Claudio Della Volpe
La quattordicesima riunione della Conferenza delle parti della convenzione di Basilea si svolge a Ginevra, parallelamente alla nona Conferenza delle parti della convenzione di Rotterdam e alla nona riunione della Conferenza delle parti della convenzione di Stoccolma. Sono attese decisioni importanti sul ciclo di vita della plastica, ma anche sui rifiuti elettronici e sulle sostanze chimiche pericolose.
La convenzione di Basilea è il principale trattato globale che regola il trasporto transnazionale di rifiuti pericolosi.
La convenzione di Rotterdam (Convenzione PIC – Prior Informed Consent), firmata dalla Comunità europea l’11 settembre 1998 ed entrata in vigore il 24 febbraio 2004, disciplina le esportazioni e importazioni di alcuni prodotti chimici e pesticidi pericolosi ed è basata sul principio fondamentale del previo assenso informato.
La convenzione di Stoccolma infine riguarda la gestione dei POP’s, i persistent organic pollutants, a partire dai terribili 12 (le diossine, il DDT, i PCB, etc.).
Si tratta di tre accordi internazionali importanti, ma che non hanno impedito che il problema dei rifiuti di plastica si diffondesse all’oceano (la plastica “neustonica”) , al suolo, all’acqua e tramite essi alla carne stessa della biosfera.
Si riuniscono nella città sul Lemano dal 29 aprile al 10 maggio per raggiungere un accordo destinato a rafforzare il controllo del commercio mondiale dei rifiuti di plastica.
La realtà che abbiamo raccontato anche in post precedenti è che la Cina ha bloccato l’importazione dei rifiuti di plastica e questo ha messo in crisi tutto il settore; contemporaneamente si sono evidenziate le conseguenze dell’accumulo di plastica nei vari contesti naturali, a partire da quello oceanico. Ma diciamo che sono anni che se ne parla; io ho scritto di queste cose almeno dieci anni fa; da allora non molto è stato fatto per risolvere il problema a causa anche dei fortissimi interessi coinvolti.
Secondo i dati disponibili alla conferenza:
La produzione globale di plastica è aumentata costantemente fino a 320 milioni di tonnellate all’anno, ma solo il 9% viene riciclato e il 12% incenerito. Si stima che oltre 100 milioni di tonnellate di plastica siano finite nei mari e negli oceani.
La Cina è stata il più grande importatore mondiale di rifiuti di plastica, fino a quando non ha vietato le importazioni all’inizio del 2018. Ciò ha perturbato il commercio di oltre sette milioni di tonnellate di rifiuti all’anno, per un valore di circa 3,7 miliardi di franchi.
La soluzione di mercato è stata di cercare importatori di palato meno sensibile che continuano ad accettare i nostri rifiuti come alcuni dei paesi del Sud-Est asiatico e la Turchia.
Se la prossima settimana verrà adottata una proposta presentata dalla Norvegia, gli esportatori di rifiuti in plastica dovranno ottenere l’approvazione preventiva del paese importatore e fornire informazioni più dettagliate sul volume e sul tipo di rifiuti in questione.
C’è una raccolta di firme internazionale a questo scopo che ha superato il mezzo milione.
Come chimici dovremmo occuparci del problema; prima di tutto studiando la questione del costo energetico relativo all’intero ciclo di vita della plastica dalla produzione al riciclo. Non basta dire che si ricicla, se una cosa si ricicla al 95% ogni 6 mesi come capita a certi tipi di plastica riciclabile, la aritmetica ci dice che entro 10 anni dovremo TRIPLICARNE la produzione, dato che 0.9520=0.36!!
E che fine fanno gli sfriddi? Continuano ad andare a mare? O casomai esportati verso paesi che ce li butteranno non potendo fare altro?
Dunque non è solo un problema di riciclo ma di come si usano le cose, di come si progettano i materiali.
Alcune plastiche non si possono riciclare come il PVC e nemmeno bruciare, ma durano 30 anni o più e dunque alla fine si equivalgono con quelle che si riciclano tanto ma hanno un ciclo di vita cortissimo.
Si tratta di usare le cose diversamente, basarci su strumenti di valutazione adeguati, come l’LCA e dare forti indicazioni ai politici per cambiare il mercato della plastica: materiali DURATURI e riciclabili a fine vita, riducendo la quantità che va in discarica ad ogni ciclo e la quantità complessiva di materiale. Una vita SOBRIA, che non abbia per scopo il profitto o l’arricchimento, ma la qualità dell’esistenza. Che non abbia per scopo la CRESCITA continua di tutto, perché la biosfera è finita non infinita e ne abbiamo già inquinata la maggior parte. Dunque ridurre e poi vietare l’usa e getta! Riciclare la plastica che è una risorsa laddove viene prodotta o usata ed esportarla come rifiuto solo a condizione che si sappia che fine fa.
Riferimenti.