Pesticidi illegali.

Claudio Della Volpe

Secondo i dati della FAO, che si possono liberamente scaricare e che sono fra i pochi non a pagamento, in tutto il mondo si consumano poco più di 4 Mton di pesticidi, intendendo con questo termine sia sostanze di sintesi che naturali appartenenti alle tre classi degli insetticidi, erbicidi e funghicidi.

Si tratta dunque di una media di un po’ più di mezzo chilo a testa per ogni uomo, donna o bambino del pianeta.

La suddivisione fra i vari continenti è la seguente:

L’Italia (ma anche altri paesi europei)  ha una storia recente di forte diminuzione:

Ma ciononostante il consumo procapite rimane circa il doppio della attuale media mondiale, 1kg a testa, fra i più alti del mondo e ai massimi in UE. In assoluto siamo il sesto utilizzatore mondiale di pesticidi.

In media la metà circa di questo totale sono erbicidi, un terzo sono insetticidi ed un quinto sono funghicidi.

La riduzione italiana è il frutto di  fenomeni contraddittori; secondo Lega Ambiente questa riduzione è il frutto della riduzione della SAU (la superficie agricola utilizzata) totale e dell’aumento delle coltivazioni biologiche che hanno un ridotto consumo di pesticidi.

In questo contesto generale vorrei dire oggi due parole sul fenomeno dei pesticidi illegali, ossia dell’uso in tutto il mondo ma in Europa e in Italia di pesticidi non permessi o comunque distribuiti in modo illegale o usati in modo sbagliato.

Da 5 anni l’UE fa ogni anno una campagna per individuare il commercio di pesticidi illegali, coordinata da Europol e inquadrata nel contesto di una azione periodica chiamata Silver Axe, contro la contraffazione di pesticidi;  quest’anno si è svolta tra gennaio e aprile 2020, e ha coinvolto 32 Paesi, tra cui l’Italia

E’ una azione che rientra nella politica UE, che incentiva fortemente (almeno come principio) la riduzione dei rischi connessi all’utilizzo dei principi attivi autorizzati in agricoltura per la difesa delle piante, in termini di esposizione potenzialmente tossica per l’uomo ed inquinamento della matrice ambientale.

In totale sono state sequestrate 1346 ton di pesticidi illegali, una percentuale apparentemente molto bassa, (il totale europeo consumato è dell’ordine delle 600.000 ton) ma che comunque NON esaurisce il consumo di pesticidi illegali, ma dà un’idea della situazione.

In realtà si tratterebbe della cima dell’iceberg tanto che uno studio dell’Ufficio Ue per la proprietà intellettuale (Euipo), stima che tra il 10% e il 14% del mercato Ue dei pesticidi sia interessato dal commercio illegale che frutta fino a 70 euro per ogni kg di prodotto contraffatto, il valore della merce sequestrata sarebbe dunque pari a 94 milioni di euro.

https://www.ansa.it/europa/notizie/proprieta_intellettuale/2020/06/05/europol-sequestro-1346-ton-di-pesticidi-illegali-in-32-paesi_55b1e3d7-a900-4783-b427-4fc108ac789b.html

https://euipo.europa.eu/tunnel-web/secure/webdav/guest/document_library/observatory/resources/research-and-studies/ip_infringement/study10/pesticides_sector_it.pdf

Se le stime dell’Euipo sono corrette stiamo parlando di una quantità di pesticidi dell’ordine di 60-100.000 ton in tutta Europa, dunque dell’ordine del consumo di un paese grande come l’Italia o più; e nel nostro paese di una quantità pari a 10.000 ton, non le misere 16 che sono state sequestrate recentemente in provincia di Viterbo.

Alcuni gruppi criminali che trafficano pesticidi sono coinvolti in altre attività come il traffico di sigarette contraffatte e il commercio illegale di prodotti farmaceutici, sostiene Europol. Il commercio di pesticidi illegali include anche l’importazione di sostanze vietate come il clorpirifos.

In un bell’articolo di Internazionale pubblicato sul numero di luglio (1366, pag 42) e tradotto dal De Groene Amsterdammer, dal titolo significativo “Un crimine a buon mercato”, il giornalista Rasit Elibol racconta la situazione svelata dalle inchieste europee ma anche i retroscena legati alle leggi che di fatto facilitano o perfino consentono questo tipo di traffici illegali.

Se volete arricchirvi con il contrabbando, lasciate perdere le droghe, le armi, l’alcol e le sigarette e dedicatevi ai pesticidi. Come sostiene Rob de Rijck, coordinatore nazionale per i crimini ambientali e pubblico ministero nel caso dei sei container: “Chi si macchia di questo delitto non deve avere troppa paura della pena, ammesso che sia denunciato. Quello dei pesticidi illegali sembra un problema del tutto sottovalutato. Non so dire perché”.

Il crimine è semplice e comporta pochi rischi: si comprano pesticidi cinesi che costano dai quindici ai venti euro al litro e li si rivendono in Europa a ottanta, cento euro al litro. Tolte le spese d’imballaggio e di trasporto, il guadagno netto è di quasi cinquanta euro al litro. “Con un carico da 160 tonnellate si intascano otto milioni di euro. È un’attività molto redditizia”, spiega Rien van Diesen, che lavora all’Europol ed è il maggior esperto in materia di contrabbando di pesticidi.

……

In Italia, dove la vendita di pesticidi illegali comporta solo una multa, ne sono state sequestrate 1.053 tonnellate negli ultimi tre anni, e sono state inflitte 668 sanzioni. Dal 2015 almeno quattro casi sono finiti in tribunale. Uno ha portato a una condanna a un anno di prigione e multe tra i mille e i seimila euro. Due processi sono ancora in corso.

In Italia La strage delle api friulane(foto dal Fatto Quotidiano)

“L’introduzione in Italia di prodotti vietati è stata depenalizzata nel 1999, quindi perché ci sia un reato e si vada a processo si deve configurare il pericolo per la salute pubblica, oppure il disastro ambientale”, spiega IrpiMedia, partner italiano del consorzio di giornalisti che ha realizzato l’inchiesta sui pesticidi pubblicata in queste pagine. Oltre al traffico di sostanze illegali, un altro problema è rappresentato dall’uso improprio di quelle autorizzate. Uno dei casi più gravi è quello scoperto nel 2018 in provincia di Udine in seguito a una grave moria di api: quasi duecento agricoltori della zona sono finiti sotto processo per uso improprio del Mesurol, una sostanza prodotta dalla Bayer. Il processo dovrebbe concludersi a settembre. Dal 3 aprile di quest’anno il Mesurol è illegale in Italia.

La conclusione di questo breve excursus è che il contrabbando di pesticidi illegali o l’uso improprio di pesticidi non può essere considerato un reato minore, suscettibile solo di una multa; occorre cambiare prospettiva, e dare a questo tipo di reati il significato che hanno: sono un danno ambientale grave, che dura lungo tempo, che può avere ricadute sia ecologiche che di salute importanti sia per gli operatori agricoli che per tutti noi; non stiamo parlando badate di eliminare tutti i pesticidi (anche se, a mio parere, la prospettiva di una forte riduzione ha senso e ci sono gli strumenti per realizzarla); stiamo parlando di usarli secondo le norme che ci sono e che (contrariamente a quanto si pensa) sono abbastanza forti e limitative da stimolare un mercato clandestino fuori di esse.

Almeno questo è doveroso farlo SUBITO.

Secondo il rapporto dell’EFSA in Italia i residui di pesticidi (legali o meno) che si trovano nei cibi nel 98% dei casi sono sotto la soglia di limite massimo di residuo (LMR, per i 1/3)) e in gran parte sono addirittura sotto la soglia di quantificazione (LDQ, per 2/3), solo nel 2% dei casi si supera LMR; rimane scoperto il discorso delle sinergie fra le varie molecole.

http://www.efsa.europa.eu/it/interactive_pages/Pesticides_report_2017

Non sono risultati di cui andare fieri, anche se sono i migliori d’Europa; ma quali sono le conseguenze se il pesticida è addirittura un pesticida illegale? La cui composizione è anche sconosciuta? E secondo UE, almeno in un settimo degli usi siamo potenzialmente di fronte ad un pesticida illegale o ad un suo uso illegale; pensiamoci.

Come chimici dobbiamo prendere posizione.

Glifosato e api da miele

Rinaldo Cervellati

Il discusso erbicida glifosato (di cui abbiamo parlato diffusamente nel blog, cercate glifosato in alto a destra e anche nella rubrica La Chimica allo specchio di C&I) potrebbe incrementare la mortalità delle api da miele come ritiene uno studio riportato da M. Satyanarayana nell’ultimo numero di settembre di Chemistry & Engineering newsletter on-line.

Struttura molecolare del glifosato

Lo studio, effettuato da un gruppo di ricercatori in Texas, ha evidenziato che l’erbicida, commercializzato col nome RoundupÒ, potrebbe danneggiare le api indirettamente perturbando la flora batterica del loro intestino. (E.V.S. Motta et al. Glyphosate perturbs the gut microbiota of honey bees., Proc. Nat. Acad. Sci. USA., 2018, DOI: 10.1073/pnas.1803880115). Gli scienziati pensano che i risultati potrebbero aiutare a spiegare il declino delle api da miele osservato negli ultimi anni.

Il gruppo, coordinato da Nancy Moran, esperta in biologia delle api alla Texas University di Austin, ha esposto centinaia di api operaie al glifosato a concentrazioni uguali a quelle che avrebbero potuto incontrare nei pressi di campi agricoli trattati con l’erbicida.

Nancy Moran

Questo gruppo di api è stato poi reintrodotto nel proprio alveare. Dopo tre giorni la flora batterica dell’intestino di queste api è stata analizzata e confrontata con quella di un gruppo di api non trattato col glifosato. I ricercatori hanno scoperto che l’abbondanza di alcune delle otto specie predominanti di battèri intestinali era significativamente diminuita nelle api trattate rispetto a quelle non trattate, suggerendo che l’esposizione al glifosato aveva modificato la composizione della flora batterica intestinale nel gruppo di api trattato. I due gruppi sono stati poi esposti a un comune agente patogeno delle api. E’ risultato che le api operaie esposte al glifosato sono decedute a velocità più elevate rispetto alle api non esposte, portando alla conclusione che la diminuzione di alcuni battèri della flora intestinale aveva reso gli insetti trattati più vulnerabili degli altri.

Queste conclusioni corrispondono a quelle riportate in precedenza che hanno dimostrato che le api da miele con flora intestinale compromessa sono malnutrite e suscettibili alle infezioni. Moran sostiene che questi risultati, insieme ai dati che mostrano che il glifosato può influenzare i battèri del suolo e che si accumulano nelle api, suggeriscono ai ricercatori di valutare se i possibili effetti indesiderati del popolare erbicida abbiano avuto un ruolo nel declino delle api.

Continua Moran: “Circa 10 anni fa, ci fu un preoccupante declino nelle popolazioni di api da miele, in seguito chiamato colony collapse disorder. I tassi di mortalità hanno continuato ad essere alti, ma i decessi non sono stati così improvvisi.”

Fred Gould, entomologo, patologo ed ecologista, professore distinto della North Carolina State University, fa notare che ricercatori hanno esaminato il ruolo di diversi pesticidi e fungicidi nel declino e nell’infezione delle colonie di api, ma il glifosato non era mai stato preso in considerazione. La ricerca di possibili effetti trascurati, come quelli descritti nel nuovo studio è un sintomo che questo settore di indagine è in netto miglioramento rispetto al passato.

Fred Gould

Come quasi tutti gli erbicidi, il glifosato agisce bloccando un enzima chiamato EPSP sintasi nelle piante, necessario per la biosintesi di amminoacidi aromatici come la fenilalanina, la tirosina e il triptofano, impedendo così la crescita delle piante[1]. Il glifosato non uccide i battèri, ma impedisce loro di crescere, e la maggior parte dei batteri trovati nell’intestino delle api portano il gene che codifica l’enzima.

Ma mentre alcune specie di battèri che abitano nell’intestino delle api sono sensibili al glifosato, altre lo sono meno, perché portano un gene per una forma di EPSP resistente al glifosato, o per altri meccanismi sconosciuti, dice Moran. Il suo gruppo ha in programma di ripetere i loro esperimenti su alveari interi e di esplorare i meccanismi di nonresistenza degli EPSP.

Colonia di api da miele

L’impatto ambientale e gli effetti sulla salute del glifosato sono una questione ancora controversa dice Gould, quindi studi sull’ intero alveare potrebbero far luce sugli effetti dell’ erbicida su una specie critica per l’agricoltura.

Questi studi potrebbero anche aiutare a evitare possibili effetti negativi del glifosato sulle api. Il risultato probabile sarà una sorta di miglior pratica su quando e dove spruzzare il glifosato, dice Juliana Rangel, entomologa della Texas A & M University.

Juliana Rangel

L’impollinazione attraverso le api è un’industria di circa 15 miliardi di dollari l’anno, dice, e “molte volte, tragedie come il colony collapse disorder possono essere evitate con una migliore comprensione dell’ecosistema”.

[1] A differenza di molti altri erbicidi che risultano efficaci contro alcune specie, cioè selettivi, il glifosato è un erbicida totale il che ne spiega l’uso generalizzato.

Tracciabilità del miele.

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo

a cura di Luigi Campanella, ex Presidente SCI

Il miele è un alimento composto prevalentemente da zuccheri semplici come il fruttosio ed il glucosio. Questi, a differenza degli zuccheri composti come il saccarosio (zucchero da cucina) sono facilmente assorbibili dall’organismo umano. Infatti per poter digerire uno zucchero composto (disaccaride) l’organismo deve prima separarlo in due zuccheri semplici (monosaccaridi). Questa caratteristica di facile assorbimento ed il suo alto potere nutrizionale (303 Kcal/100 g miele) lo rende un alimento disponibile a tutte le fasce d’età ed in particolare i bambini, gli sportivi e gli anziani.

Il miele possiede inoltre proprietà antibatteriche ed antinfiammatorie dovute in particolare alla sua elevata osmolarità, all’acidità e al suo contenuto in perossido di idrogeno. Queste caratteristiche sono alla base del suo utilizzo per il trattamento di alcuni disturbi gastrointestinali e delle ferite superficiali della pelle (Greenwood, 1993; Taormina et al., 2001, Molan, 2001; Cooper et al., 2002). Il perossido di idrogeno viene prodotto per via enzimatica ed è il maggior responsabile dell’attività antibatterica del miele.

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Il D.L. 179/2004, che recepisce la direttiva europea 2001/110 EC del 20 dicembre 2001 definisce il miele come “……..la sostanza dolce naturale che le api (Apis mellifera) producono dal nettare di piante o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o dalle sostanze secrete da insetti succhiatori che si trovano su parti vive di piante che esse bottinano, trasformano, combinandole con sostanze specifiche proprie, depositano, disidratano, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell’alveare”. A tutela della qualità il D.Lvo. 179/2004 indica anche gli obblighi relativi all’etichettatura del miele.

La regolamentazione tenta di evitare lo spostamento del mercato verso un miele di tipo industriale di imprecisa origine e probabilmente di qualità minore, di diminuire la probabilità del verificarsi di fenomeni di adulterazione e/o sofisticazione,di incentivare l’utilizzo di migliori tecniche produttive.

In Italia il consumo pro capite di miele, che si aggira intorno ai 350-400 g annui, è basso rispetto alla media dei consumi europei (700 g). La produzione italiana di miele è stimata intorno alle 12000 tonnellate per un totale di circa un milione di alveari.

Il miele italiano subisce una forte concorrenza da parte dei mieli che provengono dalla Argentina e dalla Cina, che hanno costi di un 50% inferiore (circa 1.20 euro/Kg). Ciò nonostante, l’Italia è l’unico paese al mondo che produce, grazie alle sue particolari condizioni climatiche e geografiche, più di 30 diversi tipi di miele pregiato. Ciò è indicativo della genuinità, freschezza e qualità del prodotto miele che spesso è riconducibile a particolari zone geografiche di produzione come la zona di Montefeltro nella provincia di Pesaro – Urbino

Il miele è compreso tra i prodotti di origine animale per il quale il D. Lvo: 336/1999, che recepisce le direttive 96/22/CE e 96/23/CE, prevede misure di controllo da parte dei paesi UE finalizzate alla ricerca di residui di farmaci veterinari e di agenti contaminanti.

Tra questi ultimi vengono indicati sia gli elementi chimici, sia i composti organofosforati e organoclorurati (compresi i policlorobifenili). Questi possono contaminare l’alveare ed essere trasmessi ai prodotti dell’alveare mediante molteplici meccanismi, come ad esempio l’adesione di particelle aereodisperse al corpo delle bottinatrici durante il volo, la contaminazione del nettare e del polline per deposizione atmosferica sui fiori o mediante trasporto linfatico nelle piante dopo l’assorbimento dal suolo, l’ingestione di acqua inquinata da parte delle bottinatrici stesse (Conti et al., 1998).

L’autenticità degli alimenti è un argomento che ha una grande importanza economica e sociale. L’autenticità contribuisce a garantire le caratteristiche e la qualità dei prodotti alimentari e ad impedire eventuali adulterazioni o etichettature inesatte. I mieli possono essere adulterati mediante diluizione per aggiunta di acqua o aggiunta di zuccheri e sciroppo oppure etichettati in modo fraudolento come monofloreali o con origine geografica non corretta.

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Varie metodologie statistiche multivariate sono state applicate allo scopo di esaminare l’autenticità di una vasta gamma di prodotti. Una classificazione geografica di oli di oliva italiani (Derde et al., 1984) e di spremute di arance (Bayer et al., 1980) è stata ottenuta utilizzando l’analisi dei gruppi, l’analisi discriminante lineare e SIMCA. Un grande numero di altri esempi sono riportati in letteratura riguardanti una vasta varietà di alimenti (pesce, latte, liquore e soprattutto vino) per i quali sono stati utilizzati varie proprietà chimiche e differenti strumenti statistici (Kwan et al., 1979; Kwan e Kawalski, 1980; Franco et al., 1990; Favreto et al., 1994; Moret et al., 1994). Per quanto riguarda il miele, Pena e Herrero (1993) hanno mostrato che i metodi statistici multivariati possono essere applicati con successo per ottenere una corretta classificazione geografica dei mieli provenienti da differenti origini. Altri lavori in letteratura (Sanz et al., 1995; Pena Crecente e Latorre, 1993; Feller-Demalsy et al., 1989; Gomez et al., 2000) riportano l’applicazione di metodi statistici, su alcuni parametri chimici e fisici, per la classificazione di campioni di mieli con differenti origini geografiche. La composizione specifica di un particolare campione di miele dipende molto dal tipo di fiori visitati dalle api, così come dalle condizioni climatiche in cui le piante crescono (Abu-Tarboush et al., 1993). Ciò permette la determinazione dell’origine botanica e possibilmente anche geografica del miele (Latorre et al., 1999; Paramas et al., 2000; Sanz et al., 1995).

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In definitiva i problemi sono due: garantire un prodotto privo di contaminanti, assicurare tracciabilità geografica e produttività. Ad entrambi gli scopi la Chimica fornisce un contributo determinante.

Le citazioni sono estratte dall’articolo di Conti E. et al. La componente minerale ed alcuni parametri qualitativi dei mieli prodotti nella regione Marche pubblicato Su La Rivista di Scienza dell’alimentazione anno 35 numero unico 2006 .

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E’ APERTA LA RACCOLTA DI FIRME PER LA PETIZIONE ALLA IUPAC per dare il nome Levio ad uno dei 4 nuovi elementi:FIRMATE!

https://www.change.org/p/international-union-of-pure-and-applied-chemistry-giving-name-levium-to-one-of-the-4-new-chemical-elements

Sulle api e gli insetti sociali in genere: collaborazione stigmergica e intelligenza collettiva

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo

a cura di Annarosa Luzzatto

Mi scuso per l’intervento di una non-chimica come me in un sito come il vostro, ma il problema della comunicazione intraspecifica tra le api ed i loro “linguaggi”, di cui il Prof. Scorrano (1) ha scritto di recente, affascina anche me, ed in quanto biologa, anche se non particolarmente esperta in questo specifico campo, mi sento chiamata ad intervenire.

Scienziati e persone comuni nei secoli sono rimasti increduli e curiosi di fronte alle realizzazioni degli insetti sociali come formiche e termiti da una parte, api e vespe dall’altra. Le termiti costruiscono termitai alti anche alcuni metri, con una struttura interne molto sofisticata. Api e vespe, oltre a costruire nidi complessi, sono capaci di procurarsi il cibo esplorando il territorio e comunicando a tutto lo sciame dove trovarne di buona qualità.

Negli ultimi decenni gli insetti sociali come le formiche e le termiti sono state oggetto di analisi e studi approfonditi per la loro capacità di costituire società ordinate e collaborative, in grado di costruire strutture abitative molto complesse, pur essendo animali minuscoli con un sistema nervoso relativamente semplice

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(Fig. 1). Comitiva di turisti di fronte ad un grande termitaio alto oltre 4 metri nel parco di Litchfield. (http://www.camperisti.it/b/conclusi/maustr91.htm, Australia, Agosto 2009)

Dallo studio della capacità di cooperazione di questi insetti ha tratto ispirazione anche la robotica. Si è scoperto che, con poche indicazioni basilari e in totale assenza sia di capi guida che di progetti organici, questi insetti sociali sono in grado di cooperare per raggiungere obiettivi complessi. Questa capacità di collaborazione tra pari ha preso il nome di stigmergy (2) termine coniato dal biologo francese Pierre-Paul Grassé (3) riferendosi alla costruzione dei termitai: le termiti dipenderebbero poco da interazioni dirette tra loro, ma piuttosto da segnali lasciati nell’ambiente cui rispondono migliaia di individui.

Imitando questo tipo di comportamento delle termiti, alcuni ricercatori hanno presentato un piccolo esercito di minirobot capaci di raggiungere obiettivi complessi collaborando tra loro (4). La capacità delle colonie di insetti di collaborare stigmergicamente ad un “progetto” comune è stata definita intelligenza degli sciami, “Swarm intelligence” (5) e la tecnologia dei micro robot ha preso il nome di “swarm robotics”(6)

Da quanto riportato, appare evidente che l’intelligenza limitata di animali minuscoli non è di per sé una limitazione delle loro potenzialità, perché questi minuscoli organismi, organizzati in gruppi di migliaia di individui, costituiscono una sorta di intelligenza collettiva, che ha portato alcuni autori a parlare di “superorganismo” (7).

Ma come comunicano tra loro gli individui di una stessa colonia? Termiti e formiche, animali terricoli, le comunicazioni si attuano principalmente tramite il tatto e l’olfatto, per mezzo di mediatori chimici (ferormoni) rilasciati sul terreno durante gli spostamenti: più spesso un determinato percorso viene seguito, più forte sarà la traccia odorosa. La vista svolge una funzione secondaria, la maggior parte delle formiche ha una vista scarsa ed alcune specie sono del tutto cieche.

Per gli insetti alati come le api l’olfatto non è sufficiente: sono attratte dal profumo dei fiori, ma se i fiori sono lontani dall’alveare non basta il profumo, sono necessarie indicazioni più precise.

Un’ape in un ampia campagna si trova un po’ come gli antichi navigatori vichinghi nel grande oceano: “Una nave Vichinga è sulla via del ritorno verso casa […] Ma la casa dov’è? Il cielo è sempre più nuvoloso, le stelle non sono quasi mai visibili ed anche il sole di giorno occhieggia di rado. […] Leif il Fortunato scorge un varco tra le nubi. Estrae dalla cintura la sua pietra del sole, guarda un lembo di cielo blu attraverso il cristallo, ruotandolo finché non diventa giallo. Ed ecco, Leif grida al timoniere indicando a dritta col braccio teso … verso casa.” (8)

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(fig. 3). http://www.nature.com/news/2011/110131/images/news58-i1.0.jpg. As highly skilled navigators, Vikings crossed thousands of kilometres of open sea. BRYNA PRODS/UNITED ARTISTS / THE KOBAL COLLECTION

Leif Eikson, il primo europeo a raggiungere il Nord America, usa una misteriosa “pietra del sole” dalle proprietà quasi magiche. Di recente si è scoperto trattarsi di un cristallo che permette di rilevare la polarizzazione della luce (9).

Per gli umani “vedere” la luce polarizzata non è facile, dato che l’occhio umano non è in grado di percepirla. L’occhio delle api invece la percepisce, come del resto molti altri animali (10). Gli occhi degli insetti sono composti da migliaia di ommatidi disposti a stella (le api mellifere ne hanno circa 5.500), ognuno con lente cristallino; la rodopsina (il pigmento visivo) si trova allineato parallelamente nei microvilli delle cellule visive, quindi ogni cellula avrà una differente sensibilità alla luce polarizzata a seconda dell’orientamento dei microvilli (11).

Dato che percepiscono la luce polarizzata, le api possono facilmente orientarsi rispetto al sole; tornata all’alveare, l’ape esegue una particolare danza per comunicare alle compagne la direzione e la distanza delle fonti di nettare appena individuate

Il primo a descrivere in modo esauriente la comunicazione tra api di uno stesso sciame è stato von Frisch, cui è stato attribuito il premio Nobel nel 1973 (12)

Gli studi sulla danza delle api sono poi continuati negli anni, intensificandiosi negli ultimi anni a causa della moria delle api stesse. Nel 2014 alcuni ricercatori della Sussex University hanno decodificato sperimentalmente il messaggio della danza delle api, verificandone le indicazioni in diverse stagioni dell’anno (13) . Altre ricerche sono invece focalizzate sull’efficienza della danza in api cui è stato impedito di riposare (14, 15)

Per concludere mi sembrano molto attuali le parole di un articolo di Armando Masserenti sul Sole 24 Ore (16). La cultura classica aveva stabilito una connessione intima tra gli uomini e le api. Perché le api sono, come gli umani, esseri altamente sociali, la cui vita è regolata da ruoli e regole precise. E anche da una forma di linguaggio. Questa è la grande conclusione cui arriva lo zoologo viennese e premio Nobel Karl von Frish nel 1945 […] Nella mentalità scientifica del tempo, gli esseri invertebrati erano da considerarsi “inferiori” sotto ogni aspetto, per cui veniva ritenuto impossibile riconoscere a degli insetti una qualsiasi capacità cognitiva. Come scrive Giorgio Celli, «l’uso dei segni presuppone una capacità di”lettura” del reale di cui l’uomo si credeva o si arrogava di essere il solo depositario». […]

Ora non solo le distanze tra l’uomo e gli altri animali si stanno accorciando, ma stiamo scoprendo che dagli altri animali abbiamo ancora molto da imparare. Le organizzazioni sociali di diversi animali, tra i quali le api, possono rappresentare un possibile modello di associazione cooperativa. Anche nella specie umana stiamo sviluppando una forma di “intelligenza collettiva” superiore all’intelligenza di ogni singola persona, come la “swarm intelligence” delle api trascende le modeste capacità di ogni singolo insetto.

Bibliografia

  1. Gianfranco Scorrano, Ancora sulle api: danza e odori, Blog della SCI, 15.11.23. https://ilblogdellasci.wordpress.com/2015/11/23/ancora-sulle-api-danza-e-odori/
  2. Wikipedia, Stigmergy. https://en.wikipedia.org/wiki/Stigmergy
  1. Bonabeau, E.“Editor’s Introduction: Stigmergy.”Special issue of Artificial Life on Stigmergy. Volume 5, Issue 2 / Spring 1999, p.95-96. (http://www.stigmergicsystems.com/stig_v1/stigrefs/article1.html)
  1. Justin Werfel,Kirstin Petersen,Radhika Nagpal, Designing Collective Behavior in a Termite-Inspired Robot Construction Team. Science 14 February 2014, Vol. 343 no. 6172 pp. 754-758 , Ripreso da: “Robot-muratori o Robot-termiti: l’edilizia del futuro si ispira alla stigmergia degli insetti sociali”. Caterina Lenti, 14.02.23, http://www.meteoweb.eu/2014/02/robot-muratori-il-futuro-delledilizia-ispirato-alla-stigmergia-delle-termiti/264908/); si veda anche l’ambiente di sviluppo totalmente libero Netlogo dove ci sono programmi basati sugli automi indipendenti (dalle molecole agli insetti, agli uomini) che simulano la complesità a partire da molti automi indipendenti ciascuno dotato di regole di comportamento semplicissime https://ccl.northwestern.edu/netlogo/
  1. Swarm intelligence, https://it.wikipedia.org/wiki/Swarm_intelligence
  1. Swarm robotics, http://www.lswn.it/robotica/swarm-robotics/
  1. “Il superorganismo. Bellezza, eleganza e stranezza delle società degli insetti”. Bert Hölldobler ed Edward O. Wilson, Traduzione di Isabella C. Blum. Adelphi, Biblioteca scientifica, 2011.
  2. Da “Landnámabók” di Ari Thorgilsson . Il testo è tradotto da “The Viking Sunstone”, https://www.polarization.com/viking/viking.html.
  1. Gábor Horváth et al., On the trail of Vikings with polarized skylight: experimental study of the atmospheric optical prerequisites allowing polarimetric navigation by Viking seafarers, The Royal Society Philosophical Transaction B, 31 January 2011. http://rstb.royalsocietypublishing.org/content/366/1565/772, ripreso da Nature http://www.nature.com/news/2011/110131/full/news.2011.58.html.
  1. Polarized Light in Animal Vision: Polarization Patterns in Nature. Gábor Horváth,Dezsö Varju, Springer, 12 Jan 2004.
  1. Insects P-Ray Vision. The Biological Basis of Polarization Vision in Insects. https://www.polarization.com/eyes/eyes.html
  1. “Il linguaggio delle api”, Karl von Frisch, Bollati Boringhieri, 2012
  1. M. J. Couvillon, et al., Plos One, April 2, 2014. Waggle Dance Distances as Integrative Indicators of Seasonal Foraging Challenges. http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0093495
  1. Barrett A. Klein et al., Sleep deprivation impairs precision of waggle dance signaling in honey bees. Pnas, vol. 107 no. 52, November 23, 2010, http://www.pnas.org/content/107/52/22705.abstract#corresp-1; riassunto in italiano: Chris Sorrentino, “Ape stanca, danzatrice pessima”, 15 dicembre 2010, http://naturamatematica.blogspot.it/search/label/Matematica%20degli%20animali#.VlCf4narSUk
  1. Leah Shaffer, Science,11.13.14. Sleep-Deprived Bees Do Weirder Waggle Dances. http://www.wired.com/2014/11/berrett-klein-honeybees/;

riassunto su The Guardian: http://www.theguardian.com/environment/2014/apr/03/honeybees-fly-further-in-summer-to-find-food-study-shows).

  1. “Von Frisch danza con le api”, Armando Masserenti, il Sole 24 Ore, 24 giugno 2012. http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2012-06-24/frisch-danza-081522.shtml?uuid=AbAUcIxF

Ancora sulle api: danza e odori

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo

di Gianfranco Scorrano, già Presidente della SCI

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Karl von Frisch. Zoologo (Vienna 1886 – Monaco di Baviera 1982)

Ho letto recentemente l’articolo Virgilio e le api: Uno studio sulle antiche credenze sull’apicultura di B.G.Whitfield su Greece and Rome, 1956, Vol.3 pp.99-117, disponibile sul sito https://www.jstor.org/stable/641360?seq=8#page_scan_tab_contents

in cui si discutono molti degli autori che hanno scritto sulle api: Aristotile (Historia Animalia), Teofrasto, Eliano, Plinio, Columella, Virgilio (Georgiche) tra gli altri. Naturalmente vi è poco di scientifico nei loro studi, però ad esempio viene citato che, credenza comune, l’ape di riferimento era considerata il re (non la regina) dell’alveare. Viene anche notato da Aristotele qualcosa di simile a quanto molto più avanti sarà discusso da von Frisch: “le api stanno di regola dentro l’arnia; quando escono, si innalzano nell’aria ruotando in circolo in un tipo di esercizio ginnastico; quando finiscono, rientrano nell’arnia e si cibano in maniera vorace del miele”. http://classics.mit.edu/Aristotle/history_anim.mb.txt cap.40

Allora vediamo chi era Karl von Frisch. Zoologo austriaco (Vienna 1886 – Monaco di Baviera 1982), professore nelle università di Rostock, Breslavia, Graz e Monaco di Baviera. I suoi studî più importanti si sono rivolti all’indagine della fisiologia sensoriale dei pesci e delle api. Ha compiuto esperimenti di grande interesse sul linguaggio, il riconoscimento dei colori e l’orientamento nelle api. Per tali fondamentali ricerche ha ottenuto nel 1973, insieme a K. Lorenz e a N. Tinbergen, il premio Nobel per la fisiologia. Ha pubblicato: Aus dem Leben der Bienen (1927, trad. it. 1951), sulla vita delle api; Bienenfibel (1954), sul linguaggio delle api; Tanzsprache und Orientierung der Bienen (1965), orientazione delle api e linguaggio della danza. apisc2

Esaminiamo quest’ultimo passaggio seguendo in particolare quanto descritto dallo stesso Frisch nella conferenza di accettazione del Nobel. http://www.nobelprize.org/nobel_prizes/medicine/laureates/1973/frisch-lecture.pdf

Secondo Frisch l’ape, al ritorno da una fruttifera spedizione verso i fiori, ha a disposizione due tipi di movimento: uno circolare e l’altro a otto, con uno scuotimento dell’addome, usati rispettivamente per suggerire una distanza dall’arnia piccola (50 metri) o più grande (150 e più) rispettivamente.

Tali movimenti vengono realizzati all’interno dell’arnia: dobbiamo ricordarci che nell’arnia le api sono molto ammassate, raggiungendo spesso numeri di 10-30000. Possiamo vedere una rappresentazione di uno di questi movimenti così come avvengono nell’arnia:

L’elevata densità di api mal si concilia con la possibilità che il semplice movimento dell’addome dell’ape messaggera si possa trasmettere all’insieme delle api dell’arnia.apisc3

Peggio ancora se si vuole prendere per riferimento anche l’ulteriore passaggio proposto da von Frisch: l’ape si orienta prendendo come riferimento l’arnia e il sole e l’arnia e il campo di raccolta proposto: descrive quindi, nella sua dimostrazione attraverso lo scuotimento dell’addome, quale è l’angolo tra le due direzioni, oltre alla distanza dall’arnia al campo attraverso l’intensità dello scuotimento. Naturalmente l’angolo varia con l’ora della giornata…..

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L’insieme della “danza” è chiaramente un segnale per le altre api dell’esistenza di un campo contenente fiori. Però mi sembra esagerato chiamare questo un linguaggio delle api. Qual è la grammatica e la sintassi? Sorprendente è anche l’affermazione che le api http://www.nobelprize.org/nobel_prizes/medicine/laureates/1973/frisch-lecture.pdf per orientarsi percepiscono anche la luce polarizzata e utilizzano per orientarsi anche il campo magnetico terrestre. A me sembra impossibile che tali animali (vi ricordo che le operaie sono lunghe 12-13 millimetri!) abbiano tutte queste percezioni. In effetti anche von Frisch cita tra gli altri dissidenti il prof. Werner, il quale combattè una lunga battaglia http://www.beesource.com/point-of-view/adrian-wenner/ cercando di dimostrare come le api fossero guidate dall’odore.

Piuttosto, un lavoro un po’ più recente di Corinna Thom e collaboratori, dal titolo “The Scent of the Waggle Dance” ci dà un’altra prospettiva (PLoS Biol.2007 Sep. 5(9) e228): utilizzando tecniche di microestrazione in fase solida e analisi gas-cromatografica con spettrometria di massa hanno potuto rilevare che le api che danzano la danza della coda, al ritorno dall’approvvigionamento producono nell’addome e rilasciano nell’aria due alcani, il tricosano e il pentacosano, e due alcheni, Z-9-pentacosene e Z-9-tricosene tricosano

pentacosano apisc5C25H52

CH3(CH2)21CH3                 tricosano

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Z-9-tricosene

CH3(CH2)7CH==CH(CH2)14CH3       cis-9-pentacosene

Questi prodotti hanno la capacità di eccitare molti altri imenotteri. Gli autori pensano di aver dimostrato che gli odori dei prodotti su indicati possano attrarre le api attorno alla danzatrice e quindi aumentino il numero delle api che poi seguono la danzatrice verso i campi fruttiferi.

C’è forse, come accennato su wikipedia https://en.wikipedia.org/wiki/Waggle_dance il tentativo di conciliare le due visioni “waggle dance” e odori. Le api comunque continuano nel loro massacrante lavoro.

Formiche, api e….chimica.

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo

di Gianfranco Scorrano, già Presidente SCI

La favola di Esopo della formica e della cicala:

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Durante l’estate la formica lavorava duramente, mettendosi da parte le provviste per l’inverno. Invece la cicala non faceva altro che cantare tutto il giorno. Poi arrivò l’inverno e la formica ebbe di cui nutrirsi, dato che durante l’estate aveva accumulato molto cibo. La cicala cominciò a sentire i morsi della fame, perciò andò dalla formica a chiederle se potesse darle qualcosa da mangiare. La formica le disse: «Io ho lavorato duramente per ottenere questo; e tu, invece, che cosa hai fatto durante l’estate?» «Ho cantato» rispose la cicala. La formica allora esclamò: «E allora adesso balla!»

Da cui si ricava la morale: chi nulla mai fa, nulla mai ottiene. La formica è una lavoratrice e la cicala no.

Ma è vero? Due entomologi Anna Dornhaus e Daniel Charbonneau della Università dell’Arizona hanno raccolto 225 esemplari di Temnothorax rugatulus, formiche del nord America, appartenenti a 5 diverse colonie e, dopo averle inserite in formicai vetrati grazie ai quali era possibile vederle, ne hanno osservato e fotografato il comportamento. Tra le 225 formiche analizzate, i ruoli sono stati distinti in 4 macro gruppi: 34 formiche nutrici, che si occupano della uova, 26 operaie che lavoravano fuori dal nido, 62 tuttofare e ben 103 nullafacenti, queste ultime non avevano alcun tipo di ruolo e trascorrevano intere giornata e nottate senza svolgere una qualsiasi attività. Tra le ‘lavoratrici’ il 71,9% risultava inattivo almeno meta’ del tempo, il 25,1% non lavorava mai e solo il 2,6% era sempre attivo durante l’osservazione.(Pubblicato su Behavioral Ecology and Sociobiology,2015, 69, 1459-1472l).

Certamente queste non sono formiche di Esopo. Le formiche appartengono, come le api e le vespe, agli imenotteri e ai cosiddetti insetti sociali che vivono in società organizzate. Prendiamo ad esempio le api (per gli altri insetti la situazione è simile) e vediamo come sono organizzate.

cicala2Le api fanno parte , grazie ai fumetti, dell’immaginario collettivo (esempio, l’ape Maya) e in realtà fanno anche parte della vita umana perché sono state da lungo tempo “addomesticate” per utilizzare i loro prodotti e le loro capacità impollinatrici.

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La cura delle api si è sviluppata in tempi antichissimi: esistono rappresentazioni ritrovate in tombe egizie del 600 a.C.. Ovviamente vi sono stati miglioramenti, come si può apprezzare esaminando una arnia moderna:

Un alveare in piena attività comprende: Una sola regina, più grande delle altre (ca.17-20 millimetri) che vive nel nido attorniata da api operaie che la nutrono e la puliscono; ha il compito di fare le uova ed è la madre di tutte le api della famiglia; vive fino a sei anni. 300 fuchi, i maschi lunghi circa 15 millimetri, non sono capaci di procurarsi il cibo perché hanno una bocca non adatta a succhiare il nettare o organi per raccogliere il polline; hanno l’unico compito di fecondare l’ape regina, dopo di che muoiono. 25000 api operaie che stanno all’interno dell’alveare per svolgere le diverse funzioni di pulitura dell’arnia, cura della regina, protezione dell’arnia, etc; l’aspettativa di vita va da trenta giorni a sei mesi; sono lunghe 12-13 millimetri. 25000 api operaie bottinatrici (del tipo operaie) che hanno il compito di raccogliere all’esterno il necessario per la vita dell’alveare: acqua, nettare, polline e propoli. 9000 larve che devono essere nutrite. 20000 larve, nella fase di pupa. 6000 uova sistemate nel fondo della cella.

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A me pare una organizzazione crudele: i maschi muoiono presto (subito dopo l’accoppiamento) le femmine in massimo sei mesi; solo la regina dura fino a sei anni, anche se si accoppia una sola volta, sia pure con molti fuchi. Ovviamente non vi è cenno di vita “familiare”. Comunque le api sono utilissime all’uomo sia per l’impollinazione delle piante che per la produzione di vari prodotti. L’impollinazione avviene perché, mentre succhiano i fiori, le api si ricoprono di polline che poi trasferiscono ai successivi fiori che attaccano: ovviamente le piante non possono muoversi, ma le api, svolazzando di fiore in fiore suppliscono con efficienza nel trasmettere il necessario polline.

Le api producono: miele, pappa reale, propoli, polline, cera, veleno. Tutti conosciamo il miele (composizione:75% zucchero (mono e polisaccaridi), 17% acqua; 8% altre sostanze) si dice monoflorale se proviene prevalentemente da un solo fiore (Acacia, Castagno, Girasole, etc) oppure millefiori se le api visitano più fiori e nessuno prevale. E’ stato stimato che per produrre un chilo di miele le api fanno 60 mila voli di andata e ritorno dall’alveare ai fiori per un totale di circa 150 mila chilometri, quasi quattro volte il giro della terra.

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La pappa reale è il cibo dell’ape regina. E’ una sostanza gelatinosa di colore bianco prodotta dalle api operaie di età compresa tra cinque e quattordici giorni. Viene utilizzata per alimentare l’ape regina durante l’arco della sua vita e tutte le larve nei primi tre giorni di vita E’ un alimento eccezionale che però per il suo alto tenore in acqua (acqua 69,8% residuo secco 30,2) si deteriora facilmente.

Il nome propoli deriva dal greco: pro (a favore) polis (della citta), una sostanza accumulata attorno all’alveare per permetterne una più facile difesa. La propoli è composta di resine e balsami (50-55% acqua, 30% residuo secco, 10-15% oli essenziali, 5% polline, 5% altre sostanze organiche e minerali) ma contiene anche cera. Viene usato dalle api per chiudere ogni spiffero dell’alveare e per imbalsamare gli animali che entrano come predatori nell’alveare Uccisi, vuotati dalle parte molli e ricoperti con propoli per impedire la putrefazione.

Le api raccolgono sui fiori il polline, lo impastano con il nettare e lo trasportano nelle cellette del favo. Viene utilizzato per l’alimentazione delle larve di api operaie e fuchi a partire dal terzo giorno di vita, mentre le api nutrici lo usano per produrre gelatina reale. La composizione è 16% acqua, 30% proteine, 22% amminoacidi, 37% zuccheri, 5% altre sostanze. E’ l’unica fonte proteica per le api e quindi importante per la loro crescita. Utile anche all’uomo.

Solo le api femmine hanno il pungiglione dal quale possono, nella puntura di altri, iniettare il veleno delle api ai vari nemici. C’è un problema però. L’uscita del pungiglione si trascina dietro parte dell’intestino dell’ape, che quindi muore. Il veleno è costituito da un miscuglio di una settantina di composti, solo 6 o 7 dei quali presente in quantità maggiore: da citare la mellitina, un peptide, presente per il 40-50%, e l’apammina presente per il 2% considerata appropriata per la cura della sclerosi multipla.

Due articoli su questo blog hanno affrontato il problema delle api e dei prodotti chimici in particolare i neonicotinoidi   (vedi: https://ilblogdellasci.wordpress.com/2013/05/08/salviamo-le-api-ma-senza-demagogia/

https://ilblogdellasci.wordpress.com/2014/06/25/api-e-pesticidi-una-conferma-autorevole/  )

considerando l’importanza, anche economica, che va sotto il nome di disturbo da collasso della colonia (CCD, colony collapse disorder). Questo si manifesta quando la maggioranza delle api operaie scompare dalla colonia e lascia indietro la regina, parecchio cibo e un piccolo numero di api operaie per curare le rimanenti api immature e la regina. Tali fenomeni sono avvenuti fin dai tempi antichi (in Irlanda vi sono stati episodi di “grandi mortalità di api” nel 950, e poi nel 992 e nel 1443 [1]. Solo nel 2006 la sindrome è stata rinominata CCD in concomitanza di un drastico aumento nel numero di sparizioni dell’ape in America.

In ambito della UE è stato deciso di bandire per un biennio (a partire da dicembre 2014) l’uso di neonicotinoidi.

Abbiamo visto la vita complessa delle api, brevemente, e non possiamo fare a meno di chiederci: “ma come fanno le api a comunicare?” La risposta è semplice: con la chimica.

Le api possono produrre una serie di feromoni, ognuno con le proprie emanazioni odorose che sono i segnali per ogni operazione. Per esempio, quando vogliono orientare il loro volo verso un obiettivo, per esempio l’arnia o comunque un luogo da usare come dimora, secernono da una ghiandola detta di Nasonov un complesso di composti odorosi che contengono geraniolo, acido nerolico, acido geranico, E-citrale, Z-citrale, E,E- farnesale, nerolo. Il loro odore guida le api verso l’arnia, verso l’acqua e anche verso i fiori.

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Fig 1. Geraniolo

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Fig 2. Acido nerolico

 

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Fig 3. Acido geranico

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Fig 4. E-citrale (geraniale)

      

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Fig 5. Z-citrale (nerale)

                                      

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Fig 7. Nerolo

 

Molte altre operazioni son governate da altri feromoni, ma questo è un altro argomento.

  • Benjamin P Oldroyd , June 12, 2007 PloSBio DOI: 10.1371/journal.pbio.0050168
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Fig 6. E,E-farnesolo

 

Api e pesticidi: una conferma autorevole.

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo.

a cura di Andrea Tapparo ( andrea.tapparo@unipd.it )
 

tapparoQuesta che segue è una breve sintesi delle conclusioni dello studio realizzato dalla Task Force on Systemic Pesticides, che sarà a breve pubblicato (8 review) dalla rivista “Environmental Science and Pollution Research”. In coda il più ampio comunicato ufficiale in inglese della Task Force on Systemic Pesticides (http://www.tfsp.info/ )

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 A livello internazionale si riscontra una crescente preoccupazione nei confronti degli insetticidi neonicotinoidi e del fipronil, sostanze ad azione neurotossica ampiamente impiegate in agricoltura nella profilassi e nel trattamento di molteplici parassiti in svariate colture. Oltre ad avere effetti diretti anche su organismi “non target”, quali ad esempio gli insetti impollinatori come le api, il rischio ambientale associato all’uso di questi insetticidi è relazionabile alla perdita di biodiversità, nonché di funzionalità e ruolo degli ecosistemi contaminati.

La Task Force on Systemic Pesticides, ha presentato il 24 giugno il frutto del più ampio approfondimento bibliografico sull’argomento: il Worldwide Integrated Assessment (WIA, 8 articoli, che costituiranno un numero speciale della rivista Environmental Science and Pollution Research di imminente pubblicazione) rappresenta infatti il primo tentativo di sintetizzare lo stato delle conoscenze sui rischi associati a tali insetticidi attraverso l’esame critico di oltre 800 pubblicazioni scientifiche (tutte sottoposte a revisione tra pari).

Questi insetticidi possiedono proprietà fisiche, chimiche e biochimiche che ne allargano il raggio d’azione ben oltre la specie coltivata/trattata e il luogo di somministrazione. Essi infatti agiscono a livello sistemico (penetrano e si distribuiscono all’interno della pianta), mostrano una discreta persistenza ambientale (mesi o anni) ed una elevata solubilità in acqua, tutti fattori che contribuiscono ad estendere la contaminazione al suolo, alle acque sotterranee e superficiali e alla vegetazione, sia quella specificatamente trattata che quella esterna all’area coltivata. In alcuni situazioni le concentrazioni ambientali dei neonicotinoidi più persistenti possono crescere nel tempo, ad esempio nei suoli o nei tessuti di alcune piante, a causa dei ripetuti trattamenti.

Sono attualmente note molteplici vie di esposizione a questi insetticidi per gli organismi “non target”, sia croniche che acute. Ad esempio le api possono venir direttamente contaminate in volo dalle polveri emesse dalle seminatrici pneumatiche durante la semina delle sementi conciate: la pellicola di insetticida che ricopre il seme si erode nel corso delle operazioni di semina producendo (è il caso della semina del mais) un particolato letale per le api bottinatrici che si trovassero a volare nei pressi della seminatrice. Più in generale si può osservare che, in relazione alla modalità di utilizzo e alle proprietà dell’insetticida, gli organismi sia terrestri che acquatici sono spesso ripetutamente esposti a concentrazioni tutt’altro che trascurabili. Tra questi vi sono importanti (sotto il profilo ecologico) organismi che vivono nei corsi d’acqua (incluse le zone ripariali, le zone umide, gli estuari e i sistemi marini costieri) e che ne garantiscono la qualità.

L’esame della letteratura esistente evidenzia inoltre che, a livello globale, l’attuale uso consentito (ed in ottemperanza delle prescrizioni) degli insetticidi neonicotinoidi e del fipronil ha portato a livelli di contaminazione ambientale spesso eccedenti le concentrazioni tossicologicamente rilevanti per un ampio spettro di organismi “non target”, quindi con prevedibili impatti negativi sulla qualità degli ecosistemi interessati.

Sebbene queste sostanze siano state utilizzate per decenni (a partire dagli anni 90) e mostrino propriètà così peculiari (sono sistemici, persistenti e mobili nell’ambiente) il quadro delle valutazioni che emerge dalla WIA è senza precedenti. Esso indica con chiarezza che l’attuale impiego su larga scala di tali insetticidi non è ecologicamente compatibile e non può costituire una strategia sostenibile di lotta ai parassiti delle coltivazioni. In altre parole, è evidente che le correnti pratiche agricole, sempre più vincolate all’uso esteso di tali prodotti, pongono seri rischi ad un gran numero di organismi e alle funzioni ecologiche che essi svolgono.

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Misure sul campo per determinare la concentrazione di pesticida durante la semina.

Ed è anche sempre più evidente che l’attuale uso di neonicotinoidi e fipronil risulta incompatibile con i principi che sono alla base della lotta integrata (integrated pest management, IPM): essi sono infatti spesso routinariamente applicati (come nel caso delle sementi conciate, che è un classico uso profilattico) anche in assenza di specifici parassiti o dei loro effetti misurabili sulla produttività agricola. Più moderne, sostenibili ed efficaci strategie di gestione dovrebbero invece essere valutate e introdotte, alternative che si richiamano ai principi delle produzioni biologiche e/o della lotta integrata.

A conclusione delle WIA si auspica anche che “la politica” riconosca l’entità dei rischi ambientali che, a livello globale, comporta l’uso di tali insetticidi e che agisca di conseguenza (rapidamente e in coerenza con il principio di precauzione) per promuovere una loro più consona regolamentazione.

WIA e Task Force on Systemic Pesticides

Questo studio (WIA) è stato realizzato dalla Task Force on Systemic Pesticides (TFSP), un gruppo di lavoro internazionale e multidisciplinare costituito da circa 50 studiosi. Il gruppo ha operato attraverso una serie di workshop specificatamente dedicati all’argomento: Paris (2010), Bath (2011), Cambridge (2012), Montegrotto-Padova (2012), Louvain-la-Neuve (2013), Padova-Legnaro (2013). I componenti della Task Force, che operano sull’argomento in assenza di confitti di interesse, appartengono ad agenzie o enti di ricerca pubblici (principalmente Università) o ad associazioni che si dedicano esclusivamente alla conservazione/protezione delle risorse ambientali.

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La Task Force al lavoro

La Task Force ha operato grazie alle risorse istituzionali dei singoli componenti, al libero contributo di alcuni cittadini e al supporto di alcuni enti finanziatori che, si sottolinea, non hanno avuto alcun ruolo nella progettazione, nella realizzazione e nella pubblicazione degli studi realizzati:

– Triodos Foundation’s Support Fund for Independent Research on Bee Decline and Systemic Pesticides (donations by Adessium Foundation – The Netherlands)

– Act Beyond Trust (Japan)

– Utrecht University (Netherlands)

– Stichting Triodos Foundation (The Netherlands)

– Gesellschaft fuer Schmetterlingsschutz (Germany)

– M.A.O.C. Gravin van Bylandt Stichting (The Netherlands)

– Zukunft Stiftung Landwirtschaft (Germany)

– Study Association Storm (Student Association Environmental Sciences Utrecht University)

– Deutscher Berufs- und Erwerbsimkerbund e.V. (Germany)

– Gemeinschaft der europäischen Buckfastimker e.V. (Germany).

Per approfondire:

gli altri articoli del blog:

https://ilblogdellasci.wordpress.com/2013/02/04/tonio-le-api-e-la-chimica/

https://ilblogdellasci.wordpress.com/2013/05/08/salviamo-le-api-ma-senza-demagogia/

un filmato youtube

http://www.youtube.com/watch?v=3QceID-Vb64

e qui di seguito il testo in inglese del comunicato della Task Force:

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MEDIA BRIEFING NOTES

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WORLDWIDE INTEGRATED ASSESSMENT ON SYSTEMIC PESTICIDES

Concern about the impact of systemic pesticides on a variety of beneficial species has been growing over the last 20 years. While attention has mainly focused on the economically important honey bee, scientists and others have also registered growing alarm about the decline in many other insect species.

The main focus of this concern has been the group of chemicals called neonicotinoids (neonics), which were introduced as pesticides to agriculture in the 1990s and have now become widespread. Although a few restrictions have been put in place, for example, by the EU Commission, governments have wavered over whether the science is conclusive enough to indicate action.

The Worldwide Integrated Assessment (WIA) undertaken by the Task Force on Systemic Pesticides set out to provide a comprehensive, independent analysis of these chemicals and their impact on ecosystems and biodiversity, in order to inform appropriate action in the future.

The findings will be published in the peer-reviewed Journal Environment Science and Pollution Research shortly (expected in the next week/s). The conclusions of the analysis as they appear in the Journal are published today (24.6.14)

WIA

This is the first meta-analysis to be undertaken on two groups of systemic insecticides, neonics and fipronil and the first time that all the relevant information from studies all over the world has been pulled together in one place.

Some aspects of this analysis have been broadly acknowledged before (e.g. risks to honeybees), but some have not (e.g. risks to birds, earthworms, other pollinators and aquatic invertebrates).

Individual studies have focussed on impacts on particular organisms, habitats or locations (e.g. bees in France, waterways in the Netherlands, birds in the US) and relatively few have specifically focused on biodiversity and ecosystem impacts, so this analysis moves our understanding forward in a much more holistic and extensive way.

Where the available data enables this, the analysis extends consideration of the risks beyond individual species and groups, to whole communities and ecosystem processes.

Undertaken by 29 independent scientists from numerous disciplines, the WIA considered over 800 peer-reviewed publications.

KEY FINDINGS

Harm

  • Neonics persist – particularly in soil – for months and in some cases years and environmental concentrations can build up over the years. This effectively increases their toxicity by increasing the duration of exposure of non-target species.
  • The metabolities of neonics (the compounds which they break down into) are often as or more toxic that the active ingredients.
  • The classic measurements used to assess the toxicity of a pesticide (short-term lab toxicity results) are not effective for systemic pesticides and conceal their true impact. They typically only measure direct acute effects rather than chronic effects via multiple routes of exposure.  In the case of acute effects alone, some neonics are at least 5,000 to 10,000 times more toxic to bees than DDT.
  • The effects of exposure to neonics range from instant and lethal to chronic. Even long term exposure at low (non-lethal) levelscan be harmful. They are nerve poisons and the chronic damage caused can include: impaired sense of smell or memory; reduced fecundity; altered feeding behaviour and reduced food intake including reduced foraging in bees; altered tunneling behaviour in earthworms; difficulty in flight and increased susceptibility to disease.

Ecosystems

  • Neonics impact all species that chew a plant, sip its sap, drink its nectar, eat its pollen or fruit and these impacts cascade through an ecosystem weakening its stability.
  • The combination of persistence (over months or years) and solubility in water has led to large scale contamination of, and the potential for accumulation in, soils and sediments, ground and surface water and treated and non-treated vegetation.
  • In addition to contaminating non-target species through direct exposure (e.g. insects consuming nectar from treated plants), the chemicals are also found in varying concentrations outside treated areas. They run off into surrounding soil and aquatic habitats easily. This polluted water, along with the dust created during the drilling of treated seeds, can contaminate wild plants growing in agricultural field margins and hedgerows providing the potential for major impacts on a broad range of non-target herbivorous invertebrates living in or near farmland.
  • This provides multiple routes for chronic and acute exposure of non-target species. Organisms inhabiting farmland are being chronically exposed and so are aquatic organisms living downstream of farmland, including inhabitants of riparian zones, estuarine and coastal marine systems.
  • The large scale bioavailability of these insecticides in the global environment at levels that are known to cause lethal and sub-lethal effects on a wide range of terrestrial, aquatic and soil beneficial microorganisms, invertebrates and vertebrates, poses risks to ecosystem functioning and services provided by terrestrial and aquatic ecosystems including soil and freshwater functions such as litter break down and nutrient cycling, food production, biological pest control, and pollination services.

Species

  • Neonics and fipronil have impacts that extend far beyond the intended crop, plant and pest species.
  • They are causing significant damage and pose a series risk of harm to a wide range of beneficial invertebrate species in soil, vegetation, aquatic and marine habitats and are affecting ecosystem services as a result.
  • There is a lack of research into the impact on vertebrate species though the assessment revealed sub-lethal impacts of concern across a range of species including birds.
  • The risk of harm occurs at field exposure levels (ie. the amounts used in agriculture) and lower.
  • It is clear that present day levels of pollution with neonics resulting from authorized uses, frequently exceed ‘lowest observed adverse effect concentrations’ for a wide range of non-target species and are thus likely to have large scale and wide ranging negative biological and ecological impacts.
  • The evidence is also clear that neonics pose a serious risk of harm to honey bees and other pollinators.
  • In bees, field-realistic concentrations adversely affect individual navigation, learning, food collection, longevity, resistance to disease and fecundity. For bumblebees, irrefutable colony-level effects have been found, with exposed colonies growing more slowly and producing significantly fewer queens. Field studies with free-flying bee colonies have proved difficult to perform, because control colonies invariably become contaminated with neonicotinoids, a clear demonstration of their pervasive presence in the environment.

The most affected groups of species are:

Terrestrial invertebrates

Terrestrial invertebrates such as earthworms are exposed to potential contamination via all four routes (air, water, soil, plants) with:

  • high exposure through soil and plants
  • medium exposure through surface water and leaching
  • low exposure via air (dusts)

The assessment found that both individuals and populations can be adversely affected by low or acute (i.e. ongoing) exposure making them highly vulnerable at field realistic concentrations – i.e., the concentrations which can be found in agriculture. These effects range from behaviour modification such as feeding inhibitions to mortality.

These species provide a myriad of ecosystem services, including the regulation and cycling of nutrients, carbon storage, and support for plant growth and are dependent on the diverse and complex biological communities that are present in soils.

Insect pollinators

Insect pollinators such as bees and butterflies are exposed to contamination through all four routes with:

  • high exposure through air and plants
  • medium exposure through water.

The assessment found that both individuals and populations can be adversely affected by low or acute exposure making them highly vulnerable.

Pollinators exposed to contaminated pollen, nectar and water are harmed at field realistic concentrations.

Aquatic Invertebrates

The next most affected group are aquatic invertebrates such as freshwater snails and water fleas which are exposed via water and potentially plants, are vulnerable to low and acute exposure and which can be affected at the individual, population and community levels.

The moderate to high water solubility of neonicotinoids enables them to contaminate both surface and groundwater and hence leach into waterways, where high concentrations have depleted aquatic insect abundance and diversity.

The impacts identified on this group are reduced feeding behaviour, impaired growth and mobility.

Birds

Birds are the next most vulnerable with low and medium exposure via all four routes and affected at medium levels of exposure for both individuals and populations.

Others

Fish, amphibians and microbes were all found to be affected after high levels of or prolonged exposure. Samples taken in water from around the world, have been found to exceed ecotoxicological limits on a regular basis.

There is insufficient data to assess whether or not there is an impact on mammals or reptiles but in the case of the latter, the researchers concluded that it was probable.

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Gaps

  • Almost as concerning as what is known about neonics, is what is not. There is little data about the quantities of systemic pesticides being applied, nor is there much screening of concentrations of neonics in the environment. Where screening has been carried out neonics and fipronil are often detected.
  • Toxicity to most organisms has not been investigated. E.g. toxicity tests have only been carried out on four of the approximately 25,000 known species of bee, and there have been hardly any studies of toxicity to other pollinator groups such as hoverflies or butterflies.
  • Toxicity to vertebrates (such as granivorous mammals and birds which are likely to consume dressed seeds) has only been examined in a handful of species.
  • Sub-lethal effects have not been studied in most organisms, yet they are known to be profound in bees, and for those few other species where studies have been done, sub-lethal doses of these neurotoxic chemicals have been reported to have (mostly) adverse impacts on behaviour at doses well below those that cause death.

Conclusions

  • The present scale of use of neonics is not sustainable
  • Their continued use can only accelerate the global decline of important invertebrates and, as a result, risk reductions in the level, diversity, security and stability of ecosystem services.
  • The findings of the WIA demonstrate that the current extensive use of this group of persistent highly toxic chemicals is affecting global biodiversity:
  • The large scale, prophylactic use of broad-spectrum systemic insecticides must be reconsidered.
  • The authors strongly suggest that regulatory agencies apply more precautionary principles and further tighten regulations on neonicotinoids and fipronil and start planning for a global phase-out or at least start formulating plans for a strong reduction of the global scale of use.

BACKGROUND

Neonicotinoid/fipronil Pesticides

 

Neonicotinoids are a class of neuro-active, nicotine-based insecticides which were developed in 1991 and brought into commercial use in the mid-1990s. Fipronil is also neuro-active and was developed at the same time.

Unlike other pesticides, which remain on the surface of the treated foliage, systemic pesticides, including neonicotinoids and fipronil, are taken up by the plant and transported to all the tissues (leaves, flowers, roots and stems, as well as pollen and nectar).  Products containing neonicotinoids/fipronil can be applied at the root (as seed coating or soil drench) or sprayed onto crop foliage.  The insecticide toxin remains active in the soil or plant for many months (or years), protecting the crop season-long.

Neonicotinoids/fipronil act on the information processing abilities of invertebrates, affecting specific neural pathways that are different from vertebrates. This makes them popular as broad-spectrum insecticides, as they are considered less directly toxic to vertebrate species including humans.

These systemic insecticides have become the most widely used group of insecticides globally, with a market share now estimated at around 40% of the world market.  Common compounds include acetamiprid, clothianidin, dinotefuran imidacloprid, nitenpyram, nithiazine, thiacloprid, thiamethoxam and fipronil, with global sales of over US $2.63 billion in 2011.

The market for seed treatments is expanding even more rapidly, growing from €155 million in the 1990s to €957 million in 2008, at which point neonicotinoids made up 80% of all seed treatment sales worldwide.

Neonicotinoids are still toxic even at very low doses. They have a higher persistence in soil and water than conventional pesticides remaining in situ for months on average, and this results in sustained and chronic exposure of non-target organisms, such as invertebrates. Because they are relatively water-soluble, they run off into aquatic habitats easily. Growing concern about their connection to bee colony collapse disorder has led to restrictions on their use in EU Countries. Concern about their impact on other non-target species including birds, has been growing for the last five years.

 

Task Force On Systemic Pesticides

The Task Force on Systemic Pesticides is the response of the scientific community to concern around the impact of systemic pesticides on biodiversity and ecosystems. Its intention is to provide the definitive view of science to inform more rapid and improved decision-making.

NOTES

Press Conferences releasing the findings will be held in Manila and Brussels on the 24th June, Ottawa on the 25thand Tokyo on the 26th.

For further information please contact:

(insert local details)

Mirella von Lindenfels (UK) + 44 7717 844 352

Nicotina e neonicotinoidi: cosa hanno in comune fumo e insetticidi?

a cura di C. Della Volpe

Un collega, che mi è molto caro, mi faceva notare tempo fa che non capiva come mai i neonicotinoidi si chiamassero così visto che non assomigliano poi molto alla nicotina. Da quella domanda nasce questo breve articoletto.

La nicotina, 3-(2-(N-metilpirrolidinil))piridina,

nicotinaè una molecola chirale presente in natura con l’enantiomero S(-).  Essa è presente nella pianta del tabacco Nicotiana tabacum, che deve il suo nome a Jean Nicot, diplomatico ed accademico francese, che scrisse un dizionario della lingua francese nel 1606 e fu ambasciatore di Francia a Lisbona, da dove spedì nel suo paese, presso la corte del re di Francia, i semi della pianta, la pianta di Nicot, da cui la nicotina. Essa viene sintetizzata nelle radici della pianta e poi migra verso le foglie contribuendo (forse) alla difesa della pianta stessa dall’attacco degli animali; in realtà per questo come per molti altri alcaloidi naturali prodotti da piante e da animali (uno anche dall’uomo) non si sa esattamente a che ruolo assolvano. Comunque le azioni della nicotina sugli animali superiori sono complesse, tanto che se la pianta la usa come meccanismo di difesa, gli uomini da secoli la usano come stimolante ed eccitante.

La nicotina è inoltre presente in quantità minori in altri membri della famiglia delle solanacee, che includono il pomodoro, la patata, la melanzana ed il peperone, tali quantità sono così rilevanti che possono perfino interferire nell’analisi degli effetti del fumo passivo.

Contenuto di nicotina di alcune piante

Contenuto di nicotina di alcune piante da EF Domino NEJ of Med.

(da The Nicotine Content of Common Vegetables
NEnglJMed1993;329:437 August5,1993 DOI:10.1056/NEJM199308053290619)

La nicotina agisce sui mammiferi perchè è un agonista del recettore dell’acetilcolina, o meglio della 2-acetossi-N,N,N-trimetiletanamina, qui raffigurata come ione positivo (N-R4+)

acetilcolinaione

ione dell’acetilcolina

una sostanza base nella trasmissione dell’impulso nervoso nell’uomo e negli altri animali, sia nel sistema nervoso centrale che periferico. Esistono due tipi di recetttori per l’acetilcolina quelli di tipo muscarinico e quelli di tipo nicotinico.

Le molecole che interagiscono con i recettori possono avere un comportamento agonista od antagonista. Sono agoniste se una volta legate stimolano il recettore a fare quello che fa di solito, mimando il comportamento del ligando naturale, mentre sono antagoniste se una volta legate ne bloccano il funzionamento poichè dotate solo della capacità di legarsi ma non di quella di attivare il recettore.

La nicotina è in grado di avere una robusta azione sui recettori periferici ma anche su quelli centrali dell’uomo e degli animali superiori; l’azoto piridinico della nicotina è un donatore di elettroni simile all’ossigeno chetonico del gruppo acetilico dell’acetilcolina; la carica positiva dell’azoto quaternario del gruppo Ch in ACh è simile alla carica positiva dell’azoto pirrolidinico della nicotina (vedi immagine successiva tratta da Peter Jeschke e Ralf Nauen).

Tuttavia l’acetilcolina in forma ionica non attraversa la barriera ematoencefalica, ossia quel complesso di membrane lipidiche che proteggono i tessuti nervosi centrali e anche la nicotina carica non lo può fare; ma essa è presente sia pure in minore quantità come molecola non-carica al pH umano e quindi come tale può attraversare velocemente tale barriera ed aver di conseguenza contemporaneamente effetti sia centrali che periferici.

Dice F. Domino uno dei più noti studiosi del fumo del tabacco: “Many years ago, tobacco companies began to add ammonia-forming chemicals to tobacco cigarettes, using the basic concept of the Henderson-Hasselbalch equation. With an alkaline pH, nicotine is more unionized and, therefore, better able to penetrate lipophilic cellular membranes“.[Neuropsychopharmacology (1998) 18, 456–468. doi:10.1016/S0893-133X(97)00193-0 Tobacco Smoking and Nicotine Neuropsychopharmacology:
Some Future Research Directions Edward F Domino MD]

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il recettore acetilcolinico

Cosa sono e come funzionano i neonicotinoidi? Inventati dal laboratorio Shell di Modesto in California nei primi anni 70, ed immessi sul mercato nel 1991, 22 anni fa, oggi coprono un fatturato dell’ordine di un paio di miliardi di dollari, circa un sesto del mercato mondiale degli insetticidi. Essi sono attualmente il vero cash cow, la vera mucca da mungere di quel mercato, ed ecco perchè la reazione dei produttori alle critiche e soprattutto al bando europeo del loro uso è durissima, intaccando direttamente i loro profitti: faire le beurre!

Il termine neonicotinoide fu proposta per la prima volta da I. Yamamoto[Tomizawa M and Yamamoto I, Structure activity relationships of neonicotinoids and imidacloprid analogues. J Pestic Sci 18:91–98 (1993)] per differenziare queste nuove molecole dai “nicotinoidi”, a cui appartiene la nicotina.

I neonicotinoidi, definiti così poichè sono dei nuovi agonisti del recettore dell’acetilcolina di tipo nicotinico, si legano ai recettori stessi e ne causano una sovrastimolazione; inoltre essi non vengono distrutti dall’azione dell’enzima acetilcolinesterasi, deputato a distruggere l’acetilcolina ed a impedire i danni da sovrastimolazione; in questo modo i neonicotinoidi sono in grado di sovrastimolare i recettori in modo irreversibile portando a morte e a paralisi gli organismi. I tre neonicotinoidi più usati sono particolarmente attivi nei confronti dei recettori acetilcolinici di tipo nicotinico degli insetti, ma molto meno verso quelli umani o degli animali superiori e quindi sono uno strumento insetticida ottimale.

Le basi di tale selettività sono squisitamente chimiche e si aggiungono alle differenze nella composizione dettagliata del recettore fra le varie specie e nei vari tessuti della medesima specie. Potete notare che l’acetilcolina è rappresentata comunemente come ione positivo, poichè la forma attiva della molecola è proprio questo ione; tutti i suoi agonisti che manchino di una carica positiva in particolare sull’azoto pirrolico (o in posizione analoga) non possono quindi avere effetti altrettanto efficaci. La stessa nicotina in condizioni di pH fisiologico (7.4) ha l’azoto pirrolico carico positivamente; questa carica positiva dà a questi ioni una forte affinità per i recettori acetilcolinici-nicotinici dei mammiferi. D’altronde questa stessa carica rende tale molecola un insetticida efficace ma non particolarmente forte, in quanto per agire deve raggiungere i recettori acetilcolinici che negli insetti si trovano solo a livello di sistema nervoso centrale, mentre invece nei mammiferi essi si trovano anche nel sistema nervoso periferico, poichè controllano funzioni cruciali come la respirazione; la conclusione è quindi che mentre la nicotina che ha una carica netta esercita i suoi effetti intossicanti più efficacemente sul sistema nervoso periferico dei mammiferi (per esempio nei polmoni dei fumatori) essa non è in grado di attraversare che parzialmente la barriera ematoencefalica degli insetti ed agire sul loro sistema nervoso centrale e quindi non è un insetticida altrettanto potente. I neonicotinoidi invece non hanno carica netta; le tre molecole più comuni qui mostrate:

   clo  imida  thiame

                   clothianidin                         imidacloprid                                 thiamethoxam

non possiedono un azoto carico in posizione opportuna a livello del pH umano e quindi non sono carichi ed agiscono meno efficacemente sui recettori acetilcolinici umani; questo spiega la selettività dei neonicotinoidi, che si polarizzano ma non hanno carica netta nella posizione opportuna, come mostrato nella figura. A riprova di ciò il neonicotinoide desnitro-imidacloprid desnitroche invece viene caricato per azione del metabolismo dei mammiferi o delle reazioni ambientali è un forte agonista anche dei recettori dei mammiferi.

meccanismo

da Peter Jeschke e Ralf Nauen – Pest Manag Sci 64:1084–1098 (2008) Review Neonicotinoids – from zero to hero in insecticide chemistry

Per ulteriore chiarezza si possono confrontare gli effetti di due dei più potenti neonicotinoidi e della nicotina sulla mosca e sul topo in termini di LD50, ossia della dose per unità di peso corporeo in grado di uccidere metà dei soggetti a cui viene somministrato:

(dati da J. Agric. Food Chem. 2000, 48, 6016−6024 – Neonicotinoid Insecticides: Molecular Features Conferring Selectivity for Insect versus Mammalian Nicotinic Receptors
Motohiro Tomizawa, David L. Lee, and John E. Casida)

                                mosca casalinga  (microgrammi/g)                          topo(mg/kg)

imidacloprid                           0.02-0.07                                                     40-50

thiamethoxam                            0.03                                                          25-30

nicotina (-)                                 >50                                                             6-8

In conclusione, ma senza alcuna idea di rigore assoluto, i neonicotinoidi agiscono bene non perchè assomigliano molto alla nicotina, come potrebbe far pensare il loro nome, ma proprio perchè NON assomigliano completamente alla nicotina: non si caricano, ma proprio per questo costituiscono un buon strumento per superare la barriera ematoencefalica degli insetti che rallenta invece la nicotina come insetticida. Per il medesimo motivo la nicotina agisce invece sugli uomini che fumano, perchè pur superando solo debolmente la barriera emato-encefalica (dato che è carica al pH corporeo) agisce comunque sui recettori periferici; quindi come la nicotina intossica gli uomini che fumano agendo sui loro recettori acetilcolinici periferici (e solo in parte centrali), così i neonicotinoidi intossicano le api, ma agendo sui loro recettori acetilcolinici centrali: un caso veramente interessante, ammetterete, in cui la chimica accomuna e differenzia insieme due specie cosi’ lontane, ma per certi aspetti cosi’ vicine.

I neonicotinoidi costiituiscono un buon esempio di come la chimica possa comprendere ed agire sui meccanismi più intimi della vita; proprio per questo il loro uso indiscriminato puo’ avere potenti effetti su quegli insetti che attraverso il meccanismo dell’impollinazione garantiscono la fertilità di buona parte della nostra agricoltura (non solo le api quindi, ma anche i bombi per esempio e tutti gli altri impollinatori), un servizio economico per cui non sono pagati, ricordiamolo. In mancanza di questo servizio naturale noi non potremmo mangiare perchè una parte molto elevata delle piante da cibo sono impollinate dagli insetti.

In fondo in fondo, se ci pensate sospendere i neonicotinoidi per le api è come vietare il fumo agli uomini. La sospensione sia pur parziale e temporanea dei neonicotinoidi è al momento l’unica iniziativa ragionevole che possa salvare questi nostri preziosissimi collaboratori agricoli. Personalmente spero che la Commissione Europea non abbia ulteriori indugi. Spetterà ai chimici organici e farmaceutici trovare poi una nuova soluzione definitiva al problema.

per approfondire, oltre agli articoli citati nel testo:

http://it.wikipedia.org/wiki/Nicotina

http://it.wikipedia.org/wiki/Recettore_nicotinico

http://en.wikipedia.org/wiki/Neonicotinoid

Peter Jeschke e Ralf Nauen – Pest Manag Sci 64:1084–1098 (2008) Review Neonicotinoids – from zero to hero in insecticide chemistry

Salviamo le api, ma senza demagogia!

a cura di C. Della Volpe

La vicenda del bando dei tre principali neonicotinoidi proposta dal commissario europeo Tonio Borg continua; ne avevamo parlato qualche mese fa su questo blog, raccontandone la storia (ilblogdellasci.wordpress.com/2013/02/04/tonio-le-api-e-la-chimica) e analizzando vari aspetti sia tecnico-scientifici che economici; nel frattempo le cose sono andate avanti con due votazioni nella commissione europea degli esperti che sono interessanti da analizzare ed alcuni documenti e prese di posizione di Green Peace, il noto movimento ambientalista, che si batte da anni sulle tematiche ambientali.

Il punto di partenza sono i tre corposi reports con cui EFSA (European Food Safety Authority) nel gennaio scorso ha espresso un parere motivato sugli effetti tossici che i  tre principali neonicotinoidi in commercio hanno sulle api (e probabilmente anche sugli altri impollinatori selvatici, da cui dipendono parte significativa delle nostre colture alimentari) in almeno alcune delle loro più comuni applicazioni. Su tale base il commissario Tonio Borg ha proposto la  loro sospensione cautelativa per un biennio. Su questa decisione la procedura è la seguente: i trattati europei stabiliscono che gli Stati, in seno al Comitato di esperti nazionali, votino su come procedere. In caso non si deliberi a maggioranza qualificata, la decisione finale passa alla Commissione Ue – organo esecutivo dell’Unione – che chiude il dossier sulla base delle rilevazioni di natura tecnica.

Dopo la proposta di Borg ci sono state due votazioni i cui risultati sono stati simili ma non identici; infatti nella prima tenutasi il 15 marzo si ebbero 13 paesi a favore (fra cui l’Italia), 9 contrari e 5 astenuti. fra cui Germania e Inghilterra; a questo punto si è scatenata una campagna di lobbying in cui si è vista da una parte l’industria produttrice dei neonic, ossia Bayer e Syngenta principalmente che hanno continuato a sostenere che i loro prodotti non c’entrano nulla, che la responsabilità è dell’acaro Varroa se le api hanno problemi (e gli altri impollinatori?) e che non bisogna usare il principio di precauzione senza bilanciarlo col principio di proprozionalità e dall’altra i movimenti ambientalisti fra cui in prima fila GreenPeace, che ha pubblicato un corposo ed approfondito documento sulla questione delle api e dell’impollinazione dei selvatici che potete trovare in rete (http://www.greenpeace.org/italy/Global/italy/image/2013/rapporti/Api_in_declino.pdf). Una seconda votazione si è tenuta il 29 aprile ed ha visto un incremento del numero di favorevoli al bando, ma ancora senza raggiungere la maggioranza qualificata; in particolare 15 Stati hanno votato a favore, 7 contrari, 4 gli astenuti. L’Italia che aveva espresso posizione favorevole nel voto precedente si è opposta; gli inglesi che si erano astenuti si sono opposti. A favore invece Germania, Bulgaria ed Estonia, che l’ultima volta s’erano astenute; inoltre, non si sono pronunciate Grecia e Irlanda, che il 15 marzo avevano votato contro. Alla luce del voto, la Commissione dovrebbe ufficializzare la messa al bando a stretto giro; vedremo.

Il documento di GreenPeace è molto dettagliato e cerca di rappresentare la situazione mondiale; non mi sembra un documento partigiano.

Evidenzia correttamente che tra l’altro “allo stato attuale non c’è la disponibilità di dati precisi per raggiungere conclusioni definitive sulla condizione degli impollinatori a livello globale”; che  “poiché la richiesta di insetti impollinatori – sia a livello locale che regionale – aumenta più rapidamente della disponibilità, potremmo trovarci di fronte a una limitazione dell’impollinazione nel prossimo futuro. Questo perché l’incremento della produzione di alimenti, direttamente o indirettamente dipendenti dall’impollinazione, è superiore alla crescita della popolazione globale di api domestiche. Con l’espandersi dell’agricoltura di tipo intensivo, anche il servizio di impollinazione garantito dagli impollinatori selvatici è a rischio a causa della perdita e della riduzione della diversità degli habitat. “e che “l’abbondanza delle popolazioni di api è molto differente tra le diverse regioni agricole”.

Insomma un documento condivisibile che spinge sulla necessità di fare ricerca sul tema e che mi sento di criticare in un solo punto ma secondo me importante: l’uso ripetuto dell’aggettivo chimico in modo improprio che rivela forse qualcosa d’altro; frasi come: ” maggior utilizzo di fertilizzanti chimici,” oppure “D’altra parte i sistemi agricoli che incrementano la biodiversità e non impiegano prodotti chimici” o ancora “nelle comuni pratiche agricole basate sull’uso intensivo di prodotti chimici” che culmina in:

“Ogni passo avanti per trasformare l’attuale modello agricolo – altamente dipendente dalle sostanze chimiche – in un sistema di agricoltura ecologica avrà molti benefici sia a livello ambientale che in riferimento alla sicurezza alimentare, a prescindere dai vantaggi evidenti per lo stato globale degli insetti impollinatori.”

In tutti questi casi il termine giusto è “di sintesi” non chimico e non sembri questa nota una nota esclusivamente filologica; mi dovrebbero spiegare gli amici di Green Peace come altro che con sostanze chimiche si possa mantenere la fertilità del suolo; anche l’agricoltura biologica avrà bisogno di trovare nel terreno i nutrienti necessari che sono mi risulta sostanze chimiche; posso condividere, anzi condivido senz’altro  l’idea che saranno esse  sostanze chimiche NON di sintesi, ma eventualmente di riciclo come i fosfati ed i nitrati provenienti dalle acque reflue e che devono essere riciclate con metodi efficienti e non più estratte a milioni di tonnellate dall’atmosfera o dai depositi fosfatici; nei due cicli dell’azoto e del fosforo siamo oggi il player planetario più importante e dominiamo con la nostra produzione di sintesi che non è bilanciata dai processi di riassorbimento il ciclo totale (si veda a questo proposito il mio recente post: https://ilblogdellasci.wordpress.com/2013/04/22/bilanci-di-materia/).

Pensare che si possa nutrire la popolazione mondiale con una agricoltura che non usi sostanze chimiche di alcun tipo è  privo di senso; senza chimica non ci sono le piante, la vita è in fondo una reazione chimica. Anche la necessità di nutrire 7 e più miliardi di persone non puo’ essere affrontata senza almeno riciclare e riusare il fosforo e l’azoto che in qualunque forma avranno raggiunto il suolo e le piante e siano entrati nel nostro cibo. Non sto qui a discutere sul confronto tra agricoltura “chimica” e biologica; le parole sono pietre e sono spesso inesatte; entrambe sono procedure chimiche, solo che la prima usa prodotti di sintesi e non li ricicla, non bilancia il ciclo né del fosforo né dell’azoto, usa quantità strabbocchevoli di energia da fossile: questo è il vero problema attuale, mentre la seconda da qualche parte e in qualche forma dovrà essere in grado non solo di produrre per tutti, ma di chiudere il ciclo di azoto e fosforo. Una agricoltura comunque basata e in grado di nutrire l’umanità dovrebbe in qualche modo far ritornare attivamente nel suolo i materiali che ne sono usciti sotto forma di cibo; il riciclo dei reflui umani ed animali, già auspicato da Liebig, è uno degli strumenti possibili e necessita di ampi investimenti di ricerca e di processo per rendere possibile il recupero di P ed N e dei microelementi, che attualmente i reflui non processati non sono in grado di trattenere o che diventano al limite fanghi pericolosi da discarica.

Ridurre la quota di carne, eliminare o ridurre gli sprechi alimentari, ridurre la quota di energia per la coltivazione e il trasporto del cibo incrementando il consumo di cibo “a chilometri zero” laddove possibile, ridurre fortemente il consumo di acqua minerale in bottiglia, tutte cose perfettamente fattibili senza sconvolgere, ma solo razionalizzando il nostro modo di mangiare, insomma il cibo NON come merce, ma come diritto alla vita, (un miliardo di uomini soffre la fame nonostante la rivoluzione verde!) l’agricoltura mondiale come strumento di giusta remunerazione per  il lavoro dei contadini; ed infine scegliere le tecniche agronomiche più adatte ad una agricoltura rispettosa dell’ambiente  e della biodiversità e che chiuda i cicli che apre.

In questo quadro lo slogan giusto non è quello proposto da Green Peace, che qui vedete;greenpeaceapi

il nostro paese non ha difeso la Chimica, tutt’altro! il nostro paese se ne frega della Chimica, non riesce nemmeno ad insegnarla bene; ma semplicemente il nostro rappresentante si è lasciato convincere dagli argomenti dei produttori di neonicotinoidi, rappresentati in Italia da Agrofarma, argomenti che ho ripetutamente mostrato sono deboli e non convincenti: le prove dei possibili danni alle api ed agli altri insetti impollinatori sono ampiamente supportate dalla letteratura scientifica mondiale nelle condizioni di impiego pratico sul campo per cui il PARZIALE bando dei tre neonicotinoidi proposto da Borg è ben supportato (come sostiene EFSA); nè esistono argomenti di tipo economico, legati alla produzione di mais o altri beni; nel precedente post ho fatto vedere come le riduzioni di produzione sono corrisposte NON alla sospensione italiana dei neonic, come sostenuto da Nomisma in uno studio a pagamento per Agrofarma, ma solo alle condizioni meteo che non sono state favorevoli e che probabilmente corrispondono anche a cambiamenti di tipo climatico che iniziano a farsi sentire sul Mediterraneo.

Condivido piuttosto la vignetta pubblicata su presseurop, opera del vignettista Patrick Chappatte e che ripubblico col permesso dell’editore (http://www.presseurop.eu/fr/content/article/3735871-les-pesticides-interdits-pour-mettre-fin-au-massacre-des-abeilles):

CHAPPATTE-bees_0

Qua al contrario della definizione imprecisa e, mi scusassero gli amici di Green Peace, vagamente demagogica di agricoltura “chimica” si individua il vero problema in campo: la difesa dei profitti dei produttori di neonicotinoidi, che non coincide né con la agricoltura “moderna” né con le necessità italiane di produrre bene e adeguatamente. In francese “faire le beurre”, fare il burro, significa fare quattrini e viene qui ironicamente contrapposto a fare il miele; ecco, noi chimici siamo per fare il miele e non per “fare il burro” o meglio, addirittura poi far fare il burro ad altri. Di burro se ne è fatto a sufficienza in passato, ora basta. Pensiamo alle api. Il peso sulla bilancia non solo ambientale, ma perfino economica, dei servizi resi gratuitamente dagli impollinatori selvatici e addomesticati è  ENORMEMENTE superiore alle perdite dei produttori di burro “neonico”.

Noi chimici siamo per la vita. perchè la vita è la reazione chimica meglio riuscita!

Tonio, le Api e la Chimica.

Moderna favola incompiuta con morale di Emily Dickinson a cura di Claudio Della Volpe

     tonioelachimicaC’era una volta…..Negli ultimi anni si è verificata una moria di api a livello internazionale che è stata chiamata: CCD ossia Colony Collapse Disorder; si tratta di una tragedia per il mondo dell’apistica e di converso per tutti noi dato il ruolo che le api giocano nell’ambiente e nell’agricoltura. E fra l’altro il problema si pone anche per gli altri insetti impollinatori.

Secondo le stime dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), delle 100 specie di colture che forniscono il 90 % di prodotti alimentari in tutto il mondo, 71 sono impollinate dalle api[1].

Le ragioni di questa moria, che ha un meccanismo complesso, con la scomparsa di interi alveari senza poter trovare una causa chiara e apparente, sono probabilmente multifattoriali, ma certamente vi giocano un ruolo significativo i pesticidi che si usano in agricoltura per il controllo degli insetti nocivi e fra gli altri i moderni neonicotinoidi. Alcuni governi, fra cui il nostro, hanno interrotto l’uso di alcune formulazioni di pesticidi già da qualche tempo. Ho provato a raccontare la storia su La Chimica e l’industria[2], e l’ultima volta ho anche ricevuto una dura rampogna da Agrofarma[3]. Ma stavolta posso dire: ve l’avevo detto!

Il 31 gennaio Tonio Borg, commissario europeo alla salute ha proposto alla commissione europea un bando biennale[4] per l’uso dei tre principali neonicotinoidi: clothianidin, imidacloprid and thiamethoxam: e lo ha fatto sulla base di un documento dell’EFSA, l’European Food Safety Autority, l’equivalente della FDA americana, pubblicato il 16 gennaio[5].

clothianidin imidacloprid thiamethoxam

              clothianidin                        imidacloprid                               thiamethoxam

Cosa dice il documento EFSA? Traduco le conclusioni che si riferiscono ai tre prodotti:

“Esposizione da pollini e nettare. Si considerano accettabili solo usi su colture che non attraggono le api.

Esposizione da polvere. Un rischio alle api da miele è stato indicato o non può venire escluso, con alcune eccezioni, come l’uso su barbabietola da zucchero e piante in serra, e per l’uso di alcuni granuli.

Esposizione da guttazione. L’unico rischio che può essere asseverato è per il mais trattato con il thiamethoxam. In questo caso, gli studi sul campo mostrano un effetto acuto sulle api da miele esposte a questa sostanza attraverso i fluidi di guttazione.”

(NdA la guttazione è l’uscita d’acqua liquida dagli idatodi delle piante)

Sulla base di tre corposi rapporti [7]di circa 60 pagine l’uno e sulla base della richiesta firmata da oltre 80 deputati europei[8] il commissario Tonio Borg, nazionalista maltese, democristiano, contrario all’aborto, ministro dell’interno responsabile di una politica anti-immigrazione che ha destato la reazione vivace della UE che l’ha condannata, che è stato nominato commissario europeo alla salute dopo le dimissioni del precedente commissario maltese con una combattuta votazione, ha proposto la sospensione per due anni dei tre prodotti (anche se con una serie di limitazioni: parte dal 1/7/2013, quindi non vale per la prossima campagna del mais, non vale per i cereali invernali, etc.).

tonioLapalissianamente Borg non è un ambientalista radicale (o come dicono taluni importanti esponenti dell’industria italiana “terrorista ambientale”), non è un comunista sfegatato, non è contrario alle grandi multinazionali.

 Altrettanto lapalissianamente le grandi multinazionali produttrici dei tre pesticidi (Bayer, Basf, Syngenta) sono contrarie alle sue proposte definite “draconiane”; scrive la Bayer sul suo sito[9]:

Bayer CropScience is disappointed with the European Commission’s draconian proposal to suspend all uses of neonicotinoids products in crops attractive to bees for two years. The company believes that the Commission’s overly conservative interpretation of the precautionary principle is a missed opportunity to achieve a fair and proportional solution.

Bayer CropScience shares the concerns surrounding bee health and has been investing heavily in research to minimize the impact of crop protection products on bees and in extensive stewardship measures supporting the responsible and proper use of its products. The company continues to believe in the responsible use of neonicotinoid-containing products which have been used for many years and are vital to European farmers.
Bayer CropScience asks the Member States to adhere to the principles of proportionality when addressing the Commission’s proposal and refer back to solid science before taking any measures. Any disproportionate action would jeopardize the competitiveness of European agriculture and finally lead to higher costs for food, feed, fiber and renewable raw materials and have an enormous economic impact throughout the whole food chain.”

L’invito a rifarsi a “solida scienza” è direi quasi offensivo, come se l’EFSA avesse analizzato dati fasulli; l’EFSA in realtà è stata molto attenta e prudente, ma non ha potuto fare a meno di concludere che certi usi finora autorizzati dei neonicotinoidi come sopra riassunto sono certamente rischiosi, questo è quello che la scienza “solida” puo’ dire. In altri casi l’EFSA non si è pronunciata proprio perchè si basa su studi solidi ed indipendenti. Comunque Bayer non è in grado di rispondere nel merito, questo è evidente.

Scrive Agrofarma in un recente comunicato (16 gennaio 2013)[10]:

 In seguito alla pubblicazione del report EFSA sui rischi teorici per le api derivanti dall’utilizzo di agrofarmaci a base di neonicotinoidi, Agrofarma – Associazione nazionale imprese agrofarmaci che fa parte di Federchimica  – intende precisare quanto segue. Secondo le evidenze emerse dal report, l’uso sicuro dei neonicotinoidi non incide sul declino della popolazione di api. Il corretto utilizzo di questa importante classe di agrofarmaci, infatti, non viene messo in discussione a reali e idonee condizioni di impiego. Teniamo a sottolineare che nella redazione del Report, EFSA ha inoltre riconosciuto un elevato livello di incertezza dato che il processo di valutazione dei rischi per le api è ancora in via di sviluppo; l’Agenzia, del resto, non ha richiesto nessun divieto. Secondo quanto emerso dallo studio COMPASS condotto dall’Humboldt Forum for Food and Agriculture, nel quale si evidenziano i benefici economici, occupazionali e di resa derivati dal corretto utilizzo dei neonicotinoidi, se in agricoltura non fossero più realizzabili i trattamenti in oggetto vi sarebbero, oltre che danni economici per più di 4 miliardi di euro, anche gravi conseguenze sull’occupazione nelle zone rurali dell’UE. Comportando un miglioramento delle rese, l’utilizzo mirato della sostanza garantisce anche una maggiore produzione di materie prime per l’industria alimentare rispondendo al crescente fabbisogno della popolazione. In Italia, ad esempio, come dimostrato da un recente studio Nomisma, la produzione di mais ha subìto un decremento del 19% negli ultimi 5 anni, a fronte di una domanda invece rimasta stabile. Tra le cause di questa perdita vi è l’aggravarsi delle infestazioni di parassiti, tra i quali la diabrotica, oltre ad alcune avversità endemiche come gli elateridi ed i virus, che i coltivatori di mais non possono più contenere efficacemente dopo il divieto temporaneo di utilizzare sementi conciate con neonicotinoidi. La perdita di raccolto si è acuita a partire dal 2009, anno in cui è stato sospeso con decreto l’utilizzo di questi prodotti. La comunità scientifica internazionale conferma che la causa della moria delle api sia un fenomeno estremamente complesso la cui origine è di tipo multifattoriale. Diversi dati rilevati da studi indipendenti hanno infatti dimostrato che la tecnica di concia delle sementi, quando propriamente utilizzata, non nuoce alle api. L’industria degli agrofarmaci ritiene, quindi, che qualsiasi decisione sull’uso degli agrofarmaci debba continuare ad essere basata su solide evidenze scientifiche, tenendo anche in considerazione i vantaggi per gli agricoltori, l’ambiente e la società. Agrofarma continuerà a rendersi disponibile ed aperta al dialogo su questi temi, con le autorità responsabili, con gli apicoltori e con tutti coloro i quali siano interessati a trovare soluzioni efficaci che tutelino gli attori del settore agricolo.

 

Ho riportato il comunicato integralmente perchè possiate meglio apprezzare tutte le sfumature della comunicazione e adesso ve ne commento alcuni punti:

1) Agrofarma parla di rischi “teorici”, quindi rifiuta i risultati sul campo di molti lavori scientifici? ma quali alternative indipendenti propone?

2) Agrofarma dice che “Secondo le evidenze emerse dal report, l’uso sicuro dei neonicotinoidi non incide sul declino della popolazione di api. Il corretto utilizzo di questa importante classe di agrofarmaci, infatti, non viene messo in discussione a reali e idonee condizioni di impiego” e ripete: “la tecnica di concia delle sementi, quando propriamente utilizzata, non nuoce alle api“.

A me sembra che le conclusioni EFSA dicano una cosa diversa; le conclusioni dettagliate per ogni prodotto contengono una serie di tabelle con i vari usi “autorizzati” che si ritiene siano corretti, ovviamente, e per ciascuno di essi si indica se è a rischio o no; non è questione di “correttezza” dell’uso, qualunque uso “autorizzato” del tipo indicato nelle tabelle è “a rischio” e quindi non va bene. Non tutti lo sono, alcuni, come si dice anche nelle conclusioni non lo sono (barbabietola), altri lo sono sempre. Questo è il motivo per cui la UE ha proposto la sospensione biennale.

3) Agrofarma cita altri studi, evidentemente “solide evidenze scientifiche”, ma non ne esplicita nessuno di tipo chimico o biologico, ma solo studi di tipo economico, insomma come la Bayer cerca di fare leva sugli interessi economici degli interessati, vabbè aspetteremo le solide evidenze chimiche e biologiche. Nel frattempo mi sono andato a guardare questi studi economici “solidi”. Anche per questi studi vale il principio che sono da preferire studi indipendenti; gli studi indipendenti sono quelli cui fa riferimento EFSA. Vediamo quelli cui fa riferimento Agrofarma.

a) chi è l’Humboldt Forum for Food and Agriculture? Dal loro sito[11] si traggono due informazioni:

HFFA is an international non-profit think tank and represents a multidisciplinary expert international community, drawn from government, academia, industry and civil society and develops sustainable strategies to meet challenges of global food and agriculture

vabbè e chi li finanzia?

HFFA acknowledges the support of its activities by:

  • BASF SE
  • Bayer CropScience
  • E.ON
  • KWS Seed
  • Nestlé

non commento oltre: questo NON è uno studio indipendente.

b) lo studio Nomisma, riportato in grassetto e considerato evidentemente molto importante; lo studio Nomisma pubblicato nel 2011 è stato fatto su commissione Agrofarma (“Lo studio è stato realizzato da Nomisma per BASF, Bayer CS e Syngenta.“)[12], potrei fermarmi qui, dopo tutto anche questo NON è uno studio indipendente, anche se solo di tipo economico, ma dato che Nomisma ha una grande fama in Italia sono andato a leggerlo; cosa dice? E qua sono rimasto di sasso; si tratta di uno studio econometrico che confronta gli effetti della applicazione dei pesticidi alla produzione del mais e di altre tecnologie, (come la interruzione della monocultura) concludendo che questa scelta sarebbe ferale; ma prima di questo studio econometrico, i cui dettagli non mi azzardo ad analizzare, Nomisma riporta alcuni dati generali che sono alla base dello studio stesso; ora i dati economici dell’agricoltura sono riportati in pompa magna sul sito ISTAT[13] e sono a disposizione del grande pubblico, sono verificabili; bene i dati di partenza di Nomisma sono coincidenti con quelli ISTAT? NO.

Scrive Nomisma, riferendosi al mais: Dal 2005 in poi la coltura è andata incontro ad un ridimensionamento, che si è ulteriormente accentuato nell’ultimo biennio, ed ha portato ad una calo produttivo 2010/2005 del 19%.

Nella tabellina seguente ci sono i dati per la produzione di mais e di mais ceroso (silomais) negli anni 2005 e 2010 in Italia dal sito ISTAT.

mais (granella), Mton mais ceroso (silomais) Mton
2005 10.4 non disponibile
2010 9.79 (-5.9%) 14.09

Ci vedete una riduzione del 19%? Io no, fra l’altro il dato per il mais ceroso non è disponibile all’ISTAT (ma forse è stato elaborato dagli estensori del report Nomisma); allora mi sono cercato i dati per 2006, 2010 e 2011 per il mais ceroso:

2006 14.2
2010 14.09
2011 15.63

Voi ci vedete riduzioni del 19%? Io no.

L’unica riduzione comparabile si trova per la granella di mais ma è meglio guardarsi il trend complessivo per comprendere bene la situazione:

maisgranella

E si vede che le riduzioni forti ci sono state nel 2003, 2009 e prevedibilmente in quest’anno ( idati sono provvisori) ma PER LA SICCITA’: sono stati tre anni molto siccitosi, basta guardarsi i comunicati del CNR sulla siccità primaverile ed estiva[14]: la diabrotica non c’entra nulla o c’entra ben poco. Subito dopo la produzione è ripresa e la tendenza lenta alla riduzione è un comportamento che ha certamente molte cause, è polifattoriale (come la CCD).

Rimango stravolto dal pessimo (a mio modestissimo parere, attendo smentite dagli interessati o dagli autori degli studi) livello della comunicazione usato dalle grandi aziende chimiche: sono uno scienziato e la base del mio giudizio è la riproducibilità dei dati e la loro asseverabilità. Abbiamo bisogno delle indicazioni quasi subliminali di Bayer o delle “solide evidenze” Agrofarma? Giudicate voi.

Come andrà a finire? Non lo sappiamo ancora; vorrei invitare i responsabili europei e quelli delle grandi multinazionali chimiche, specie in Italia, a riflettere sulla semplice verità enunciata dalla grande poetessa americana Emily Dickinson, certamente non esperta di chimica, ma ricca di buon senso e di amore per la Natura, che scriveva molti anni fa:

   

  • To make a prairie it takes a clover and one bee,
  • One clover, and a bee,
  • And revery.
  • The revery alone will do,
  • If bees are few.

 

dickinson    

  • Per fare un prato ci vuole il trifoglio e un’ape,
  • Un solo trifoglio, e un’ape,
  • E fantasia.
  • E solo la fantasia opererà,
  • se di api carenza ci sarà.

 

 

 Nota: la traduzione della poesia è dell’autore.

Riferimenti.

[1] http://www.fao.org/ag/magazine/0512sp1.htm

[2] C&I n. 7-8-9 del 2010 e 1-2011 – gli articoli più vecchi di due anni sono liberi e scaricabili da http://www.soc.chim.it/chimind/catalogo

[3] C&I 4-2012

[4]http://ec.europa.eu/food/animal/liveanimals/bees/docs/honeybee_health_pesticides_statement_en.pdf

[5] http://www.efsa.europa.eu/en/press/news/130116.htm e i 3 documenti ivi citati

[6] http://www.efsa.europa.eu/it/topics/topic/beehealth.htm

[7] scaricabili dal sito EFSA vedi rif. 5

[8]http://www.greens-efa.eu/fileadmin/dam/Documents/Letters/Open%20letter%20to%20Commissioner%20Borg%20on%20Bees%20and%20neonicotinoids%202012.01.30.pdf

[9]http://www.cropscience.bayer.com/en/Media/Press-Releases/2013/Bayer-CropScience-strongly-disagrees-with-proposal-by-EU-Commission.aspx

[10]http://www.federchimica.it/daleggere/ComunicatiStampa.aspx comunicato del 16 gennaio 2103

[11]http://www.hffa.info/index.php/about-us/mission-statement.html

http://www.hffa.info/index.php/about-us/supporterspartners.html

[12]http://www.ambienteterritorio.coldiretti.it/tematiche/Ogm/Documents/Concia%20Mais%20Sintesi%2010.06.2011.pdf

[13]http://agri.istat.it

[14] si veda per esempio: http://www.daringtodo.com/lang/it/2009/06/04/cnr-maggio-2009-da-record-per-siccita-e-caldo/