi per l’ecosistema ma occorre anche finanziare a fondo la ricerca perché solo dalla ricerca possono venire le valutazioni, le corrette informazioni e i risultat innivativii che potranno consentire di limitare i danni nel futuro.
    Stefano Maiorana

    • Caro Stefano sul contributo umano al forcing climatico i conti sono stati già fatti; il forcing naturale è del tutto trascurabile checché ne dicano vari soloni com Battaglia, Zichicchi o Scafetta che non conoscono il topic; i valori stimati li trovi sui documenti con cui IPCC riassume le ricerche mondiali; tipo qua: https://atmosphere.copernicus.eu/climate-forcing
      Non si tratta di un effetto diretto dato che intercettiamo l’1% del flusso solare in un modo o nell’altro e lo dissipiamo noi in prima persona, quanto di un effetto indiretto legato alla alterazione del ciclo del carbonio in cui contiamo per circa un sesto; trovi numeri, conti e riferimenti nei numerosi post del blog in cui abbiamo analizzato questi temi.

  5. Non mi trovo d’accordo su un punto principale: parlare di transizione energetica.
    La storia dell’energia a livello globale è sempre stata esclusivamente una storia di ADDIZIONI energetiche: il consumo energetico da qualunque fonte (petrolio, carbone, gas naturale, energie rinnovabili) è in costante e frenetico aumento negli ultimi 200 anni, ed è innegabile che le proiezioni non prevedono una diminuizione di consumo di energia da nessuna di queste fonti nei prossimi 30 anni, non penso nemmeno di dover mettere un riferimento a riguardo.
    Per cui parlare attualmente di transizione energetica è fuorviante per noi chiusi nelle nostre sale delle accademie, lo è per greta, lo è per i cittadini comuni.
    Credo e spero che chi parla di transizioni energetiche nel mondo accademico sia in buona fede, sia pieno di speranze per l’avvenire e guardi ad una transizione che avverrà in un tempo molto più lontano da quello stimato dalle proiezioni.
    Penso però che dobbiamo riappropriarci di un linguaggio concreto e veritiero, parlare ora di transizione energetica è una grande burla che facciamo prima di tutto a noi stessi.
    Non si possono contrastare i cambiamenti climatici senza contrastare la politica economica globalmente perseguita, il costante aumento delle emissioni sono una diretta ed inevitabile conseguenza di essa.

    • Ho sentito fare varie volte questo discorso dell’addizione ma con pochi riferimenti quantitativi; ora detto ciò la transizione è stata comunque in passato una transizione percentuale nel senso, supponiamo che rimanga un metodo di conversione energetica ma che alla fine copra l’1% del nuovo totale, la transizione è effettiva; nel caso attuale se non facciamo una effettiva sostituzione (che comunque è iniziata almeno nei paesi più avanzati tecnicamente) il problema climatico non si risolve; dunque si tratta di una trasformazione diversa dalle precedenti e Vincenzo ed Alberto lo dicono nelle ultime due frasi: si tratta di cambiamenti anche sociali: “la transizione è necessaria e la rivoluzione sociale ed economica che produrrà deve essere guidata”; dunque riprendono almeno in parte e per quanto si può fare in un testo scritto da scienziati la tematica politica e sociale; non siamo politici anche se ci impegnamo politicamente. Dunque infine quello che lei dice Roberto è incluso sia pur sinteticamente nel testo.

    • “Non si possono contrastare i cambiamenti climatici senza contrastare la politica economica globalmente perseguita, il costante aumento delle emissioni sono una diretta ed inevitabile conseguenza di essa”

      “Economy trumps everything”. Sono d’accordo. La crisi ecosistemica (energia, risorse, cibo, biodiversità, clima) si connette al modo in cui la nostra specie decide di organizzare li suo uso delle risorse coinvolte: una economia basata petro-capitalista basata sul debito, i combustibili fossili e la ricerca della crescita infinita va nella direzione di espandere enormemente la crisi.

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