Claudio Della Volpe
Con un fatturato annuo di oltre 67 miliardi di euro nel 2016, sia pure in fortissima diminuzione rispetto al passato (i dipendenti si sono ridotti a meno di 30.000 dagli oltre 100.000 degli anni 90) ENI rimane la seconda o terza azienda italiana (dopo EXOR-FCA, ossia l’ex Fiat e dopo ENEL, nel 2016), pagando la riduzione dei costi del greggio e il deconsolidamento di Saipem e Versalis; se enrambe fossero rimaste nel perimetro ENI, la società oggi avrebbe un fatturato di oltre 80 miliardi. Ma nonostante questo, la fama di “stato-nello-stato” guadagnata fin dai tempi di Mattei non viene scalfita, ed ENI continua a svolgere un ruolo chiave sia politico che materiale. Basti pensare al caso Shalabayeva e alle contestazioni contro ENI della Nigeria e di alcune ONG; a febbraio la Procura della Repubblica di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per l’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi e per altri 12 indagati, tra cui l’ex ad Paolo Scaroni e Luigi Bisignani, per un presunto caso di corruzione legato all’acquisizione dei diritti di sfruttamento del mega blocco petrolifero OPL245, in Nigeria: si parla di oltre un miliardo di euro.
OPL 245 è un immenso blocco estrattivo situato in Nigeria sfruttato da ENI e Shell; la Nigeria è uno degli stati da cui provengono oggi più immigrati nel nostro paese e che lamenta una maggiore ingerenza nella sua Natura e nella sua economia da parte dell’Italia; è da pensarci quando si parla di immigrazione. La comunità Ikebiri oggi, come quella Bodo ieri contro la Shell dimostrano che l’emigrazione nigeriana non nasce dal nulla. Il caso Ken Saro-Wiwa degli anni 90 (difensore del popolo Ogoni) dimostra anche che questi contrasti sono ben fondati, essendo iniziati con la scoperta stessa del petrolio nigeriano nel 1956.
Ma questo post non vuole solo dare qualche informazione sulla politica internazionale di ENI, che per i chimici italiani rimane una azienda “di riferimento”, ma soprattutto svelare quanto ci sia di greenwashing, di falso ambientalismo in una politica energetica del nostro paese che è in grave ritardo.
Oggi ci occupiamo della parola d’ordine sul metano come alternativa fossile “verde” al petrolio e al carbone. E’ veramente così?
ENI ne è convinta perchè sulle pagine del Fatto pubblicizza la sua strategia con grande enfasi e cerca di sfatare quelli che chiama i miti sul gas; alcune cose sono vere, ma di quelle più importanti ENI non dice nulla, anzi nicchia (al mito 3 dice esplicitamente una bufala che oggi contesteremo). Andatevela a leggere anche se prima potete riflettere sul fatto che il giornale in questione ha avuto una ampia polemica con ENI a proposito della pubblicità proprio qualche mese fa in rapporto all’informazione, denunciando che a causa degli articoli sulla questione nigeriana Eni voleva tagliare la pubblicità; oggi ENI sta facendo pubblicità proprio sul Fatto e vedremo se il Fatto continuerà a fornire informazioni sulla questione nigeriana. Siamo “su con le rece” come si dice a Trento, su con le orecchie, vedremo.
Allora il metano è un gas combustibile; facciamo un confronto fra i tre principali combustibili, carbone, petrolio e gas metano e vediamo quanti gas serra producono nella loro combustione.
I dati a cui si riferisce anche ENI sono riportati qui; e sono anche facilmente calcolabili; facciamo un po’ di stechiometria, prendiamo una tabellina adeguata:
C+O2=CO2 + 32.5MJ/kg di C
CH2+1.5O2=CO2 +H2O+ 42MJ/kg di CH2
CH4+2O2=CO2 +2H2O+ 55.5MJ/kg di CH4
Carbone (antracite), composizione approssimata C, entalpia di combustione= 32.5MJ/kg, CO2 emessa per kg 44/12=3.67kg, CO2 emessa per MJ 0.114kg
Petrolio, composizione approssimata CH2, entalpia di combustione=42 MJ/kg, CO2 emessa per kg 44/14=3.14kg , CO2 emessa per MJ 0.074kg
Metano, composizione approssimata CH4, entalpia di combustione=55.5MJ/kg CO2 emessa per kg 44/16=2.75kg; CO2 emessa per MJ 0.049kg
Sorvolo sui dettagli delle composizioni, giusto per far capire i ragionamenti ai non addetti; dunque il rapporto per unità di energia prodotta ottenuto con questo semplice conto ci dice che il carbone produce più del doppio del diossido rispetto al metano e il petrolio circa il 50% in più (2:1.5:1).
I dati dell’EIA sono leggermente diversi e ovviamente più precisi, sono espressi in libbre di diossido per milione di BTU: (228.6:161.3:117 ossia 1.95:1.38:1) e perfino più sfavorevoli al metano, ma qui vale il senso generale più che il valore numerico.
Ma questo risultato è quello definitivo? La risposta è no. Perchè quando si usa un combustibile occorre indagare tutta la catena della estrazione, produzione, distribuzione. E qui le cose cambiano.
L’estrazione ha a che fare con l’EROEI del combustibile, ossia col suo costo energetico e da questo punto di vista il carbone con il suo bassissimo costo estrattivo batte sia il petrolio che il gas; d’altronde riperde poi posizioni nella parte trasporto, dove la bassa densità lo sfavorisce. Trasportare carbone è semplice ma costoso (occupa grandi volumi in rapporto all’energia offerta). Per questo il carbone è prevalentemente utilizzato in prossimità dei luoghi di produzione (in generale, in Italia abbiamo casi di carbone importato dall’altra parte dell’oceano).
Ma il dato più eclatante da considerare è che il metano è esso stesso un gas serra e anche molto più potente del diossido di carbonio. L’effetto serra del metano espresso come forzante termica nei confronti dell’atmosfera varia nel tempo poichè la sua vita media è relativamente breve, dell’ordine del decennio, dopo si trasforma essenzialmente ma non solo in diossido; ancora una volta facciamo una approssimazione ma consideriamo solo l’effetto principale.
Per stimare l’effetto serra di una sostanza si usa una scala che dipende dalla sostanza e dal tempo considerato, ossia dalla velocità con cui la sostanza una volta immessa in atmosfera viene poi riciclata; questa scala vale 1 per la CO2 qualunque sia t e viene chiamata GWPXX, dove XX indica il periodo di tempo considerato in anni; dunque se cerchiamo il GWP20 o il GWP100 per il metano troveremo due valori che sono 84-87 e 28-36 rispettivamente (per unità di massa del materiale); il che significa che a parità di concentrazione dopo 20 anni o dopo 100 anni l’assorbimento serra comporterà una forzante rispettivamente 84-87 volte o 28-36 volte superiore a quella di una eguale quantità di CO2.
Questi valori sono i più recenti valori stimati dall’IPCC; il metano è un potente gas serra che fortunatamente è presente in concentrazione molto più bassa di altri in atmosfera anche se rapidamente crescente.
Ricordo che uno degli ambiti di studio di Guido Barone, mio tutor di tesi a Napoli (e che ci ha lasciati da poco) era proprio questo, capire il ruolo potenziale del metano disciolto in acqua di mare (che è una quantità stratosferica nel permafrost e in prossimità delle coste dei mari polari). Io stesso feci una tesi sulla capacità delle soluzioni acquose di solubilizzare piccole molecole di idrocarburo nelle cavità dell’acqua “strutturata”, anche se allora 40 anni fa lo scopo era diverso, era di comprendere meglio la struttura terziaria delle proteine.
Il metano, l’etano sono parecchio solubili in acqua, specie a bassa temperatura e ad una pressione di qualche atmosfera; la formazione di idrati contenenti questi gas nei grandi impianti di pompaggio del gas naturale è uno dei problemi di funzionamento principali e il loro potenziale rilascio da parte del permafrost e dei ghiacci polari uno dei maggiori rischi ambientali e climatici. (si veda qui)
Torniamo a noi; bruciando metano produco 100 parti di diossido di carbonio e bruciando petrolio ne produco circa il 40-50% in più, 150 parti; bruciando carbone circa il doppio; ma questo vantaggio del metano può venire rapidamente soverchiato dalle perdite di metano dovute all’estrazione, al trasporto e allo stoccaggio di metano; il caso Alysso canyon lo abbiamo raccontato da poco.
Si stima che alcuni percento del totale della massa di metano usata come combustibile vengano persi nelle varie fasi; per ogni percento perso l’effetto serra del metano aumenta di una quantità stimabile dall’84-87% al 28-36%, per unità di massa del metano in più a seconda se consideriamo un lasso di tempo di 20 anni o 100 anni; dunque è facile comprendere che questo “piccolo” livello di perdita dell’1% renderebbe il metano comparabile su alcune scale temporali con il petrolio; se la perdita cresce perfino col carbone!
Dice EPA:
Methane (CH4) is estimated to have a GWP of 28–36 over 100 years. CH4 emitted today lasts about a decade on average, which is much less time than CO2. But CH4 also absorbs much more energy than CO2. The net effect of the shorter lifetime and higher energy absorption is reflected in the GWP. The CH4 GWP also accounts for some indirect effects, such as the fact that CH4 is a precursor to ozone, and ozone is itself a GHG.
(https://www.epa.gov/ghgemissions/understanding-global-warming-potentials – Learn why)
Possiamo schematizzare così:
(consideraimo che il GWP è per unità di massa e che il metano pesa 2.75 volte meno del diossido di carbonio per mole)
CO2 equivalente prodotta da …(effetto a 20 anni)
Metano sola combustione= 100
Petrolio sola combustione=150
Metano con perdite 1%= 131-133
Carbone sola combustione=200
Metano Con perdite 2%=162-166
Metano Con perdite 3%=193-199
CO2 equivalente prodotta da …(effetto a 100 anni)
Metano sola combustione= 100
Petrolio sola combustione=150
Metano con perdite 1%= 109-113
Metano Con perdite 2%=118-126
Metano Con perdite 3%=127-39
Carbone sola combustione=200
A quanto ammontano le perdite di metano?
Negli anni recenti ci sono stati parecchi ricercatori che hanno cercato di rispondere a questa domanda; e la cosa è arrivata al grande pubblico tramite i grandi giornali esteri (non sia mai che quelli italiani se ne occupino); dati definitivi non mi risulta ci siano, ma citerò qui due o tre articoli secondo me importanti per capire le cose.
Il primo è un lavoro di PNAS del 2012 nel quale si conclude:
We find that a shift to compressed natural gas vehicles from gasoline or diesel vehicles leads to greater radiative forcing of the climate for 80 or 280 yr, respectively, before beginning to produce benefits. Compressed natural gas vehicles could produce climate benefits on all time frames if the well-to-wheels CH4 leakage were capped at a level 45–70% below current estimates. By contrast, using natural gas instead of coal for electric power plants can reduce radiative forcing immediately, and reducing CH4 losses from the production and transportation of natural gas would produce even greater benefits. There is a need for the natural gas industry and science community to help obtain better emissions data and for increased efforts to reduce methane leakage in order to minimize the climate footprint of natural gas
Nel secondo lavoro su Environmental Science and Technology del febbraio di quest’anno si conclude che
Presently, there is high uncertainty in estimates of methane (CH4) emissions from natural gas-fired power plants (NGPP) and oil refineries, two major end users of natural gas. … At NGPPs, the percentage of unburned CH4 emitted from stacks (0.01−0.14%) was much lower than respective facility-scale losses (0.10−0.42%), and CH4 emissions from both NGPPs and refineries were more strongly correlated with enhanced H2O concentrations (R2avg = 0.65) than with CO2 (R2avg = 0.21), suggesting noncombustion-related equipment as potential CH4 sources. Additionally, calculated throughput-based emission factors (EF) derived from the NGPP measurements made in this study were, on average, a factor of 4.4 (stacks) and 42 (facility-scale) larger than industry-used EFs. Subsequently, throughput-based EFs for both the NGPPs and refineries were used to estimate total U.S. emissions from these facility-types. Results indicate that NGPPs and oil refineries may be large sources of CH4 emissions and could contribute significantly (1.5 ± 0.8 Tg CH4/yr, 95% CL) to U.S. emissions.
Nel terzo, un bel lavoro italiano (Environmental Pollution 164 (2012) 125e131) fatto dai colleghi dell’IBIMET-CNR di Firenze e della Fondazione Edmund Mach di S. Michele all’Adige, in Trentino a pochi chilometri da me (fra l’altro col sempreverde Franco Miglietta) si analizza la situazione di una grande città come Firenze concludendo che:
Long-term fluxes of CO2, and combined short-term fluxes of CH4 and CO2 were measured with the eddy covariance technique in the city centre of Florence. CO2 long-term weekly fluxes exhibit a high seasonality, ranging from 39 to 172% of the mean annual value in summer and winter respectively, while CH4 fluxes are relevant and don’t exhibit temporal variability. Contribution of road traffic and domestic heating has been estimated through multi-regression models combined with inventorial traffic and CH4 consumption data, revealing that heating accounts for more than 80% of observed CO2 fluxes. Those two components are instead responsible for only 14% of observed CH4 fluxes, while the major residual part is likely dominated by gas network leakages. CH4 fluxes expressed as CO2 equivalent represent about 8% of CO2 emissions, ranging from 16% in summer to 4% in winter, and cannot therefore be neglected when assessing greenhouse impact of cities.
In tutti e tre i casi si riconosce un ruolo importante e ancora non completamente valutato alle emissioni dirette di metano dagli impianti di produzione, trasporto e distribuzione; questi risultati ci costringono a concludere che la sostituzione del metano agli altri due fossili carbone e petrolio non è necessariamente un vantaggio, ma anzi in alcuni casi potrebbe peggiorare la situazione specie nella sostituzione al petrolio a meno di non ridurre significativamente le perdite di metano in ogni fase della catena produttiva.
I dati americani sembrano più ampi e precisi, quelli europei sono pochi; c’è stato un congresso dedicato nel 2016, partito dalla constatazione che:
If methane leakage accounts for more than ∼2.7% of gas produced, advantages of natural gas versus coal are lost in the immediate2…… This raises the question of what the true carbon footprint of natural gas is once regional leakage rates are taken into account, and therefore its real benefits as a “transition” fuel.
E ancora:
At a global scale, self reporting methane emissions from the O&G sector notify significant discrepancies: in the Middle East areafor instance, Kuwait report leakage rates 26 times lower than Bahrain, although they show similar natural gas production profiles. Amongst the 20 largest NG producers, while the US, Canada and Russia report gas leakages between 1% and 3%, other countries like Qatar, Saudi Arabia, China, Norway and the Netherlands report almost no emission.
E infine in un lavoro su Nature della fine 2016 dà una valutazione globale vicina al 2%:
We find that total fossil fuel methane emissions (fossil fuel industry plus natural geological seepage) are not increasing over time, but are 60 to 110 per cent greater than current estimates owing to large revisions in isotope source signatures. We show that this is consistent with the observed global latitudinal methane gradient. After accounting for natural geological methane seepage, we find that methane emissions from natural gas, oil and coal production and their usage are 20 to 60 per cent greater than inventories. Our findings imply a greater potential for the fossil fuel industry to mitigate anthropogenic climate forcing, but we also find that methane emissions from natural gas as a fraction of production have declined from approximately 8 per cent to approximately 2 per cent over the past three decades.
Quindi questa stima è che attualmente ci sia una emissione dell’ordine del 2% a livello mondiale.
Non è facile fare i conti; per esempio ENI dichiara da parte propria dei dati come questi; consideriamo solo le emissioni di metano incombusto e da emissioni fuggitive (non stiamo dunque esaurendo il totale delle emissioni di metano nelle varie fasi estrattive, di trasporto e produttive):
2014- 124.000 ton
2015- 99.000 ton
2016- 85.000 ton
Se consideriamo il potenziale GHG di questo metano in termini di CO2 eq a 20 anni troveremo che solo in questi tre anni ha emesso l’equivalente di quasi 26Mton, e ha in programma al 2025 di ridurle al 20% del 2014 , circa 24.000 ton ossia oltre 2 Mton equivalenti di CO2 eq.
Nel 2016 l’ENI ha manipolato circa 60Mton di gas naturale (83Gm3), che produrrebbero circa 165Mton di CO2, ma aggiungendoci questa sola parte del metano fuggitivo le emissioni crescerebbero di altri 7 Mton equivalenti; e il resto?
Proprio per questo motivo dare per scontato il vantaggio del metano ed investire sul metano potrebbe costituire una strategia sbagliata; nell’immediato i dati mondiali sono tali da concludere che la sostituzione è nei primi 20 anni certamente peggiorativa rispetto al petrolio e potrebbe risultare utile solo rispetto al carbone sul lungo periodo. Sul lungo periodo, nel quale le cose migliorerebbero da qua a cento anni, dovremo comunque essere passsati ad altre fonti e la conclusione è che il metano non ci da una mano, anzi è peggiorativo rispetto al passaggio diretto all’elettrico.
La strategia in corso nel mondo è il passaggio alle rinnovabili; la strategia da attuare per tener fede all’impegno di Parigi 2015 è passare alle rinnovabili; non ci sono alternativi o trucchi fossili di alcun tipo. Occorre con rapidità stimare le perdite di metano in Europa e porvi rimedio se possibile per sostituire il metano al carbone in alcune delle centrali elettriche, ma in tutti i casi in cui il confronto è metano- petrolio questo è un falso problema e la scelta di una nuova sorgente sarà per l’elettrico non per il gas naturale.
Mentre scrivo queste righe leggo della folle scelta di Trump: uscire da Parigi 2015? Avrà le sue ragioni, ma nulla di razionale; il processo di transizione energetica è inarrestabile. Ma allora direte voi perchè ti preoccupi: beh prima di tutto il diavolo è nei dettagli (ed oggi ne abbiamo visto uno) e inarrestabile non vuol dire che non può essere rallentato; e a noi manca il tempo.
Prossimamente analizzeremo altri elementi della pubblicità di ENI.
-
*« “…tutti noi siamo di fronte alla Storia. Io sono un uomo di pace, di idee. Provo sgomento per la vergognosa povertà del mio popolo che vive su una terra molto generosa di risorse; provo rabbia per la devastazione di questa terra; provo fretta di ottenere che il mio popolo riconquisti il suo diritto alla vita e a una vita decente. Così ho dedicato tutte le mie risorse materiali ed intellettuali a una causa nella quale credo totalmente, sulla quale non posso essere zittito. Non ho dubbi sul fatto che, alla fine, la mia causa vincerà e non importa quanti processi, quante tribolazioni io e coloro che credono con me in questa causa potremo incontrare nel corso del nostro cammino. Né la prigione né la morte potranno impedire la nostra vittoria finale…” . » (Ken Saro-Wiwa)