Vincenzo Balzani.
Pubblichiamo due recenti lettere di Balzani ai giornali; la prima spedita al Corrierone non è stata pubblicata; la seconda spedita a Il Manifesto si; l’argomento è la transizione energetica in generale e in particolare la recente progettazione di un intervento CCS in Emilia-Romagna.
Lettera al Corriere della Sera.
Caro Direttore,
Ho letto sul Corriere del 20 settembre l’intervista di Stefano Agnoli all’ing. Alessandro Puliti, direttore generale di “Natural Resources” di Eni. L’ing. Puliti parla trionfalmente del progetto CCS (cattura e stoccaggio di anidride carbonica, CO2) che Eni ha in progetto di costruire a Ravenna. Continuare ad usare i combustibili fossili per poi catturare e sotterrare la CO2 prodotta è un progetto inutile e fuori da ogni logica di transizione energetica, la sua fattibilità non è affatto garantita ed è caratterizzato da alti costi e rischi ambientali, soprattutto se lo stoccaggio avviene in zone sismiche o a forte subsidenza come la costa ravennate. Fra pochi anni sarà evidente che si tratta di un progetto fuori luogo e fuori tempo.
I vantaggi che offre CCS, dice l’ing. Puliti, sta nel fatto che “non si consumerà un metro quadrato di suolo in più rispetto alle infrastrutture esistenti, mentre per avere la stessa energia dovremmo avere a disposizione dai 40 ai 60 km quadrati di pannelli solari. Il suolo è prezioso”. Ma la centrale che Eni vuole continuare ad usare occupa già un vasto spazio e in ogni caso i pannelli solari possono essere sistemati su tetti, zone aride e anche su terreni con supporti alti circa 5 metri, al di sotto dei quali poter quindi coltivare prodotti agricoli senza comprometterne la produttività, come dimostrato dal Fraunhofer Institute tedesco.
Quando all’idrogeno, è assodato che il suo uso più conveniente consiste non nel bruciarlo, ma nel convertirlo in elettricità con celle a combustibile per alimentare motori elettrici che sono da 3 a 4 volte più efficienti dei motori a combustione. Questo si può fare solo con idrogeno puro, cioè “green”, prodotto per elettrolisi dell’acqua. Riguardo l’idrogeno “blu”, cioè prodotto dal metano con successiva cattura e stoccaggio della CO2 come vorrebbe fare Eni, riporto una recente dichiarazione di Francesco Starace, CEO di Enel: “Produrre idrogeno con tecnologie legate alla cattura della CO2 sarebbe una distruzione di valore e di fondi. Se poi qualcuno ci crede – ha aggiunto– dovrebbe comunque farlo con fondi suoi, senza chiedere incentivi”.
Biodiesel, biometano, idrogeno “blu” (da metano), “gas verde” (miscele di idrogeno e biometano, Snam) e “diesel verde” (miscele di diesel fossile e biodiesel, per il quale Eni ha subito una sanzione di 5 milioni di euro dall’antitrust per pubblicità ingannevole) sono solo disperati tentativi per mantenere in vita gli inefficienti e inquinanti motori a combustione, continuare ad usare combustibili fossili e procrastinare il più a lungo possibile il passaggio alle vere energie rinnovabili.
A Bruxelles si accorgeranno che la proposta Eni non può entrare nel Green Deal e non può essere finanziata nell’ambito del Recovery Plan Next Generations EU. Anche perché nel 2009 l’UE aveva varato EEPR e NER300, due importanti programmi per la cattura e stoccaggio del carbonio (CCS). I soldi sono stati spesi, ma non si è risusciti “a realizzare nessun progresso e nessun progetto di successo per la cattura e stoccaggio del carbonio”.
Portando a Bruxelles la proposta di Eni, l’Italia non farà certo una bella figura.
Vincenzo Balzani, coordinatore di energiaperlitalia
Lettera a Il Manifesto.
https://ilmanifesto.it/perche-a-ravenna-leni-non-sostiene-le-rinnovabili/
Caro Direttore,
Ho letto con piacere il supplemento ExtraTerrestre nel Manifesto del 18 settembre. Ho particolarmente apprezzato i due titoli, densi di significato: Il fondo del barile e A Ravenna l’anidride carbonica la nascondono sotto il tappeto.
Come tutti sanno, la transizione energetica in corso, dai combustibili fossili alle energie rinnovabili, è fortemente ostacolata dalla lobby dei combustibili fossili (in Italia, da ENI). Ci troviamo, pertanto, in una strana situazione: il futuro, cioè le energie rinnovabili, è già presente, ma il passato, cioè i combustibili fossili, non vuole passare perché è collegato a enormi interessi, non solo economici. Le energie rinnovabili forniscono energia elettrica con cui si possono alimentare direttamente i motori elettrici, che sono da 3 a 4 volte più efficienti dei motori a combustione; ecco allora che, per continuare a usare i combustibili fossili, le compagnie petrolifere hanno inventato diverse strategie che descrivo brevemente.
1- Sostenere che le energie rinnovabili non sono ancora mature, per cui ci sarà bisogno per molti decenni dei combustibili fossili. Per smentire la favola delle energie rinnovabili non mature, basta fare un semplice confronto: la fotosintesi naturale converte l’energia solare in energia chimica con un’efficienza energetica dello 0,2%, mentre il fotovoltaico converte l’energia solare in energia elettrica con un’efficienza del 20%, cioè 100 volte maggiore! Si possono aggiungere altri due numeri: attualmente gli impianti fotovoltaici e le pale eoliche installati nel mondo generano una quantità di elettricità pari a quella generata, rispettivamente, da 170 e da 270 centrali nucleari. Il tutto, senza produrre scorie radioattive e anidride carbonica. Fotovoltaico ed eolico oggi sono le due tecnologie che forniscono energia elettrica ai costi più bassi. Nel mercato della nuova potenza elettrica installata surclassano, con una quota che sfiora il 70%, le tecnologie tradizionali basate su carbone, gas e nucleare.
2. Abbandonare al suo destino il carbone e, ormai, anche il diesel e puntare sul metano come “combustibile ponte” pulito. Il metano genera un po’ meno (76% ) di CO2 rispetto a benzina e gasolio, ma questo non basta per combattere il cambiamento climatico. Il metano, inoltre, è un gas serra decine di volte più potente della CO2 e, nella lunga filiera dai giacimenti all’utilizzazione finale, si stima ci siano perdite di almeno il 3% rispetto alla quantità di gas utilizzato. Quindi, usando il metano c’è addirittura il rischio di peggiorare gli effetti sul clima. Per quanto riguarda poi l’inquinamento, studi recenti indicano che il particolato prodotto dalla combustione del metano è, come massa, inferiore a quello prodotto dal gasolio, ma le particelle sono più piccole e in numero superiore, quindi potenzialmente più pericolose per la salute.
De Scalzi imputato a Milano di corruzione internazionale per la più grande tangente della storia italiana difende il CCS di Ravenna.
3. Continuare a usare i combustibili fossili e poi catturare e sotterrare l’anidride carbonica prodotta (CCS, carbon capture and storage). Si tratta di un progetto fuori da ogni logica, tecnicamente non ancora sviluppato, caratterizzato da alti costi e forti pericoli ambientali, soprattutto se lo storage avviene in zone sismiche o con forte subsidenza come la costa di Ravenna, dove ENI ha in progetto di costruire un impianto del genere. Questa strategia è semplicemente un escamotage per continuare a produrre ed utilizzare i combustibili fossili.
4. Supportare l’uso dei biocombustibili per mantenere in vita il motore a combustione e quindi per continuare a usare i combustibili fossili. In realtà i biocombustibili non possono giocare un ruolo importante nella transizione energetica semplicemente perché l’efficienza della fotosintesi naturale è molto bassa (0,1-0,2%). È stato calcolato che l’efficienza di conversione dei fotoni del Sole in energia meccanica alle ruote di un’automobile (sun-to-wheels efficiency) è oltre 100 volte superiore per la filiera che dal fotovoltaico porta alle auto elettriche rispetto alla filiera che dalle biomasse porta alle auto alimentate da biocombustibili. Quindi, dal punto di vista energetico la produzione di biocombustibili corrisponde ad uno spreco dell’energia solare. Può essere utile ottenere biometano da prodotti di scarto, ma si tratta di piccole quantità rispetto a quelle che ci vorrebbero per alimentare la mobilità. Per produrlo in quantità massicce sarebbe necessario utilizzare coltivazioni agricole dedicate, entrando così in competizione con la produzione di cibo. Ecco allora che, se si mantengono in circolazione i motori a combustione, c’è ampia opportunità per continuare ad usare grandi quantità di metano fossile.
5. Sostenere lo sviluppo dell’idrogeno da fonti rinnovabili, per miscelarlo (5-10%) al metano o al biometano (gas verde). Non si capisce che senso abbia “sprecare” idrogeno in questo modo, quando l’idrogeno, prodotto per immagazzinare l’elettricità generata dall’energia solare o eolica, può essere riconvertito in elettricità con pile a combustibile per alimentare i molto più efficienti motori elettrici. Il “gas verde” è semplicemente un ulteriore ingannevole tentativo per mantenere in vita gli inefficienti e inquinanti motori a combustione e procrastinare così per un tempo il più lungo possibile il passaggio dai combustibili fossili alle vere energie rinnovabili. Sulla stessa linea, Eni è stata multata dall’Antitrust per aver “presentato come verde un diesel altamente inquinante”.
Purtroppo, Eni è politicamente molto forte ed è riuscita ad imporre a Conte e alla Regione Emilia- Romagna la costruzione di un gigantesco impianto CCS nella zona di Ravenna. Fra non molti anni tutti capiranno che si tratta di una delle tante grandi opere costruite fuori luogo e fuori tempo. La speranza è che a Bruxelles si accorgano che questa proposta Eni non può entrare nel Green Deal e non può essere finanziata nell’ambito del Recovery Plan Next Generations EU. Anche perché nel 2009 l’UE aveva varato EEPR e NER300, due importanti programmi per la cattura e stoccaggio del carbonio (CCS). I soldi sono stati spesi, ma non si è risusciti “a realizzare nessun progresso e nessun progetto di successo per la cattura e stoccaggio del carbonio”.
Vincenzo Balzani
Coordinatore del gruppo di scienziati energiaperlitalia