“Vermi” che si cibano di polistirene

Claudio Della Volpe

Abbiamo già introdotto anni fa l’idea che esistono enzimi nella biosfera in organismi macroscopici in grado di attaccare i legami della “plastica”; fu una brillante ricercatrice italiana, Federica Bertocchini, che però lavorava in Spagna, a scoprire per prima, nel 2017, questo fenomeno di cui abbiamo reso conto sul blog.

Da allora è cresciuta la conoscenza di questo fenomeno presentato da altri “vermi” o meglio larve di insetti i quali ospitano nel loro intestino dei microorganismi capaci di realizzare questa degradazione.

Nel caso della Bertocchini si trattava delle camole, le larve della Galleria mellonella, che si usano da sempre per la pesca e che vi assicuro hanno un ottimo sapore (le ho provate ad una presentazione degli insetti come cibo anni fa, erano molto dolci). Quelle larve erano in grado di mangiarsi i sacchetti di polietilene.

Anche il polistirene è degradabile nel medesimo modo; la cosa è stata scoperta da alcuni ricercatori cinesi; i medesimi avevano scoperto poco prima che il comune Tenebrio molitor, ossia il verme della farina era in grado di degradare la gomma degli pneumatici ed il polistirene; ed in effetti guardando bene la letteratura un gruppo di ricercatori che lavoravano fra Manchester e il Pakistan

Atiq, N., Ahmed, S., Ali, M. I., Andleeb, S., Ahmad, B., & Robson, G. (2010). Isolation and identification of polystyrene biodegrading bacteria from soil. African Journal of Microbiology Research, 4(14), 1537-1541. http://www.academicjournals.org/ajmr/PDF/Pdf2010/18Jul/Atiq%20et%20al.pdf

aveva scoperto nel suolo i batteri direttamente responsabili della degradazione del polistirene.

Guardando sia pur superficialmente la letteratura si trovano organismi e microorganismi capaci di degradare parecchie “plastiche”: polietilene, polistirene, gomma sintetica, e perfino il polivinilcloruro.

Scrivono i colleghi di Pechino:

Il polistirene (PS) è uno dei principali rifiuti di plastica accumulati nell’ambiente. In precedenza, abbiamo riferito che il verme della farina (Tenebrio molitor) era in grado di degradare e mineralizzare il polistirolo (schiuma PS)**. Questa scoperta ha suscitato la nostra curiosità di esplorare se altre specie di insetti avessero la stessa capacità dei vermi della farina. Qui, una larva di insetto, il superverme (Zophobas atratus), è stata recentemente dimostrata in grado di mangiare, degradare e mineralizzare PS. I supervermi potrebbero vivere con il polistirolo come unica dieta come quelli alimentati con una dieta normale (crusca) per un periodo di 28 giorni. Il tasso medio di consumo di polistirolo per ciascun superworm è stato stimato a 0,58 mg / die, 4 volte superiore a quello del verme della farina. Le analisi dell’ingerito, utilizzando la cromatografia a permeazione di gel (GPC), la spettroscopia a risonanza magnetica nucleare 13C cross-polarization/magic angle spinning nuclear magnetic resonance (CP/MAS NMR) allo stato solido e la spettroscopia termogravimetrica interfacciata con la spettroscopia infrarossa a trasformata di Fourier (TG−FTIR), hanno dimostrato che la depolimerizzazione delle molecole di PS a catena lunga e la formazione di prodotti a basso peso molecolare si sono verificate nell’intestino larvale. Un test respirometrico ha dimostrato che fino al 36,7% del carbonio di polistirolo ingerito è stato convertito in CO2 durante un periodo di prova di 16 giorni. La capacità di degradare il PS del superworm è stata inibita dalla soppressione antibiotica del microbiota intestinale, indicando che il microbiota intestinale ha contribuito alla degradazione del PS. Questa nuova scoperta estende gli insetti che degradano il PS oltre le specie all’interno del genere Tenebrio e indica che il microbiota intestinale del superworm sarebbe una nuova biorisorsa per la ricerca di enzimi che degradano la plastica.

Biodegradation and mineralization of polystyrene by plastic- eating superworms Zophobas atratus Yu Yang , Jialei Wang , Mengli Xia Science of The Total Environment  Volume 708, 15 March 2020, 135233

**Il risultato è stato pubblicato  qui: Aboelkheir, M.G., Visconte, L.Y., Oliveira, G.E., Filho, R.D., Souza, F.G., 2019. The biodegradative effect of Tenebrio molitor Linnaeus larvae on vulcanized SBR and tire crumb. Sci. Total. Environ., 649, 1075–1082.

La cosa importante è che la velocità di degradazione dei polimeri ad opera dei batteri in  ambiente artificiale o naturale è lenta, mentre le larve di questi insetti sono molto più veloci; nel loro intestino la cosa diventa talmente veloce che si realizza entro decine di minuti dal contatto con la camola e qualche giorno nel caso del verme della farina e del verme di cui parliamo oggi, il cosiddetto superverme, ufficialmente Zophoba atratus, ritratto nell’immagine qui sopra.

Colgo l’occasione per rispondere anche a chi mi fece notare allora che quando avevo scritto che il legame C-C non è così facile da demolire mi ero dimenticato che noi stessi degradiamo le catene degli acidi grassi.

La cosa è leggermente più complessa di come la metteva il mio critico (che era poi Gustavo Avitabile che ringrazio del commento):

Gli enzimi del metabolismo degli acidi grassi sono tutti mitocondriali, mentre la loro attivazione avviene nel citoplasma: è quindi necessario trasportare gli acidi grassi attivati nel mitocondrio. Nei mitocondri possono essere presenti degli acidi grassi ottenuti dal turnover  delle lipoproteine di membrana: per essi sarà necessaria una attivazione intramitocondriale (questa attivazione è stata utilizzata per confermare che i mitocondri sono l’evoluzione di batteri che, in principio, infettavano le cellule prive degli apparati deputati al metabolismo aerobico; i mitocondri, infatti, hanno un loro patrimonio genetico e sono quasi totalmente sufficienti, anche per la loro riproduzione).

In definitiva nel nostro DNA quegli enzimi non ci sono, ma in quello dei mitocondri che hanno il loro proprio DNA ci sono; e dunque gli antichi batteri che hanno dato origine agli organelli mitocondriali delle nostre cellule eucariote sono i veri contributori.

Inoltre se allunghiamo la catena (e/o escludiamo i terminali come la funzione carbossilica o esterea), la nostra capacità di metabolizzazione si interrompe; la semplice cera di candela che ha catene molto lunghe non siamo capaci di metabolizzarla affatto.

Cosa faremo di queste scoperte? Riusciremo ad usarle per chiudere o almeno cominciare a chiudere il ciclo della plastica?

Voi che ne dite?