Elementi della Tavola periodica. Niobio, Nb.(parte 1)

Rinaldo Cervellati

Il niobio, simbolo Nb, è l’elemento n. 41 della Tavola Periodica, posto al 5° Gruppo, 5° Periodo, sotto il vanadio, sopra il tantalio, affiancato da zirconio (a sinistra) e molibdeno (a destra). È un metallo di transizione, di colore grigio chiaro, cristallino, duttile. È abbastanza raro, la sua abbondanza nella crosta terrestre è valutata fra 17 e 20 ppm.
Il niobio fu identificato dal chimico inglese Charles Hatchett (Figura 1) nel 1801. Egli trovò un nuovo elemento in un campione di minerale che era stato inviato in Inghilterra dal Connecticut, Stati Uniti, nel 1734. Chiamò columbite il minerale e il nuovo elemento colombio, da Columbia, il nome poetico degli Stati Uniti d’America.

Figura 1. Charles Hatchett
Tuttavia il colombio scoperto da Hatchett era probabilmente una miscela del nuovo elemento con il tantalio.
Successivamente c’è stata una notevole confusione sulla differenza tra il colombio (niobio) e il tantalio. Questa confusione è derivata dalle differenze minime osservate tra i due elementi. I nuovi elementi chiamati pelopium, ilmenium e dianium erano infatti identici al niobio o alle miscele di niobio e tantalio.
Le differenze tra tantalio e niobio furono dimostrate inequivocabilmente nel 1864 da Christian Wilhelm Blomstrand (1826-1897) e Henri Etienne Sainte-Claire Deville (1818-1881), così come da Louis J. Troost (1825-1911), che determinò le formule di alcuni suoi composti nel 1865 e infine dal chimico svizzero Jean Charles Galissard de Marignac (1817-1894) nel 1866, che dimostrarono tutti che nel minerale c’erano solo due elementi. Tuttavia, gli articoli sull’ilmenio continuarono ad apparire fino al 1871. De Marignac fu il primo a preparare il metallo nel 1864, quando ridusse il cloruro di niobio riscaldandolo in un’atmosfera di idrogeno. Sebbene de Marignac fosse in grado di produrre niobio privo di tantalio su scala più ampia dal 1866, fu solo all’inizio del XX secolo che il niobio fu utilizzato nei filamenti delle lampade a incandescenza, la prima applicazione commerciale, poi divenuta obsoleta grazie alla sostituzione del niobio con il tungsteno, che ha un punto di fusione più elevato.
Colombio (simbolo “Cb”) fu il nome originariamente conferito da Hatchett alla sua scoperta del metallo nel 1801. Questo nome rimase in uso nelle riviste americane, l’ultimo articolo pubblicato dalla American Chemical Society con colombio nel titolo risale al 1953, mentre niobio era usato in Europa. Per porre fine a questa confusione, il nome niobio fu scelto per l’elemento 41 alla 15a Conferenza dell’Unione di Chimica ad Amsterdam nel 1949. Un anno dopo questo nome fu ufficialmente adottato dall’Unione Internazionale di Chimica Pura e Applicata (IUPAC) dopo 100 anni di controversie, nonostante la precedenza cronologica del nome colombio. Si trattava di una sorta di compromesso: la IUPAC accettava tungsteno invece di wolframio in ossequio all’uso nordamericano, e niobio invece di colombio per rispetto all’uso europeo.
Proprietà fisiche
Il niobio è un metallo lucido, grigio, duttile, paramagnetico nel gruppo 5o della tavola periodica, con una configurazione elettronica nei gusci più esterni atipica per quel gruppo:
Numero di elettroni negli elementi del 5° Gruppo:
23 vanadio 2, 8, 11, 2
41 niobio 2, 8, 18, 12, 1
73 tantalio 2, 8, 18, 32, 11, 2
105 dubnio 2, 8, 18, 32, 32, 11, 2
Sebbene si pensi abbia una struttura cristallina cubica a corpo centrato dallo zero assoluto al suo punto di fusione, le misurazioni ad alta risoluzione dell’espansione termica lungo i tre assi cristallografici rivelano anisotropie che sono incoerenti con una struttura cubica. Pertanto, sono previste ulteriori ricerche.
Il niobio diventa un superconduttore a temperature criogeniche. Alla pressione atmosferica ha la più alta temperatura critica dei superconduttori elementari a 9,2 K. Il niobio ha la maggiore profondità di penetrazione magnetica di qualsiasi altro elemento. Inoltre, è uno dei tre superconduttori elementari di tipo II, insieme a vanadio e tecnezio. Le proprietà superconduttive dipendono fortemente dalla purezza del niobio metallico. Quando è molto puro, è relativamente morbido e duttile, ma le impurità lo rendono più duro.
Il niobio nella crosta terrestre è costituito da un solo isotopo stabile, il 93Nb. Nel 2003, erano stati sintetizzati almeno 32 radioisotopi, con massa atomica compresa tra 81 e 113. Il più stabile di questi è 92Nb con un’emivita di 34,7 milioni di anni. Uno dei meno stabili è 113Nb, con un’emivita stimata di 30 millisecondi.
Proprietà chimiche
Il metallo (Figura 2) assume una sfumatura bluastra se esposto all’aria a temperatura ambiente per lunghi periodi.

Figura 2. Niobio metallico
Nonostante il suo alto punto di fusione (2.468 °C), ha una densità inferiore rispetto ad altri metalli refrattari. Inoltre, è resistente alla corrosione, mostra proprietà di superconduttività e forma strati di ossido dielettrico.
Il niobio è leggermente meno elettropositivo e più compatto del suo predecessore nella tavola periodica, lo zirconio, mentre è di dimensioni praticamente identiche agli atomi di tantalio più pesanti, a causa della contrazione dei lantanidi. Di conseguenza, le proprietà chimiche del niobio sono molto simili a quelle del tantalio, che si trova direttamente sotto il niobio nella tavola periodica. Sebbene la sua resistenza alla corrosione non sia eccezionale come quella del tantalio, il prezzo inferiore e la maggiore disponibilità rendono il niobio attraente per applicazioni meno impegnative, come i rivestimenti delle vasche negli impianti chimici.
Principali composti
Il niobio è simile al tantalio e allo zirconio. Reagisce con la maggior parte dei non metalli alle alte temperature, con fluoro a temperatura ambiente, cloro a 150 °C, idrogeno a 200 °C, e azoto a 400 °C, formando prodotti spesso non stechiometrici. Il niobio metallico inizia a ossidarsi all’aria a 200 °C. Resiste alla corrosione degli alcali fusi e degli acidi, inclusi l’acqua regia, gli acidi cloridrico, solforico, nitrico e fosforico. Viene attaccato dall’acido fluoridrico e miscele di acido fluoridrico/acido nitrico.
Sebbene mostri tutti gli stati di ossidazione da +5 a -1, i composti più comuni hanno il niobio nello stato +5. Tipicamente, i composti in stati di ossidazione inferiori a +5 presentano un legame Nb –Nb. Nelle soluzioni acquose, il niobio ha solo lo stato di ossidazione +5. È anche facilmente soggetto all’idrolisi ed è a malapena solubile in soluzioni diluite di acidi cloridrico, solforico, nitrico e fosforico a causa della precipitazione dell’ossido di niobio idrato. Nb (V) è anche leggermente solubile in mezzi alcalini a causa della formazione di specie solubili di poliossoniobato.
Ossidi e solfuri
Il niobio forma ossidi negli stati di ossidazione +5 (Nb2O5), +4 (NbO2), +3 (Nb2O3), e in quello più raro, +2 (NbO). Il più comune è il pentossido, precursore di quasi tutti i composti e le leghe di niobio. I niobati vengono generati sciogliendo il pentossido in soluzioni di idrossido basico o fondendolo con ossidi di metalli alcalini. Esempi sono il niobato di litio (LiNbO3) e il niobato di lantanio (LaNbO4). Il niobato di litio ha una struttura simile alla perovskite distorta trigonalmente, mentre il niobato di lantanio contiene ioni NbO43−. È anche noto il solfuro di niobio stratificato (NbS2).
Alogenuri
Il niobio forma alogenuri negli stati di ossidazione di +5 e +4 così come diversi composti sub-stechiometrici. I pentaalogenuri (NbX5) presentano centri ottaedrici. Il niobio pentafluoruro (NbF5) è un solido bianco con un punto di fusione di 79,0 °C e il niobio pentacloruro (NbCl5) è giallo
(Figura 3) con un punto di fusione di 203,4 °C.

Figura 3. Campione di niobio pentacloruro
Entrambi si idrolizzano formando ossoalogenuri, come NbOCl3. Il pentacloruro è un reagente versatile utilizzato per ottenere i composti organometallici, come il niobocene dicloruro (C5H5)2NbCl2.
I tetraalogenuri (NbX4) sono polimeri di colore scuro con legami Nb-Nb; per esempio, il tetrafluoruro di niobio igroscopico è nero (NbF4) e il tetracloruro di niobio è marrone (NbCl4).
I composti alogenuri anionici del niobio sono ben noti, in parte a causa dell’acidità di Lewis dei pentaalogenuri. Il più importante è [NbF7]2−, un intermedio nella separazione di Nb e Ta dai minerali. Questo eptafluoruro tende a formare l’ossopentafluoruro più facilmente di quanto non faccia il composto di tantalio. Altri complessi alogenuri includono l’ottaedrico [NbCl6]−:
Nb2Cl10 + 2Cl− → 2[NbCl6]−.
Nitruri e carburi
Altri composti binari del niobio includono il nitruro di niobio (NbN), che diventa un superconduttore a basse temperature e viene utilizzato nei rivelatori di luce infrarossa. Il carburo di niobio principale è l’NbC, un materiale ceramico refrattario estremamente duro, utilizzato commercialmente nelle punte degli utensili da taglio.
Disponibilità
Si stima che il niobio sia il 34° elemento più comune nella crosta terrestre, ma alcuni pensano che l’abbondanza sulla Terra sia molto maggiore e che l’alta densità dell’elemento lo abbia concentrato nel nucleo del pianeta. L’elemento libero non si trova in natura ma in combinazione con altri elementi nei minerali. I minerali che contengono niobio spesso includono anche tantalio. Gli esempi includono la columbite [(Fe, Mn)(Nb, Ta)2O6)] e la columbite-tantalite (o Coltan, (Fe, Mn) (Ta, Nb)2O6). Colombite e minerali di tantalite si trovano di solito come minerali accessori nelle intrusioni di pegmatite e nelle rocce intrusive alcaline. Meno comuni sono i niobati di calcio, uranio, torio e gli elementi delle terre rare. Esempi di tali niobati sono pirocloro [(Na, Ca)2Nb2O6 (OH, F)] (Figura 4) e euxenite-Y [(Y, Ca, Ce, U, Th)(Nb, Ta, Ti)2O6]. Questi grandi depositi di niobio sono stati trovati associati a carbonatiti (rocce ignee carbonato-silicato) e come costituente del pirocloro.

Figura 4. Campione di pirocloro
I tre più grandi depositi di pirocloro attualmente sfruttati, due in Brasile e uno in Canada, sono stati trovati negli anni ’50 e sono ancora i principali produttori di minerali concentrati di niobio. Il giacimento più grande è ospitato all’interno di un’intrusione di carbonatite ad Araxá, stato del Minas Gerais, Brasile, di proprietà della compagnia CBMM; l’altro giacimento brasiliano attivo si trova vicino a Catalão, nello stato di Goiás, anch’esso ospitato all’interno di un’intrusione di carbonatite, ed è di proprietà di una compagnia cinese. Insieme, queste due miniere producono circa l’88% dell’offerta mondiale. Il Brasile ha anche un grande giacimento ancora non sfruttato vicino a São Gabriel da Cachoeira, nello stato di Amazonas, così come alcuni depositi più piccoli, in particolare nello stato di Roraima.
Il terzo più grande produttore di niobio è la miniera di carbonatite Niobec, a Saint-Honoré (Quebec, Canada), di proprietà di Magris Resources (Figura 5).

Figura 5. Carbonatite contenente niobio
Produce tra il 7% e il 10% dell’offerta mondiale.
(continua)

Opere consultate
Handbook of Chemistry and Physics 5th Ed., p. 4-21
https://en.wikipedia.org/wiki/Niobium

Quest’anno sono … niobio!

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo

Continuiamo la serie di post sugli elementi con il medesimo numero atomico dell’età di chi ne parla, da un’idea di Gianfranco Scorrano.

a cura di Monica Pica* monica.pica@unipg.it

monicapicaEro argon quando ho deciso di iscrivermi al Corso di Laurea in Chimica, manganese il giorno della laurea, ed ora eccomi qui, niobio, numero atomico 41, come i miei anni.

Non è semplice essere niobio: la sua storia è piuttosto travagliata, considerando che ci sono voluti circa 110 anni prima che la sua esistenza fosse realmente provata. Per più di un secolo è vissuto all’ombra del suo padre mitologico, il Tantalio, nascosto, insieme ad esso, nel minerale che porta il nome di columbite: è qui che inizia il cammino che lo condurrà alla casella numero 41 della Tavola Periodica. Era il 1801 quando Charles Hatchett decise di analizzare un campione di columbite conservato al British Museum e donato, nel 1734, dal primo governatore del Connecticut, John Winthrop il Giovane. Hatchett scoprì un nuovo elemento che chiamò colombio, senza, però, riuscire ad isolarlo. Per più di 60 anni l’esistenza di due elementi distinti, il colombio (niobio) e il tantalio fu messa in dubbio, a causa delle loro proprietà simili, fino a quando un chimico svizzero, Jean Charles Galissard de Marignac, 330px-Galissard_de_Marignac

attraverso un processo di cristallizzazione frazionata che da lui prese il nome, riuscì a separare i sali dei due elementi. Il nome ufficiale di niobio arriverà solo nel 1949 e racchiude in sé la travagliata esistenza di questo elemento, offrendo un tributo a Niobe, la figlia mitologica di Tantalo, punita per la sua superbia da Apollo e Artemide che uccisero i suoi 14 figli.

In effetti il nome, niobio, si adatta piuttosto bene alle caratteristiche di questo metallo a cui, sebbene tenero e duttile, possiamo riconoscere una certa dose di superbia, per la sua rarità, per le applicazioni raffinate in cui lo ritroviamo. Il giacimento più grande al mondo di niobio si trova ad Araxa in Brasile, mentre il secondo si trova nel Quebec, Canada. Il 90 % della produzione del niobio viene impiegato in leghe e superleghe, ma vorrei dedicare questo angolo a quelle applicazioni che ho trovato più intriganti ed affascinanti.

niobio

da Periodic Table 3.2.0 della Thundercloud Consulting

La prima riguarda l’uso del niobio nelle “superconducting niobium cavities” per acceleratori di particelle che possono raggiungere velocità prossime a quella della luce. Grazie alle proprietà di superconduttore a basse temperature (prossime allo zero assoluto), è possibile far passare attraverso le cavità di niobio grandi quantità di energia senza un eccessivo aumento della temperatura.

Ed ecco la mia applicazione preferita. Sono una ricercatrice, è vero, ma da donna amo ciò che è bello e, per usare una citazione tratta da Jane Eyre di Charlotte Bronte: “ La bellezza è negli occhi di colui che guarda”. La pensa così anche Pamela S. Zurer, Deputy Editor-in-chief di C&EN, che ha dedicato un articolo al suo “primo incontro” col niobio in occasione dell’ 80° anniversario della rivista. La Zurer racconta di aver ricevuto in regalo dal marito, per il suo 50° compleanno, una collana di niobio, fatta di semplici piastrine rettangolari che riflettevano luce di diversi colori, dal blu al porpora.

 

Quell’arcobaleno di colori non era l’effetto di smaltature o verniciature, ma era dovuto a sottili strati di ossido di niobio. Ebbene sì: controllando lo spessore dello strato di ossido, generalmente attraverso un processo di anodizzazione, è possibile ottenere diversi colori brillanti. Come racconta Hugh Aldersey-Williams nel suo “Favole periodiche”, non è facile per molte persone rendersi conto che i colori sono “propri del metallo e del suo sottile rivestimento di ossido (come nelle ali delle farfalle, a produrre il colore non sono pigmenti ma un effetto di interferenza della luce riflessa dalla superficie). Col tempo, forse, tali arcobaleni verranno considerati tratti distintivi di questi nuovi elementi, come il verderame per il rame e la patina nerastra per l’argento”.

favoleperiodiche

Vorrei chiudere questa breve passeggiata insieme al niobio, citando sempre l’opera di Aldersey-Williams: “E’ la marcia degli elementi nelle nostre vite … Oggi il titanio ha ormai percorso la strada dalle miniere ai laboratori e da questi alle fabbriche, e sta cercando il suo posto nella nostra cultura. Per quanto riguarda il niobio e il tantalio, invece, il loro viaggio è appena cominciato”.

 

Riferimenti e links:

education.jlab.org/itselemental/ele041.html

www.rsc.org/periodic-table/element/417niobium

www.webelements.com/niobium/

http://www.smk.dk/en/explore-the-art/highlights/abraham-bloemaert-apollon-and-diana-punishing-niobe-by-killing-her-children/

pubs.acs.org/cen/80th/print/niobiun.html

Hugh Aldersey-Williams, Favole periodiche, Rizzoli, 2011.

*Monica Pica è ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze Farmaceutiche – Università degli Studi di Perugia dove si occupa di Electrochimica, Chimica Inorganica e dei Materiali.