Il futuro non aspetta e allora la scuola lo affida a ENI!

Margherita Venturi

e-mail: margherita.venturi@unibo.it

Sono la Presidente della Divisione di Didattica della SCI e faccio parte della redazione di questo blog; quindi, sono sensibile a tutti i temi che riguardano il rapporto della chimica con la società in senso lato (formazione insegnanti e studenti; rispetto per l’ambiente e l’umanità, sostenibilità, economia circolare, ecc.). In questo momento, presa dall’emergenza della didattica a distanza all’interno della ben più drammatica emergenza sanitaria, mi sono persa una notizia che ho visto solo qualche giorno fa e, in merito alla quale, vorrei esprimere il mio sconfortato parere condividendolo con i lettori di questo blog.

In un articolo apparso, su “La Repubblica” il 24 febbraio di quest’anno dal titolo roboante “Il futuro non aspetta”, si annuncia una serie di seminari per la formazione sulla sostenibilità e l’ambiente organizzata congiuntamente da ENI e dall’Associazione Nazionale Presidi (ANP). Ora, non sono contraria a seminari sulla sostenibilità, anzi sostengo a spada tratta che una formazione in quest’ambito, perfettamente in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030, sia importantissima per i nostri studenti, che saranno i cittadini del futuro, ma mi domando: perché ENI, dal momento che esistono tante persone esperte di sostenibilità e “moralmente pulite” alle quali l’ANP si sarebbe potuta rivolgere? E mi domando ancora: che concetto/idea/messaggio di sostenibilità può veicolare ENI?

Screenshot_2020-05-02 IL FUTURO NON ASPETTA LA FORMAZIONE ANP-DIRSCUOLA-ENI SOSTENIBILITÀ E AMBIENTE ALL’INTERNO DELL’EDUCA[...](1)

Mi pongo queste domande perché l’ENI, a mio parere, non ha l’onestà intellettuale (non mi esprimo sulla competenza scientifica) necessaria per tenere dei corsi di educazione ambientale per la scuola “seri e formativi”; sono sufficienti queste poche considerazioni (ce ne sarebbero altre) per capirlo.

  • L’ENI è uno dei maggiori gruppi al mondo che appoggia ancora oggi l’impiego di fonti energetiche fossili con un sempre più massiccio contributo alla produzione di gas serra e, se questo non bastasse, sta avviando anche nell’Artico la perforazione di pozzi per la ricerca di petrolio e gas.
  • In un’intervista rilasciata a “La Repubblica” (29/02/20) Descalzi spaccia come rivoluzionario il fatto di abbandonare l’estrazione del petrolio entro il 2050 e di ricorrere al gas naturale (“il metano ti dà una mano”); peccato che Descalzi dimentica di dire che l’uso del metano produce CO2; certo, un po’ meno rispetto agli altri combustibili fossili, ma non risolve sicuramente il problema del riscaldamento globale. Non lo risolve anche perché il metano è un potente gas serra e perdite nei gasdotti sono inevitabili. In poche parole, la rivoluzione energetica di ENI altro non è che la transizione dai combustibili fossili (petrolio) … ai combustibili fossili (metano).
  • L’ENI ha tentato di promuovere il suo biodiesel, ottenuto dall’olio di palma, come carburante “green” compiendo un palese falso e, infatti, è stata sanzionata dall’Antitrust con una multa da 5 milioni di Euro per “pubblicità ingannevole”.

Date queste premesse, mi sembra che da un punto di vista formativo ci sia poco da sperare da un Ente come ENI.

Screenshot_2020-05-02 Pubblicità ingannevole Il green diesel fa male a clima e ambiente Antitrust multa ENI per 5 milioni d[...]

https://valori.it/diesel-green-eni-multa-milionaria-antitrust/

Aggiungo anche che, a volte, ho l’impressione che l’educazione ambientale venga sentita come un qualcosa capitato sulla testa della scuola: non si sa perché e neanche dove inserirla nel curriculum scolastico. Allora basta fare poche e veloci azioni di facciata che impegnino il meno possibile.

https://ilblogdellasci.wordpress.com/2019/08/23/il-metano-rema-contro/

Nulla è più sbagliato, perché sui concetti di sostenibilità e di economia circolare si dovrà basare lo sviluppo futuro, se vogliamo che l’umanità abbia qualche speranza di sopravvivere. Anche la pandemia del corona virus, che stiamo faticosamente combattendo, ha messo a nudo tutti i limiti e le distorsioni del nostro attuale modo di vivere. Allora è estremamente importante fare educazione ambientale a scuola, per impartire i giusti insegnamenti scientifici, etici e sociali agli studenti nelle mani dei quali lasceremo il pianeta. Come e a chi affidare questo fondamentale compito? Secondo me e in accordo con quanto aveva previsto l’ex ministro Fioramonti, instituendo insegnamenti ad hoc, affidati all’intero corpo docente. Per affrontare un tema così complesso come quello dell’educazione ambientale, c’è infatti bisogno di competenze e conoscenze che riguardano tutti i campi del sapere e che vanno, quindi, dall’ambito scientifico e quello umanistico. Ovviamente, il corpo docente deve essere formato bene e seriamente.

https://www.facebook.com/divisionedidatticachimica/

Screenshot_2020-05-02 Home didattica Società Chimica ItalianaLa Divisione di Didattica della Chimica, con i suoi iscritti, è pronta a dare una mano: se la scuola chiama, noi rispondiamo. Ad esempio, in questo momento di emergenza didattica, per supportare i docenti che si sono dovuti attrezzare dalla sera alla mattina per fare lezioni a distanza, la Divisione di Didattica ha istituito un Tavolo Tecnico dal titolo “Insegnare durante l’emergenza Covid-19: una grande sfida per i docenti”. L’obiettivo di questo tavolo è quello di raccogliere materiale in grado di aiutare i docenti di chimica (e in genere di discipline scientifiche) che, oltre al problema di fare lezioni on-line efficaci, hanno anche quello di far entrare, ora purtroppo solo virtualmente, gli studenti in laboratorio.

Quindi la Divisione c’è e la scuola, invece di rivolgersi per le sue necessità ad enti esterni spesso inadeguati, basta che mi contatti.

TRA FRONTIERE E CONFINI. Recensione

Eleonora Aquilini*

Recensione:  di INSEGNARE E APPRENDERE CHIMICA

 

Il libro di Valentina Domenici “Insegnare e apprendere chimica”(Mondadori, 2018, p.XIV-338 euro 23.80), è sicuramente una novità di rilievo per chi si occupa di didattica della chimica.

Mancava, infatti, un testo di riferimento che facesse il punto sulle teorie e le pratiche che costituiscono il panorama della didattica nazionale e internazionale. Uno strumento importante per studenti che affrontano per la prima volta il problema dell’insegnamento della chimica, per insegnanti di scuola in servizio e per insegnanti universitari. Il libro, nella prima parte che consta di tre capitoli, mostra i vari passaggi che ci portano verso l’insegnamento della disciplina prendendo in esame diversi aspetti: la natura della chimica, il suo insegnamento oggi, il suo apprendimento lungo tutto l’arco della vita, le buone pratiche e i casi di studio.

Valentina Domenici

Ognuno di questi aspetti costituisce una parte del libro che viene analizzata in chiave didattica con un’ampia bibliografia, sicuramente preziosa per il lettore. La prima parte individua lo statuto epistemologico della chimica, la sua storia e il ruolo del suo linguaggio nell’insegnamento, dando un quadro dei capisaldi entro i quali muoversi per ragionare di didattica. La seconda parte del libro viene introdotta dal capitolo 4 che prende in esame l’insegnamento della chimica a scuola e all’università; questa è una novità di non poco conto in quanto, solitamente, la didattica viene considerata un mezzo, un modo per trasporre il sapere accademico ufficiale, dato per scontato e che non si discute, al mondo della scuola. Qui si ragiona alla pari, prendendo la didattica della Chimica come problema comune. Sappiamo tutti, infatti, che se vogliamo cambiare il modo d’insegnare usuale, prevalentemente trasmissivo e “autoritario”, come sostiene Kuhn[1], la discussione su come e cosa s’insegna deve nascere anche in ambito accademico. Allora, il capitolo 4 getta proprio un ponte fra scuola e università, disegna un interregno, una proficua zona di confine, promettente per gli sviluppi di tutta la scuola. A questo riguardo, a proposito cioè di quanto può essere efficace la contaminazione fra campi diversi, viene in mente la distinzione fra frontiera e confine che Richard Sennett delinea in L’uomo artigiano. Facendo riferimento alle pareti e alle membrane cellulari che si differenziano per la maggiore possibilità di scambio con l’esterno delle seconde rispetto alle prime, Sennett scrive: “In tutti gli ecosistemi naturali si possono trovare strutture analoghe alla parete e alla membrana cellulari. Gli ecosistemi hanno frontiere, che assomigliano alle pareti della cellula, e hanno confini che assomigliano alla membrana cellulare. Le frontiere possono delimitare un territorio da difendere, come il territorio abitato da un gruppo di leoni o da un branco di lupi, o la zona controllata da una banda e proibita alle altre … Il confine ecologico, invece, è un luogo di scambio, dove gli organismi diventano più attivi. Tale è la linea costiera di un lago: al bordo di acqua e terra gli organismi possono trovare molti altri organismi di cui nutrirsi”[2]. Sennett ricorda poi come, in ambito antropico, le mura delle città medioevali, nate come frontiere, si siano trasformate in confini attivi, quando ai loro bordi, sono nati piccoli mercati clandestini, o si siano popolati di proscritti e altri vagabondi[3]. Secondo Sennett, la sfida di noi esseri umani è trasformare le frontiere in confini, ossia luoghi di scambio, resistenze porose. Seguendo questa singolare chiave di lettura, diversi sono i luoghi di scambio che vengono evidenziati soprattutto nella terza parte del libro di Valentina, quella che è intitolata “L’apprendimento della Chimica lungo l’arco della vita (Lifelong learning)”: la chimica nella vita di ogni giorno, la comunicazione della scienza, l’immagine della chimica, i contesti non formali, i musei scientifici. In questi casi la disciplina viene a patti con altre strutture di pensiero (si pensi all’Etica), con altre organizzazioni (si pensi ai complessi museali), e modifica se stessa, cambia rotta, o chissà, preferisce tacere. Questi sono tutti ambiti in cui la chimica si confronta, si contamina con altre realtà diventando meno formale e forse più fruibile dai cittadini. L’autrice mette poi in luce, nell’ultima parte del libro, le possibilità, offre prospettive, documentando ciò che già esiste e riportando le buone pratiche, le piste di lavoro che sono sperimentazioni attuate nei diversi ordini di scuola e riflessioni su concetti fondanti per la disciplina. È evidente in questa, come nelle altre parti del libro, la passione e la competenza con le quali Valentina affronta le varie tematiche e come sa documentarle. Sicuramente questo è un libro importante per gli studenti che si stanno preparando all’insegnamento e per tutti i docenti, compresi quelli universitari, un riferimento, uno strumento che accompagnerà costantemente il nostro lavoro.

*Eleonora Aquilini, vive a Pisa e insegna Chimica nella scuola secondaria di secondo grado. Dal 1995 svolge attività di ricerca didattica nel “Gruppo di ricerca e sperimentazione didattica in educazione scientifica” del CIDI di Firenze. Attualmente è vicepresidente della divisione didattica della Società Chimica Italiana. È co-autrice del volume Leggere il mondo oltre le apparenze e ha scritto numerosi articoli riguardanti la didattica della Chimica e delle Scienze.

[1] Thomas S. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino,1999.

[2] Richard Sennett, L’uomo artigiano, Feltrinelli, Milano, 2009, pag. 217.

[3] Ibidem, pag. 218.

Chimica: oltre le apparenze.

Mauro Icardi

Ho avuto occasione ultimamente, di discutere e scambiare opinioni con ragazzi molto giovani. Cosa che cerco di fare sempre molto volentieri, in particolare se la discussione verte su temi oggi molto sentiti. In particolare la crisi ambientale e climatica. Durante questi anni di collaborazione al blog, ho sempre espresso con chiarezza il mio punto di vista, raccontando anche quale sia stata la mia formazione personale. Non solo legata al percorso formativo scolastico, ma anche a quello dello studio successivo. Studio legato alla formazione continua che ho seguito per passione personale, molto prima di doverlo fare per rispettare le indicazioni e i regolamenti dell’ordine professionale. Parlando con uno studente giovane, che appartiene ad uno dei gruppi locali italiani di “Friday for future”, ho raccontato della mia formazione e interesse per questi temi. E mi sono anche qualificato come chimico ambientale. La risposta che ho ricevuto, mi ha lasciato vagamente sbigottito. Sostanzialmente questo ragazzo mi ha detto “Lei è un chimico e si interessa di queste cose?” Abbiamo ancora chiacchierato per una mezz’oretta, con la promessa di mantenerci eventualmente in contatto.

Per l’ennesima volta ho sentito crescere dentro di me una sensazione di palese ingiustizia. Per riassumerla credo che questo brano, tratto dall’editoriale del mese di Marzo de “L’almanacco delle scienze” del CNR, a firma di Marco Ferrazzoli sia decisamente utile.

Sta di fatto che la chimica sembra scontare sia la sottovalutazione della sua importanza per la vita dell’uomo, sia la sopravvalutazione dei rischi a cui viene consuetamente legata. Chimica vista quindi come scienza complicata, noiosa, oppure causa dell’inquinamento e responsabile della mancanza di rispetto per la natura e per il Pianeta. La chimica se la batte quasi con la matematica per il titolo di disciplina più negletta a livello popolare e mediaticamente con minor appeal. Un giudizio severo, ingiusto, immotivato, poiché si tratta invece di una materia di grande fascino e importanza, a patto ovviamente che sia spiegata e comunicata in modo efficace e comprensibile.

Questo è quello che cerchiamo di fare anche noi che scriviamo su questo blog.

Per quanto riguarda la mia formazione personale, e per il lavoro che svolgo, la chimica e le nozioni principali di questa scienza sono state il mio costante ausilio. Il mio lavoro riguarda l’acqua e la sua salvaguardia. Negli anni mi sono confrontato con moltissime persone (ingegneri, biologi, tossicologi) e con molte persone con le quali collaboro per lavoro (elettricisti, meccanici). Da tutti ho ricevuto qualcosa, e a tutti ho cercato di dare qualcosa. Ma con quasi tutti ho dovuto faticare, lavorare ai fianchi. Per dimostrare (o tentare di farlo) che la chimica è qualcosa di molto diverso, da una sorta di vaso di Pandora dal quale sono scaturiti tutti i mali di questo nostro tempo. Altre volte ho scritto pezzi in difesa di una scienza che a troppi appare come il ricettacolo di ogni male. Mi occupo di acqua. Bastano queste poche nozioni per capire la bellezza della chimica.

Le eccezionali proprietà chimico-fisiche e la maggior parte di quelle chimiche dell’acqua sono legate alla sua polarità elettrica e alla possibilità di formare legami a idrogeno intermolecolari. Pur essendo formata da molecole semplici, possiede una stabilità chimica sorprendentemente elevata. Poiché le sue molecole sono polari è un solvente eccellente per sali e molecole che presentano legami polari (soluzioni).

Questo brano è tratto da appunti scritti a macchina che ho conservato gelosamente. Risalgono all’anno scolastico 1974/75. Frequentavo la seconda classe della scuola secondaria di primo grado, meglio conosciuta come seconda media. Mi vennero regalati da un ragazzo di qualche anno più vecchio di me, che frequentava il liceo scientifico. Sono stati in qualche modo profetici.

Non vorrei ripetere concetti già espressi. Sarebbe tutto sommato noioso e ripetitivo ritornare sul concetto che la chimica ha rischi, ma ci ha concesso molti benefici. Che molto del benessere di cui godiamo oggi, e delle cose a cui siamo abituati dipende da scoperte fatte nei laboratori chimici. Non mi voglio ripetere. La chimica che utilizzo io, è una chimica che deve affinare i propri metodi analitici. Che deve migliorare la parte preparativa dei campioni difficili (fanghi, morchie,reflui, rifiuti di varia tipologia). E’ una chimica che deve modellizzare flussi di acque, oppure di inquinanti aerodispersi. E che quindi deve dialogare strettamente con fisica e matematica. Una chimica che deve guardare al proprio futuro. E che sarà modificata da chi la vorrà studiare con lo stesso impegno. Ritornando per un attimo alla conversazione di cui parlavo all’inizio, mi ha fatto invece molto sorridere l’idea che quel ragazzo aveva della chimica, cioè che si occupasse esclusivamente di petrolio. In parte è vero, se uno sfoglia in maniera distratta e superficiale un testo di chimica organica. Io continuo a studiarla, magari non sistematicamente. Tenendo sul comodino (si lo confesso) dei testi che ogni tanto rileggo, o per meglio dire riassaporo. Tutto questo mi serve ogni giorno, e mi aiuta anche a mantenermi aggiornato ed attento.

Ecco, vorrei dire a quel ragazzo ,e a chi avrà la pazienza e la voglia di leggere questo post. Provate anche voi ad approcciarla. Se lo farete sono certo che troverete almeno un argomento che vi potrà appassionare. Ma per farlo liberatevi da condizionamenti che non hanno più ragione di essere. Perché posso assicurarvi che anche i chimici possono essere artefici di un nuovo modo di guardare al mondo, al pianeta ed al futuro.

E credo ne abbiano tutto il diritto. Lo abbiamo scritto come presentazione di questo blog : “Nell’Antropocene, l’epoca geologica attuale fortemente caratterizzata dalle attività dell’uomo, la Chimica ha il compito di custodire il pianeta e aiutare a ridurre le diseguaglianze mediante l’uso delle energie rinnovabili e dell’economia circolare.

Provate a leggere la tavola periodica, come fosse il calendario dell’avvento, anche se il Natale è trascorso, ed il prossimo non è alla porte. Provateci, potreste rimanerne finalmente affascinati, abbandonando le due p che si legano alla chimica. Tranquilli, non sto parlando delle p degli orbitali sp. Sto parlando delle p che significano le iniziali di preconcetto e pregiudizio. Che la chimica davvero non merita. Datele una possibilità.

NdA. Spero che le immagini “leggere” di questo post non siano fraintese. Tutto può servire a mio parere ad avvicinare, non solo alla chimica, ma alla conoscenza in generale.

Accanimento non terapeutico.

Mauro Icardi

Certamente non è una cosa che faccia piacere ai chimici pensare a come venga percepita, la Chimica, nell’immaginario dei non chimici. E questo atteggiamento preconcetto, io credo non deponga in generale a favore di una necessità evidente di contrastare la diffusione dell’analfabetismo di ritorno, delle fake news, e in generale della sovraesposizione a notizie banali, quali ad esempio quelle che si occupano di gossip.

Essere interessati alla propria professione, all’interesse mai interrotto per la scienza che è diventata strumento di lavoro e apprendimento, spesso espone a fraintendimenti che, personalmente trovo molto fastidiosi.

E tutto questo aumenta una sensazione di estraneità che qualche volta pesa.

L’ultimo episodio mi è capitato durante una degenza ospedaliera. In questa circostanza, oltre a pensare alla guarigione, è necessario pensare ad impiegare il tempo in maniera proficua.

Io ho chiesto a mia moglie di portarmi il libro di Marco Malvaldi “L’architetto dell’invisibile – ovvero come pensa un chimico”. Era sul comodino della stanza d’ospedale. Una sera, un’operatrice sanitaria lo ha adocchiato, preso in mano, e dopo aver guardato la copertina e letto il titolo, posato di scatto con un atteggiamento piuttosto plateale. Le ho chiesto il perché, ricevendo come risposta una sorta di borbottio, ed una molto generica spiegazione di idiosincrasia alla materia.

Ora, se una persona frequenta le librerie (purtroppo da proteggere come qualsivoglia animale in via d’estinzione), si può accorgere delle decine di libri che insegnano a vincere la paura della matematica, o della fisica.

Si trovano molti libri di divulgazione chimica, anche se a mio parere in numero leggermente minore, ma l’idea di scrivere un libro per vincere la paura della chimica potrebbe essere interessante.

Nelle pagine di questo blog si è scritto più volte in difesa della chimica, si è ripetuto quali siano i più diffusi luoghi comuni su questa scienza. Luoghi comuni che lo stesso Malvaldi riesamina, a partire da quello più diffuso che vede i termini “sintetico” o “chimico” come negativi, in contrapposizione a “naturale” che invece è percepito univocamente come positivo. Ma le aflatossine ad esempio, o la cicuta sono quanto di più naturale vi sia , eppure le prime sono molto tossiche e cancerogene, e l’estratto della seconda fu responsabile della morte che Socrate volle autoimporsi.

Altra riflessione che mi sento di fare è questa: occorre trovare un modo per appassionare le persone non solo alla scienza, ma in generale alla lettura, alla riflessione e allo sviluppo di capacità critiche. Tutte capacità ormai rare. La chimica ha nella sua dualità benefici/rischi già una sorta di peccato originale, una sorta di destino per il quale è tacciata di ogni nefandezza. E tutto questo fa dimenticare a troppi quanto invece le dobbiamo, e quanto del benessere (per altro da ripensare nei suoi aspetti maggiormente dissipativi) di cui attualmente possiamo ancora godere, sia dovuto alle scoperte dei laboratori o dei reparti di produzione.

Come dicevo i libri di divulgazione chimica ci sono. Sono disponibili credo nelle biblioteche di qualunque città o piccolo centro. Si possono acquistare così da averli sempre a disposizione per riguardarli. In rete ci sono innumerevoli siti per chi abbia il coraggio, la voglia e la curiosità di conoscere questa scienza. Basta avere un poco di quella che una volta veniva definita “buona volontà”. Per altro da estendersi a tutte le discipline scientifiche. Ma per la chimica almeno per tentare di modificare una cattiva reputazione decisamente immeritata. E sono convinto che una volta conosciuta, possa riservare sorprese a chi, per abitudine ne ha una visione negativa, ma non reale.

Una proposta inattesa

Cari amici e colleghi, ho ricevuto la seguente lettera da uno degli consulenti della Autorità Nazionale per il Controllo delle Armi Chimiche, e credo che possa interessare tutti coloro che lavorano nell’Università ma è comunque di generale interesse per i Chimici e il blog mi appare come il sito adatto per renderla nota; se avete bisogno dei dati telefonici del prof. Bonini scrivetemi pure.

Gentile dott. Della Volpe,

il commento apparso il 18 gennaio sulla lista SCI relativo allla Chimica delle Armi e  le Armi della Chimica, mi induce ad inviarle in allegato, con preghiera di diffonderlo in SCI list,  una proposta, a nome dell’Autorità Nazionale per il Controllo delle Armi Chimiche alla quale stavo gia lavorando ma  che aveva  subito un ritardo a causa dell’urgente questione del trasbordo a Gioia Tauro. Spero che questa iniziativa, con il sostegno dei colleghi, possa aiutare a riflettere sull’immagine ed il futuro della Chimica ancora una volta messa in discussione da disinformazione e interessi strumentali.Sperando che l’iniziativa  incontri l’interesse sopratutto dei giovani, invio un cordiale saluto

a lei e a tutti i colleghi.

 Carlo Cesare Bonini

Prof. Carlo Cesare BONINI

Ministero degli Affari Esteri

Autorità Nazionale per il Controllo delle Armi Chimiche Roma

carlo.bonini@esteri.it

Ciclo conferenze dell’Autorità Nazionale presso l’Università italiana

Contesto

Tra gli aspetti della Convenzione sulle armi chimiche (CWC) venuti in rilievo dopo la grande attenzione dedicata alla distruzione e alla non proliferazione delle CW, un posto di particolare importanza ha assunto la questione dello sviluppo di una chimica sostenibile e al servizio dell’umanità. Questo aspetto e le relative conseguenze sia a livello industriale che culturale generale, darebbero alla CWC e allo strumento OPAC  una proiezione di lungo termine che possa anche riabilitare l’immagine della chimica quale scienza di progresso in cooperazione tra tutti gli uomini.

In particolare quindi per le giovani generazioni, la conoscenza anche critica della CWC con i suoi sviluppi e le sue implicazioni etiche, appare di fondamentale importanza, anche recuperando su questo terreno un ritardo non sempre giustificabile. In ogni Stato Parte quindi ed in confronto con altre organizzazioni e soggetti, appare oramai indispensabile una non episodica attenzione alle tematiche  suddette, in particolare rivolta agli attori del settore nel prossimo futuro (studenti,  ricercatori nel pubblico e nel privato) .

Tra i compiti di questa Autorità Nazionale  per l’attuazione della CWC, può e deve quindi rientrare una tale opera di divulgazione e conoscenza, in collaborazione con le istituzioni e gli organismi che hanno una funzione decisiva nell’indirizzo e nell’educazione  dei giovani, anche sfruttando il cresciuto interesse dell’opinione pubblica suscitato recentemente dalla questione siriana e soprattutto dall’attribuzione del Nobel per la Pace all’OPAC.

 

Situazione in Italia

Sui contenuti sopraesposti iniziative nel nostro Paese sono state volenterosamente intraprese sia in collaborazione tra A.N. e colleghi ed esperti del mondo accademico ed industriale, sia da importanti  istituzioni accademiche principalmente presso l’Università di Bologna. Inoltre nella stessa direzione va ricordata  una iniziativa del Prof. Trifirò ( membro del SAB dell’OPAC)  con la messa in rete sul sito della S.C.I. con  un dossier accurato e divulgativo della CWC, dell’OPAC e relative tematiche. Infine da segnalare le tre conferenze tenute alle Università di Basilicata, Padova e Firenze e tenute tra il 2012-13 dal prof Bonini consulente dell’A.N. . L’interesse tra gli studenti (Chimica ed Ingegneria principalmente ma non solo) e i ricercatori suscitato da queste singole iniziative ha spinto l’A.N. a proporsi di programmare in maniera più sistematica ed organizzare una serie di iniziative per il prossimo 2014 di cui viene riportata una bozza di agenda

Proposta di intervento dell’A.N.

Argomenti dell’intervento:

-Illustrazione della tematica delle CW e della CWC

-Ruolo e funzioni dell’OPAC, organizzazione e possibilità di impiego in ruoli dell’organizzazione

-Illustrazione  del ruolo e dei compiti dell’A.N. in Italia nel settore industriale ed economico

-“Scientists awareness”  e educazione alla non proliferazione, etica della ricerca

Università coinvolte nel 2014: Milano, Roma La Sapienza, Roma Tor Vergata, Napoli Federico II, Bari,  con il coinvolgimento di studenti e ricercatori in Scienze e Chimica in particolare, Ingegneria, ma anche altri indirizzi quali Sc. Politiche e affini.

 

Organizzazione dell’intervento

Le tematiche scelte, proposte alle università, verranno illustrate e dibattute in una unica soluzione da più esperti dell’A.N. per un massimo di 2-3 ore, scegliendo con l’aiuto delle Università,  luogo e date in modo da favorire il massimo della partecipazione, Le tematiche dovranno essere svolte in forma divulgativa per evitare di coinvolgere solo specialisti ed esperti del settore. L’iniziativa andrà ovviamente monitorata costantemente e poi eventualmente ripetuta nei prossimi anni fino a coinvolgere  la maggior parte degli Atenei più interessati.

Il progetto di intervento definito sarà presentato all’OPAC nell’ambito dell’International Cooperation Activity per la concessione di un finanziamento dell’iniziativa.

Carlo Cesare Bonini

Recensione.”La Chimica fa bene” con l’Introduzione al libro.

a cura di Anna Raspolli

Recensione a: Gianni Fochi, “La chimica fa bene”, Giunti, Firenze-Milano, ottobre 2012, 186 pagg., 14 €

copj170.aspConosciamo da tempo Gianni Fochi come divulgatore capace di tradurre in termini semplici anche i concetti chimici più ostici. I suoi due libri longanesiani (“Il segreto della chimica”, ora terza edizione TEA, e “Fischi per fiaschi nell’italiano scientifico”) ne sono esempi che s’aggiungono ai suoi interventi giornalistici e televisivi.
La sua nuova opera pubblicata dalla Giunti contiene ancora molte pagine divulgative, che spiegano fatti comuni, con però dietro dei perché tutt’altro che banali: capelli che all’aria umida perdono la piega (ah, il legame a idrogeno!), le immagini che si formano negli schermi a cristalli liquidi, la tecnologia delle bibite gassate, gli occhiali che si scuriscono reversibilmente al sole, l’effetto antighiaccio del sale sulle strade. Oppure: che cos’è il fuoco? Perché l’acqua lo spegne, mentre la benzina brucia? Se si vuole invertire il senso naturale dell’osmosi per dissalare  l’acqua di mare, bisogna andar contro il secondo principio della termodinamica? Come funziona la carta copiativa che apparentemente non ha inchiostro? Come s’ottiene il ferro dai minerali? Perché riciclare l’alluminio conviene? Ed altro ancora. Ma stavolta Fochi ha inserito idee sue personali sulle ragioni della brutta immagine popolare della chimica. Idee  che potranno suscitare controversie appassionanti, perché non si contrappongono solo all’ambientalismo irrazionale, ma anche agli atteggiamenti di certi settori della chimica stessa. Non sempre, secondo Fochi, l’orientamento alla scelta universitaria è fatto dai chimici in modo opportuno; alcuni poi assolutizzano la green chemistry come se il resto della chimica fosse da bocciare senza appello. L’industria dal canto suo — sostiene l’autore — sbaglia gravemente quando evita il confronto sui problemi sanitari e ambientali del passato, rischiando di vanificare gli sforzi in atto per ottenere la fiducia dei cittadini. Sotto quest’aspetto la chimica italiana, secondo Fochi, poteva sfruttare meglio la grande occasione offerta nel 2011 dall’anno internazionale.

Il volume è scritto senza pedanterie ed è di veloce e piacevolissima lettura, e si presta ad essere proposto anche ad una platea vastissima di non addetti ai lavori, primi tra tutti gli studenti delle scuole superiori,  che con passione e curiosità si avvicinano alla scienza ed alle problematiche ambientali.  Nelle pagine di Fochi questa passione e curiosità traspaiono sempre,  insieme all’orgoglio di essere  un chimico.

Nota del blogmaster: La Casa editrice Giunti ci ha concesso di pubblicare qui l’introduzione del libro.

Introduzione
Come amarla difendendosi dai chimici

M’accingo a scrivere queste pagine mentre è ancora fresco il ricordo delle molte iniziative avviate in Italia nel 2011, proclamato dalle Nazioni Unite anno internazionale della chimica. L’idea è stata lanciata dall’Unione Internazionale per la Chimica Pura e Applicata (IUPAC) e dall’UNESCO. Se la prima di queste due organizzazioni è conosciuta dagli addetti ai lavori, la seconda è arcinota in tutto il mondo e s’occupa della cultura in genere, non solo di quella scientifica. Il suo simbolo, dove le sei lettere della sigla sono disposte come colonne d’un tempio greco, fanno pensare subito a ciò che in senso umanistico si ritiene un patrimonio meritevole d’esser conservato: dagli scavi archeologici di Pompei al folklore. Ed ecco ora anche il bisogno di presentare solennemente la chimica come tesoro per l’umanità: strumento potentissimo per la conoscenza della natura, inerte o viva che essa sia, e per il benessere materiale.
L’11 febbraio 2011 l’inaugurazione italiana ha visto riuniti personaggi di grande spicco presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. Come ricordato in quel convegno da Vincenzo Barone, presidente della Società Chimica Italiana, occorre lanciare un messaggio forte e chiaro all’opinione pubblica e ai politici in particolare: la chimica deve essere difesa contro i pregiudizi che ne deturpano l’immagine, alimentati dall’ignoranza e talvolta anche dalla malafede. Purtroppo infatti la gente — ha aggiunto Giorgio Squinzi, l’attuale presidente della Confindustria, che allora era presidente della Federchimica — è emotiva e quindi influenzabile dal terrorismo ambientale.
Di sicuro le correnti estreme e irrazionali della galassia ambientalista, cui spesso e volentieri i media fanno colpevolmente da cassa di risonanza, hanno un ruolo assai pesante nella pessima reputazione che affligge la chimica. Però un giudice, che si trovasse incaricato del processo ai responsabili di questa situazione e la studiasse a fondo in tutti i suoi risvolti, finirebbe per estendere l’indagine e accusare di concorso ben altre categorie.
Secondo me, nell’anno internazionale della chimica, s’è persa un po’ l’occasione d’intessere col pubblico un dialogo davvero fruttuoso. Si sarebbero dovuti coinvolgere ampiamente i cittadini nel far luce e chiarezza su un passato da discutere con spirito scientifico e storico, in un confronto aperto, finalmente sollecitato dalla chimica stessa. Mi conforta in questa mia convinzione ciò che ha scritto proprio nel 2011 su «La Chimica e l’Industria», organo della Società Chimica Italiana, una personalità chimica di lungo corso, Giorgio Nebbia, già professore all’Università di Bari. Egli ha ricordato che «la storia degli anni recenti è piena di episodi di danni alla salute e all’ambiente, provocati da industrie e sostanze chimiche non perché tali sostanze siano chimiche, ma perché sono stati imprudenti e incapaci i produttori, i trasportatori, gli utilizzatori».
Un libretto per i ragazzini, Tutto è chimica, dei francesi Christophe Joussot-Dubien e Catherine Rabbe, esalta la chimica, ma, come proprio all’inizio del 2011 segnalava Luigi Dell’Aglio recensendolo sul quotidiano «Avvenire», non ne nasconde le colpe. Inoltre, nell’invogliare la gioventù a dedicarsi a questa scienza, i due scrittori francesi avvertono: «Diventare chimico a volte è duro, bisogna studiare tanto, ma poi ci si trova a svolgere un lavoro interessantissimo». Guai a promettere il paese dei balocchi, a far balenare spettacolarità e lustrini come se iscriversi a un corso di laurea chimico fosse uguale ad andare in un salone di videogiochi.
«Intendiamoci: se tutto è spettacolo, è giusto enfatizzare questi aspetti» scrive, ancora su «La Chimica e l’Industria», Sergio Carrà del Politecnico di Milano. Si riferisce alla tendenza «a porre l’accento, in modo anche pittoresco, sulle meraviglie di un mondo microscopico». Nel titolo dell’articolo insinua però fin dall’inizio qualche dubbio sull’insieme delle iniziative in corso. Secondo lui occorre valutare l’efficacia di manifestazioni volte a far giovani proseliti: «Personalmente dubito che l’approccio menzionato sia il più efficace. […] È opportuno ridimensionare un messaggio che pone l’accento sugli aspetti estetici ed edonistici, dando più spazio a quegli aspetti duri che stanno alla base di molte realizzazioni tecnologiche».
Questo libro nasce proprio per affrontare problemi del genere, e non ha dunque soltanto un nocciolo divulgativo. Affiora qua e là, motivo conduttore a volte discreto e a volte invece prorompente come l’accompagnamento musicale d’un film, un mio certo modo di vedere le cose, formatosi mano a mano in quasi quarant’anni: quelli in cui, dopo la laurea, mi sono trovato parte di vari ambienti chimici, senza mai venire integrato del tutto da nessuno di essi.
Ringrazio chi avrà la voglia e la pazienza di leggere sino all’ultima pagina, e affido alla sua benevolenza il giudizio sulle spiegazioni scientifiche e sulle mie idee personali che le accompagnano e le intercalano. Ringrazio infine la casa editrice Giunti, che m’ha dato quest’occasione.

                                                                                               Gianni Fochi

Recensione: “CHIMICA! Leggere e scrivere il libro della natura.”

a cura di Claudio Della Volpe

CHIMICA! Leggere e scrivere il libro della Natura.di Vincenzo Balzani e Margherita Venturi Ed. ScienzaExpress  Collana:Parliamone.Trieste, 2012, 135p. 12 euro 

Come sicuramente ricorderete Galileo sostenne ne “Il Saggiatore” che il libro della Natura era scritto in lingua matematica e i suoi caratteri erano le figure geometriche; una posizione fortemente innovativa rispetto ai canoni del suo tempo.

In questo agile libretto Balzani e Venturi, due colleghi dell’Università di Bologna che tutti noi conosciamo, fortemente impegnati nella ricerca ma anche nella divulgazione, fanno un passo ulteriore; il libro della Natura è scritto in un linguaggio chimico, dove gli atomi corrispondono alle lettere e le molecole alle parole. Si tratta di un linguaggio che ci permette non solo di leggere la Natura ma anche di scriverci, inventando nuove parole, ossia nuove molecole.

E quindi sia “Chimica!” con tanto di punto esclamativo, una esclamazione che riflette l’entusiasmo di chi comprende la incredibile potenza di questo linguaggio.

chimica!

Questa correlazione fra molecole e parole ha nobili richiami nella storia culturale da Lucrezio a Leibnitz, da Levi ad Asimov e a Hoffman, da Cavaliere a Bartezzaghi; Odifreddi in un commento ad una recente conferenza di Enzensberger ricorda le molte affinità fra poesia, matematica e chimica. Insomma la Chimica è scienza centrale prima di tutto perchè essa è al centro della nostra cultura; ma perchè poi meravigliarsene? Essa ha fatto parte del nostro processo di ominazione, eravamo chimici già 100.000 anni fa, nella grotta di Blombos, preparando i primi pigmenti.

Supportato da un notevolissimo numero di illustrazioni, citazioni di concetti e frasi celebri, ma spesso dimenticate, il libro di Balzani e Venturi ripercorre la storia delle idee della Chimica e guida anche coloro che ne sono completamente a digiuno attraverso le basi della nostra disciplina; riesce perfino a parlare di chimica supramolecolare e delle nuove invenzioni chimiche legate all’imitazione dei processi naturali, a partire dalla fotosintesi artificiale, cui richiama la foglia in copertina. Tocca, e ripetutamente, i concetti base della termodinamica e della cinetica, senza mai aver bisogno di usare una sola formula matematica, ma usa invece e ripetutamente esempi chimici in una lunga e ben fornita sequenza di esempi stimolanti (dal più dolce, al più amaro, al più esplosivo, etc.).

Nel capitolo 8 affronta il tema della didattica della Chimica, a partire da un numero speciale di Science (aprile 2010) in cui si individuavano tre elementi base di un approccio diverso per la Chimica: temi legati alla realtà quotidiana; approccio interdisciplinare; laboratorio. Su questa base il libro propone quattro nuclei tematici da sviluppare (atomi, molecole, ioni – stati di aggregazione – reazioni – chimica quotidiana) ed una serie di indicazioni base sull’impostazione didattica che potrebbero essere riassunte nella famosa frase di Teofrasto:

          “Insegnare non è riempire un vaso, ma accendere un fuoco”.

L’ultimo capitolo è dedicato a quello che potremmo chiamare chimica ed etica, un argomento che spesso viene trascurato e che invece qui acquista un rilievo forte.

Un testo di questo tipo oltre allo spazio, che oggettivamente si crea da solo nel mercato culturale general-purpose, potrebbe trovare una ottima collocazione nelle indicazioni dei libri per il TFA; in grado cioè di fornire i concetti base e l’impostazione da usare nella didattica; ricco di illustrazioni e di citazioni da riusare ed approfondire, fornisce anche una serie di strumenti concreti; insomma uno sforzo culturale e creativo (e anche commerciale: il libro costa pochissimo ma ha una grafica di primo ordine), che ancora una volta fa onore alla scuola chimica di Bologna e a Vincenzo Balzani e ai suoi colleghi che continuano a fornirci esempi concreti di come divulgare la chimica e la sua bellezza, ma senza rinunciare al rigore e soprattutto all’etica, compagno irrinunciabile dello scienziato moderno.