Diego Tesauro
Negli interventi ospitati da questo blog, gli estensori hanno messo in luce come, nell’epoca dell’antropocene, il ciclo naturale degli elementi e dei composti chimici sulla Terra ne sia risultato alterato, con particolare riferimento, agli ultimi due secoli e mezzo, cioè dall’avvento della società industriale. Da mezzo secolo l’intervento alterante dell’uomo si è esteso allo spazio. Soprattutto lo spazio intorno al nostro pianeta si è andato riempiendo di satelliti che, una volta terminata la loro funzione, sono rimasti ad orbitare costituendo “spazzatura spaziale” che oggi viene ravvisato come pericolo per gli altri satelliti e la stazione spaziale orbitale. All’alba del terzo decennio del XXI secolo ci si comincia a porre il problema di una presenza più invasiva sulla Luna alla luce delle ben otto missioni, che diversi paesi condurranno nei prossimi tre anni. Dal 2022 sono state programmate dalla NASA delle missioni con dei landers nelle zone dei poli lunari che saranno prodromi di nuove missioni umane. I progetti dovrebbero infatti portare alla costruzione di una base lunare. In un intervento, pubblicato di recente sulla rivista Nature, viene posto all’attenzione della comunità scientifica e quindi ovviamente anche di quella politica che deve prendere le decisioni, una possibile trasformazione e contaminazione dell’acqua sulla Luna. La storia della presenza dell’acqua sul nostro satellite è una storia lunga, ma al tempo stessa recente. Galilei, che per primo puntò il suo telescopio rifrattore verso il nostro satellite, nel Sidereus Nuncius descrisse le montagne, le valli, i crateri e delle zone oscure che individuò come mari, anche se dubitava che fossero effettivamente distese di acqua. Con l’avvento delle maggiori conoscenze sulla chimica dell’acqua, si escluse che queste zone non potessero contenerla, fino a giungere alla conclusione che il nostro satellite era completamente anidro. Questa convinzione ebbe riscontro a seguito delle missioni Apollo, una cinquantina di anni fa, che hanno permesso all’uomo di porre piede per la prima volta sulla Luna. Gli astronauti, nelle 6 missioni sul suolo lunare, raccolsero e portarono sulla Terra dei campioni di rocce di varie zone del satellite, e dall’analisi di queste rocce si concluse che non vi erano tracce d’acqua. Nel 2004 la sonda Clementine riuscì ad individuare delle possibili tracce di ghiaccio al polo sud lunare all’ombra dei crateri.
Dopo questa prima osservazione ne sono seguite altre [1] che però solo nel 2018 hanno dato evidenze definitive [2] in quanto i segnali nel dominio dell’UV erano compatibile con un semplice gruppo ossidrile. Come è possibile che si trovi dell’acqua allo stato solido? Sulla Luna si verificano variazioni notevoli di temperatura fra le zone in ombra e le zone illuminate dal Sole con escursioni termiche di oltre 200 gradi, per cui laddove i raggi del sole non arrivano, del ghiaccio può rimanere intatto, essendo la temperatura di solo 100 K (Figura 1). Questo ghiaccio dovrebbe avere avuto origine dalla caduta di comete e meteoriti, che provenendo da zone lontane dello spazio, dove la radiazione solare non distrugge le molecole d’acqua, avevano in miliardi di anni lasciato dell’acqua a riparo dalla radiazione solare. Alternativamente o allo stesso tempo l’acqua proverrebbe dal vento solare (vento di protoni) che bombarda la sua superficie. L’acqua potrebbe avere anche un’origine endogena provenendo dall’interno della stessa Luna a seguito di eruzioni vulcaniche di oltre 4 miliardi di anni fa. Riguardo le origini, l’acqua lunare conterrebbe delle informazioni crociali. Questi dati non sono più presenti sulla Terra a seguito dell’evoluzione geologica causata dal movimento delle placche continentali. L’acqua sulla Luna potrebbe contenere la chiave dell’evoluzione del sistema solare stesso. Successivamente osservazioni condotte dallo Stratospheric Observatory for Infrared Astronomy (SOFIA) rilevarono una banda alla lunghezza d’onda di 6 µm dovuto dal H–O–H bending indice inequivocabile di presenza di acqua molecolare ad alte latitudini lunari in zone illuminate dal Sole [3]. Sulla base delle osservazioni si stima abbondanze da circa 100 a 400 µg g−1. La distribuzione dell’acqua è un risultato di evoluzione geologia locale ed è probabilmente un fenomeno non globale. La maggioranza dell’acqua deve essersi conservata nei vetri e negli spazi tra i grani che la schermano dalla radiazione solare diretta. Molti meccanismi si potrebbero proporre per spiegare l’origine di quest’acqua. Accanto all’origine esogena già vista che resta poi intrappolata nei vetri o introdotta nell’esosfera e chemioassorbita. L’acqua può essersi formata in situ sulle superficie dei grani da pre-esistenti gruppi ossidrili che deadsorbiti alle alte temperature diurne, particolarmente all’equatore. L’acqua potrebbe anche essersi formata in situ da gruppi idrossili pre-esistenti durante l’impatto di micrometeoriti, quando le alte temperature promuovono le reazioni, come è stato dimostrato in laboratorio.
Recentemente è stato anche proposto un ciclo dell’acqua sulla Luna ovviamente molto diverso da quello presente sulla Terra [4]. Questo ciclo (Figura 2) è indotto dall’impatto di meteoroidi sulla superficie lunare che immettono nella tenue atmosfera lunare del vapore acqueo. Basterebbe che i meteoroidi, anche di soli pochi millimetri, penetrino per 8 centimetri nel suolo lunare, dove si troverebbe un terreno omogeneamente idratato con le molecole d’acqua aderenti alla regolite lunare, per rilasciare vapore acqueo.
Dalle misurazioni di acqua presente nell’esosfera, i ricercatori hanno calcolato che lo strato idratato sotto-superficiale ha una concentrazione d’acqua da 200 a 500 parti per milione, equivalente a circa lo 0,02-0,05 per cento in massa.
Quindi il nostro satellite sarebbe tutt’altro che anidro. La presenza dell’acqua apre scenari e dilemmi. L’uomo può sfruttare quest’acqua estraendola dalle rocce per utilizzarla ad esempio come combustile per missioni spaziali che dovessero partire dalla Luna. Generando, mediante celle fotovoltaiche, energia elettrica si potrebbe condurre l’elettrolisi dell’acqua ottenendo ossigeno ed idrogeno che potrebbero essere sfruttati come combustibile e comburente per viaggi spaziali e per il funzionamento delle basi stesse. Ora però quest’utilizzo potrebbe far perdere all’acqua ghiacciata quelle preziose informazioni in essa contenute. Inoltre la presenza stessa dell’uomo comporterebbe un inquinamento dell’acqua con quella prodotta dai razzi stessi delle missioni spaziali. Da simulazioni condotte nel laboratorio di fisica applicata della John Hopkins University, l’acqua resta dopo sessanta giorni terrestri per il 30-40% sulla Luna depositandosi in tutti i luoghi. Quest’allarmante simulazione concluderebbe che già l’inquinamento dell’acqua lunare è un dato di fatto. In realtà questa potrebbe essersi depositata in superficie senza contaminare i ghiacci presenti sui poli. In ogni caso si pone in termini brevi la necessità che le agenzie spaziali dei vari paesi coinvolti nell’esplorazioni della Luna e gli scienziati suggeriscano soluzioni condivise per mantenere inalterato un patrimonio di potenziali future conoscenze per i posteri.
1 P.O.,Hayne A. Hendrix , E. Sefton-Nash, M.A. Siegler, P.G. Lucey, K.D. Retherford, J.P. Williams, B.T. Greenhagen, D.A. Paige. Evidence for exposed water ice in the Moon’s south polar regions from Lunar Reconnaissance Orbiter ultraviolet albedo and temperature measurements. Icarus 2015, 255, 58–69.
2 S. Li, P.G. Lucey, R.E. Milliken, P.O. Hayne, E. Fisher, J.P. Williams, D.M. Hurley, and R.C. Elphic Direct evidence of surface exposed water ice in the lunar polar regions PNAS 2018, 115, 8907–8912
3 C.I. Honniball , P.G. Lucey, S. Li, S. Shenoy , T.M. Orlando, C.A. Hibbitts, D. M. Hurley and W. M. Farrell Molecular water detected on the sunlit Moon by SOFIA Nature astronomy Pub data: 2020-10-26 , DOI: 10.1038/s41550-020-01222-x
4 M. Benna, D.M. Hurley, T.J. Stubbs, P.R. Mahaffy R.C. Elphic Lunar soil hydration constrained by exospheric water liberated by meteoroid impactsNature Geoscience 2019, 12, 333–338
Figura 1 Ombre sulla Luna di diverse dimensioni riprese (A) dal Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO) (https://svs.gsfc.nasa.gov/Gallery/LunarReconnaissanceOrbiter.html), missione lanciata nel 2009 e tuttora operante per individuare le zone in cui far allunare i prossimi robot degli USA. Tra gli scopi della missione, quello di indentificare zone polari con ghiaccio;, (B) dal rover Yuto della missione cinese Chang’e 3 del 2013, prima missione sul suolo della Luna dopo ila sonda sovietica Luna 24 nel 1976; (C) da Apollo 14, terza missione del programma Apollo del febbraio 1971.