Mauro Icardi
Il depuratore di Paestum- Capaccio è stato protagonista, nel febbraio 2018, di un incidente che ha causato uno dei più gravi fenomeni di inquinamento marino degli ultimi anni nel Mediterraneo. Dall’impianto fuoriuscirono circa 132 milioni di dischetti in plastica(in inglese carrier) che erano utilizzati come supporti per la crescita di biomassa adesa. La biomassa adesa, così come il fango di ossidazione, è la comunità microbiologica costituita da batteri e protozoi che depura le acque reflue. Nei mesi successivi a questo incidente i dischetti furono ritrovati, sospinti dalle correnti, fin sulle coste della Francia e della Spagna, oltre che nel Lazio, in Toscana, in Liguria, in Sicilia e sugli arenili campani.
Per questo incidente otto persone sono state rinviate a giudizio, con l’accusa di disastro ambientale e inquinamento doloso.
Da quanto ho potuto reperire facendo ricerche in rete, ho desunto che la vasca di ossidazione dove erano contenuti i rack con i dischetti, abbia subito un cedimento strutturale. In qualche caso ho letto che i responsabili della gestione avrebbero sovraccaricato questa vasca, che già presentava segni di ammaloramento, e questo aumento di portata sarebbe stato il fattore scatenante del cedimento.
Posto che l’inchiesta ed il processo (che mi risulta siano ancora in corso), dovranno appurare le responsabilità, ci sono alcune considerazioni che vorrei fare. La prima, piuttosto semplice, è che questo è probabilmente stato il più eclatante incidente occorso ad un impianto di depurazione. Nel momento in cui si verifica un cedimento strutturale, la mente corre al crollo del ponte Morandi, e alle altre decine di situazioni simili che si sono verificate in molte zone d’Italia. E qui la parola andrebbe data a chi è esperto di costruzioni. Si sa che i manufatti in cemento armato possono degradarsi con il tempo. Esiste quindi un problema di insufficiente o mancata manutenzione di questo tipo di costruzioni, che deve essere monitorato e risolto.

Quando si tratta di una vasca di ossidazione, il problema deve essere anche analizzato da un altro punto di vista, cioè quello progettuale. Ovvero un depuratore dovrebbe essere progettato in maniera modulare. Avere cioè delle vasche di equalizzazione, delle vasche di raccolta di maggior volume (chiamate in gergo vasche volano) che possano raccogliere eventuali sversamenti.
Se la portata di acque reflue è molto elevata e il depuratore è al servizio di una grande città, (penso agli impianti di Milano, Torino, Roma per fare un esempio) è usuale avere più linee di trattamento. In questo modo in caso di necessità di manutenzione di queste sezioni, (vasche di ossidazione, sedimentatori, ispessitori), una di esse può essere svuotata per effettuare gli interventi di riparazione o manutenzione, senza che le acque reflue confluiscano senza trattamento direttamente nel corpo idrico ricettore.
Ma a cosa servono i dischetti che sono fuoriusciti dal depuratore di Capaccio?
Un impianto di depurazione in condizioni normali di funzionamento riesce a garantire il rispetto dei limiti su BOD, COD e solidi sospesi senza particolari difficoltà. Diverso è invece il caso dei nutrienti per scarichi in aree sensibili. Le quali non rappresentano più solo i laghi, ma per esempio anche l’area del bacino del Po e che quindi vanno ad interessare impianti che precedentemente non sottostavano a limiti così restrittivi (per esempio per quanto riguarda il fosforo totale).
In generale, quindi, si prospetta la necessità di intervenire su un gran numero di impianti di depurazione per far fronte a due diverse esigenze: incrementarne la potenzialità (come carico trattabile), e migliorare le rese depurative (abbattimento in particolare dei nutrienti).

Nel caso in cui le caratteristiche del liquame influente non rappresentino un fattore inibente, (ad esempio in termini di pH, rapporto BOD/Azoto totale, presenza di sostanze tossiche, ecc.), le condizioni richieste, per conseguire la nitrificazione (ovvero la trasformazione dell’ammoniaca in un composto meno inquinante come il nitrato), sono essenzialmente un adeguato contenuto di ossigeno nel comparto di ossidazione e una biomassa ben strutturata nella quale esista una buona percentuale di batteri nitrificanti.
L’aggiunta di un sistema di coltura a biomassa adesa permette di migliorare la fase di nitrificazione.
Vi sono due distinte possibilità: un sistema ibrido che viene inserito nel preesistente bacino di ossidazione a fanghi attivi, ed un sistema separato che viene di solito inserito a valle della fase di sedimentazione finale per incrementare le rese di nitrificazione e quindi di abbattimento dell’ammonio.
Si tratta in pratica di fissare la biomassa nitrificante su supporti fissi aventi elevata superfice specifica (per esempio supporti in polietilene o in matrici di gel). Mi interessava precisare questa cosa. Può forse sembrare eccessivamente tecnica, ma gli articoli trovati in rete si limitavano a definire i dischetti dei filtri, e la definizione non è esatta, pur avendo un qualche fondamento.
Per una corretta progettazione dei depuratori è necessario effettuare diversi prelievi delle acque che saranno da sottoporre al trattamento, monitorando principalmente COD, BOD5 ,Composti azotati, Fosforo totale, tensioattivi. Una volta conosciuta la concentrazione media di questi parametri, occorre considerare i volumi di acque da trattare.
L’impianto dovrà essere in grado di fare fronte alle variazioni dovute alle precipitazioni. La condizione ideale per ottenere una gestione migliore sarebbe quella di separare le acque nere da quelle meteoriche. Questo per evitare repentine variazioni di portata che possono provocare eccessive diluizioni delle acque reflue, malfunzionamenti e allagamenti. Episodi a cui ho assistito personalmente. La modifica del regime delle piogge è ormai una situazione critica, per i depuratori e per le reti fognarie. Oppure come già detto in precedenza dotare gli impianti di depurazione di adatte vasche di equalizzazione, per smorzare non solo le variazioni repentine di portata, ma anche per stoccare gli eventuali scarichi anomali costituiti da composti tossici o non biodegradabili.
Data l’ormai ubiqua e di fatto incontrollabile dispersione nell’ambiente di inquinanti emergenti, è di fatto indifferibile la necessità di adeguare gli impianti di depurazione più vecchi, dotandoli di un’efficiente sezione di trattamento terziario, oltre che a potenziare la sezione di ossidazione, non solo con un sistema per la crescita di biomassa adesa, ma anche con sistemi di depurazione più moderni. Il sistema MBR (Membrane Bio Reactor) è un sistema di depurazione biologica delle acque che consiste nella combinazione del processo tradizionale di depurazione a fanghi attivi e di un sistema di separazione a membrana (generalmente microfiltrazione o ultrafiltrazione) che sostituisce il normale sedimentatore secondario.

Nel 2018 il servizio pubblico di depurazione delle acque reflue urbane, garantito da 18.140 impianti in esercizio, ha trattato un carico inquinante medio annuo di circa 68 milioni di abitanti equivalenti. Il 65,5% del carico inquinante civile e industriale è depurato in impianti con trattamento di tipo avanzato, il 29,5% in impianti di tipo secondario, il restante 5,0% in impianti di tipo primario e vasche Imhoff.
Sin dal 1991, attraverso una specifica Direttiva CEE, l’Europa chiede agli Stati membri l’adeguamento degliimpianti di trattamento delle acque reflue e del sistema fognario. L’Italia è stata sanzionata con una procedura d’infrazione costata 25 milioni di euro per mancato adeguamento di 74 agglomerati urbani difformi. E altre procedure di infrazione sono in corso.
Se si considerano questi dati e si guarda alle disparità tra Nord e Sud, è evidente che la situazione dell’Italia è complessa e necessita di azioni integrate, coese, coerenti, non solo per garantire gli standard di depurazione su tutto il territorio. È necessaria una concreta politica del ciclo integrato delle acque, con investimenti adeguati sia del settore pubblico che di quello privato.
In quasi tutte le regioni d’Italia il percorso per arrivare alla definizione di un gestore unico a livello provinciale per la gestione del ciclo idrico integrato, è stato lungo ed estenuante.
La gestione unica che molte persone temono serve a razionalizzare gli investimenti. La realizzazione di un depuratore consortile di dimensioni più grandi, rispetto a dieci di piccola taglia semplifica la gestione e la conduzione. Queste sono cose che non tutti possono conoscere, io mi sento di dirle semplicemente perché ho sperimentato queste criticità lavorando sul campo. Chi legge queste righe non me ne voglia, ma ricordando il referendum del 2011 mi sono accorto che spesso intorno al tema acqua si fa molta confusione, e in qualche caso troppa demagogia. Non discuto il diritto all’acqua, e mi sono impegnato in prima persona contro la privatizzazione.
Ma vorrei ricordare che l’acqua non si trasporta, potabilizza, e infine si depura senza adeguati investimenti, programmazioni e senza ricerca. Ho concluso decine di volte i miei post con queste considerazioni e questi auspici. In Italia ci sono molti progetti di ricerca. Il tema acqua e soprattutto il tema fanghi è molto sentito dall’opinione pubblica. Ma mi preoccupa il fatto che troppo spesso l’informazione sia carente. So che nelle scuole superiori ad indirizzo chimico, con il nuovo ordinamento si studia la depurazione delle acque. Mi piacerebbe anche ci fossero cittadini consapevoli e informati sul tema, che provassero a capire come funziona un depuratore. Ma non solo, anche come funziona questo pianeta.
Quindi mi permetto di dare i miei suggerimenti di lettura. Una bibliografia minima essenziale per avere le idee più chiare.
Ingegneria sanitaria ambientale.
D’Antonio Giuseppe Edizioni Hoepli
Eugene P Odum Edizioni Piccin Nuova Libraria
- Il grande bisogno
Rose George Edizioni Bompiani
- I limiti alla crescita
D H Meadows – D L Meadows – J Randers – WW Behrens III Edizioni LU CE