Elementi della tavola periodica: Azoto, N.

Mauro Icardi

Azoto: simbolo chimico N, numero atomico 7, peso atomico 14,007.  Un gas senza colore, né odore. Appartenente alla serie dei non metalli. Tra tutti gli elementi del quinto gruppo, l’unico che si trova libero (allo stato biatomico) in natura. Capace di formare legami doppi e tripli. L’80% del volume totale dell’atmosfera è occupato da questo elemento. L’aria quindi è la principale fonte di azoto della terra.

In natura esso si presenta in forme diverse, più o meno disponibili per gli organismi viventi.  E’ sempre stato al centro degli approfondimenti nel lavoro che svolgo. Si può ritenere il propagatore degli eterni dilemmi della chimica. Se da tempo ci si interroga sulla chimica, se essa sia portatrice di benefici, oppure la responsabile di ogni nefandezza, a partire dall’ottimo libro di Luciano Caglioti “I due volti della chimica: Benefici o rischi?”, allo stesso modo ci si può porre la domanda per l’azoto: amico o nemico?

Ovviamente le attività dell’uomo hanno prodotto, in particolare negli ultimi tre secoli, un certo cambiamento nella composizione dell’aria sia in termini di concentrazione delle specie già presenti, sia in termini di rilascio di “nuovi” composti. Nel caso dei composti dell’azoto è necessario aggiungere ad N2 e NO anche il biossido di azoto (NO2), l’ammoniaca (NH3), gli acidi nitrico (HNO3) e nitroso (HNO2)

L’azoto venne scoperto nel 1772 da Daniel Rutherford, e contemporaneamente anche da Henry Cavendish in Inghilterra e da Carl W. Scheele in Svezia. Fu Lavoisier a dimostrare che si trattava di un elemento chimico. La presenza di ben tre legami covalenti impartisce alla molecola biatomica dell’azoto un’elevata stabilità. Per questa ragione, viene ampiamente utilizzato come gas inerte a livello industriale. L’azoto liquido è usato come refrigerante per il congelamento tramite immersione, per il trasporto dei prodotti alimentari, per l’immagazzinamento stabile dei campioni biologici.

L’azoto è anche componente delle proteine e degli acidi nucleici.
La proverbiale inerzia chimica dell’azoto molecolare, però, complica notevolmente la sua fissazione e quindi il suo impiego da parte degli organismi viventi come fonte di azoto indispensabile nella sintesi degli amminoacidi e delle proteine.

A questo punto vediamo di focalizzare l’attenzione sul ciclo dell’azoto.

Osservando questa immagine si nota una fitta trama di interconnessioni. Diversi sono anche i compartimenti dove le reazioni che rimettono in circolo l’azoto, tramutandolo da una forma all’altra, avvengono: il suolo, le piante, ma anche le stesse proteine e gli amminoacidi, costituenti degli organismi.

E’ possibile raggruppare l’insieme dei processi che determinano il ciclo dell’azoto in 3 gruppi di reazioni:

  1. Le reazioni di azotofissazione
  2. Le reazioni di ammonificazione
  3. Le reazioni di nitrificazione/denitrificazione

L’azotofissazione consiste in una serie di reazioni, che possono avvenire sia per via biologica che chimica, attraverso le quali viene attivata la conversione dell’azoto molecolare ad azoto organico in modo da renderlo disponibile per il metabolismo delle piante. Le leguminose sono piante che possiedono nelle proprie radici batteri azoto fissatori, in grado di arricchire il suolo di sostanze nutritive azotate. La fissazione biologica è mediata da microrganismi come l’Azobacter e il Rhizobium, ed è resa possibile da un enzima, la nitrogenasi, che catalizza la reazione che produce la rottura del triplo legame covalente stabile presente nella molecola di azoto. Una stima quantitativa è riportata nella figura seguente dal lavoro di Fowler e coll. citato in fondo:Nelle reazioni di ammonificazione si parte da composti organici complessi contenenti azoto. Le sostanze azotate, già derivate da processi di decomposizione della sostanza organica, vengono ulteriormente demolite in sostanze più semplici grazie all’azione di organismi presenti nei suoli, come funghi e batteri, che le utilizzano per fabbricare le proprie molecole essenziali (proteine e amminoacidi). La restante parte di azoto in eccesso viene liberata sotto forma di ioni ammonio  o di ammoniaca.Nelle reazioni di nitrificazione si ha l’ossidazione dello ione ammonio. Questo processo è a carico di alcune specie di batteri che ne traggono energia per le loro attività metaboliche.

Questo processo particolarmente attivo nei suoli caldi e umidi caratterizzati da valori di pH vicino a 7, si svolge attraverso due reazioni ossidative: la nitrosazione e la nitrificazione. La prima consiste nell’ossidazione dell’ammonio a nitrito ed è mediata da microrganismi come i Nitrosomonas:

NH4+ + 3/2 O2 → 2H+ + NO2 + H2O

La seconda reazione di ossidazione porta alla formazione dei nitrati mediata dai Nitrobacter:

NO2 + 1/2 O2 → NO3

In questo modo l’azoto rientra in circolo nella rete alimentare, considerato che il nitrato è la specie chimica attraverso la quale la maggior parte dell’azoto viene assimilata dalle piante attraverso le radici.

In ultimo con la denitrificazione i nitrati vengono scissi in seguito alle attività di alcuni batteri che vivono nel terreno (es Pseudomonas). Questi batteri scindono i nitrati liberando l’azoto che torna all’atmosfera. La denitrificazione avviene soprattutto in terreni saturi d’acqua con poca disponibilità di ossigeno e in presenza di materia organica decomponibile.

Da notare come le reazioni di nitrosazione, nitrificazione e denitrificazione siano quelle usate anche nei processi di trattamento biologico delle acque reflue.

Dopo la scoperta e l’industrializzazione del processo Haber-Bosch per la sintesi dell’ammoniaca, utilizzando come fonte di azoto l’aria atmosferica, il ciclo stesso nel tempo è risultato alterato.

La produzione mondiale di fertilizzanti azotati è cresciuta ,e si è verificato l’accumulo di forme reattive di azoto nella biosfera. Gli inconvenienti principali sono stati quelli dell’eutrofizzazione, del rilascio di tossine algali, e la perdita di biodiversità. I processi produttivi umani convertono all’incirca 120 milioni di tonnellate/anno di azoto in forme più reattive. E’ intuitivo capire che il problema dello sbilanciamento del ciclo dell’azoto non è di facile soluzione. Nell’articolo “A safe operating space for humanity” uscito nel Settembre 2009 su “Nature”, Johan Rockstrom ed i suoi collaboratori hanno proposto la riduzione di questo prelievo di azoto riducendolo a 35 milioni di tonnellate/anno.

Per lavorare in questa direzione occorrono più fondi per la ricerca , e come sempre un’informazione precisa, per rendere l’opinione pubblica più informata e attenta. E allo stesso tempo dobbiamo ricordarci che stime risalenti al 2008 ci ricordano che il 48% dell’umanità e stata sfamata grazie ai concimi prodotti dall’ammoniaca di sintesi. E che nel frattempo la produzione mondiale di fertilizzanti ha raggiunto attualmente i 190 milioni di tonnellate, di cui poco più di 110 milioni di azoto, 45 di fosforo e 35 di potassio. Sono le sfide che ci attendono nel futuro.

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3682748/

Fowler D et al. 2013 The global nitrogen cycle in the twenty-first century. Phil Trans R Soc B 368: 20130164. http://dx.doi.org/10.1098/rstb.2013.0164

Un contributo a Discussion Meeting Issue ‘The global nitrogen cycle in the twenty-first century’.

Ciclo dell’azoto nei depuratori biologici

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo

a cura di Mauro Icardi

maurobondNella depurazione delle acque reflue la fase più critica e delicata è quella della rimozione dell’azoto.

Nei sistemi di depurazione l’azoto organico e/o ammoniacale in arrivo subisce due processi successivi:

1) in ambiente aerobico viene ossidato biologicamente a nitrato (nitrificazione)

2) successivamente in ambiente anossico viene convertito in azoto gassoso (denitrificazione).

I liquami domestici contengono azoto in forma ridotta, cioè come composto organico oppure come ammoniaca.

Il processo è dovuto a batteri nitrificanti Nitrosomonas e Nitrobacter.

Lo schema di reazione è questo:

2NH3 + 3O2 → 2NO2 + 2H+ + 2H2O (reazione di ossidazione dell’ammoniaca a nitrito). In questa fase sono i Nitrosomonas ad ossidare parzialmente l’ammoniaca a ione nitrito.

I batteri nitrificanti completano l’ossidazione del nitrito a nitrato con questa reazione.

2NO2 + O2 → ​2NO3

 nitro1

 Questa è la prima fase del processo. Come sempre sulla carta tutto funziona perfettamente.

Ma come si suol dire tra il dire e il fare le cose possono cambiare. Il chimico che si occupa di gestire il processo deve occuparsi di fare vari controlli. Il reattore biologico su cui opera (la vasca di ossidazione) è quella dove si svolge questa reazione. Considerando che la vasca è un manufatto che si trova all’aperto si deve considerare un primo fattore limitante,cioè la temperatura. Al di sotto di 15 ° C la velocità di reazione può rallentare anche sensibilmente. Il processo di nitrificazione produce ioni H+. Di solito il potere tamponante dei liquami è sufficiente ad evitare uno spostamento del pH in campo troppo acido. In questo caso si può dosare carbonato di calcio per riportarlo a valori ottimali (8-8,4).

L’ossigeno disciolto in vasca di ossidazione deve essere mantenuto intorno ai 2mg/l. Valori superiori sono di fatto inutili e rappresentano un’inutile spreco di energia elettrica se l’ossigeno viene fornito con aeratori classici (turbine superficiali o piattelli sommersi).

In caso di fornitura di ossigeno puro con impianti appositi si può verificare una maggior pressione parziale di CO2 che si accumula nel reattore non essendo velocemente allontanata. In questo caso è necessario verificare con più attenzione il valore del pH in quanto può essere maggiormente alterato l’equilibrio carbonati-bicarbonati. L’utilizzo di ossigeno puro fornito con impianti di evaporazione di ossigeno liquido è normalmente effettuato per situazioni di emergenza, o per far fronte ad aumenti di carico in ingresso.

Altri parametri di controllo sono di carattere prettamente impiantistico.

Considerando che i batteri nitrificanti sono presenti nel “fango attivo” qualsiasi perdita di fango ne riduce la quantità.   La quantità di batteri nitrificanti che si sintetizza nel fango è circa il 4% quindi una quantità piuttosto bassa rispetto a quelli che operano la demolizione della sostanza organica carboniosa.

Per avere una quantità sufficiente di questi batteri “spazzini” come spesso vengono chiamati si deve avere una permanenza per un tempo adatto. Il parametro nella terminologia tecnica è chiamato età del fango.

In sostanza si regola l’estrazione del fango di spurgo in modo da non ridurre ulteriormente la quantità di batteri necessari.

nitro2

Batteri nitrificanti in sezione di fiocco di fango.

 

In pratica si effettua una regolazione mirata dell’estrazione dei fanghi di spurgo per permettere ai nitrificanti di effettuare l’operazione di ossidazione dell’ammoniaca a nitrato.

Terminata questa fase il liquame viene trasferito in vasche di denitrificazione agitate ma non areate. Chiedo scusa per la digressione ma la frase mi ricorda “l’agitato non mescolato” dei vodka martini di James Bond.

agitatononmescolato

La spia che mi amava: Barbara Bach interpreta il maggiore Anya Amasova (agente tripla X) e pronuncia la frase famosa rivolta a Roger Moore (in effetti fu Sean Connery il primo a pronunciarla in Goldfinger)

 

 

 

 

Torniamo seri. La denitrificazione consiste nella conversione dei nitrati in azoto gassoso.

Queste le reazioni che avvengono:

2 HNO3 + 4H+ +4e–         → 2HNO2 + 2H2O

2 HNO2 + 2H+ +2e–         → 2 NO     + 2H2O

2 NO   + 2H+ +2e–           →  N2O   + H2O

   N2O + 2H+ + 2e–             → N2             + H2O

La fase di denitrificazione deve avvenire in ambiente anossico. Il fango attivo deve rimanere in sospensione ma non si deve avere un valore di ossigeno disciolto in vasca superiore a 0,5 mg/lt perché in tal caso tornerebbero attivi i batteri nitrificanti che andrebbero a competere con i denitrificanti che invece utilizzano l’ossigeno presente nella molecola di nitrato per il loro metabolismo. Il processo avviene in più fasi attraverso reazioni enzimatiche catalizzate da due enzimi, (nitrato riduttasi A,e ossido nitroso riduttasi) I batteri denitrificanti appartengono al genere Pseudomonas. Questi batteri denitrificanti necessitano di sostanza organica per effettuare questa conversione, quindi il fango deve contenere una quantità adeguata di carbonio organico. In caso di carenza si può sopperire con dosaggio di una fonte di carbonio esterna (generalmente metanolo).

Al temine del processo combinato nitro/ denitro si è ottenuta la riduzione dell’azoto totale che è, insieme al fosforo ,uno dei principali responsabili dell’eutrofizzazione.

Inizialmente impianti di questo tipo erano progettati e costruiti in zone lacustri dove era maggiore il rischio di eutrofizzazione. Ma con il tempo e con i limiti maggiormente restrittivi imposti sulle aree sensibili (tra le quali il bacino fluviale del Po), e in seguito all’emanazione del nuovo codice ambientale (Dlgs 152/2006) i nuovi impianti sono stati totalmente progettati e costruiti con schemi di questo tipo. Quelli esistenti e non provvisti di sezione di denitrificazione dovranno nel tempo essere dismessi o dotati di questa sezione.

Una considerazione finale che parlando di ciclo dell’azoto si lega a quanto è stato detto qui. L’alterazione del ciclo dell’azoto è da farsi risalire al processo Haber –Bosch di sintesi dell’ammoniaca.

Da quel momento la produzione di forme reattive di azoto da convertire in fertilizzante è cresciuta più velocemente della popolazione mondiale.

La quantità di azoto immessa nella biosfera è maggiore di quella che può essere rimossa attraverso questi processi nitro/denitro nei depuratori biologici.

Credo occorra riflettere su alcune cose: l’assorbimento di azoto nel corpo umano è una percentuale dell’ 1%. Il resto viene espulso come rifiuto e finisce in fognatura (circa il 99% di azoto ).

E’ necessario incrementare la percentuale di impianti che effettuano il trattamento nitro-denitro e in generale rivedere tutto il sistema della depurazione in Italia. Che mostra ancora situazioni molto differenziate, passando da realtà di eccellenza ad altre con criticità che devono essere affrontate. L’ultima considerazione riguarda la necessità di pensare ad un riciclo dei composti azotati evitando che siano destinati a diventare rifiuti. Ovviamente utilizzando le migliori tecniche disponibili e rispettando l’ambiente. Le tecniche esistono. Occorre passare ad una mentalità che valorizzi la cosiddetta “materia seconda”.

Per informazioni sullo stato della depurazione in Italia.

http://www.arpat.toscana.it/notizie/arpatnews/2014/170-14/istat-il-punto-sulla-situazione-della-depurazione

Ma è proprio vero che “i fertilizzanti sono un esempio emblematico di chimica sostenibile”?

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo

a cura di Claudio Della Volpe

Nel numero 4 di luglio/agosto 2015, il direttore di C&I, Ferruccio Trifirò, che molti dei nostri lettori conoscono bene, perchè è un collega che svolge questo lavoro da molti anni e perchè in questo medesimo blog ci ha più volte raccontato le storie della guerra chimica, essendo un membro autorevole dell’OPCW, ha scritto un editoriale dal titolo:

FERTILIZZANTI: ESEMPI EMBLEMATICI DI UNA CHIMICA SOSTENIBILE.

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L’ho letto e sono rimasto di stucco!

Ferruccio, in un articolo che è di libera lettura, che chiunque può scaricare qui (https://www.soc.chim.it/sites/default/files/chimind/pdf/2015_4_1_ca.pdf), racconta di come la produzione dei fertilizzanti sia diventata una impresa chimica nella quale la chimica è riuscita a ridurre le emissioni inquinanti, durante la produzione degli intermedi come l’acido solforico o l’ammoniaca, o durante la produzione dei prodotti finali, a livelli assolutamente accettabili, grazie a tecniche moderne di chimica industriale.

Ovviamente questo è vero e va a merito di chi ci ha lavorato; ma basta per concludere che i fertilizzanti sono un caso emblematico di chimica sostenibile?

Secondo me no.

Le cose sono più complesse.

Leggere l’editoriale mi ha ricordato la famosa battuta che si fa sui chirurghi; quando uno chiede: Dottore come è andata l’operazione?, la risposta è : Benissimo, l’operazione è stata perfetta, sfortunatamente il paziente è morto.

L’articolo di Trifirò sostiene che l’azione di risparmio sulle emissioni nocive nel settore della produzione dei concimi sintetici è cruciale; in realtà questo non sembra affatto vero; per esempio dai dati di un paese avanzato come gli USA

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http://www3.epa.gov/climatechange/ghgemissions/gases/n2o.html

si vede con chiarezza che le emissioni di N2O (Nota: avevo scritto NOx ma è chiaro dal contesto dei dati che si tratta di un refuso) vengono solo al 5% dalla produzione industriale o chimica; è certamente cosa buona e giusta ridurre queste emissioni; ma vendere l’idea che ridurre la quota del 5% sia una cosa cha fa raggiungere la sostenibilità, mentre di fatto è l’emissione dal settore agricolo e dalle combustioni (come abbiamo discusso https://ilblogdellasci.wordpress.com/2015/10/19/noy-nox-noz/) ad essere il principale responsabile (75%) delle emissioni falsa le cose. Non è vero, semplicemente, che ridurre la emissione di inquinanti durante la fase di produzione industriale renda questo tipo di prodotti sostenibili.

Di fatto è l’uso che se ne fa in agricoltura per quantità e tipologia a costituire il principale meccanismo di inquinamento e a pesare sull’ambiente e sul clima.

Approfondiamo un momento questi meccanismi.

Sia per i composti dell’azoto che per quelli del fosforo abbiamo alterato profondamente i cicli naturali della biosfera introducendo quantità molto maggiori di quelle che la biosfera stessa può “metabolizzare”; abbiamo discusso ripetutamente su questo blog i dettagli di entrambi i cicli ed i limiti che sono stati superati(http://wp.me/p2TDDv-1pH oppure http://wp.me/p2TDDv-Yo) ; il problema non è la pulizia della produzione ma gli effetti di un uso che ha ormai eguagliato nel caso dell’azoto e superato di varie volte nel caso del fosforo per quantità quello dato dai cicli della biosfera e che quindi produce quantità di sostanza che non sono metabolizzate dal sistema ma vi si accumulano incrementando i gas serra in atmosfera e producendo le cosiddette dead zone.

Le dead zone, zone dell’oceano in cui la concentrazione di ossigeno va sotto un valore che consente la sopravvivenza della maggior parte delle specie causano la morte degli organismi che vi entrano; non sono solo causate da noi ma sono incrementate da noi; secondo gli studi più recenti il loro numero si è incrementato in modo eccezionale negli ultimi decenni, concentrandosi in zone dove è chiara l’origine umana, come potete vedere dalla immagine seguente (nero=naturale per OMZ e upwelling, rosso=umano).

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Biogeosciences, 7, 585–619, 2010 http://www.biogeosciences.net/7/585/2010/ OMZ= Oxygen Minimum Zone; upwelling=materiale organico in arrivo dal fondo dell’oceano

 

Nel 1995 si contavano 195 aree documentate di ipossia lungo le coste causate dall’attività umana. Nella loro compilazione più recente, Dıaz, R. J. and Rosenberg, R.: Spreading dead zones and consequences for marine ecosystems, Science, 321, 926–929, 2008. hanno documentato quasi 400 aree di questo tipo lungo le coste dell’oceano per una superficie totale di 245 000 km2 di oceano .

La situazione dei cicli dell’azoto e del fosforo fuori controllo è considerata comunemente una delle 7 variabili importanti dell’ecosistema il cui stato è preoccupante per il nostro futuro.

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La presenza di zone morte nell’oceano non è una cosa che riguarda solo posti lontani come il golfo del Messico o del Giappone e la Cina, ma anche la italianissima costa adriatica, un mare che è soggetto a causa della sua struttura a questo problema e nel quale il problema è lontano dall’essere risolto.

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Estuarine, Coastal and Shelf Science 115 (2012) 1e13

https://ilblogdellasci.wordpress.com/2015/08/21/recupero-del-fosforo-da-acque-reflue-e-allevamenti/

La conclusione è questa: bene fa Ferruccio a festeggiare i successi della chimica nella produzione “pulita” dei fertilizzanti, ma questo non basta a definire sostenibile il loro uso; dobbiamo sviluppare metodi di riciclo sia del fosforo che dell’azoto dalle acque reflue per ridurre l’impatto sui cicli globali e dobbiamo imparare ad usare i fertilizzanti in modo tale da evitare l’aumento costante delle zone morte dovute all’accumulo delle sostanza di scarto dell’agricoltura nell’oceano. Consideriamo che i depositi di fosfati sono limitati a circa 90-100 anni a questa velocità di consumo.

Questa sarebbe chimica sostenibile! Il cammino è ancora lungo, al momento nonostante l’operazione di produzione dei concimi sintetici sia “pulita” le sue conseguenze sono tali che il paziente “biosfera” sta morendo o comunque soffrendo.

NOy = NOx + NOz

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo

a cura di Claudio Della Volpe

 In questi giorni lo scandalo Volkswagen ha portato alla ribalta uno di quei composti che si merita, come pochi altri (forse solo il nitrato di amonio lo eguaglia, come abbiamo raccontato in un altro post), il ruolo di simbolo della duplicità della Chimica: NO, l’ossido nitrico. Si è anche scatenata la caccia al diesel, individuato come il nemico pubblico numero uno da parte delle amministrazioni delle grandi città e di qualche politico. Vediamo meglio.

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nox2NO è un composto che per una serie di motivi può essere contemporaneamente tossico e utile. Notiamo anzitutto che è un radicale, ossia che possiede un elettrone spaiato e questo corrisponde ad una enorme reattività della molecola, che viene usata spesso a questo scopo come “scavenger” degli altri radicali, ossia come catturatore dei radicali, eliminandoli dall’ambiente in cui lo immettiamo.

L’azoto, si sa, è uno degli atomi con il più ampio set di numeri di ossidazione, passando da un estremo ridotto, l’ammoniaca, NH3, a quello ossidato, HNO3, l’acido nitrico. Nell’intervallo amplissimo da -3 a +5 abbiamo una serie numerosissima di casi e gli ossidi di azoto, le forme ossidate dell’azoto svolgono un ruolo cruciale nel ciclo complessivo di questo elemento.

L’ossido nitrico è uno degli ossidi dell’azoto. Vediamo come si situa nel ciclo generale dell’azoto nel quale è introdotto principalmente da fenomeni come i fulmini:

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http://faculty.washington.edu/jaegle/558/ozone_NOx.pdf

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La composizione dell’aria secca mostra ben quattro molecole “naturali” contenenti azoto:

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da wikipedia

Si tratta dell’azoto molecolare che costituisce ben il 78% dell’aria in volume, il monossido NO, il protossido o ossido di diazoto N2O (questo è interessante perchè pesa come ed è isoelettronico con la CO2) e il biossido di azoto NO2. Come vedete ciascuno di questi composti fa parte della composizione dell’aria secca “naturale”, in pratica ha un ruolo nel ciclo dell’azoto, e come spesso avviene l’umanità si è inserita in questo ciclo alterandone profondamente il meccanismo. Guardate in questa slide le stime dei diversi apporti con un incremento di 3-6 volte all’NO complessivo dovuto alle attività umane. (http://faculty.washington.edu/jaegle/558/ozone_NOx.pdf):

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Aggiungiamo anche un’altra cosa per i meno “chimici” dei nostri lettori, ppm, vuol dire parte per milione, in moli o in volume in questo caso; il che vuol dire che nella camera in cui siete adesso (suppongo circa 3x4x3 m3=36m3=36.000 litri =36.000.000 cm3, 1ppm sono 36 cm3) 28.000 litri sono di azoto e almeno 180 cm3 di NO, 18 cm3 di N2O e 0.72 cm3 di NO2. Quindi lo vogliamo o no queste molecole sono nostre inseparabili compagne, certo con livelli molto diversi nelle grandi città e sulle cime delle Alpi.

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Atmos. Chem. Phys., 12, 2551–2566, 2012

Come si formano queste molecole? Tutte partono dalla sorgente principale che è l’azoto atmosferico, ma esistono, come si indovina dallo schema sia pur semplificato qui mostrato, altre strade che partono per esempio dai batteri o da altri organismi viventi compresi noi che abbiamo enzimi capaci di produrre NO in piccola quantità a partire da amminoacidi come l’arginina (https://it.wikipedia.org/wiki/NO_sintasi).

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nox10Non è quindi strano che alcune di esse, come NO, possano giocare un ruolo nel nostro metabolismo o in quello dei batteri e in genere nella biosfera. In particolare NO ha un ruolo come agente vasodilatatore umano e gioca in modo positivo nel meccanismo di erezione maschile (si veda anche http://wp.me/p2TDDv-1YS).

Più in generale nel nostro corpo viene usato per due scopi diversi, per trasmettere un segnale o come sostanza tossica di difesa.
Quello che agisce da messaggero viene prodotto in continuazione a bassi livelli dalle cellule e controlla la contrazione delle cellule muscolari e la crescita delle cellule nervose. L’ossido nitrico è particolarmente efficace come messaggero: diffonde rapidamente perché la sua molecola è molto piccola e apolare, ma rimane abbastanza localizzato perché è molto reattivo e viene distrutto rapidamente. (http://www.pianetachimica.it/mol_mese/mol_mese_2011/01_Ossido_Nitrico_Sintasi/Ossido_Nitrico_Sintasi.htm)
L’ossido nitrico può anche agire come sostanza tossica grazie alla sua grande reattività. I macrofagi, cellule del sistema immunitario, lo utilizzano per uccidere i patogeni insieme con altri composti reattivi dell’ossigeno.

Attenzione però! Dire che NO (o N2O o NO2) ha un ruolo nel ciclo naturale dell’azoto o nel nostro corpo, non vuol dire che esso sia privo di rischi per l’uomo o per l’ambiente; riflettiamo su un concetto; tutti i sistemi lontani dall’equilibrio hanno una composizione ed una struttura, o come dice Prigogine sono “strutture dissipative”; questa definizione è fatta di due parole: dissipativo si riferisce al consumo di energia libera (vedi i 5 post sul potenziale chimico) mentre struttura si riferisce appunto all’aspetto dettagliato spazio-temporale: qualunque cambiamento della struttura può alterare irreversibilmente il sistema. Pensiamo ad un caso elementare, l’acqua; siamo fatti di acqua dal 70 al 90% a seconda del tessuto; ma ci sono dei casi ben precisi in cui l’acqua può condurci alla morte, basta che la sua concentrazione allo stato liquido superi un valore relativamente basso nei polmoni e noi moriamo; anche i batteri se messi in acqua molto pura hanno dovuto inventarsi metodi di difesa, perchè l’acqua pura penetra per pressione osmotica la membrana cellulare e li gonfia portandoli alla distruzione, eppure sono fatti essenzialmente di acqua come noi.

Insomma, in una forma più estesa vale il vecchio principio: “E’ la dose che fa il veleno”; la dose e, aggiungerei, il luogo, l’organo.

Quindi, discorsi che non considerino questo fatto appaiono del tutto sballati; dire che NO (o altri ossidi di azoto) non è tossico perchè è un composto che è già presente nel nostro corpo, o perchè sta nel ciclo dell’azoto non considera il vecchio ma sempre valido adagio di Paracelso: (https://ilblogdellasci.wordpress.com/2014/06/12/la-chimica-di-paracelso/)” dosis sola facit ut venenum sit”. E’ semplicemente falso che NO non possa essere tossico.

Vediamo meglio.

Quando si fa una combustione di solito si considera l’azoto dell’aria come un gas inerte; tuttavia una piccola parte dell’azoto reagisce con l’ossigeno, trasformandosi in ossidi di azoto, principalmente NO; questa quota cresce al crescere della temperatura di fiamma o di reazione; quindi questa reazione secondaria ha una importanza limitata ma crescente con la temperatura.

Le reazioni che formano NO nelle combustioni pendono il nome di meccanismo di Zeldovich basato sulle seguenti tre reazioni di formazione-distruzione di NO :

O+N2 =NO+N

N+O2 = NO+O

N+OH= NO+H

 

Si potrebbe considerare che la situazione sia questa:

Cominciamo a dire cosa è NOx; si tratta di una formula empirica che indica non solo NO ma anche NO2, che si forma per semplice ossidazione del primo in presenza di ossigeno, e in aria ce n’è un bel pò; NO2 a sua volta dà luogo ad altri composti come HNO3, l’acido nitrico per semplice reazione del biossido di azoto con l’acqua; esistono poi una serie di altri ossidi che si possono formare come N2O5; tutti questi composti prendono collettivamente il nome di NOx se ci si riferisce alla somma di NO e NO2 e di NOz se ci si riferisce a tutti gli altri (compreso l’acido nitrico ma esclusa l’ammoniaca, insomma solo i composti “ossidati”); ne segue che si può scrivere:

NOy=NOx+NOz.

dove NOy in qualche modo rappresenta simbolicamente il complesso di questo tipo di inquinamento. Si tenga presente che mentre i composti di NOx in qualche modo, fino ad una certa concentrazione, fanno parte della composizione dell’aria secca, NOz individua composti del tutto estranei all’aria non inquinata. NO è anche in grado di interagire nel ciclo dell’ozono contribuendo alla sua formazione, come abbiamo visto prima. E ancora non dimentichiamo NO contribuisce alla crescita delle nanoparticelle. In questo modo la sua esistenza è al centro di vari fenomeni di inquinamento non solo primario ma secondario.nox12

Occorre fare delle precisazioni.

Prima di tutto NOx si forma da tutti i tipi di combustioni, non solo dai motori diesel, si forma anche nei motori a ciclo otto o nelle semplici combustioni delle caldaie di riscaldamento, anche se bruciate metano, anche se è comunemente riconosciuto che dal punto di vista quantitativo i motori a scoppio siano i principali responsabili e in specie quelli diesel.

Il limite fissato nell’aria delle grandi città per il componente più pericoloso di NOx che è NO2 è 40mg/m3 come media annua (il medesimo valore usato prima ossia 0.02ppm in volume equivale stechiometricamente a questo: 40mg/m3 è un altro modo di dire 0.02ppm anche se c’è poi un ciclo stagionale che dipende dal sito e dalla posizione ); riflettiamo su questo: valori sopra 40 corrispondono ad un contributo in aggiunta al valore “naturale” al livello del suolo, ma anche al fatto che molecole estremamente attive sono presenti nell’ambiente in quantità non bilanciate dai processi di recupero della biosfera; esse possono quindi dare origine con la loro distruzione spontanea ad altri materiali che come si diceva prima sono in parte ozono e nanoparticolato, che in questo modo aggirano i metodi di controllo diretti sui dispositivi generatori.

Il valore viene sforato varie volte l’anno, tanto da rimanere in media sopra la soglia; faccio un esempio con dati italiani:

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Queste sono due stazioni di misura di Torino dove si vede che almeno nelle peggiori stazioni di misura, ossia nelle zone più inquinate delle grandi città negli ultimi vent’anni il valore è rimasto in media sopra il limite, sia pure con una decisa tendenza alla riduzione; però consideriamo una cosa; nei medesimi anni il volume di traffico è aumentato moltissimo.

Ovviamente non abbiamo il numero esatto di veicoli e il loro percorso in zona, ma possiamo valutare che ci sia stato un incremento significativo; nella regione Piemonte il numero complessivo di autoveicoli è cresciuto del 20-25% circa e ragionevolmente questo trend vale anche per le grandi città come Torino; inoltre fra le autovetture c’è stato un incremento della percentuale delle auto diesel che comunque nel caso in questione sono un 40% circa del totale. Queste percentuali sono confermate dai consumi totali di diesel nel paese, che conferma un aumento dal 1992 al 2012 da 16 a 22 milioni di ton di diesel passando per un picco di 26 nel 2007 appena prima della grande crisi. Circa il 40% è dovuto alle auto private, mentre il grosso è legato al trasporto commerciale e industriale e alle macchine industriali ed agricole.

Il fatto che nonostante questo incremento l’inquinamento sia anche se di poco migliorato è segno che i meccanismi di controllo e riduzione delle emissioni sono riusciti a far fronte all’aumento e a non peggiorare la situazione, che rimane comunque fuori limite, attorno a due o tre volte i valori massimi consentiti nei posti peggiori delle grandi città. Occorre quindi andare oltre. Come?

Per capire meglio la situazione facciamo un esempio molto ma molto grossolano di quanto ne viene prodotto dal solo traffico diesel per esempio; supponiamo di avere solo euro5; dato che i limiti di emissione di un euro5 sono di 0.18g/km percorso, il che corrisponde a qualcosa come (facciamo 15km/litro e densità gasolio 0.85) 2.7grammi di NOx per litro di gasolio, ossia lo 0.003 in frazione il 3permille in peso, e dato che si consumano oltre 20Mton di gasolio/anno avremmo una produzione annua dell’ordine di 60mila tonnellate; supponiamo ancora che venga prodotto nel rapporto “naturale” fra i componenti azotati dell’aria pura (non è vero ovviamente). In quanti km3 di aria “pura” sarebbe contenuto questo quantitativo? 9000; per diluirlo 100 volte e renderlo inoffensivo ci vorrebbe uno strato di 3 km di spessore e molto mescolamento. In zone come la Valpadana che è una gigantesca conca mal ventilata la cosa non funzionerebbe, e ne seguirebbe un notevole accumulo dell’inquinante; questo esempio fa capire anche l’effetto solo parziale di misure di blocco se non favorite dalla stagione e dal meteo.

C’è da sottolineare che la frazione di autoveicoli a grande consumo e ragionevolmente a grande inquinamento (autocarri, che sono diesel) è significativa; gli autocarri e i veicoli industriali sono circa il 10% del totale autoveicoli, ma consumano di più e percorrono nel medesimo periodo distanze molto maggiori, quindi il peso dell’inquinamento legato al trasporto merci è perfino superiore a quello del trasporto persone con veicoli privati; se aggiungiamo a questo le ultime risultanze sull’inquinamento generato dai grandi motori marini che continuano ad usare anche carburanti ricchi di zolfo (http://www.dailymail.co.uk/sciencetech/article-1229857/How-16-ships-create-pollution-cars-world.html) possiamo dire che il trasporto merci nel complesso è il principale inquinatore dell’aria anche nelle grandi città, molte delle quali sono vicine o attraversate dalle grandi vie di comunicazione; infine le grandi città di mare non sono certo al sicuro dall’inquinamento delle grandi navi; pensate al caso Venezia, ma anche al caso Genova o Napoli o Trieste.

Infine per confermare che i diesel non sono da soli nella loro azione di inquinamento basti pensare che seppure l’inquinamento da benzene, che è un cancerogeno riconosciuto a livello internazionale è sotto i limiti legali, tali limiti sono ampiamente infranti in prossimità delle aree di rifornimento e per raggi non trascurabili (I.M. Morales Terrés et al. / Journal of Environmental Management 91 (2010) 2754e2762).

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I metodi per abbattere seriamente l’inquinamento da NOx esistono; hanno solo l’handicap di essere costosi.

Per esempio esistono filtri cosiddetti de-Nox che si basano sull’assorbimento dell’NO e nella sua trasformazione in NO2 e nitrati, che in una seconda fase vengono poi trasformati in carbonati e l’NOx in N2.

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Oppure (Applied Catalysis B: Environmental 37 (2002) 27–35) usando urea in soluzione e la seguente serie di reazioni con catalizzatori al sol-gel Pt/ossido di alluminio ad una temperatura inferiore a 300°C.

2CO(NH2)2 + 6NO → 5N2 + 2CO2 + 4H2O

4HNCO+6NO → 5N2 +4CO2 +2H2O

4NH3 + 4NO + O2 → 4N2 + 6H2O

 

Costano e ovviamente la questione costi e il dominio del mercato è stata quella che ha spinto la VW a truffare per rimanere sul tetto del mondo dei venditori di auto.

In conclusione: la sacra battaglia contro un solo inquinante (di volta in volta le PM10, l’NOx o il benzene, e attualmente la protesta contro la truffa Volkswagen) non è che sia sbagliata in se, è giusta , ma DA SOLA non ha senso, e se condotta su base singola si trasforma in altro.

Occorre passare da motori a combustione ad altri tipi di motore per ridurre (anche se non abolire) l’inquinamento dell’aria che respiriamo; c’è una quota di inquinamento dovuto ai trasporti che non verrebbe intaccata nemmeno dalla abolizione dei diesel, pensiamo all’effetto complessivo dei jet, ma anche se nelle città ci fossero solo auto e autocarri elettrici e le grandi vie di comunicazione fossero sorvegliate, rimangono le quote di inquinamento da pneumatici, asfalto, cemento, etc e soprattutto un numero di morti per incidente che non scende sotto valori pazzeschi, tanto che questo tipo di mortalità è la prima causa di morte per certe classi di età.

Si tratta allora non di fare una lotta antidiesel, ma di battersi prima di tutto per la riduzione del traffico privato e la trasformazione dei trasporti su gomma in trasporti su ferro o comunque su base elettrica e non fossile, ampliando nel contempo l’uso della bicicletta in tutti i casi in cui questo sia possibile. Rendere il treno un mezzo di trasporto più comodo e non solo per ricchi funzionari che si muovono fra le grandi città. Coprire efficacemente i trasporti locali (attorno alle grandi città) e le zone meno servite (come il Sud Italia) ritornando ad una politica del trasporto pubblico come servizio e non come fonte di profitto per gli affidatari. Poter trasportare facilmente la bici in treno per esempio (https://www.change.org/p/trenitalia-spa-abbonamento-bici-treno-nazionale), introdurre quanto prima dei controlli realistici sull’inquinamento degli autoveicoli ricorrendo a test non al banco ma su strada ed, ovviamente, escludendo e punendo con severità ogni tipo di trucchi ma soprattutto adeguando le leggi e le norme che lasciano ampi margini di imbroglio.

I fanatici antidiesel-e-basta sinceramente mi fanno ridere e nascondono o coprono al di là della loro volontà probabilmente altri interessi.

Per approfondire:

http://www.arpa.piemonte.it/approfondimenti/territorio/torino/aria/Pubblicazioni/uno-sguardo-allaria-2013.-brochure

I dati dell’energia 2014 – Confindustria http://www.confindustriaenergia.org/allegati/CEdatienergia2014.pdf

Trends, seasonal variability and dominant NOx source derived from a ten year record of NO2 measured from space. J Geophys Res 113:D04302

JOURNAL OF APPLIED METEOROLOGY  VOLUME 36

Seasonal Cycles of Surface Ozone and NOx in Shanghai

 

Atmos. Chem. Phys., 12, 2551–2566, 2012 www.atmos-chem-phys.net/12/2551/2012/ Long-term in situ measurements of NOx and NOy at Jungfraujoch 1998–2009: time series analysis and evaluation

  1. Pandey Deolal1, D. Brunner2, M. Steinbacher2, U. Weers1, and J. Staehelin

Air Monitoring Instrumentation Nitrogen Oxides (NOy)

David A. Neuschuler Director of Engineering Teledyne – API November 6, 2006

Nitrogen Dioxide Toxicity: Practice Essentials, http://emedicine.medscape.com/article/302133-overview#a2

JOURNAL OF GEOPHYSICAL RESEARCH, VOL. 113, D17307, doi:10.1029/2007JD009688, 2008

Seasonal variation of nitrogen oxides in the central North Atlantic lower free troposphere

  1. Val Martin, R. E. Honrath, R. C. Owen,and Q. B. Li

http://tesi.cab.unipd.it/40555/1/Tesi_di_laurea_triennale_Ing.Gestionale_Emanuele_Miotello.pdf