.Incidente in Lomellina.

Nel settembre 2013 la raffineria di Sannazzaro de’ Burgondi ha compiuto 50 anni, con una festa che è durata una settimana.

lomellina1Si tratta di una delle più grandi in Italia e in Europa; con una capacità di lavorazione di 10Mton annue; ENI dichiara “La Raffineria occupa un’area di circa 320 ettari sui comuni di Sannazzaro de’ Burgondi e Ferrera Erbognone, su quest’ultimo insiste l’area dedicata al nuovo “progetto EST” (Eni Slurry Tecnology), prima unità industriale della tecnologia licenziata interamente da eni, che permetterà di effettuare una conversione pressoché totale di combustibili pesanti massimizzando la produzione di distillati leggeri (benzine e gasoli).” La raffineria contiene secondo i dati 170 depositi di materiale a meno di 1 chilometro da centri abitati.

ENI è organizzata in varie società, “In Italia eni refining & marketing è il primo operatore nel settore della raffinazione con cinque raffinerie di proprietà: Sannazzaro de’ Burgondi (PV), Livorno, Porto Marghera (VE), Taranto e Gela.”

Dei 78.000 dipendenti ENI solo 700 operavano a Sannazzaro; ma si sono ridotti a partire dal 2012 a 650.

lomellina2“La Raffineria di Sannazzaro è dunque diventata quella che in gergo si chiama una “Raffineria bianca”, cioè con una minima produzione di prodotti pesanti. La messa in servizio nel 2006 dell’impianto di Gassificazione (che, a partire da olio combustibile pesante, produce gas di sintesi privo di zolfo ed inquinanti destinato ad alimentare la centrale elettrica di Eni Power) e nel 2008 dell’impianto di Deasphalting, aveva già permesso di ridurre la percentuale di combustibili pesanti al di sotto del 10%.

L’avviamento dell’Unità EST (Eni Slurry Tecnology), prima unità industriale della tecnologia di proprietà eni, permetterà un’ulteriore riduzione di combustibili pesanti fino ad arrivare al di sotto del 4%”

Queste frasi e molte altre le trovate su un volantino che descrive l’impianto.

Tuttavia in questo gioiellino della Lomellina, come d’altronde in tutti gli stabilimenti chimici il rischio è di casa, nonostante occorre dire ENI dichiari di avere valori in forte riduzione a livello globale sia di incidenti che di vittime e lo fa nei suoi documenti ufficiali; non è però banale, dato che le descrizioni variano fortemente di anno in anno, trovare dati omogenei nei report annuali.

La cronaca ci dice che nel medesimo impianto l’ultima grave esplosione si è verificata quattro anni fa nel 2012; le cronache riportano che : il 10 aprile del 2012 una deflagrazione udita anche a diversi chilometri di distanza aveva interessato la zona vecchia dell’impianto, la stessa dei due incidenti dello scorso luglio, in particolare l’Unità di de-solforazione gasoli 1. Allora come oggi, si registrò solo un ferito a causa di una lieve intossicazione da fumo. L’emergenza tenne impegnati forze dell’ordine e tecnici per oltre dieci ore, una densa colonna di fumo nero si alzò nei cieli del Pavese e le fiamme arrivarono a lambire le torri più alte dell’impianto.

Durante il corso dell’anno 2016 ci sono stati altri due incidenti con feriti:

il 2 e il 6 luglio, con due operai coinvolti. Entrambi i problemi si erano verificati all’isola-6, nella zona vecchia della raffineria. Nel primo caso, un operaio trentenne era rimasto vittima dell’esplosione di un forno: trasportato in elisoccorso all’ospedale Niguarda di Milano, aveva riportato ustioni di secondo grado agli arti. Quattro giorni dopo, invece, un dipendente Eni in trasferta dall’impianto di Gela venne colpito al piede da zolfo fuso a una temperatura di circa 130 gradi riportando una prognosi inferiore ai 30 giorni.

Secondo i sindacati l’espansione e modernizzazione dello stabilimento sta avvenendo senza adeguare il numero di dipendenti ma anzi riducendolo e questa è una delle condizioni degli incidenti.

I problemi di natura tecnica e le difficoltà organizzative, legate alla carenza di organico da troppo tempo da noi indicata – scrivevano Uiltec Uil, Femca Cisl e Filctem Cgil – devono trovare risposte per evitare situazioni di stress, di pericolo e di rischio per il personale addetto”.

La raffineria di Sannazzaro è stata espansa con l’avvio degli impianti del Progetto EST, dove Eni ha iniziato ad utilizzare una nuova tecnologia – ‘testata’ nella raffineria di Taranto – che prevede un grande utilizzo di idrogeno, l’elemento più reattivo e quindi più pericoloso durante la lavorazione del greggio, per permettere una conversione quasi totale dei combustibili pesanti. E proprio negli impianti del Progetto EST si è verificato l’incidente odierno. Il più grave che si ricordi a Sannazzaro, almeno negli ultimi quattro anni.

L’ENI dichiarava:

Nell’ambito degli interventi sul territorio previsti da accordi con gli stakeholder locali, sono proseguiti gli interventi di ammodernamento e di salvaguardia ambientale e infrastrutturale nonché i progetti in campo sociale e urbanistico definiti dalle convenzioni con i comuni di Ferrera Erbognone e Sannazzaro de’ Burgondi.

Ma l’incidente del 1 dicembre riapre la questione sicurezza:

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L’impianto dell’Eni è andato a fuoco nel pomeriggio del 1 dicembre. L’esplosione è stata preceduta secondo testimoni dal rumore di alcuni scoppi e poi una palla di fuoco si è alzata per almeno 60 metri visibile da lontano e con una colonna di fumo di centinaia di metri che per fortuna è stata dispersa da un non comune vento in quota.

Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Askanews, la presidente dell’Eni, Emma Marcegaglia, ha dichiarato che “la situazione sta tornando alla normalità”. Marcegaglia ha aggiunto che “è notizia di poco fa il cessato allarme. Non ci sono feriti, i sistemi di sicurezza sono stati messi in funzione in modo tempestivo. Sembra che anche dal punto di vista ambientale non ci sarebbero problemi”. Sulle cause dell’esplosione alla raffineria Sannazzaro de’ Burgondi ha la presidente dell’Eni ha sottolineato che “non ci sono ancora idee precise, le valuteremo con le Autorità”. E sulla stima del danno economico ha fatto sapere che “non è stato ancora calcolato”.

Il sindaco ha consigliato per ore ai suoi concittadini di non uscire di casa, cose che certo non fanno bene all’immagine della chimica ma sono fondamentali per la salute.

Alle ore 7:50 del 2 dicembre ENI ha comunicato il ‘cessato allarme'” e che “tutto il personale diretto e indiretto sta entrando nella Raffineria per le quotidiane attività”. Secondo quanto risulta dai primi rilievi degli organismi locali competenti, non vi sono nell’aria concentrazioni significative di inquinanti.

La nostra idea è che forse l’espansione e modernizzazione di uno stabilimento si fa con maggiore impiego di manodopera dei momenti standard e non viceversa perchè il rischio di incidenti è SEMPRE in agguato e quando la guardia si abbassa queste sono le conseguenze. Stavolta non ci sono state vittime. Stavolta dottoressa Marcegaglia siamo stati fortunati, solo un ginocchio malandato, ma la prossima?

(cdv)