Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo
a cura di Rinaldo Cervellati.
Nella prima parte di questo post è stato ricordato che fino dal 1995 “Gli antiossidanti sono percepiti [dal grande pubblico] come entità benefiche, prodotti quasi miracolosi che evitano i danni prodotti dai radicali [liberi]” [1]. Gli antiossidanti sono un business sempre in crescita per le ditte produttrici di integratori alimentari, cosmetici, prodotti erboristici, ecc. che hanno visto aumentare notevolmente i loro fatturati proprio a partire dai primi anni ’90 del secolo scorso. Prima però di parlare di antiossidanti desidero premettere che in base alla reattività (e quindi alla pericolosità per l’organismo), i radicali liberi possono essere suddivisi in:
– radicali molto reattivi, come l’ossidrile HO• e gli alcossili RO•, che possono attaccare tutte le molecole biologiche;
– radicali moderatamente reattivi, quali l’anione superossido O2–•, l’idroperossile HOO• e i perossili ROO• che, invece, possono reagire solo con poche molecole biologiche (lipidi polinsaturi), ma capaci di originare perossidi e idroperossidi che sono i precursori sia dell’ossidrile, sia degli alcossili estremamente reattivi [1].
Cosa significa “antiossidante”? Come dice la parola, gli antiossidanti sono sostanze capaci di prevenire l’ossidazione, cioè le reazioni provocate dall’ossigeno (e dai ROS). Antiossidante è quindi un termine molto generale, che non riguarda solo la prevenzione dall’eccesso di radicali liberi. Un esempio a tutti noto è la vernice rossa che viene usata sui cancelli di ferro per evitare che si arrugginiscano. La ruggine è infatti il prodotto dell’ossidazione del ferro da parte dell’ossigeno atmosferico in presenza di umidità. La vernice rossa, a base di minio (un composto del piombo), evita la corrosione del ferro perché reagisce con l’ossigeno più facilmente di lui. Un altro esempio molto noto è la zincatura delle grondaie o simili. In questo caso è lo zinco che protegge il ferro dall’ossidazione. Vernice rossa e zinco sono quindi antiossidanti.
Qui ci interessano quegli antiossidanti in grado di controllare la produzione di radicali liberi.
Ovviamente, in condizioni normali il nostro organismo ha sviluppato dei meccanismi di difesa contro l’eccesso di radicali liberi, soprattutto sottoforma di enzimi, come la superossido dismutasi, la catalasi e la glutatione perossidasi. Questi antiossidanti sono detti endogeni, poiché prodotti dall’organismo stesso.
Quando però l’organismo è sotto stress ossidativo (sbilanciamento fra radicali e antiossidanti endogeni) occorre assumere una quantità maggiore di antiossidanti attraverso la dieta. Questi antiossidanti sono detti esogeni. Esempi noti a tutti di antiossidanti esogeni sono le vitamine, in particolare le vitamine C ed E.
Una categoria molto importante di antiossidanti esogeni è costituita dai polifenoli, detti anche “biofenoli” poiché contenuti in frutta, verdura e più in generale in tutte le piante. Da tempo è noto che queste sostanze hanno la proprietà di sottrarre radicali liberi e quindi hanno l’effetto di mantenere o ripristinare l’equilibrio redox nell’organismo umano.
I composti polifenolici sono una delle principali classi di metaboliti secondari delle piante. Hanno strutture chimiche più o meno complesse, caratterizzate dalla presenza di un anello aromatico con uno o più sostituenti ossidrilici. I polifenoli possono rivestire diversi ruoli in natura. Alcuni hanno funzione di difesa da erbivori e patogeni, altri fungono da fonte di attrazione nei confronti di impollinatori, altri ancora possono inibire la crescita di piante che vivono nelle vicinanze e avere la funzione di sostegno meccanico per la pianta.
I polifenoli possono essere suddivisi in due grandi classi: flavonoidi e acidi fenolici. A loro volta i flavonoidi comprendono diverse sottoclassi (flavanoni, antocianine, flavonoli, flavanoli, flavoni e isoflavoni).
I flavonoidi, sia in forma libera (agliconi) sia legati con zuccheri (glicosidi), sono il gruppo di fenoli di origine naturale maggiormente diffusi. Quasi tutti solubili in acqua, sono responsabili del colore dei fiori, frutti e talvolta foglie e quando non sono visibili direttamente contribuiscono alla colorazione agendo da copigmenti. Tutti i flavonoidi hanno una comune origine biosintetica e presentano lo stesso nucleo strutturale di base, in particolare lo scheletro del 2-fenilcromano:
(per gli isoflavoni il nucleo strutturale di base è il 3-fenilcromano). I flavonoidi possono essere classificati in flavoni, flavonoli, isoflavoni, ecc. dipendentemente dal grado di ossidazione dell’anello piranico.
Fra i flavoni è di particolare importanza la rutina (5,7,3’,4’-OH) e il suo glicoside rutina-3-rutinosio che si trova in limoni, pepe rosso, buccia dei pomodori e vino rosso.
Fra i flavonoli sono di grande interesse la quercetina (3,5,7,3’,4’-OH) e i sui glicosidi, che si trovano in cipolle, lattuga, broccoli, pomodori, tè, frutti di bosco, mele e olio di oliva, e il kaempferolo (3,5,7,4’-OH) e suoi glicosidi, che si trovano in porri, broccoli, cicoria, pompelmo e tè nero, oltre che in altre piante. Fra gli isoflavoni sono importanti la genisteina (5,7,4’-OH), la daidzeina (4’,7-OH) e il glucoside daidzina (4’-OH, 7-glucosio), che si trovano in particolare nei semi di soia.
Le antocianidine sono flavonoidi strutturalmente correlati con i flavoni, i loro glicosidi sono denominati antocianine. Le strutture delle antocianidine ritrovate in natura, presentano uno scheletro base, costituito dal catione flavilio (la struttura primaria), cui sono legati gruppi ossidrilici e metossilici:
Attualmente sono note le strutture di circa 22 antocianidine, ma tra queste quella più frequentemente ritrovata nelle piante è la cianidina (R = OH, R’ = H), sostanza che dà il caratteristico pigmento alle arance rosse di Sicilia[1]. Si trova anche in ciliegie, lamponi e fragole. Importante è il suo glicoside (R = glucosio, R’ = piranosio).
Anche gli acidi fenolici sono composti comunemente presenti nelle piante. Di particolare importanza l’acido gallico (acido 3,4,5 diidrossibenzoico), l’acido caffeico (acido 3-(3,4-diidrossifenil)prop-2E-enoico) e l’acido ferulico (acido 3-(4-idrossi-3-metossifenil)prop-2E-enoico). Il primo, oltre a trovarsi nelle foglie e nelle radici di alcune piante, si trova anche nei semi e nei frutti come le olive; si trova anche in more, lamponi, fragole e mango. Il secondo è contenuto in molti alimenti di origine vegetale, compreso ovviamente il caffè da cui deriva il nome comune[2]. Il terzo è abbondantemente presente nelle granaglie (avena, grano, riso), nei carciofi, nel caffè e in alcuni tipi di frutta.
Riguardo al meccanismo di azione degli antiossidanti polifenolici, esistono due strade per la reazione fra i radicali (ad es. l’ossidrile, HO•) e l’antiossidante polifenolico, qui indicato genericamente Ar(OH)n:
- la prima, che avviene prevalentemente in mezzo lipofilo, consiste semplicemente nel trasferimento di un radicale H• dall’antiossidante all’ossidrile (azione scavenger):
Ar(OH)n + HO• –> Ar(OH)n-1O• + H2O
i radicali arossili Ar(OH)n-1O• che si formano sono piuttosto persistenti e il loro tempo di vita è sufficiente per catturare altri radicali HO• dando derivati diamagnetici stabili.
- la seconda strada, che avviene prevalentemente in mezzo acquoso, consiste inizialmente in un trasferimento elettronico dall’antiossidante al radicale HO· con formazione del radicale catione dell’antiossidante e anioni HO–:
Ar(OH)n + HO•–> Ar(OH)n-1OH+•+ HO–
questo radicale si scinde velocemente in radicale arossile e H+:
Ar(OH)n-1OH+• –> Ar(OH)n-1O•+ H+
gli idrogenioni reagiscono poi immediatamente con gli anioni HO– per dare acqua:
H+ + HO– –> H2O
infine il radicale arossile Ar(OH)n-1O• reagirà con l’ossigeno o con altri intermedi di reazione per dare derivati stabili e non dannosi.[1]
La reazione di sottrazione di un idrogeno di un OH fenolico da parte di un radicale piccolo (tipo ossidrile, idroperossile, alcossile, perossile) è molto veloce anche in soluzione, con costante di velocità che differisce di due o tre ordini di grandezza dal limite collisionale (assenza di energia di attivazione, k ≈ 10-9 M-1s-1). Per esempio la reazione fra l’α-tocoferolo (vitamina E, un gruppo OH fenolico) e un radicale perossile nel plasma umano ha una costante di velocità di circa 106 M-1s-1 [2].
La reattività di un gruppo fenolico in un polifenolo dipende dall’entalpia del legame OH, la quale a sua volta dipende dalla posizione relativa di tale gruppo rispetto ad altri gruppi OH fenolici e sostituenti nella molecola. Sicché il grado di capacità di sottrarre radicali liberi di un polifenolo non dipende tanto dal numero di OH fenolici in esso contenuti ma dalla posizione relativa di questi rispetto a tutti gli altri sostituenti nella molecola.
A questo proposito è stata elaborata una teoria che permette di calcolare l’entalpia di un legame OH in un polifenolo, detta teoria BDE (Bond Dissociation Enthalpy Theory). In base a questa teoria sono state proposte regole di additività che tengono conto degli effetti induttivo, coniugativo, di legami a idrogeno (inter e intra molecolari) su un certo legame OH per valutarne l’entalpia di legame[3] [3].
Sull’impiego, l’efficacia, gli usi e abusi degli antiossidanti polifenolici è in preparazione la 3a parte del post.
Riferimenti.
[1] Pedulli G.F., Gli inibitori delle reazioni radicaliche, relazione svolta al Convegno Celebrativo in onore dei Proff. Anna Maria Sechi e Carlo Alfonso Rossi dal tema “Le ricerche della Facoltà di Farmacia: il ruolo della Chimica Biologica con particolare riguardo ai meccanismi radicalici.”, Accademia delle Scienze, Università di Bologna, 14/11/1995 (non pubblicata).
[2] Burton G. W., Hughes L, Ingold K. U., “Antioxidant activity of phenols related to vitamin E. Are there chain-breaking antioxidants better than alpha-tocopherol?” J. Am. Chem. Soc., 1983, 105, 5950-5951.
[3] Wright J.S., Johnson E.R., Di Labio G.A., “ Predicting the Activity of Phenolic Antioxidants: Theoretical Method, Analysis of Substituent Effects, and Application to Major Families of Antioxidants”, J. Am. Chem. Soc., 2001,123, 1173-1183.
Note dell’autore.
[1] In commercio esistono due tipi di succo di arancia rossa di Sicilia: quelli refrigerati e quelli a lunga conservazione. Una ricerca interdisciplinare in collaborazione fra UniBO, UniCT e UniNa ha mostrato che solo i primi hanno attività antiossidante e contengono cianidina, mentre nei secondi la cianidina si è degradata nel processo di pastorizzazione e quindi sono privi di cianidina e hanno scarsa o nulla attività antiossidante [A. Fiore et al. Antioxidant activity of pasteurized and sterilized commercial red orange juices, Molecular Nutrition & Food Research, 2005, 49, 1129-1135]
[2] I nomi comuni di tutti gli antiossidanti qui menzionati derivano dal nome della pianta da cui sono stati isolati la prima volta.
[3] Nostre ricerche hanno mostrato che la ΔBDE calcolata in base alle regole di additività sono in ottimo accordo con i dati sperimentali di attività antiossidante misurata in vitro v. ad es: Cainelli G. et al. New polyphenolic beta-lactams with antioxidant activity, Chem. Biodiv., 2008, 5, 811-829; R. Cervellati et al., Monocyclic b-lactams as antibacterial agents: Facing antioxidant activity of N-methylthio-azetidinones, Eur. J. Med. Chem., 2013, 60, 340-349.
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E’ APERTA LA RACCOLTA DI FIRME PER LA PETIZIONE ALLA IUPAC per dare il nome Levio ad uno dei 4 nuovi elementi:FIRMATE!