La chimica del dirigibile.

Mauro Icardi

Il 6 maggio 1937, il dirigibile Hindenburg ( che è ancora oggi il più grande oggetto volante mai costruito al mondo), al termine del volo inaugurale  che prevede di sorvolare l’Oceano Atlantico per collegare la Germania agli Stati Uniti, si incendia pochi minuti prima della manovra di attracco al pilone situato nella base navale di Lakehurst nel New Jersey, destinazione finale della traversata aerea.

L’Hindenburg era partito da Francoforte  tre giorni prima.  In soli 34 secondi l’enorme dirigibile viene completamente distrutto. Nonostante la rapidità dello sprigionarsi delle fiamme, delle 97 persone presenti a bordo (tra passeggeri e membri dell’equipaggio), 62 riuscirono a sopravvivere, anche se alcune furono gravemente ustionate. Le vittime furono 36 (fu coinvolto anche un membro dell’equipaggio dislocato a terra).  La vicenda è, come quella del Titanic, rimasta nell’immaginario collettivo di molti. E nella ricostruzione di questo terribile incidente aereo ci sono anche molti riferimenti alla chimica e alla tecnologia costruttiva di questo gigante del cielo. E anche alla politica internazionale. Una storia quindi che è interessante, anche se termina con un epilogo tragico. E’ una storia che ha ispirato libri, film, e anche la copertina di un disco, quello dell’album d’esordio del gruppo rock inglese Led Zeppelin.

L’Hindenburg che venne così battezzato in onore del secondo presidente della Germania  Paul Von Hindenburg, aveva effettuato il primo volo inaugurale il 4 Marzo 1936 da Friedrichshafen, città sulla sponda settentrionale del lago di Costanza in Germania.

Dopo il primo volo di prova  effettuerà altri 62 voli raggiungendo varie destinazioni tra le quali  Rio de Janeiro. I dirigibili rigidi ideati da Ferdinand Von Zeppelin agli inizi del Novecento, erano stati inizialmente utilizzati a scopo  militare, soprattutto nella prima guerra mondiale. Prima della definitiva affermazione dell’aeroplano,  il dirigibile veniva ancora considerato superiore all’aereo per le capacità di carico e l’autonomia di volo. L’Hindenburg era stato immaginato come una nave da crociera aerea, e in ogni caso utilizzato anche come strumento di propaganda per il regime nazista. La tragedia di Lakehurst ridimensionerà di molto l’utilizzo e la costruzione dei dirigibili.  .

La struttura dei dirigibili Zeppelin era di fatto sempre la stessa, fatte salve le dimensioni. Uno scheletro di alluminio, rivestito esternamente di una tela trattata per renderla resistente e impermeabile.

All’interno di questa struttura erano inserite delle sacche  contenenti il gas di sostentamento degli aeromobili. I motori per muovere il dirigibile erano collocati esternamente all’involucro, la cabina di comando generalmente al di sotto della struttura nella parte anteriore. Una curiosità è che le parti anteriori e posteriori dei dirigibili erano denominate, analogamente a quanto avviene per le navi, con la denominazione di prua e poppa. Anche gli organi di comando per la variazione di rotta e di altitudine erano timoni molto simili a quelli navali.

Lo spazio per i passeggeri era ricavato inizialmente in una parte della gondola di comando. Ma nel caso dell’Hindenburg  si trovava nella parte inferiore dell’involucro.

La costruzione dell’Hindenburg richiese cinque anni di lavoro. I dirigibile era lungo 245 metri, e poteva contenere 200.000 m3 di gas contenuti in 16 sacche.

(Modello di struttura di dirigibile rigido, museo Zeppelin Friedrichshafen)

Analizziamo ora la chimica dell’Hindenburg. L’alluminio è l’elemento che caratterizza l’industria aeronautica ancora oggi. Per alleggerire al massimo la mastodontica struttura, come si può vedere in figura, le barre in alluminio che componevano la struttura erano traforate. Il rivestimento era in tela di cotone, impregnato con ossido di ferro e acetato di cellulosa, miscelato con ossido di alluminio. Questo conferiva all’aeromobile il suo caratteristico colore grigio argento (colore utilizzato negli anni 30 anche per le auto da corsa tedesche).  Il dirigibile pesava a vuoto 118 tonnellate. Poteva trasportare 72 passeggeri e 60 tonnellate di carico.

Il gas di sostentamento utilizzato nell’Hindenburg era idrogeno.

I tedeschi erano a conoscenza dei rischi che l’idrogeno avrebbe potuto provocare. E prendevano tutte le necessarie precauzioni, soprattutto  nei confronti dei passeggeri. Questi dovevano consegnare accendini e fiammiferi all’inizio del volo. Esisteva una speciale sala fumatori  pressurizzata ed isolata con una doppia porta dal resto dei locali del ponte passeggeri. I tedeschi non disponevano di elio, che invece era abbondante negli Stati Uniti, soprattutto quello che proveniva dai giacimenti di gas naturale di Amarillo in Texas. L’elio era già considerato un elemento strategico. Inizialmente proprio per l’industria legata alla costruzione dei dirigibili, ma anche per i successivi usi a cui sarà destinato (per esempio il raffreddamento dei magneti dei superconduttori , ma anche per quelli delle risonanze magnetiche negli ospedali). Per questo gli Stati Uniti proprio ad Amarillo realizzeranno, utilizzando una caverna sotterranea, il deposito federale di Elio.  Tra gli stati Uniti e le Germania di Hitler gli scambi commerciali continueranno fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, e anche durante il conflitto. Emblematico a questo proposito il caso della fornitura di macchine calcolatrici da parte della IBM al regime nazista. Macchine usate per la registrazione e la catalogazione degli sventurati ebrei rastrellati e destinati alla deportazione nei lager. Una triste anagrafe dell’olocausto. Ma per l’elio non verrà fatta nessuna deroga o concessione. Nonostante le richieste dei tedeschi che volevano utilizzarlo proprio per far volare i dirigibili, esso non sarà mai esportato  dagli Stati Uniti in Germania.

La ricostruzione più plausibile della causa dell’incidente di Lakehurst è quella di una perdita di idrogeno da una della sacche posteriori del dirigibile, nelle vicinanze della pinna verticale dell’aeronave. La struttura del dirigibile oltre alle barre di alluminio, era completata da fili di spessore di circa tre millimetri in acciaio, che  completavano la struttura del rivestimento esterno. Questi complessivamente raggiungevano la lunghezza di 200 km, e potevano sopportare una tensione di rottura pari a 450 Kg. La rottura di uno di essi è stato ritenuto come la causa del danneggiamento di una delle sacche contenenti l’idrogeno che si è così diffuso all’interno dell’involucro dell’Hindenburg.

Poco prima dell’attracco presso la base di atterraggio, un cambiamento di direzione del vento ha spinto il capitano dell’Hindenburg ad ordinare una brusca virata verso sinistra. Poco dopo è stato impartito l’ordine al timoniere di virare velocemente verso destra, in maniera di allineare il dirigibile al pilone di ormeggio.

Il dirigibile non era adatto a compiere virate strette e ravvicinate nel tempo. Questo modo di governare l’aeronave rischiava di sottoporre ad una tensione troppo elevata la sua struttura interna. E risulta che ciò fosse assolutamente sconsigliato a piloti ed equipaggio durante il loro addestramento presso le officine della Zeppelin. La zona dove la possibile  rottura era ritenuta più probabile era appunto nella parte posteriore del dirigibile dove si trovava il timone di coda. Nei filmati che mostrano l’arrivo dell’Hindenburg a Lakehurst  si nota come il dirigibile fosse inclinato verso poppa. E alcuni testimoni oculari notarono come poco prima dello svilupparsi dell’incendio si notava un tremolio nel rivestimento, sempre vicino alla pinna posteriore. Probabilmente la perdita di idrogeno, che spingeva contro il rivestimento esterno. Oltre a questo sul punto di atterraggio era appena passato un temporale. Nessuno vide un fulmine colpire l’Hindenburg, ma era noto che un dirigibile in volo accumulava elettricità statica sul rivestimento esterno, e sull’intelaiatura. Ma fino a che l’aeromobile rimaneva in volo, questa elettricità non si scaricava a terra. Ma quando vennero mollate le cime di ormeggio dalla parte anteriore del dirigibile, le stesse bagnate dalla pioggia che stava continuando a cadere, permisero il passaggio della carica elettrica dall’intelaiatura verso il suolo. La differenza di potenziale elettrico di quest’ultima si azzerò, mentre il rivestimento esterno di cotone rimase carico di elettricità perché non conduttore. Questa era una condizione che poteva rendere possibile lo svilupparsi di una scintilla, analogamente a quella di un fulmine. Questa scintilla probabilmente incendiò l’idrogeno fuoriuscito, mescolato con l’aria presente nei camminamenti di ispezione dell’involucro del dirigibile. Ultima precisazione: l’idrogeno brucia con fiamma incolore. Le fiamme di colore arancione viste dai testimoni, e ricostruite in alcune immagini ricolorate da quelle originali in bianco e nero, sono quelle dovute alla combustione del rivestimento esterno.

Si chiudeva così l’epopea del mezzo aereo più leggero dell’aria.

Ma i nipoti dell’Hindenburg  solcano ancora i cieli. Più piccoli e tecnologici. Raccolgono l’eredità del loro sfortunato progenitore LZ 129. E finalmente sono stati gonfiati con elio.

Elementi della Tavola Periodica: i gas nobili. 2° parte.

Rinaldo Cervellati

la prima parte di questo post è qui

Proprietà chimiche

Data l’estrema bassa reattività sono state ottenute solo alcune centinaia di composti di gas nobili. Sebbene esistano alcuni ioni contenenti elio e ci siano diversi calcoli teorici sull’esistenza di composti neutri con legami covalenti, non se ne sono ottenuti per l’elio e il neon. Lo xeno, il kripton e l’argon hanno mostrato una certa reattività. La reattività segue l’ordine Ne <He <Ar <Kr <Xe <Rn.

Nel 1933, Linus Pauling[1] predisse che i gas nobili più pesanti potevano formare composti con fluoro e ossigeno. Ha predetto l’esistenza degli esafluoruri di kripton (KrF6) e di xeno (XeF6), ha ipotizzato che XeF8 potrebbe esistere come composto instabile e ha suggerito che l’acido xenico potrebbe formare sali di perxenato. Queste previsioni si sono dimostrate generalmente accurate, ad eccezione di XeF8, ora ritenuto instabile sia termodinamicamente sia cineticamente.

I composti di xeno sono i più numerosi fra i composti noti dei gas nobili. La maggior parte di essi ha l’atomo di xeno negli stati di ossidazione +2, +4, +6 o +8, legato ad atomi altamente elettronegativi come fluoro e ossigeno, ad es. nel difluoruro (XeF2), nel tetrafluoruro (XeF4) ed esafluoruro (XeF6), oltre che nel tetrossido (XeO4) e nel perxenato di sodio (Na4XeO6).

Struttura del tetrafluoruro di xeno

Alcuni di questi composti hanno trovato impiego nella sintesi chimica come agenti ossidanti; XeF2, in particolare, è disponibile in commercio e può essere utilizzato come agente fluorurante.

Dal 2007 sono stati identificati circa cinquecento composti di xeno legati ad altri elementi, inclusi composti di organoxenon (contenenti xeno legato al carbonio) e xeno legato ad azoto, cloro, oro, mercurio e xeno stesso. Sono stati osservati anche composti di xeno legati a boro, idrogeno, bromo, iodio, berillio, zolfo, titanio, rame e argento, ma solo a basse temperature in matrici di gas nobili o getti di gas nobili supersonici.

In teoria il radon è più reattivo dello xeno e quindi dovrebbe formare legami chimici più facilmente rispetto a esso. Tuttavia, a causa dell’elevata radioattività e della breve emivita dei suoi isotopi, nella pratica sono stati formati solo pochi fluoruri e ossidi di radon.

Il kripton è meno reattivo dello xeno ma sono stati riportati diversi composti con il kripton nello stato di ossidazione +2. In opportune condizioni il kripton reagisce con il fluoro per formare il di fluoruro, KrF2.

Sono stati anche caratterizzati i composti in cui il kripton forma un singolo legame con azoto e ossigeno, ma sono stabili solo sotto -60 °C e −90 °C.

Sono stati anche osservati atomi di kripton legati chimicamente ad altri non metalli (idrogeno, cloro, carbonio) e ad alcuni metalli di transizione (rame, argento, oro), ma solo a basse temperature in matrici di gas nobili o getti supersonici di gas nobili. Condizioni simili sono state usate per ottenere i primi pochi composti di argon nel 2000, come l’argon fluoroidruro (HArF), e alcuni legati a rame, argento e oro.

I gas nobili, incluso l’elio, possono formare ioni molecolari stabili in fase gassosa. Il più semplice è lo ione molecolare idruro di elio, HeH+, scoperto nel 1925. Poiché è composto dai due elementi più abbondanti nell’universo, l’idrogeno e l’elio, si ritiene che si formi naturalmente nel mezzo interstellare, sebbene non sia stato ancora rilevato. Oltre a questi ioni, sono noti aggregati misti neutri, come ArF e KrF che sono stabili solo quando si trovano in uno stato elettronico eccitato; alcuni trovano applicazione nei laser ad eccimeri.

Oltre ai composti in cui un atomo di gas nobile è coinvolto in un legame covalente, anche i gas nobili formano composti non covalenti. I clatrati, descritti per la prima volta nel 1949, consistono in un atomo di gas nobile intrappolato all’interno di cavità di reticoli cristallini di alcune sostanze organiche e inorganiche. La condizione essenziale per la loro formazione è che gli atomi ospiti debbano avere dimensioni adeguate per adattarsi alle cavità del reticolo cristallino ospitante. Ad esempio l’argon, il kripton e lo xeno formano clatrati con l’idrochinone, ma l’elio e il neon non lo fanno perché sono troppo piccoli o insufficientemente polarizzabili per essere mantenuti. Neon, argon, kripton e xeno formano anche idrati di clatrato, dove il gas nobile è intrappolato nel ghiaccio.

I gas nobili possono formare complessi endoedrici con il fullerene, in cui l’atomo di gas nobile è intrappolato all’interno di una molecola di fullerene. Nel 1993 è stato scoperto che quando il fullerene C60 è esposto a gas nobili ad alta pressione si possono formare complessi come He@ C60 (la notazione @ indica che l’elio è contenuto all’interno di C60 senza alcun legame covalente).

Fullerene endoedrico contenente un atomo di gas nobile

Dal 2008 sono stati ottenuti complessi endoedrici con elio, neon, argon, kripton e xeno. Questi composti hanno trovato impiego nello studio della struttura e della reattività dei fullereni mediante la risonanza magnetica nucleare dell’atomo di gas nobile.

Composti gassosi come il difluoruro di xeno (XeF2) sono considerati ipervalenti perché violano la regola dell’ottetto. Il legame in tali composti può essere spiegato usando un modello di legame a quattro elettroni a tre centri.

Si può quindi dire che la chimica dei gas nobili più pesanti, il kripton e lo xeno, è ben consolidata, mentre quella dei più leggeri, argon ed elio, è ancora in una fase iniziale.

Abbondanza e produzione

Le abbondanze dei gas nobili nell’universo diminuiscono con l’aumentare del loro numero atomico. L’elio è l’elemento più comune dopo l’idrogeno, con una frazione in massa di circa il 24%. La maggior parte dell’elio nell’universo si è formata durante la nucleosintesi del Big Bang, ma la sua quantità è in costante aumento a causa della fusione dell’idrogeno nella nucleosintesi stellare (e, in minima parte, del decadimento alfa di elementi pesanti).

Le abbondanze sulla Terra seguono tendenze diverse; per esempio, l’elio è solo il terzo gas nobile più abbondante nell’atmosfera. Il motivo è che non c’è elio primordiale nell’atmosfera; a causa della piccola massa dell’atomo, l’elio non può essere trattenuto dal campo gravitazionale terrestre. L’elio sulla Terra proviene dal decadimento alfa di elementi pesanti come l’uranio e il torio presenti nella crosta terrestre e tende ad accumularsi nei depositi di gas naturale. L’abbondanza di argon, d’altra parte, è aumentata a causa del decadimento beta del potassio-40, che si trova pure nella crosta terrestre, per formare l’argon-40, che è l’isotopo più abbondante dell’argon sulla Terra nonostante sia relativamente raro nel sistema solare. Questo processo è alla base del metodo di datazione potassio-argon.

Lo xeno ha un’abbondanza inaspettatamente bassa nell’atmosfera, e ciò è stato chiamato il problema dello xeno mancante; una teoria è che lo xeno mancante potrebbe essere intrappolato nei minerali all’interno della crosta terrestre. Dopo la scoperta del biossido di xeno, la ricerca ha dimostrato che Xe può sostituire il silicio nel quarzo.

Il radon è formato nella litosfera dal decadimento alfa del radio. Può penetrare negli edifici attraverso crepe nelle loro fondamenta e accumularsi in aree non ben ventilate. A causa della sua elevata radioattività, il radon presenta un significativo rischio per la salute; si valuta che sia implicato in circa 21.000 decessi per cancro al polmone all’anno solo negli Stati Uniti.

Per l’uso su larga scala l’elio viene estratto per distillazione frazionata dal gas naturale, che può contenere fino al 7% di elio.

Neon, argon, kripton e xeno sono ottenuti dall’aria usando i metodi di liquefazione dei gas per convertire gli elementi allo stato liquido, quindi separandoli dalla miscela per distillazione frazionata.

Il radon viene isolato dal decadimento radioattivo dei composti del radio.

Applicazioni

Per i loro bassi punti di ebollizione e di fusione, i gas nobili sono utili come refrigeranti criogenici. In particolare l’elio liquido, che bolle a 4,2 K (-268,95 °C), è utilizzato per i magneti superconduttori, come quelli necessari per la risonanza magnetica nucleare.

Macchinario per RMN

Il neon liquido, sebbene non raggiunga temperature basse come l’elio liquido, trova anch’esso impiego in criogenia perché ha una capacità frigorifera oltre 40 volte maggiore dell’elio liquido e oltre tre volte più dell’idrogeno liquido.

L’elio è utilizzato come componente dei gas respiratori per sostituire l’azoto, a causa della sua bassa solubilità nei fluidi, specialmente nei lipidi. I gas sono assorbiti dal sangue e dai tessuti corporei quando sono sotto pressione come nelle immersioni subacquee, il che provoca un effetto anestetico noto come narcosi da azoto. A causa della sua ridotta solubilità, l’elio è poco assorbito. Per questo motivo offre ulteriori vantaggi per la condizione nota come malattia da decompressione.

L’elio è utilizzato come mezzo di trasporto nella gascromatografia, come gas di riempimento per termometri e nei dispositivi per misurare le radiazioni, come il contatore Geiger e la camera a bolle. È anche usato come gas di riempimento nelle barre di combustibile per i reattori nucleari.

Un altro gas nobile, l’argon, è considerato l’opzione migliore da utilizzare come gas di gonfiaggio di mute stagne per le immersioni subacquee..

In molte applicazioni i gas nobili sono utilizzati per fornire un’atmosfera inerte. L’argon è utilizzato nella sintesi di composti sensibili all’aria e all’azoto. L’argon solido è anche usato per lo studio di composti molto instabili, come intermedi reattivi, intrappolandoli in una matrice inerte a temperature molto basse. L’elio e l’argon sono entrambi comunemente usati per proteggere dall’atmosfera gli archi di saldatura e il metallo di base circostante durante la saldatura e il taglio, e in altri processi metallurgici e nella produzione di silicio per l’industria dei semiconduttori.

I gas nobili sono comunemente usati nell’illuminazione grazie alla loro mancanza di reattività chimica. L’argon, miscelato con azoto, è utilizzato come gas di riempimento per lampadine a incandescenza. Il kripton è utilizzato nelle lampadine ad alte prestazioni, che hanno temperature di colore più elevate e maggiore efficienza, perché riduce il tasso di evaporazione del filamento meglio dell’argon; le lampade alogene, in particolare, usano il kripton miscelato con piccole quantità di composti di iodio o bromo.

I gas nobili si illuminano di colori distintivi se usati all’interno di lampade a scarica di gas, come le “luci al neon”. Queste luci sono chiamate “al neon”, ma spesso contengono altri gas, che aggiungono varie tonalità al colore rosso-arancio del neon.

Tubo a scarica di neon con il suo caratteristico colore

Lo xeno è comunemente usato nelle lampade ad arco allo xeno che, a causa dello spettro quasi continuo che ricorda la luce del giorno, trovano applicazione nei proiettori cinematografici e come fari di automobili.

I gas nobili sono usati nei laser ad eccimeri, che si basano su molecole a eccitazione elettronica di breve durata note appunto come eccimeri. Gli eccimeri usati per i laser possono essere dimeri come Ar2, Kr2 o Xe2, o più comunemente, il gas nobile è combinato con un alogeno in eccimeri come ArF, KrF, XeF o XeCl. Questi laser producono luce ultravioletta che, grazie alla sua corta lunghezza d’onda (193 nm per ArF e 248 nm per KrF), consente immagini ad alta precisione. I laser ad eccimeri hanno molte applicazioni industriali, mediche e scientifiche. Sono utilizzati per la microlitografia e la microfabbricazione, che sono essenziali per la produzione di circuiti integrati e per la chirurgia laser, compresa l’angioplastica laser e la chirurgia oculare.

Alcuni gas nobili hanno un’applicazione diretta in medicina. L’elio è talvolta usato per migliorare la facilità di respirazione dei malati di asma. Lo xeno è usato come anestetico grazie alla sua elevata solubilità nei lipidi, che lo rende più potente del solito protossido di azoto, e perché viene prontamente eliminato dal corpo, con conseguente recupero più rapido. Lo xeno trova applicazione nell’imaging medica dei polmoni attraverso la risonanza magnetica iperpolarizzata. Il radon, che è altamente radioattivo ed è disponibile solo in piccole quantità, viene utilizzato in radioterapia.

I gas nobili, in particolare lo xeno, sono utilizzati principalmente nei motori a ioni per la loro inerzia. Poiché i motori a ioni non sono guidati da reazioni chimiche, i carburanti chimicamente inerti servono a prevenire reazioni indesiderate tra il carburante e qualsiasi altro componente del motore.

Cicli biogeochimici

In generale il ciclo biogeochimico dei gas nobili è poco influenzato dalle attività umane, tuttavia nel 2012 uno studio sugli effetti antropici sul ciclo di diversi elementi, effettuato da due ricercatori statunitensi, ha rilevato che il contributo dei flussi antropogenici supera quello dei flussi naturali anche per l’elio [2]. (vedi nota in fondo)

Opere consultate

CRC, Handbook of Chemistry and Physics, 85th, 4-voci Noble gas

https://en.wikipedia.org/wiki/Noble_gas

Bibliografia

[2] I. S. Sen, B. Peucker-Ehrenbrink; Anthropogenic Disturbance of Element Cycles at the Earth’s Surface., Environ. Sci. Technol. 2012, 46, 8601−8609.

[1] Linus Carl Pauling (1901-1994), americano statunitense, è stato chimico, biochimico, ingegnere chimico, attivista per la pace, autore ed educatore. È considerato il fondatore della chimica quantistica. Ottenne il Premio Nobel per la chimica nel 1954 e quello per la pace nel 1962.

NdP. Abbiamo pubblicato altri post sul ciclo dell’elio e sui problemi legati al suo uso umano:

https://ilblogdellasci.wordpress.com/2019/11/30/perche-il-ciclo-biogeochimico-di-idrogeno-ed-elio-e-diverso-dagli-altri/

https://ilblogdellasci.wordpress.com/2019/07/08/un-composto-stabile-dellelio-leliuro-di-sodio/

https://ilblogdellasci.wordpress.com/2017/05/08/il-caso-elio/

Elementi della tavola periodica. I gas nobili 1° parte

Rinaldo Cervellati

I gas nobili (storicamente noti come gas inerti) formano un gruppo di elementi chimici con proprietà simili; in condizioni standard, sono tutti gas monoatomici inodori, incolori con reattività chimica molto bassa. Nella tavola periodica IUPAC sono collocati al 18° gruppo, con ciascuno di loro termina un periodo e ne inizia uno nuovo. I sei gas nobili presenti in natura sono elio (He), neon (Ne), argon (Ar), kripton (Kr), xeno (Xe) e il radioattivo radon (Rn), del quale il blog si è già occupato[1]. Esiste anche un settimo componente del gruppo, radioattivo, ottenuto artificialmente, chiamato oganesso (Og)[2], la sua chimica non è ancora stata studiata.

I gas nobili sono in genere pochissimo reattivi, tranne quando si trovano in condizioni estreme di pressione e temperatura. La loro inerzia li rende molto adatti per applicazioni in cui non si desiderano reazioni.

Le proprietà dei gas nobili possono essere spiegate dalle moderne teorie della struttura atomica: il loro guscio esterno di elettroni di valenza è considerato “pieno”, dando loro poca tendenza a partecipare alle reazioni chimiche, ed è stato possibile preparare solo relativamente pochi composti di gas nobili. I loro punti di fusione e di ebollizione sono vicini tra loro, differendo di meno di 10 °C, quindi diventano liquidi solo in un piccolo intervallo di temperature.

Neon, argon, kripton e xeno sono ottenuti dall’aria liquida separandoli per distillazione frazionata. L’elio proviene da giacimenti di gas naturale che lo contengono in alta concentrazione. Utilizzando tecniche di separazione del gas criogenico, il radon viene solitamente isolato dal decadimento radioattivo di composti di radio, torio o uranio.

I gas nobili hanno diverse importanti applicazioni in settori come l’illuminazione, la saldatura e l’esplorazione dello spazio. L’argon è utilizzato nelle lampade a incandescenza per impedire l’ossidazione del filamento di tungsteno caldo. Una miscela gassosa ossigeno-elio è utilizzata dai subacquei a profondità di acqua marina superiori a 55 m, per prevenire la tossicità da ossigeno, azoto e anidride carbonica (ipercapnia). Dopo i disastri causati dall’infiammabilità dell’idrogeno (ad es. l’esplosione dello Zeppelin LZ 129 Hindenburg), l’elio è stato sostituito all’idrogeno nei dirigibili, palloni areostati e palloncini.

Il dirigibile Zeppelin LZ 129 e la sua tragedia

Il termine gas nobile deriva dal tedesco Edelgas, usato per la prima volta nel 1898 da Hugo Erdmann per indicare il loro livello estremamente basso di reattività. La denominazione ha analogia con il termine “metalli nobili”, che hanno pure una bassa reattività, sebbene meno marcata. I gas nobili sono stati anche chiamati gas inerti, termine oggi in disuso perché alcuni composti sono ora noti. I gas rari sono un altro termine usato, ma anche questo è improprio perché l’argon costituisce una parte abbastanza considerevole (0,94% in volume, 1,3% in massa) dell’atmosfera terrestre a causa del decadimento dell’isotopo radioattivo potassio-40.

L’elio è stato rilevato per la prima volta nel Sole grazie alle sue caratteristiche linee spettrali.

Spettro dell’elio

Pierre Janssen e Joseph Norman Lockyer[3] scoprirono il nuovo elemento nel 1868 mentre guardavano la cromosfera del Sole e lo chiamarono elio dalla parola greca per il Sole, ἥλιος (hḗlios). All’epoca non era possibile effettuare alcuna analisi chimica, ma in seguito fu scoperto che l’elio era un gas nobile. Prima di loro, nel 1784, il chimico e fisico inglese Henry Cavendish[4] aveva scoperto che l’aria contiene una piccola parte di una sostanza meno reattiva dell’azoto. Un secolo dopo, nel 1895, Lord Rayleigh[5] scoprì che i campioni di azoto presenti nell’aria avevano una densità diversa rispetto all’azoto derivante da reazioni chimiche. Insieme allo scienziato scozzese William Ramsay, Lord Rayleigh teorizzò che l’azoto estratto dall’aria fosse miscelato con un altro gas, portando a un esperimento che isolò con successo un nuovo elemento, l’argon, dalla parola greca ἀργός (argós, “inattivo “o” pigro “). Con questa scoperta, si resero conto che un’intera classe di gas mancava dalla tavola periodica. Durante la sua ricerca dell’argon, Ramsay riuscì anche a isolare l’elio per la prima volta per riscaldamento del minerale cleveite. Nel 1902, dopo aver accettato le prove per gli elementi elio e argon, Dmitri Mendeleev incluse questi gas nobili come gruppo 0 nella sua classificazione degli elementi, che sarebbe poi diventata la tavola periodica.

Ramsay continuò la ricerca di questi gas usando il metodo della distillazione frazionata per separare l’aria liquida in diversi componenti. Nel 1898 scoprì gli elementi kripton, neon e xeno e li chiamò rispettivamente con le parole greche κρυπτός (kryptós, “nascosto”), νέος (néos, “nuovo”) e ξένος (Xénos, “straniero”), rispettivamente. Il radon fu identificato per la prima volta nel 1898 da Friedrich Ernst Dorn[6], e fu chiamato emanazione di radio, ma non fu considerato un gas nobile fino al 1904 quando le sue caratteristiche furono trovate simili a quelle di altri gas nobili.

Rayleigh e Ramsay ricevettero il Premio Nobel rispettivamente per la fisica e per la chimica nel 1904. J.E. Cederblom, allora presidente dell’Accademia Svedese delle Scienze, disse: “la scoperta di un gruppo completamente nuovo di elementi, di cui nessun singolo rappresentante era stato conosciuto con certezza, è qualcosa di assolutamente unico nella storia della chimica, essendo intrinsecamente un progresso nella scienza di significato peculiare “.

La scoperta dei gas nobili ha infatti contribuito alla comprensione della struttura atomica.

Nel 1895 il chimico francese Henri Moissan[7] tentò di ottenere una reazione tra il fluoro, l’elemento più elettronegativo, e l’argon, uno dei gas nobili, ma fallì. Gli scienziati non furono in grado di preparare composti di argon fino alla fine del 20° secolo, ma questi tentativi aiutarono a sviluppare nuove teorie sulla struttura atomica. In base a questi esperimenti, il fisico danese Niels Bohr propose nel 1913 che gli elettroni negli atomi orbitassero in gusci che circondano il nucleo e che per tutti i gas nobili tranne l’elio il guscio più esterno contiene sempre otto elettroni. Nel 1916 Gilbert N. Lewis formulò la regola dell’ottetto, in cui concludeva che un ottetto di elettroni nel guscio esterno era la disposizione più stabile per qualsiasi atomo; questa disposizione avrebbe reso i gas nobili non reattivi con altri elementi poiché non richiedevano più elettroni per completare l’ottetto esterno [1].

Nel 1962 Neil Bartlett[8] scoprì il primo composto chimico di un gas nobile, l’esafluoroplatinato di xeno. Composti di altri gas nobili furono scoperti poco dopo: nel 1962 per il radon, il difluoruro di radon (RnF2) e nel 1963 per il kripton, il difluoruro di kripton (KrF2), tutti poco stabili. Il primo composto stabile di argon è stato riportato nel 2000 quando fu sintetizzato il fluoroidruro di argon (HArF) a una temperatura di 40 K (-233,2 °C).

Più recentemente, nel 2017, è stato ottenuto un composto fra elio e sodio, l’eliuro di sodio, di cui abbiamo già parlato su questo blog[9].

Proprietà fisiche

I gas nobili hanno una debole forza interatomica e di conseguenza hanno punti di fusione e di ebollizione molto bassi. Sono tutti gas monoatomici in condizioni standard, inclusi quelli con masse atomiche più grandi rispetto a molti elementi normalmente solidi. L’elio ha diverse qualità uniche rispetto ad altri elementi: il suo punto di ebollizione a 1 atm è inferiore a quello di qualsiasi altra sostanza nota ed è il solo elemento noto a mostrare superfluidità[10]. È l’unico elemento che non può essere solidificato mediante raffreddamento in condizioni standard: per convertirlo in solido è necessaria una pressione di 25 atmosfere (2.500 kPa) a una temperatura di 0,95 K (-272,20 °C).

I punti di fusione e di ebollizione aumentano scendendo nel gruppo.

I gas nobili fino allo xeno hanno più isotopi stabili. Il radon non ha isotopi stabili; il suo isotopo di più lunga vita, 222Rn, ha un’emivita di 3,8 giorni e decade per formare elio e polonio, che alla fine decade dando piombo.

Gli atomi dei gas nobili, come gli atomi nella maggior parte dei gruppi, aumentano costantemente il raggio atomico da un periodo all’altro a causa del numero crescente di elettroni. La dimensione dell’atomo è correlata a diverse proprietà. Ad esempio, il potenziale di ionizzazione diminuisce al crescere del raggio atomico poiché l’ottetto esterno nei gas nobili più grandi è più lontano dal nucleo e non è quindi strettamente trattenuto da esso. I gas nobili hanno il potenziale di ionizzazione più alto tra gli elementi di ciascun periodo, il che riflette la stabilità della loro configurazione elettronica. Alcuni dei gas nobili più pesanti, tuttavia, hanno potenziali di ionizzazione abbastanza piccoli da essere paragonabili a quelli di altri elementi e molecole.

Energie di ionizzazione dei gas nobili

È stata l’osservazione che lo xeno ha un potenziale di ionizzazione simile a quello della molecola di ossigeno che ha portato Bartlett a tentare di ossidare lo xeno usando esafluoruro di platino, un agente ossidante noto per essere abbastanza forte da reagire con l’ossigeno.

Le proprietà fisiche macroscopiche dei gas nobili sono dovute dalle deboli forze di van der Waals tra gli atomi. La forza attrattiva aumenta con la dimensione dell’atomo a causa dell’aumento della polarizzabilità e della diminuzione del potenziale di ionizzazione. A ciò sono dovute le tendenze sistematiche di gruppo: man mano che si scende nel gruppo 18, il raggio atomico e con esso le forze interatomiche aumentano, con conseguente aumento di punto di fusione, punto di ebollizione, entalpia di vaporizzazione e solubilità. L’aumento della densità è dovuto all’aumento della massa atomica.

I gas nobili sono gas a comportamento pressoché ideale in condizioni standard, ma le loro deviazioni dalla legge sui gas ideali hanno fornito importanti indizi per lo studio delle interazioni intermolecolari. Il potenziale di Lennard-Jones, spesso usato per modellare le interazioni intermolecolari, fu dedotto nel 1924 da John Lennard-Jones[11] dai dati sperimentali sull’argon prima che lo sviluppo della meccanica quantistica fornisse gli strumenti per comprendere le forze intermolecolari da principi primi. L’analisi teorica di queste interazioni è diventata trattabile perché i gas nobili sono monoatomici e gli atomi sferici, il che significa che l’interazione tra gli atomi è indipendente dalla direzione del moto.

(continua)

Opere consultate

CRC, Handbook of Chemistry and Physics, 85th, 4-voci Noble gas

https://en.wikipedia.org/wiki/Noble_gas

Bibliografia

[1] R. Cervellati, G.N. Lewis e i Fondamenti della Chimica nella prima metà del XX secolo., Atti del XVII Convegno Nazionale di Storia e Fondamenti della Chimica, in Rendiconti Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL, Memorie di Scienze Fisiche e Naturali, 2017, Vol. XLI, P. II, T.II, pp. 75-84.

  1. anche

https://ilblogdellasci.wordpress.com/2016/05/20/gilbert-newton-lewis-1875-1946-un-premio-nobel-mancato-parte-2/

[1] https://ilblogdellasci.wordpress.com/2019/05/03/elementi-della-tavola-periodica-radon-rn/

[2] L’Oganesso è l’elemento con il più alto numero atomico (118) e massa atomica (294). È stato sintetizzato per la prima volta nel 2002 nel Joint Institute for Nuclear Research (JINR) a Dubna (Mosca), da un team di scienziati russi e americani. Nel dicembre 2015, è stato riconosciuto come uno dei quattro nuovi elementi dal gruppo di lavoro congiunto degli organismi scientifici internazionali IUPAC e IUPAP. Il nome formalmente assegnatogli è in onore del fisico nucleare Yuri Oganessian, che ha svolto un ruolo di primo piano nella scoperta degli elementi più pesanti nella tavola periodica.

[3] Sir Joseph Norman Lockyer (1836-1920) è stato uno scienziato e astronomo inglese. Insieme allo scienziato francese Pierre Janssen (1824-1907), sono accreditati per la scoperta del gas elio. Lockyer è anche ricordato per essere stato il fondatore e il primo editore della prestigiosa rivista Nature.

[4] Henry Cavendish (1731 – 1810) è stato filosofo, scienziato naturale inglese e un importante chimico e fisico sperimentale e teorico. Noto anche per la sua scoperta dell’idrogeno, che definì “aria infiammabile”.

[5] John William Strutt, 3° barone Rayleigh, (1842-1919), scienziato britannico, diede ampi contributi alla fisica sia teorica sia sperimentale. Trascorse tutta la sua carriera accademica all’Università di Cambridge. Tra le tante onorificenze, ricevette il premio Nobel per la fisica nel 1904 “per le sue indagini sulle densità dei gas più importanti e per la sua scoperta dell’argon in relazione a questi studi”. Sir William Ramsay (1852-1916) chimico scozzese che studiò i gas nobili e scoprì l’argon insieme a Lord Rayleigh, ottenne il premio Nobel per chimica nel 1904.

[6] Friedrich Ernst Dorn (1848 – 1916), fisico tedesco, fu il primo a scoprire che una sostanza radioattiva, in seguito chiamata radon, è emessa dal radio.

[7] Ferdinand Frédéric Henri Moissan (1852-1907), chimico francese, ottenne il premio Nobel per la chimica nel 1906 per aver isolato il fluoro dai suoi composti.

[8] Neil Bartlett (1932 – 2008), chimico inglese specializzato nel fluoro e suoi composti contenenti fluoro e divenne famoso per aver ottenuto i primi composti di gas nobili. Ha insegnato chimica all’Università della British Columbia e all’Università della California a Berkeley.

[9] https://ilblogdellasci.wordpress.com/2019/07/08/un-composto-stabile-dellelio-leliuro-di-sodio/

[10] La superfluidità è la proprietà caratteristica di un fluido con viscosità zero che pertanto scorre senza perdita di energia cinetica.

[11] Sir John Edward Lennard-Jones (1894 – 1954), matematico britannico, è stato professore di fisica teorica all’Università di Bristol, e poi di scienze teoriche all’Università di Cambridge. Può essere considerato come il padre della moderna chimica computazionale.

Perché il ciclo biogeochimico di idrogeno ed elio è diverso dagli altri?

Claudio Della Volpe

Di questi due elementi, idrogeno ed elio, finora non abbiamo mostrato il ciclo biogeochimico, mi riprometto di farlo in seguito; mi piace parlarne perché sono due elementi un po’ diversi dagli altri, a causa della loro estrema leggerezza. Del caso elio, abbiamo discusso già e sappiamo che è un elemento che non bisogna sprecare, mentre invece ne facciamo palloncini! Ma da dove nasce la questione?

Nel grafico più sotto vedete il rapporto fra le masse dei pianeti e le molecole o gli atomi che sono trattenuti dalla forza del loro campo gravitazionale.In questo grafico la velocità di fuga dal pianeta è riportata contro la temperatura del pianeta; le striscie oblique individuano le zone relative alle varie specie; dai pianeti soprastanti la molecola è catturata, dai pianeti sottostanti sfugge. Dai pianeti pesanti non sfugge nulla; dagli altri invece…..; la Luna è in grado di cattturare solo lo xenon. Idrogeno ed elio sfuggono dal nostro pianeta, sia pur lentamente.

A causa della diversa massa degli atomi e delle molecole e della equipartizione dell’energia legata agli urti fra di essi, la velocità delle molecole e degli atomi (ad una certa temperatura) è inversamente proporzionale alla radice quadrata della massa; questa conclusione sperimentale si chiama anche legge di Graham.

Famoso l’esperimento che si fa mettendo un sottile tubo di vetro con all’estremità due batuffoli di ovatta imbevuti rispettivamente di HCl (a sin nella figura) e NH3; la loro reazione produce NH4Cl, un sale bianco. Dato che la massa molare dell’HCl è 36.5 e quella dell’ammoniaca è 17, meno della metà, ciascun gas diffonderà nel tubo per una distanza inversamente proporzionale alla radice quadrata della loro massa molare; se chiamiamo 1 la lunghezza del tubo e 1-x la quota percorsa da uno dei due, poniamo l’acido cloridrico

x/(1-x)=sqrt(36.5/17)

Dunque x= 0.59 ossia la lunghezza totale è divisa in due parti proporzionali a 0.41 e 0.59, (circa 40:60), la prima, più breve, percorsa dall’acido e la seconda, più lunga, dall’ammoniaca, posizione in cui si incontreranno i due gas e faranno la reazione espressa da un anello di colore chiaro.

 

Le velocità di diffusione sono correlate alle velocità medie istantanee delle singole molecole (che sono molto più alte però, fra i miliardi urti che le rallentano, un’idea che venne a Lord Kelvin solo dopo che il geografo Buys-Ballot ebbe criticato la prima versione della teoria che non teneva conto degli urti); a t ambiente la energia cinetica media di una molecola di idrogeno secondo la teoria cinetica è all’incirca uguale a 3/2RT; dunque 3/2RT=1/2 MV2.

V= sqrt(3RT/M)

Ne segue che la velocità per l’idrogeno molecolare sarà poco meno di 2 km/s a t ambiente, mentre per l’elio sarà di 1.4 km/s, e per l’idrogeno atomico sarà di 2.8km/s. A causa del fatto che la temperatura dell’atmosfera esterna è alta, attorno a 1000K circa, dunque 4 volte maggiore che a t ambiente circa la velocità sarà circa il doppio, attorno a 3km/s per l’elio, 4 per l’idrogeno e oltre 5 per gli atomi di idrogeno. La velocità di fuga dall’attrazione terrestre è superiore a 11km/s, ma ricordando che l’equipartizione corrisponde ad una distribuzione di velocità, detta maxwelliana, c’è una quota di molecole ed atomi di idrogeno ed elio che sono sono più veloci della media ed anche della velocità di fuga e dunque ogni secondo la Terra perde da miliardi di anni, 3kg di idrogeno e 50g di elio.

La distribuzione delle velocità di Maxwell-Boltzmann per l’idrogeno a tre temperature diverse.

Questo vuol dire che a stretto rigore i due cicli biogeochimici di elio ed idrogeno non sono chiusi ma una volta tanto per cause del tutto naturali.

Ora 3kg al secondo di idrogeno considerando che in un anno ci sono oltre 31milioni di secondi corrisponde a 3x31x109 g≈0.1Mton/anno.

Tenendo presente che nell’atmosfera c’è lo 0.000055% di idrogeno (in volume, in peso 15 volte di meno), ossia meno di 200 Mton, ogni anno perdiamo 1/2000 dell’idrogeno atmosferico, che viene ovviamente ricostituito dall’acqua, principalmente, considerando che solo gli oceani terrestri sono circa 1 miliardo di chilometri cubi, un pianeta di acqua più grande di Cerere, il maggiore dei pianetini, ne abbiamo ancora tanta da perdere.

Però, però!! Supponiamo adesso di passare ad una economia basata sull’idrogeno e sul suo uso come vettore energetico; dato che al momento usiamo l’equivalente di 12 Gton di petrolio e che la sua entalpia equivalente è di 1/3 di quellla dell’idrogeno ci basterebbero 4Gton di idrogeno all’anno.

Ora questo numero è ben 20 volte quello esistente in atmosfera; per cui dato che inevitabilmente ne perderemmo una parte, almeno qualche percento ossia una quantità dell’ordine di quello esistente in atmosfera, è credibile che questa variazione potrebbe essere significativa in vari aspetti , tra l’altro rispetto alla perdita annua di idrogeno da parte del pianeta, che potrebbe come minimo raddoppiare; ancora una volta nulla di irrimediabile, ma ci dà la misura di quanto la nostra economia, ossia il nostro metabolismo sociale possa alterare i cicli del pianeta anche se ci attenessimo a quelli che consideriamo i metodi più verdi possibile.

La distribuzione di M-B per vari gas a t ambiente.

Il caso elio.

Claudio Della Volpe

A partire dal 2012 e a più riprese i giornali internazionali (molto meno i nostri quotidiani alquanto provincialotti) hanno lanciato l’allarme per i problemi che subiva l’approvvigionamento dell’elio; l’helium shortage, ha avuto l’onore delle cronache[1]. L’allarme è stato rilanciato varie volte[2], ma di cosa si tratta e come mai esiste questo problema?

L’elio è il secondo elemento come abbondanza nell’Universo, ma è molto raro sulla Terra, dove viene prodotto dal decadimento degli elementi radioattivi nell’interno del pianeta ed è presente in atmosfera con una percentuale dello 0.00052%, cosi’ raro che estrarlo dall’atmosfera è privo di senso economico; così raro che fu scoperto prima di tutto nello spettro solare da Jansenn nel 1868; fu Luigi Palmieri, un mio conterraneo, a individuarlo, sempre spettroscopicamente, per primo sul nostro pianeta nelle lave vesuviane nel 1882; ma la scoperta ufficiale arrivò solo nel 1892 da parte di Cleve e Langlet che ne individuarono nel minerale cleveite e ne misurarono il peso atomico.

Infine solo nel 1903 ne furono individuate significative quantità nel gas naturale degli USA; e da allora fino ad oggi gli Usa ne sono stati il principale produttore. Da quel gas viene separato attraverso la distillazione frazionata e la filtrazione, sfruttando le sue proprietà fisiche, bassissimo peso atomico e punto di ebollizione. Nel gas naturale delle grandi pianure di alcuni stati americani ce n’era una percentuale dell’ordine del 2-4%; col tempo ne sono state individuate altre fonti ma non molto numerose nel mondo e comunque con percentuali di molto inferiori; oggi viene considerato sfruttabile un giacimento che ne contenga almeno lo 0.15%.

I giacimenti sono mostrati in rosso nella figura acclusa estratta da un volantino della Messer, che è uno dei grandi produttori mondiali.

L’andamento della produzione mondiale, tratto dai dati della USGS è invece mostrato nel grafico qui sotto, in cui si riportano sia la produzione annua (in rosso) che quella totale estratta (in blù). Se guardate il grafico vi rendete conto che la guerra e poi soprattutto la conquista dello spazio sono stati due momenti importanti per lo sviluppo del consumo di elio. Gli USA che fin dalla prima guerra mondiale avevano “nazionalizzato” l’elio costruendo un deposito sotterraneo di gas ad Amarillo (Cliffside Reserve), cui partecipavano tutti gli estrattori privati, sono stati sempre un player dominante del mercato mondiale.

Questa politica ha avuto un grande costo economico per lo stato ed ha attraversato dei momenti di crisi, il primo con la fine del sogno dei dirigibili (tutti conoscono il dramma Hindenburg, molti meno quello dei due dirigibili ad elio USA fra le due guerre); poi con la fine dell’esplorazione dello spazio e della guerra fredda[3]. Il debito accumulato dallo stato nei confronti dei privati è stato tale da costringerlo a rinunciare a questa attività; e la decisione ha sballato il mercato mondiale dell’elio. Certo negli anni si erano sviluppati degli altri players, ma nessuno ha a disposizione giacimenti così ricchi e ampi come quelli americani e tutti stentano a decollare.

La bibbia di tutti coloro che si occupano di risorse minerarie è certamente il sito dell’US Geological Survey dove troviamo uno speciale report[4] sull’elio che è stato considerato negli USA un materiale strategico fino dall’origine, dal principio del XX secolo, quando si resero disponibili sorgenti minerarie di elio. Il report dell’USGS ci conferma che non mancano per il momento depositi naturali di gas contenente elio, ci si aspettano riserve+risorse per oltre 50 miliardi m3 (>9Mton), di cui un 40% in USA e sole riserve (quelle già accertate e tecnicamente possibili) per almeno 7 miliardi, contro un consumo annuo di 0.2 miliardi. Ma, attenzione se pure prendiamo per buone queste cifre, che comunque ci dicono che l’elio non è infinito (ne abbiamo di sicuro solo per grossolanamente 35 anni, se non teniamo conto della concentrazione decrescente), è chiaro che i costi sono in netto aumento, costi energetici ed economici. Il deposito di Cliffside-Amarillo ne contiene 0.7 miliardi e le sorgenti USA in attività meno di 4 miliardi stimati. Tutti i depositi “tradizionali” scoperti in giro per il mondo hanno una qualità ed una abbondanza nettamente inferiori. Insomma una situazione complessa e nell’immediato foriera di forti aumenti di prezzo: scordatevi i palloncini! L’elio serve nell’industria (saldature, fibre ottiche) e nei servizi (magneti molto forti). L’elio, come il fosforo non è “fungibile”, è unico come gas.

Con questi precedenti non è più strano che nei mesi recenti la stampa mondiale abbia gridato al miracolo per la scoperta di un grande giacimento di elio ritrovato in Tanzania; A new approach to gas exploration has discovered a huge helium gas field, which could address the increasingly critical shortage of this vital yet rare element ha titolato sul suo sito l’Università di Oxford ricopiata dai grandi giornali di tutto il mondo.

Ma guardandola bene questa è una storia che fa capire come la stampa ma anche i tecnici non conoscano a fondo il problema risorse e non siano dunque in grado di valutare con calma e ragionevolezza la situazione contribuendo di fatto ad aggravare, mediante falsi miti, una situazione delle risorse minerarie che è sempre più grave.

[5]

Certamente il metodo usato per la scoperta è interessante, trattandosi di una collaborazione fra l’Università di Oxford e il gruppo HeliumOne che hanno applicato nuovi metodi di ricerca mostrando che l’attività vulcanica fornisce l’intenso calore necessario a far rilasciare il gas dalle antiche rocce che lo intrappolano. Nella Rift Valley i vulcani hanno rilasciato elio dalle antiche rocce profonde intrappolandolo in depositi di gas più superficiali.

La combinazione della conoscenza geochimica e delle tecniche di ricerca basate sulle onde sismiche hanno consentito di ricostruire la forma, la posizione e l’importanza del giacimento; i ricercatori tuttavia non sono stati ancora in grado di dire quanto facilmente si potrà liberare l’elio da altri gas (che è poi il problema delle risorse di elio e un pò di tutta l’attività mineraria).

Come si vede dai dati del primo grafico il consumo mondiale annuo viaggia sotto le 30.000ton (180Mm3); le riserve accertate ed estraibili di Elio assommano secondo la USGS a 7-8 Gm3, mentre le risorse, ossia le quantità scoperte ma di cui non si sa esattamente la effettiva resa, assommano a 20.6 Gm3, in USA e 31.3 Gm3 fuori dagli USA.

Si può guardare alla situazione da un punto di vista diverso usando la teoria di Hubbert (lo scopritore del picco del petrolio); secondo il suo approccio formale una risorsa finita ed usata nel modo tradizionale va incontro ad un picco di produzione e poi ad una lenta decrescita; in particolare se si riporta il rapporto P/Q, produzione annua su estrazione totale nel tempo contro Q si ottiene un comportamento lineare discendente a zero da cui si può estrapolare la durata della risorsa. Il mercato dell’elio si adatta male a questo approccio date le sue peculiarità ma è comunque interessante verificare.

Come si vede la riduzione lineare (che corrisponde ad un picco attorno al 1970 che vedete nel primo grafico) si è verificata fino a quando la produzione americana ha dominato le cose mondiali; con la scoperta ed entrata sul mercato di altre risorse (che come dicevamo sono però meno ricche comunque) le cose sono cambiate; l’andamento P/Q vs Q è in leggera discesa ma il fittaggio non è chiaro, non è in grado di darci una estrapolazione significativa.

Cosa cambia con la scoperta tanzaniana? Lo scopritore prof. Ballentine del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Oxford dice:

By combining our understanding of helium geochemistry with seismic images of gas trapping structures, independent experts have calculated a probable resource of 54 Billion Cubic Feet in just one part of the rift valley.

Dato che un metro cubo è oltre 35 piedi cubi stiamo parlando di poco più di un miliardo e mezzo di metri cubi, ossia un incremento “probabile” delle risorse pari a meno del 3% (in termini di riserve medie sarebbe ancora più piccolo di circa 7 volte); certamente è possibile che ci siano altre scoperte di questo tipo con la nuova metodica, ma quali saranno le effettive percentuali di passaggio da risorse a riserve vere e proprie? Se usiamo il rapporto attuale di circa 7 il giacimento trovato potrebbe soddisfare i consumi mondiali solo per poco più di un anno (220Mm3). Possiamo concludere che non è cambiato granchè e ce ne sarebbero molti altri di giacimenti di questo tipo da scoprire per “risolvere” il problema di una risorsa mineraria importante ma le cui disponibilità sono e rimangono limitate e il cui prezzo tende a crescere da molto tempo.

L’unico modo saggio è quello di prevenire il problema eliminando gli sprechi ed introducendo meccanismi di recupero e di riciclo in tutte le applicazioni chiave dell’elio a partire da quelle nel campo della sanità e della ricerca (nei grandi NMR per esempio).

Economia circolare è la risposta ai problemi delle risorse, non nuove scoperte “epocali”, ma che lasciano sostanzialmente immutata la situazione, e casomai costituiscono una occasione per ulteriore distruzione della Natura, una fonte di arricchimento per una esigua minoranza e una dimostrazione di incompetenza per i giornali anche tecnici.

[1] Popular Mechanics 25 June 2012: Why Is There a Helium Shortage?

[2] The independent 5/1/2013: A ballooning problem: the great helium shortage

https://www.wired.com/2015/07/feds-created-helium-problem-thats-screwing-science/

[3]W. J. Nuttall, R. H. Clarke, B. A. Glowack- The Future of Helium As a Natural Resource, Routledge 2012

[4]http://minerals.usgs.gov/minerals/pubs/commodity/helium/mcs-2012-heliu.pdf

[5]http://www.airproducts.com/~/media/files/pdf/industries/metals-helium-recovery-recycling-good-business-sense.pdf

 

L’elio forma molecole stabili ad alte pressioni

Rinaldo Cervellati

Gli autori di libri di testo di chimica potrebbero presto dover riscrivere i capitoli sui gas nobili e l’inerzia chimica, commenta Mitch Jacoby nel riportare, per c&en newsletter, la notizia della sintesi di un composto di elio e sodio stabile ad alte pressioni, ottenuto da un team di ricercatori internazionale. Il gruppo, una ventina di ricercatori in prevalenza russi, cinesi e americani con alcuni europei fra i quali l’italiano Carlo Gatti, ha recentemente pubblicato i dettagli della ricerca (Xiao Dong et al., A stable compound of helium and sodium at high pressure, Nature chemistry, 2017 on line 6 february 2017, DOI: 10.1038/nchem.2716).

La caratteristica più nota dell’elio è stata la sua assenza di volontà di reagire. Con una configurazione elettronica stabile, affinità elettronica tendente a zero e una energia di ionizzazione superiore a quella di tutti gli altri elementi, l’elio è il prototipo dell’inerzia chimica.

Per esaminare la scarsissima reattività di questo elemento, gli scienziati hanno tentato sia attraverso metodi teorici sia sperimentali di individuare le condizioni per ottenere composti dell’elio. Con scarso successo, almeno fino a oggi, ottenendo solo specie insolite, come il radicale HeH+, stabile solo nella sua forma positivamente carica, e HHeF, una molecola metastabile. Al contrario, è noto da molto tempo che i gas nobili a più elevato peso atomico, xeno e cripto, sono in grado di formare una varietà di composti stabili. In particolare i fluoruri di xeno: XeF2, il difluoruro, è il più stabile, si presenta come un solido cristallino bianco molto sensibile all’umidità, disponibile commercialmente e usato nelle reazioni di fluorurazione. Il tetrafluoruro, XeF4 è stato il primo composto di un gas nobile a essere sintetizzato nel 1962 (H. H. Claassen, H. Selig e J. G. Malm, Xenon Tetrafluoride, J. Am. Chem. Soc., 1962, 84, 3593), si presenta pure come solido cristallino sensibile all’umidità, molto più reattivo del difluoruro. L’esafluoruro, XeF6, è ancora più reattivo potendo funzionare sia come donatore sia come accettore di ioni fluoruro.

Il team internazionale di ricerca, coordinato dai Prof. Artem R. Oganov (Skolkovo Institute of Science & Technology, Mosca; Stony Brook University, USA), Xiang-Feng Zhou (Nankai University, Tianjin, Cina; Chemistry Division, Brookhaven National Laboratory, NY USA), Hui-Tian Wang (Nankai University, Tianjin, Cina), ha continuato e ampliato la ricerca di composti stabili dell’elio.

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xiang-feng-zhou

Il gruppo ha usato una strategia computazionale nota come previsione della struttura evolutiva (USPEX) per individuare gli scenari di interazione elio-sodio in una vasta gamma di pressioni. La conclusione è stata che Na2He dovrebbe essere termodinamicamente stabile a pressioni superiori a circa 115 GPa, cioè più di 1 milione di volte superiore a quello della pressione atmosferica della Terra.

Per realizzare gli esperimenti i ricercatori hanno utilizzato una cella a incudini di diamante (DAC) che permette di raggiungere altissimi valori di pressione, ottenendo infine il composto cercato. In breve, e con riferimento allo schema di figura 2:

fig-2-schema-apparato-sperimentaleuna cella ad incudini di diamante è formata da due diamanti tagliati a forma di tronco di piramide con punta molto fine in modo da esercitare una fortissima pressione. Il campione (cioè l’oggetto in questione), che in condizioni normali può essere sia solido, che liquido o gassoso, di dimensioni opportune, viene posto tra le facce piane dei due diamanti naturali, e mantenuto in questa posizione mediante una guarnizione metallica, anch’essa schiacciata tra i diamanti. I due diamanti sono poi pressati uno contro l’altro e così facendo esercitano una grande pressione sul campione posto nel mezzo. Si usano i diamanti naturali perché essi sono gli oggetti più duri che esistono in Natura e non si danneggiano a causa delle altissime pressioni che producono. Si possono così studiare, in condizioni estreme, sistemi di grande importanza in fisica fondamentale, in geologia, in scienza dei materiali e in astrochimica.

Il composto Na2He è stato caratterizzato per diffrattometria a raggi X, spettroscopia Raman e altri metodi. Il gruppo di ricerca riporta che la sua struttura è simile a quella del minerale fluorite, è elettricamente isolante e rimane stabile fino a 1000 GPa. La struttura del nuovo composto è mostrata in figura 3.

fig-3-struttura-di-na2he

Questa scoperta dimostra che l’elio non è completamente inerte come si pensava”, ha commentato Carlo Gatti (Istituto di Scienze e Tecnologie Molecolari del CNR, Milano), che ha contribuito allo studio come esperto di legami chimici, “In certe condizioni può formare dei composti e addirittura assumere una carica negativa. Di fatto, quello che capita è la creazione di coppie elettroniche che occupano alternativamente le posizioni dell’elio”.

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Carlo Gatti

Na2He appartiene infatti alla categoria dei cosiddetti elettruri – materiali cristallini simili a sali – in cui gli elettroni prendono il posto degli ioni negativi alternandosi a un reticolo di ioni carichi positivamente, rappresentati in questo caso dal sodio.

I ricercatori hanno anche teorizzato che il composto Na2HeO, che non hanno ancora sintetizzato, dovrebbe essere stabile a pressioni superiori a 15 GPa.

Questo studio mette in evidenza come l’alta pressione può essere utilizzata per la sintesi di composti con nuove stechiometrie e strutture elettroniche“, dice Eva Zurek, specialista in chimica computazionale presso la State University of New York, SUNY a Buffalo. Na2He non potrebbe mai essere stabile in condizioni atmosferiche, osserva Zurek, ma è stato ottenuto a circa il 40% della pressione presente al centro della Terra. I risultati amplieranno la comprensione dei processi chimici che possono verificarsi a grandi pressioni all’interno giganti gassosi come Giove e Saturno.

Il chimico inorganico Sven Lidin dell’Università di Lund (Svezia), osserva che le implicazioni per l’astronomia sono chiaramente interessanti “ma per quanto riguarda la nostra percezione della reattività chimica, questo risultato è un cambio di prospettiva.

Dice infatti Lidin: già le scoperte precedenti di altri composti dei gas nobili avevano messo in chiaro che l’inerzia è una questione di condizioni di reazione. Ma l’elio è stato un resistente anche in condizioni estreme, perché si tiene i suoi elettroni chiusi quasi ermeticamente e non li lascia andare. Questi nuovi risultati, aggiunge, mostrano che in un certo senso, “l’ultimo bastione sulla inerzia chimica è finalmente caduto.

Fonte: c&en newsletter web february 9, 2017