Vincenzo Balzani, Università di Bologna
Coordinatore del gruppo di scienziati energiaperlitalia
La Chimica: ieri
Negli ultimi decenni, e in parte ancora oggi, sui mezzi di comunicazione la Chimica ha fatto e fa notizia principalmente in relazione a guerre, disastri ecologici, inquinamento e sofisticazioni. Ne consegue che, anche fra persone di una certa cultura, la Chimica è percepita come una scienza malvagia, di cui diffidare. Ma come accade per tutti gli strumenti che la scienza e la tecnica mettono nelle mani dell’uomo, da un semplice coltello all’energia nucleare, malvagio non è lo strumento in sé, ma chi lo usa senza le dovute cautele o, peggio, per fare del male deliberatamente.
Negli ultimi 100 anni la Chimica ha portato enormi benefici all’umanità. Ha fornito potenti fonti di energia, vaccini e farmaci capaci di prevenire e curare molte malattie, materiali con proprietà eccezionali come i polimeri, le materie plastiche e i semiconduttori, fertilizzanti per lo sviluppo dell’agricoltura e molto altro ancora. Si può dire che non c’è nulla di quello che usiamo che non sia stato fabbricato dai chimici o basato sui materiali che i chimici hanno ideato. La Chimica, però, deve anche riconoscere la sua responsabilità nell’aver creato strumenti di distruzione e di morte come esplosivi e armi chimiche e nell’aver contribuito, spesso senza volerlo, a volte addirittura senza saperlo, all’insorgere di gravi problemi a livello locale e globale. Nell’ultimo secolo, infatti, la grande accelerazione nell’attività dell’uomo ha coinvolto la Chimica in molti modi e con risultati spesso disastrosi, come il danneggiamento dello strato protettivo di ozono, il riscaldamento del pianeta, l’inquinamento atmosferico e lo sfruttamento senza limiti delle risorse naturali. L’effetto dell’attività umana degli ultimi decenni sulle caratteristiche del pianeta è ritenuto epocale, come dimostra il nome Antropocene ormai comunemente adottato per indicare l’epoca presente [1].
I chimici sono stati fra gli scienziati più attivi nel forgiare, nel bene e nel male, questa nuova epoca.
L’astronave Terra
Il pianeta Terra su cui viviamo è una specie di astronave che viaggia nell’infinità dell’Universo. E’ un’astronave del tutto speciale perché non potrà mai “atterrare” in nessun luogo per fare rifornimento, per essere riparata o per sbarazzarsi dei rifiuti che vi si accumulano. L’unico rapporto con l’esterno è la luce che riceve dal Sole, risorsa fondamentale per la vita dei 7,3 miliardi di passeggeri.
La prima cosa di cui essere consapevoli è che il pianeta Terra ha dimensioni “finite” [2]. Pertanto, le risorse di cui disponiamo sono limitate ed è limitato anche lo spazio in cui collocare i rifiuti. Si tratta di una realtà innegabile; eppure, spesso, anche i chimici non ne hanno tenuto conto. Molti economisti, poi, sembrano addirittura non saperlo.
Nel 1980, le risorse utilizzate estratte dalla Terra ammontavano a 40 miliardi di tonnellate; nel 2015 sono salite a circa 70 miliardi di tonnellate, pari a 27 kg per persona al giorno. Alle risorse utilizzate vanno aggiunte quantità da due a tre volte maggiori di risorse estratte, ma difficili da usare, rapporto che aumenta costantemente man mano che i depositi di risorse più ricchi si vanno esaurendo [3]. Ci si può chiedere: rimarrà qualcosa per le future generazioni?
Le dimensioni finite del pianeta hanno conseguenze anche per quanto riguarda la collocazione dei rifiuti che si producono ogni volta che si usano risorse [4]; non possiamo sbarazzarcene collocandoli in un inesistente “non luogo”. I rifiuti finiscono inesorabilmente sotto terra, sulla superficie della terra, sulla superficie o sul fondo dei mari e nell’atmosfera; in ogni caso, con conseguenze poco piacevoli. Le scorie di materie plastiche che si sono accumulate nell’Oceano Pacifico formano un’ “isola” grande come l’Europa. La quantità di anidride carbonica riversata in atmosfera supera i 30 miliardi di tonnellate all’anno e, come sappiamo, causa un aumento dell’effetto serra ed i conseguenti cambiamenti climatici. Il particolato fine generato dai motori a combustione ha causato nel 2012 più di 941.000 morti premature in Europa, 84.000 delle quali in Italia. Ci sono poi le scorie delle centrali nucleari, pericolose per decine di migliaia di anni, che nessuno sa dove collocare. Cosa diranno le prossime generazioni dei danni, in parte irreversibili, che abbiamo creato con i nostri rifiuti all’astronave su cui anche loro dovranno viaggiare?
Alla Conferenza COP21 tenutasi nel dicembre 2015 a Parigi [5], 185 nazioni hanno concordemente riconosciuto che il cambiamento climatico, causato dall’uso dei combustibili fossili, è il problema più preoccupante per l’umanità e nell’Enciclica Laudato si’ [6] papa Francesco ha ammonito: “Il ritmo di consumo, di spreco e di alterazione dell’ambiente ha superato le capacità del pianeta, in maniera tale che lo stile di vita attuale, essendo insostenibile, può sfociare solamente in catastrofi”.
La nostra è la prima generazione che si rende conto di questa situazione di crisi e quindi è anche la prima (qualcuno dice che potrebbe essere l’ultima) che può e deve cercare rimedi [4].
Economia lineare ed economia circolare
Dovrebbe essere ormai chiaro a tutti che non è possibile continuare con l’attuale modello di sviluppo basato sull’economia lineare (Figura 1) che parte dall’ingannevole presupposto [7] che le risorse siano infinite e che non ci siano problemi per la collocazione dei rifiuti.
Figura 1. Schema del sistema economico lineare oggi adottato, basato sul falso presupposto che le risorse siano infinite e che non ci siano problemi per la collocazione dei rifiuti.
Non è possibile continuare col consumismo e con “l’usa e getta”. Questo tipo di economia ci sta portando sull’orlo del baratro ecologico [8] ed è la causa delle crescenti, insostenibili disuguaglianze [9]. Il papa, nell’enciclica Laudato si’ [6], lancia un appello accorato: “Di fronte al deterioramento globale dell’ambiente, voglio rivolgermi a ogni persona che abita questo pianeta. Ciò che sta accadendo ci pone di fronte all’urgenza di procedere in una coraggiosa rivoluzione culturale”.
Uno dei punti cardine della rivoluzione culturale, di cui c’è tanto bisogno, è il passaggio dall’economia lineare all’economia circolare. In questo modello di sviluppo alternativo (Figura 2), l’energia usata proviene da fonti rinnovabili e le risorse della Terra vengono usate in quantità il più possibile limitate (risparmio) e in modo intelligente (efficienza) per fabbricare oggetti programmati non solo per essere usati, ma anche per essere riparati, raccolti e riciclati per fornire nuove risorse.
Figura 2. Schema di un sistema economico circolare basato sul concetto che le risorse naturali sono limitate ed è limitato anche lo spazio in cui mettere i rifiuti. Tutta l’energia usata è ricavata da fonti rinnovabili.
La differenza fondamentale fra economia lineare e economia circolare riguarda l’energia, che è la risorsa chiave di ogni sistema economico. L’economia lineare è basata sui combustibili fossili, una fonte in via di esaurimento, mal distribuita sul pianeta e causa di danni gravissimi all’ambiente e alla salute dell’uomo. L’economia circolare, invece, utilizza l’energia solare e le altre fonti di energia (eolica, idrica) ad essa collegate: abbondanti, inesauribili e ben distribuite. Gli ammonimenti degli scienziati [10], le direttive dell’Unione Europea, le decisioni prese alla Conferenza COP21 di Parigi sui cambiamenti climatici [5] e la bellissima enciclica Laudato si’ di papa Francesco [6] sostengono la necessità di accelerare la transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili.
La Chimica: scienza centrale
La Chimica è una scienza centrale (Figura 3) che, col suo linguaggio, quello degli atomi e delle molecole, invade e pervade numerosi altri campi del sapere e fa da tramite per molte altre scienze. Ha quindi davanti a sé immensi territori da esplorare. Ha dato nuove prospettive alla biologia, che nella sua versione più avanzata, infatti, prende il nome di biologia molecolare e che a sua volta ha profondamente rivoluzionato il campo della medicina.
Figura 3. La Chimica: una scienza centrale.
Solo la Chimica potrà dare risposte ad alcune domande fondamentali: come si è originata la vita? come fa il cervello a pensare? c’è vita su altri pianeti?
La Chimica è il fondamento di discipline di primaria importanza come la scienza dei materiali e l’ecologia. Solo con il contributo della Chimica si potranno trovare soluzioni ai quattro grandi problemi che l’umanità deve risolvere per continuare a vivere bene su questo pianeta, senza comprometterne l’uso alle future generazioni: alimentazione (cibo e acqua), salute e ambiente, energia e informazione.
La Chimica è la scienza che ha maggior impatto sulla società. Quindi, può e deve giocare un ruolo guida in questo periodo storico caratterizzato dall’inevitabile transizione dall’economia lineare all’economia circolare e dai combustibili fossili alle energie rinnovabili.
Innovazione
L’innovazione è e rimarrà sempre il motore della crescita e dello sviluppo. Ma oggi sappiamo che crescita e sviluppo devono essere governati non più dal consumismo, ma dalla sostenibilità ecologica e sociale [11]. Un’innovazione volta soltanto ad aumentare i consumi e ad accrescere le disuguaglianze, come è accaduto negli scorsi decenni, è la ricetta per accelerare la corsa verso la catastrofe di cui parla anche papa Francesco.
Le prime cose da innovare, quindi, sono istruzione e cultura. Bisogna far sapere a tutti i cittadini, in particolare ai giovani, quale è la situazione reale del mondo in cui viviamo riguardo risorse, rifiuti e disuguaglianze. L’istruzione è in gran parte di competenza dello Stato, ma anche a livello locale si può fare molto. Lo possono fare, con opportuni corsi di aggiornamento, i comuni, le regioni, le confederazioni degli industriali e degli artigiani. Lo possono fare le grandi e anche le piccole imprese con appositi stages per gli studenti. Possono contribuire con iniziative culturali le Fondazioni bancarie, le parrocchie e le associazioni di ogni tipo.
Un esempio di innovazione sbagliata è la conversione delle raffinerie di petrolio in bioraffinerie, anziché la loro definitiva chiusura con ricollocazione del personale in altri settori. Infatti: 1) le bioraffinerie sono alimentate con olio di palma proveniente in gran parte dall’Indonesia e dalla Malesia, dove per far posto alle piantagioni di palma vengono compiute estese deforestazioni con gravi danni per il territorio e per il clima; 2) i biocarburanti prodotti dall’olio di palma hanno un EROI (Energy Returned on Energy Invested) mai dichiarato, ma certamente minore di 1, cioè forniscono una quantità di energia minore di quella spesa per produrli; 3) fra pochi anni ci si accorgerà che anche le bioraffinerie sono ecologicamente ed economicamente insostenibili e si riproporrà il problema della ricollocazione del personale. Quindi, le bioraffinerie non aiutano a risolvere la crisi energetico-climatica e neppure quella occupazionale.
Un altro esempio di innovazione sbagliata è l’accordo fra Governo, Regione Emilia-Romagna e Audi (l’azienda tedesca che possiede la Lamborghini) per la produzione del nuovo SUV Lamborghini a Sant’Agata Bolognese; un accordo celebrato da alcuni politici ed industriali come straordinario esempio di innovazione [12]. Ma tutti sanno che c’è poco o nulla da innovare nei motori a scoppio, usati da più di un secolo. Se si vuol fare innovazione nel campo delle automobili, oggi la si può fare solo sulle auto elettriche: motori elettrici, batterie (settore che riguarda direttamente la Chimica), dispositivi di ricarica veloce, ecc. Oppure si può fare innovazione per produrre combustibili sintetici mediante elettrolisi dell’acqua (utilizzando elettricità da fonti rinnovabili) e successive reazioni fra l’idrogeno così ottenuto e CO2 [13].
Per capire quanto poco innovativo sia il SUV Lamborghini, che entrerà nel mercato presumibilmente nel 2018, basta pensare che nel 2025 Olanda, Norvegia e anche India prevedono di vietare la vendita ad auto con alimentazione a benzina o gasolio [14]. Con la sua mostruosa potenza di 600 CV, il SUV Lamborghini è un emblema del consumismo e della “civiltà” dell’usa e getta, dalla quale le vere innovazioni dovrebbero farci uscire. Col suo costo di 250.000 euro, è anche l’icona delle disuguaglianze, causa prima dell’insostenibilità sociale.
Alcuni campi di sviluppo dell’industria Chimica
Nuovi materiali
La caratteristica fondamentale della nostra epoca è il continuo aumento della complessità. Basti pensare che mentre fino al 1990 tutto ciò che c’era in una abitazione era costituito da meno di 20 elementi, oggi in uno smartphone ci sono più di quaranta elementi diversi. Da qualche tempo destano molto interesse elementi relativamente scarsi e finora trascurati, per i quali si prevede un crescente uso nei dispositivi ad alta tecnologia. Il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti ha identificato sei elementi critici per le industrie americane: disprosio, europio, erbio, neodimio, ittrio e indio. Nell’Unione Europea, che è povera di risorse minerarie e ha industrie maggiormente diversificate, gli elementi critici sono più di venti. Per contrastare la scarsità di certi elementi si possono adottare varie strategie: 1) fare con meno; 2) riciclare; 3) individuare elementi più abbondanti che possano sostituire nei processi industriali quelli che scarseggiano; 4) reinventare i processi industriali sulla base dei materiali più facilmente disponibili.
E’ chiaro che in ciascuna di queste strategie c’è ampio spazio per la ricerca e l’industria chimica.
Energia
La transizione energetica, già avviata, dai combustibili fossili alle energie rinnovabili ha molto bisogno della Chimica. L’energia solare è abbondante, ma deve essere convertita nelle energie di uso finale: calore, elettricità e combustibili. Ad esempio, la quantità di energia elettrica ricavabile dai 170 Wm-2 di potenza solare media dipende dalla nostra capacità di costruire pannelli, accumulatori e altri dispositivi con le risorse della Terra. Spesso è necessario usare elementi chimici poco abbondanti, come litio, selenio e neodimio, per cui i “reagenti limitanti” nell’utilizzo delle energie rinnovabili spesso non sono i fotoni del Sole, ma gli atomi della Terra, con tutti i problemi prospettati nella sezione precedente. Accade così che mentre la transizione dall’economia lineare all’economia circolare deve fare fulcro sulle energie rinnovabili, la disponibilità di queste ultime è a sua volta legata all’uso delle materie prime secondo i principi dell’economia circolare: risparmio, efficienza e riciclo (Figura 2).
Chimica verde
L’industria chimica in passato aveva come unico traguardo un’alta resa di produzione, senza troppe preoccupazioni per la compatibilità ambientale dei prodotti, sottoprodotti, rifiuti, solventi e catalizzatori, nonché per i consumi idrici ed energetici; a volte, non si è valutata con cura neppure la potenziale pericolosità degli impianti. Nell’ultimo decennio sono stati fatti notevoli progressi, ma molto c’è ancora da fare per giungere ad un Chimica sostenibile, cioè che fornisca quello di cui abbiamo bisogno senza far danni al pianeta e ai suoi abitanti.
Chimica per il Terzo Mondo
Miliardi di persone vivono in paesi tecnologicamente sottosviluppati dove i sofisticati e costosi processi chimici dell’industria non si possono utilizzare. In questi paesi la Chimica deve inventare soluzioni tecnicamente accessibili ed economicamente sostenibili per risolvere problemi di base legati all’acqua, al cibo e all’energia.
Monitoraggio, raccolta di informazioni
Un campo particolarmente importante della Chimica è quello dei sensori per monitorare l’ambiente, i cibi, i materiali, le merci, la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica. Per esempio, nella difesa contro il terrorismo la Chimica può dare un contributo fondamentale nel prevenire l’attacco, nel controllarlo e nel fornire prove sull’accaduto. In un mondo che diventa via via più complesso e globalizzato ci sarà sempre più bisogno di raccogliere ed elaborare informazioni anche per svelare truffe come, ad esempio, quella messa in atto dalle case automobilistiche, in particolare dalla Volkswagen, per quanto riguarda il livello di sostanze inquinanti prodotte.
Conclusioni
Negli ultimi decenni il mondo è profondamente cambiato. Siamo in una nuova era, l’Antropocene [1], che anche la Chimica ha contribuito a forgiare. Appare evidente che i progressi della scienza e della tecnologia e l’uso dei combustibili fossili [15] hanno rafforzato le mani dell’uomo, ma hanno aumentato la fragilità del pianeta. Scienziati e filosofi sono preoccupati per il futuro dell’umanità. Secondo Zygmunt Bauman, la scienza e la tecnica hanno fatto vincere all’uomo molte battaglie contro la Natura, ma ora rischiano di farci perdere la guerra causando l’irreversibile degrado del pianeta. Hans Jonas ha scritto che è lo smisurato potere che ci siamo dati, su noi stessi e sull’ambiente ad imporci di sapere che cosa stiamo facendo e di scegliere in quale direzione vogliamo inoltrarci. Umberto Galimberti è più pessimista: “L’uomo è impotente contro la scienza, perché la scienza è più forte dell’uomo. La domanda non è più cosa possiamo fare noi con la scienza e la tecnica, ma che cosa la scienza e la tecnica possono fare di noi”.
In questo quadro, è evidente che molte cose devono cambiare nella politica, nell’economia e nella scienza. La Chimica, la scienza che più interagisce con l’uomo e con l’ambiente, deve reinventare il suo ruolo in questo nuovo mondo. Ha il dovere di trovare soluzioni per i problemi che essa stessa ha contribuito a creare in passato e deve svolgere un compito di importanza fondamentale: mettere a disposizione dell’umanità energia, materiali e prodotti di sintesi senza compromettere l’integrità dell’ambiente e la salute dell’uomo. Il ruolo che la Chimica deve giocare, oggi e domani, è quindi addirittura più importante di quello che ha svolto in passato. Infatti, anziché sfruttare opportunità per un generico sviluppo industriale, deve contribuire a risolvere problemi urgenti, quali il cambiamento climatico, l’inquinamento, la conversione delle energie rinnovabili in energie di uso finale, la disponibilità di cibo e acqua, il recupero dei materiali, la preparazione di farmaci per le popolazioni del terzo mondo e la riduzione delle disuguaglianze. E non c’è dubbio che dall’impegno volto a risolvere questi problemi pratici nasceranno nuove idee e scoperte fondamentali.
C’è molto bisogno di una nuova Chimica e quindi di giovani che vi si dedichino, consapevoli della grande missione che li aspetta.
[1] V. Balzani, Sapere, agosto 10-15, 2015,
[2] N. Armaroli, V. Balzani: Energia per l’astronave Terra, Zanichelli, 2011.
[3] U. Bardi: Extracted: How the Quest for Mineral Wealth Is Plundering the Planet, Chelsea Green, White River Junction, Vermont (USA), 2014.
[4] V. Balzani, M. Venturi: Energia, risorse, ambiente, Zanichelli, 2014.
[5] http://www.accordodiparigi.it/
[6] Francesco: Laudato si’, Lettera enciclica sulla cura della casa comune, Paoline Editoriale Libri, 2015.
[7] http://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/La-fuga-dalla-realta-e-il-mito-della-crescita-infinita
[8] L.R Brown: World on the Edge: How to Prevent Environmental and Economic Collapse, Earth Policy Institute, Washington (DC), 2011.
[9] T. Piketty: Disuguaglianze, Università Bocconi Editore, 2014
[10] http://ar5-syr.ipcc.ch/
[11] V. Balzani, La Chimica e l’Industria, ottobre 2016 (in stampa)
[12] http://www.regione.emilia-romagna.it/notizie/2015/maggio/nuovo-suv-lamborghini-firmato-a-palazzo-chigi-protocollo-dintesa-tra-ministero-sviluppo-economico-e-regione
[13] N. Armaroli, V. Balzani, Chem. Eur. J., 22, 32–57, 2016
[14] www.huffingtonpost.it/…/auto-elettriche-olanda_n_9640970.html
[15] Nel 2015, su scala mondiale abbiamo consumato ogni secondo 250 tonnellate di carbone, 1000 barili di petrolio e 105.000 metri cubi di gas.