Batteri, chimica e altro (parte III)

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo.

a cura di Gianfranco Scorrano, già Presidente della SCI

la seconda parte di questo post è stata pubblicata qui

Nella memoria popolare la scoperta di Fleming è quella che è rimasta più impressa anche se il contributo di Florey e Chain, assieme a quello di molti altri ricercatori, è quello che poi ha reso questi farmaci disponibili per combattere gravi malattie.

Dopo il premio Nobel del 1945, Chain si guardò intorno cercando una collocazione universitaria indipendente ma senza grande successo. Dall’estero ebbe offerte dal Weizman Institute in Israele e successivamente dall’Italia. Nel 1947 venne in Italia per un ciclo di conferenze (sotto gli auspici del British Council) e discusse a lungo con Domenico Marotta, Direttore dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Marotta lo informò che nel 1945 l’Italia aveva accettato una offerta dell’UNRRA di un piccolo impianto di produzione di penicillina e $ 300.000 della Fondazione Rockfeller per la costruzione di un istituto. In risposta a una richiesta di consiglio Chain ritenne interamente non economicamente utile un’impianto così antiquato suggerendo che i fondi fossero utilizzati per costruire un centro di ricerca in microbiologia chimica con un annesso impianto pilota. Aggiunse che la mancanza in Europa di un centro di questo tipo aveva portato alla perdita degli antibiotici finiti nelle mani degli americani.

Chain rimase impressionato da Marotta ed accettò di venire a Roma nell’ottobre del 1948, per un anno. Prima di partire sposò Anne Beloff che poi lo seguì anche collaborando alle ricerche chimiche. Dopo due anni, rinunciò alla posizione a Oxford e rinnovò il contratto con l’Istituto Superiore di Sanità per ulteriori 10 anni, per dirigere il centro internazionale di ricerca per la microbiologia chimica dell’ISS.

Il centro di ricerca dell’ISS fu inaugurato nel giugno del 1951 alla presenza del Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi e del Direttore Generale del WUO.

Nel periodo in cui Chain fu a Roma, instaurò un numero di contatti tra chimici inglesi e l’Italia, con visite anche sponsorizzate dal Bristish Council che furono di grande importanza per aprire la chimica italiana alle influenze inglesi. Ovviamente organizzò un gruppo di ricerca che produsse con lui dal 1959 al 1967: è interessante leggere i nomi dei collaboratori che furono poi particolarmente attivi nella chimica italiana. Tra essi voglio citare F.Arcamone e A.Ballio, quest’ultimo purtroppo da poco mancato.

La presenza di Chain fu segnalata anche attraverso l’attenzione della comunità scientifica che, tra l’altro, gli assegnò la Medaglia Marotta della Società Chimica Italiana, la nomina alla Accademia nazionale dei Lincei, la nomina alla Accademia dei XL e la laurea honoris causa all’Università di Torino.

Marotta andò in pensione, raggiunto il limite d’età, nel 1961.

Riprendendo in parte il racconto fatto da Paoloni (Giovanni Paoloni in Domenico Marotta in Il Contributo italiano alla storia del Pensiero: Scienze, ed-Treccani ), citato tra virgolette:

“Tra il 1963 e il 1964, in un complesso periodo di ridefinizione istituzionale del sistema della ricerca nella fase di avvio dell’alleanza di centrosinistra fra Partito socialista italiano e Democrazia cristiana, la comunità scientifica italiana fu scossa da una serie di indagini giudiziarie che evidenziavano l’inadeguatezza italiana in materia di politica e amministrazione della ricerca stessa. A farne le spese furono in primo luogo il Comitato nazionale per l’energia nucleare e l’ISS, due istituzioni nelle quali, per ragioni diverse, vi erano situazioni di conflittualità interna.”

“Nel caso dell’ISS, gli attriti erano legati soprattutto alle scelte del governo per la successione di Marotta. L’8 aprile 1964 l’ex direttore fu arrestato nell’ambito di un’indagine, originata dalle accuse di un impiegato amministrativo, in cui era imputato per peculato, falso ideologico e violazione di varie norme sulla contabilità di Stato.”

Nella stessa occasione fu indagato per corruzione e appropriazione indebita di fondi pubblici anche il successore di Marotta, il prof.Giacomello.

“Rimesso in libertà il 15 aprile, Marotta rifiutò di presentarsi in aula, dichiarando che una persona della sua età, che aveva reso importanti servigi al proprio Paese, non meritava di essere trattata in quel modo. Giudicato in contumacia, in primo grado fu condannato a sei anni e otto mesi di reclusione ( nota: e a una pena pecuniaria di 1,5 milioni di lire).”

Prigione e multa anche comminata, in misura minore, a Giacomello in particolare per aver amministrato un finanziamento a Chain del U.S.Department of Agricolture.

“ La comunità scientifica fu ampiamente solidale, in Italia e all’estero. L’Accademia dei XL respinse le dimissioni da presidente di Marotta subito presentate. Chain espresse giudizi molto critici sul procedimento, pubblicati dalla rivista «Science»”

Chain era accusato di avere venduto all’estero un brevetto di cui non era proprietario. Si offrì di venire a testimoniare a favore di Marotta, ma l’offerta non fu accettata. Inviò allora un telegramma al PM protestando vibratamente contro le accuse avanzate anche a lui. I documenti vennero passati al Tribunale di Velletri per accertare le eventuali offese alla magistratura romana. Il magistrato di Velletri nell’autunno del 1965 dichiarava di non aver trovato l’indirizzo di Chain (spostatosi a Londra) e nel febbraio del 1966 lo stava ancora cercando.

Altri dettagli si trovano in E.Abraham, Ernst B. Chain in Biographical Memoirs of Fellows of the Royal Society 29, 42-91 (1983).

“Nel giugno 1969 la sentenza d’appello escluse finalità di profitto personale nella condotta di Marotta, e ridusse la pena a due anni e undici mesi; nel 1971, infine, la Cassazione, pur confermando alcune imputazioni, dichiarò la condanna di Marotta estinta in seguito all’amnistia emanata nel 1966, per il ventennale della Repubblica.”

Nel 1957 fu pubblicata la sintesi chimica della penicillina da J.C.Sheehan,JACS, 79, 1262 (1957):

 batteri31

1) NaOAc, EtOH, H2O, RT, 10 h, 24 %; 2) NH2NH2 Diossano , H2O, RT, 24 h, 82 %

3) Et3N, CH2Cl2, 0 °C, 22 h, 70 % 4) HCl,CH2Cl2,0-5 °C, 30 h, 94 % 5) DCC, NaOH,Diossano , H2O,RT, 33 h,

Da notare le molte invenzioni sintetiche fino all’uso della cicloesilcarbodiimide (DCC) per la formazione del legame ammidico (stadio 5) in assenza di acidi e basi.

E’ più conveniente effettuare una semisintesi, partendo dall’acido 6 – aminopenicillanico (6-APA, II da Cerruti http://www.minerva.unito.it/Storia/Penicillina/La%20penicillina.html ) costituito da due aminoacidi (cisteina e valina) fusi in un anello beta lattamico tiazolidinico. L’acilazione dell’azoto in 6 porta a vari derivati della penicillina (I)

batteri32

molti dei quali preparati con il metodo suddetto ed usati in medicina.

Dalle origini e finora, il ruolo dei chimici (Pasteur, Chain, Hogdkin e le centinaia di partecipanti al progetto penicillina) è stato assai rilevante. E’ curioso notare che, nella cultura da internet, le biografie di questi chimici sicuramente rilevanti e, a mio parere, benemeriti per l’umanità, non vengono citate, spesso, con la loro laurea formativa: in chimica.

La lotta per la salute dell’uomo continua e continuerà.

L’uso degli antibiotici si è sviluppato fortemente. Purtroppo, l’organismo batterico con il tempo è capace di identificate l’antibiotico e neutralizzarlo. Ma questo è un altro argomento che affronteremo nel prossimo post.

L’Istituto Nazionale di Chimica, una occasione troppo presto dimenticata.

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo.

a cura di Guido Barone

Nell’autunno del 1995, a seguito delle discussioni svoltesi durante le assemblee delle Divisioni della Società Chimica Italiana, tenutesi a Milano durante il XVIII Congresso Nazionale (27.8 – 1.9.1995), dopo una elaborazione di alcuni mesi e una diffusione sia pur limitata nelle sedi universitarie, fu proposto un documento intitolato:

“ISITUTO NAZIONALE DI CHIMICA, elementi per la proposta di istituzione”

Scan INC

a firma di Guido Barone, Fausto Calderazzo, Paolo Cescon, Fulvio Gualtieri, Giovanni Natile, Lucio Senatore e Domenico Spinelli, in rappresentanza di tutte le Divisioni della SCI, di Dante Gatteschi per il Consorzio di Chimica dei Materiali e di Alberto Ripamonti in qualità di membro per la Chimica del Consiglio Nazionale per la Scienza e la Tecnologia. Tale documento fu approvato da una Assemblea di chimici universitari il 22 novembre 1995 con l’impegno di sostenerlo in tutte le sedi istituzionali a cominciare proprio dal CNST e da tutti i Ministeri competenti.

Lo scopo era di “valorizzare le capacità di ricerca di base nell’area delle Scienze Chimiche” e nasceva dopo la deludente esperienza degli esigui fondi messi a disposizione dal Ministero (il cosiddetto 40%) per tutti i settori culturali delle Università (a stento pesati con qualche fattore correttivo a favore delle Scienze sperimentali), e tutti i progetti di costituzione di Centri e Consorzi Interuniversitari. Più positiva era stata inizialmente l’esperienza dei Progetti finalizzati proposti dal CNR a partire dal 1970: la Comunità  Chimica aveva proposto il Progetto “atipico” per la Chimica Fine, dimostrando di aver maturato la sua capacità di autoorganizzarsi con il tentativo di incentivare la parte più avanzata della ricerca di base, stabilendo contatti continuativi tra i gruppi di eccellenza operanti nei laboratori universitari e del CNR con quelli della grande e media industria italiana. Ma anche questa iniziativa nel tempo si era inaridita per le incomprensioni tra le due anime industriale e universitaria.

Il progetto di costituzione dell’ ISTITUTO NAZIONALE DI CHIMICA intendeva riprendere quelle iniziative, ribadendo però con forza la necessità di finanziare adeguatamente la Chimica di base in quanto Scienza Sperimentale, bisognosa di ingenti spese di funzionamento e del rinnovo, sviluppo ed acquisto di strumentazioni di costo elevato, al di fuori delle erogazioni tradizionali delle Agenzie pubbliche di finanziamento. E ciò riconoscendo esservi non solo una necessità inderogabile di ricerca di base, ma anche quella di adempiere al compito istituzionale delle Università di addestrare con l’uso di strumentazioni di avanguardia le nuove leve di studenti, consentendo loro di avere una preparazione competitiva a livello internazionale e costituendo un ritorno positivo per la stessa industria nazionale.

Purtroppo questa iniziativa si arenò rapidamente, sia per l’opposizione dei vertici degli altri settori del CNR, nonché dei chimici stessi impegnati nei Comitati,  sia perché a livello governativo e politico la chimica e la ricerca di base di non immediata applicazione erano ritenute non di interesse strategico, sia forse perché la stessa Comunità Chimica Universitaria non credeva fino in fondo in questa iniziativa troppo ambiziosa.

Ho ricordato questa storia, stimolato dalla trilogia di post al Blog della SCI del Collega Scorrano sui “miracoli scippati” degli anni ’60, ma anche dal libro di Marco Pivato (2011) con lo stesso titolo (una tetralogia su Olivetti, Mattei, Ippolito e Marotta); nonché da quello di Lucio Russo ed Emanuela Santoni (“Ingegni minuti: una storia della Scienza in Italia” 2010, citato da Marco Taddia, ancora una tetralogia su Mattei, Ippolito, Marotta e Buzzati-Traverso). Mi permetto anche di citare il recente testo scritto da Pietro Greco, Lelio Mazzarella e me stesso (“Alfonso Maria Liquori e il risveglio scientifico a Napoli negli anni 60” sulle figure di Liquori, Caianiello, Buzzati-Traverso, Monroy ed altri).

Accanto a questi libri è necessario citare testi con più solidi impianti storico-biografici, come quelli di Francesco Cassata (su Buzzati-Traverso) o quello di Raffaella Simili e Giovanni Paoloni sulla storia del CNR, oppure quello più snello coordinato da Marco Cattaneo (Scienziati d’Italia) o quello coordinato da Pietro Greco e Settimo Termini (Memoria e Progetto) o infine il ponderoso libro di Salvatore Califano sulla storia del pensiero chimico.

Vorrei però cominciare a fare un minimo di ordine in tutto questo materiale, se si vuole non solo collezionare delle storie individuali, ma abbozzare un discorso sulle cause dei fallimenti e delle occasioni perse.

1)    Le storie personali e tragiche di Mattei e di Olivetti rientrano nel quadro delle aspre guerre tra le strapotenti multinazionali e le iniziative imprenditoriali italiane (il complotto sulla fine di Mattei in un incidente aereo provocato è sicuramente accertata, mentre quello sulla morte di Olivetti e del suo collaboratore Tchou sono pure ipotesi romanzate). Anche la storia di Ippolito può rientrare nello stesso quadro di guerra guerreggiata: non a caso la campagna di stampa che affossò il Presidente del CNEN fu scatenata da Saragat, notoriamente legato a settori sindacali e conservatori americani, anche se l’intervento della Magistratura fu occasionato dalla denuncia di un funzionario.

2)     La vicenda di Marotta e dell’Istituto Superiore di Sanità è invece confinata in un ambito solo nazionale, anche se assimilabile a quella di Ippolito e del CNEN per le modalità e i tempi di accadimento e anche per qualche disinvoltura amministrativa inquisita dai Giudici. Va sottolineato che in questo caso vi fu una ampia solidarietà da parte degli ambienti accademici.

3)     La storia qui accennata dell’INC sembra casomai più vicina a quella del LIGB e degli Istituti CNR dell’area di Ricerca di Napoli, sviluppatesi tra le gelosie accademiche, quelle di dirigenti dei vertici CNR, le contestazioni di base e soprattutto l’insipienza della autorità politiche centrali e degli amministratori locali. Per fortuna, queste vicissitudini non ebbero conseguenze tragiche o giuridiche ma si risolsero con il fallimento delle ambizioni massime dei loro ispiratori. Esse però lasciarono uno strascico di animosità tra i docenti universitari di ogni ordine e grado e i ricercatori degli Enti di ricerca, situazione che si è vista riaffiorare anche di recente. Nelle vicende napoletane sono però sopravvissute, magari ridimensionate, delle strutture tuttora funzionanti. Certo quella del blocco dello sviluppo internazionale del LIGB, rimasto per anni senza direzione dopo le dimissioni di B-T fu un danno gravissimo per Napoli, ma anche per tutta la ricerca biomedica italiana. Il discorso del mai nato ICN forse meriterebbe forse di esser ripreso.

COMMENTI ALLA TRILOGIA

a cura di Gianfranco Scorrano, ex Presidente della SCI

Abbiamo visto le peripezie di Domenico Marotta (arrestato l’8 aprile del 1964, a 78 anni, liberato il 15 aprile, condannato in primo grado a 6 anni, assolto in appello), di Felice Ippolito (arrestato il 4 marzo 1964, condannato a 11 anni e 4 mesi nell’ottobre 1964,pena ridotta a 5 anni e 3 mesi nel 1966, graziato nel 1968 dal presidente della Repubblica Saragat), di Adriano Buzzati Traverso (il 30 maggio 1969 dette le dimissioni da direttore dell’Istituto internazionale di genetica e biochimica). Nel giro di 5 anni furono portate al collasso 3 importanti strutture di ricerca.

Quali furono le ragioni?

 Il premio Nobel Daniel Bovet, nella seduta del 12 aprile 1975, svoltasi presso l’Accademia dei Lincei, in cui si celebrava il ricordo di Domenico Marotta, riassumeva così gli eventi:

Ma improvvisamente, a seguito di un’interpellanza parlamentare e di una scatenata campagna di una certa stampa, Domenico Marotta viene arrestato l’8 aprile del 1964 per presunte irregolarità amministrative.

Che cosa fu questo processo che poi, nei tre gradi di giudizio, ha finito per ingarbugliarsi nei meandri delle disquisizioni giuridiche e nelle procedure per concludersi in un nulla di fatto? A quale altro processo potrebbe essere paragonato? Perché fu promosso? Giocarono interessi economici? Fu preludio ai moti del maggio 1968 e insofferenza delle giovani generazioni? Fu una lotta di potere, fu il risultato di due correnti della magistratura o semplicemente il risultato di trame ordite nell’Istituto stesso per la successione?

Eppure per noi che abbiamo visto crollare il CNEN, l’Istituto di Sanità, il LIGB di Napoli, per ritrovarci nei microistituti creati dal Consiglio Nazionale delle Ricerche o nelle strettezze dei laboratori universitari, il problema resta insoluto. Perchè?

D’altra parte, lo stesso Buzzati Traverso così distribuiva le varie colpe (A. Buzzati-Traverso, Caos e responsabilità, in «Sapere», LXX, luglio 1969, 714, p. 3):

Dai politici, i quali hanno creduto che bastasse stanziare più fondi perché la scienza e la tecnologia italiane fiorissero; dai massimi responsabili degli enti di ricerca, i quali, mal comprendendo le necessità del ricercatore e del laboratorio d’oggi, e per amor di quieto vivere, da un lato si son lasciati imporre dalla pubblica amministrazione regole vanificanti il maggior impegno finanziario dello Stato, d’altro lato si sono lasciati soggiogare da richieste sindacali spesso incidenti sulla sana conduzione dell’ente stesso; dai più  autorevoli scienziati italiani, e quindi più responsabili, i quali, mossi da meschine invidiuzze o da prepotente desiderio di potere, non hanno saputo costituire un compatto fronte, capace di mettere gli organi di governo davanti alle loro responsabilità; dai ricercatori, le cui associazioni non hanno saputo seguire una linea costante in difesa della scienza, ma hanno preferito darsi ad una politica di miglioramenti salariali e di carriera, fluttuante, inconcludente, ed anch’essa contraria alle regole di buon finanziamento di qualsiasi laboratorio di ricerca scientifica.

L’elenco dei colpevoli è lungo: ve lo lascio per la vostra riflessione. Io mi voglio porre la domanda, la cui risposta è in parte tra le righe delle due dichiarazioni, quale fu il ruolo degli universitari? Ovviamente l’Istituto Superiore di Sanità svolgeva da tempo una intensa e qualificata attività di ricerca- Le università erano però solo in parte contente di questa concorrenza. Posso raccontare un episodio da me vissuto. A Pisa, in occasione di un convegno, nel 1964, mi sono trovato, giovane pivello, seduto alla stesso tavolo da pranzo dei “grandi”. Ad un certo punto si sviluppò una accesa discussione al centro del tavolo e il “capo” se ne usci con la frase “Io, a quello lì se posso non lo promuovo”. Ho chiesto chiarimenti. Mi hanno spiegato che si trattava di un giovane che aveva lavorato all’ISS e che aveva presentato domanda per un concorso a ordinario. Caddi dalle nuvole, conoscevo da letteratura lo scienziato che mi sembrava certamente meritevole di vincere il concorso. Mi spiegarono che l’avversità era semplicemente motivata dal fatto che la persona veniva da una istituzione, l’ISS,  che non aveva doveri didattici e quindi era avvantaggiato per il tempo che poteva usare in ricerca, rispetto ad un competitore universitario, impegnato anche in incarichi di insegnamento. Rimasi, ingenuamente, stupito e, poi,  soddisfatto quando seppi che “il capo” nulla aveva potuto fare contro il giovane che risultò vincitore di concorso. Naturalmente c’era anche la critica che l’ISS potesse spendere i soldi assegnati per attività di pura ricerca, invece che per i propri compiti istituzionali, ma questo serviva solo a rinforzare l’ostilità verso la struttura non-universitaria.

Anche l’opera di Ippolito ebbe alcuni universitari non proprio entusiasti, sia per il fatto che portò a costituire l’INFN, attraverso una legge non universitaria e con sostanziali finanziamenti, sia per l’attività della Divisione biologica creata nel 1957 e posta sotto la direzione di Buzzati Traverso. I finanziamenti del Consiglio Nazionale per la Ricerca Nucleare andavano in questo modo anche a finanziare attività di ricerche specifiche, togliendo così finanziamenti ad altre attività scientifiche di altri settori della fisica e della biologia.

C’erano quindi buone ragioni per non vedere di occhio buono nascere attività di ricerca in sedi non universitarie. Certo se avessero, per esempio i chimici, seguito l’esempio dei colleghi fisici e organizzato anche per i chimici qualcosa di analogo all’INFN, avrebbero fatto meglio.

In realtà il vero handicap a qualunque attività della componente universitaria era creato dai gravi problemi che essa stessa aveva fatto nascere nell’organizzazione degli studi universitari. Vi porto ad esempio come era la composizione dell’Istituto di Chimica Fisica dell’Università di Padova nel 1961-62: 1 professore ordinario 3 assistenti di ruolo e 28 tra professori incaricati e assistenti incaricati: questi ultimi tutti e 28 con incarichi che venivano rinnovati di anno in anno e quindi in severa condizione di subordinazione all’ordinario. Si era arrivati a questo per non attivare il dottorato di ricerca, presente da tempo in tutti i paesi civili, e poi applicato dopo l’approvazione della legge 382 del 1980, e anche per aver voluto supplire a necessità didattiche (e di ricerca) con l’abuso degli incarichi annuali.

Ma di questo, forse, parleremo un’altra volta.

Marotta e la condanna.

a cura di Gianfranco Scorrano, ex Presidente SCI

marottaDomenico Marotta nacque a Palermo il 28 luglio 1886 da un piccolo industriale non molto fortunato e dalla figlia di un noto farmacista. Visse prevalentemente con i nonni che provvidero a mantenerlo agli studi, con la segreta speranza di potergli affidare in avvenire la gestione della farmacia,la prima della città. Nel 1910, quando stava per laurearsi con il massimo dei voti in chimica (con Giorgio Errera), arriva a Palermo il colera. Marotta si impegnò nella lotta alla malattia, che aveva recato con sé anche disordini popolari di vario tipo. Svolse il suo lavoro con precisione, venendo nominato assistente straordinario con il compito di controllare le acque potabili della città. Nel 1911 si trasferisce a Roma, lavorando brevemente nel Polverificio sul Liri della Direzione Artiglieria e subito dopo accettando la proposta di Emanuele Paternò di assumerlo, nel 1912, come assistente nel Laboratorio chimico della Sanità. Lì rimase fino al 1935 quando, subito dopo aver rinunciato alla cattedra di Chimica Analitica e Merceologica nell’Università di Firenze, vinta per concorso, fu nominato Direttore dell’Istituto Superiore di Sanità (Viale Regina Elena), appena creato.

ISS

Rievochiamo brevemente la storia di questo istituto. Nel 1929, la Fondazione Rockefeller, così come aveva fatto nei maggiori paesi europei, iniziò delle trattative con il Governo Italiano per sovvenzionare la creazione di un grande Istituto di Sanità. In cambio della donazione offerta, che sarebbe stata assorbita dalla costruzione dell’edificio, il governo italiano si impegnava  ad attrezzare l’Istituto e a provvedere al suo funzionamento.

L’Istituto fu inaugurato nel 1934 e completato nel 1935 quando cominciarono il trasferimento dei laboratori allora esistenti nella vecchia sede di Piazza Vittorio Emanuele. Il 25 luglio di quell’anno Marotta fu nominato direttore dell’ISS. Lo sviluppo dell’ISS può essere illustrato da alcune cifre: nel 1934 i laboratori della Sanità avevano tre Dipartimenti e 34 ricercatori, divenuti nel 1948 sette Dipartimenti e 148 ricercatori e nel 1959 dieci dipartimenti e 272 ricercatori. Oggi, il personale, inclusi tecnici e amministrativi, è di circa 2000 persone.

L’attività intensa può essere qui solo accennata: il Laboratorio di Fisica, più conosciuto come Laboratorio del Radio, già sistemato in via Panisperna, ebbe un ruolo rilevante nella collaborazione con il gruppo di Fermi; la battaglia condotta con Missiroli che portò alla scomparsa, nel 1948, della malaria nell’agro pontino e nel resto dell’Italia; la fabbrica statale della penicillina realizzata nel 1951 nell’ISS. Quest’ultima nacque anche per il contributo scientifico di Ernst Boris Chain che con il collega Daniel Bovet ben rappresentavano il  livello scientifico dell’Istituto nella qualità di due vincitori di premi Nobel che lì lavoravano.

Marotta fu attivo in molte organizzazioni. Quelle che qui interessano sono le organizzazioni dei chimici: iniziò come Segretario Generale della Sezione di Roma della  (prima) Società Chimica Italiana (1917-1918) per continuare nella Associazione di Chimica Generale ed Applicata (1919- 1928) e nella Associazione Italiana di Chimica (1929-1949) ed infine nella (seconda)Società Chimica Italiana (1950-1959) di cui divenne Presidente nel 1960-1964. E’ da notare che il Segretario Generale aveva un ruolo dominante, un po’ come i segretari dei nostri partiti politici, e responsabilità gestionali. Nel 1953 la Società Chimica Italiana aveva sede in Via IV Novembre 139 e decise di acquistare la sede di Viale Liegi 48 , dando al segretario generale il compito di perfezionare le pratiche di acquisto. Fu nominato Direttore delle riviste Gazzetta Chimica Italiana (dal 1920 al 1968) e degli Annali (dal 1923 al 1972).

Nell’estate del 1961, per raggiunti limiti di età, Marotta va in pensione.

Riprendiamo la narrazione dall’articolo di Giovanni Paoloni su “Il caso Marotta:la scienza in tribunale” apparso su Le Scienze,pag.88 del numero di luglio 2004. Narra Paoloni che, ad opera di un dipendente amministrativo dell’ISS, mosso forse, come affermò al processo il ministro della Sanità Angelo Raffaele Jervolino, da risentimento per una mancata promozione, furono nel 1962 prodotti una serie di esposti tesi a dimostrare che l’ISS , come molti altri enti scientifici, fosse amministrato senza alcun rispetto per le norme di contabilità dello stato. Furono aperte due inchieste amministrative,una da parte del Ministero del Tesoro e l’altra da parte del Ministero della Sanità. Le conclusioni delle inchieste vennero ritenute da Jervolino tranquillizzanti, a suo parere le irregolarità riscontrate erano conseguenze inevitabili della farraginosa normativa italiana.

Poco dopo la decisione di Jervolino (siamo nella prima metà del 1963),iniziò una fuga organizzata di notizie che, dice,Giovanni Paoloni, “culminò nella pubblicazione sull’Unità delle fotocopie di alcuni documenti dell’ISS. Lo scopo era evidentemente quello di attirare l’attenzione della Magistratura”.

La mattina dell’8 aprile 1964 il prof. Marotta ricevette a casa la notifica di un mandato di cattura e, a 78 anni, venne ammanettato e tradotto in carcere come imputato di varie irregolarità amministrative. L’età avrebbe richiesto un comportamento dei giudici più rispettoso: fortunatamente Marotta fu ben presto, il 15 aprile, liberato e ricondotto a casa.

Marotta rifiutò di comparire al processo dichiarando, riporta Leonello Paoloni: “che una persona della sua età, che aveva reso importanti servigi al proprio paese,non meritava un tale trattamento.” Naturalmente questo indispettì i giudici che riservarono un ben aspro trattamento ai testimoni: tra questi il prof.Chain che rescisse il contratto con l’ISS, lasciò per sempre l’Italia e da Londra fece partire una forte campagna di stampa di solidarietà a Marotta,  denunciando “il processo come un mostruoso trucco politico”.  Anche Daniel Bovet lasciò nel 1964 l’ISS, vinse la Cattedra di Farmacologia e si trasferì a Sassari. Nel 1969 rientrò a Roma come Direttore del Laboratorio di Psicobiologia e Psicofarmacologia del CNR. Tra il 1971 e il 1982 fu docente di Psicobiologia all’Università di Roma.

Marotta ebbe in primo grado una condanna a 6 anni di reclusione. La corte d’appello, successivamente assolse completamente Marotta.

Il processo a Marotta non fu l’unico nel periodo ad interessare operatori della ricerca ad alto livello. Nelle prossime puntate ricorderemo i casi Ippolito e Buzzati Traverso, per arrivare a discutere varie ipotesi su quelle che furono chiamate dalla stampa, con notevole malevolenza, “le forchette della scienza”.

Leonello Paoloni, Domenico Marotta in Dizionario Biografico degli Italiani-Treccani http://www.treccani.it/enciclopedia/domenico-marotta_(Dizionario-Biografico)/

Giovanni Paoloni, Il caso Marotta: la scienza in tribunale, Le Scienze, luglio 2004, 88-93

Daniel Bovet, Domenico Marotta Ann.Ist.Super.Sanità, vol 29,suppl.1, 1993, pp. 7-21

Per la storia della Società Chimica Italiana vedi:

http://www.chimica.unipd.it/gianfranco.scorrano/pubblica/Storia_SCI_Vol_1.pdf

Marotta e Bacone

a cura di Gianfranco Scorrano, ex-presidente SCI

   marottaRileggendo la commemorazione di Domenico Marotta  fatta da Daniel Bovet (Ann.Ist.Super.Sanità, vol.29, suppl.n.1, 1993, pag.7-21) sono stato colpito dalla citazione di una sua opera “minore”: la traduzione nel 1937 dell’opera La Nuova Atlantide di Francis Bacone.

Domenico Marotta nasce a Palermo nel 1886 e muore a Roma nel 1974. Laureato in Chimica a Palermo si trasferisce a Roma nel 1911 e nell’anno successivo viene assunto, da Emanuele Paternò, quale assistente nel Laboratorio Chimico della Sanità dove rimase fino al 1935 quando, dopo aver rinunciato alla cattedra di Chimica Analitica e Merceologia dell’università di Firenze, che aveva vinto per concorso, venne nominato direttore dell’Istituto Superiore di Sanità da poco creato. Lì rimase fino alla pensione sviluppando l’Istituto da tre Dipartimenti e 34 ricercatori a (nel 1959) dieci Dipartimenti e 272 ricercatori. Da notare che riuscì ad assicurarsi la collaborazione di due premi Nobel Ernest B.Chain (dal 1948 capo del Laboratorio di Microbiologia Chimica, premio Nobel per la Medicina nel 1945) e Daniel Bovet (dal 1947 capo del Laboratorio di Chimica Terapeutica, premio Nobel per la Medicina nel 1957). Prendendo esempio dal suo maestro, Emanuele Paternò, Domenico Marotta si interessò attivamente della organizzazione dei chimici Italiani: prima segretario della Associazione di Chimica Generale e Applicata (dal 1919 al 1928) poi della Associazione Italiana di Chimica ( dal 1929 al 1949) e poi della Società Chimica Italiana (dal 1950 al 1959) di cui, dal 1960 al 1964, fu Presidente.

Nell’estate del 1961 per raggiunti limiti di età, Domenico Marotta va in pensione. Improvvisamente, a seguito di una interpellanza parlamentare e ad una campagna di stampa, Marotta viene arrestato per presunte irregolarità amministrative l’8 aprile 1964. I tre gradi di giudizio si conclusero con un nulla di fatto. Di questo parlerò in una prossima occasione.

baconeFrancis Bacon nasce a Londra nel 1561, da nobile famiglia; viene educato al Trinity College dagli 11 ai 14 anni e poi al Gray’s Inn dove studia legge. Segue l’ambasciatore inglese a Parigi, ma dopo tre anni deve tornare in fretta a Londra per l’improvvisa morte del padre che non ebbe neppure il tempo di fare testamento.

Nel 1581, membro della House of Commons, può continuare i suoi studi di legge al Gray’s Inn. Dal 1584 al 1617 mantiene il suo posto in Parlamento ed inizia la scalata del suo potere fino al titolo di Lord Cancelliere nel 1618. Nel 1621 diventa Visconte di St.Albans, ma nello stesso anno viene accusato di aver accettato regalie e quindi condannato dal Parlamento a 40.000 sterline di multa e ad essere imprigionato nella Torre di Londra. Fortunatamente la sentenza fu largamente ridotta: la multa fu condonata e Bacone subì solo 4 giorni di prigionia prima di essere liberato. La sentenza, comunque, segnò la fine della sua carriera. Nel 1626 Bacone stava conducendo alcuni esperimenti: voleva verificare l’ipotesi che il ghiaccio potesse aumentare il tempo di conservazione della carne ed aveva riempito una gallina con la neve. Prende freddo e si ammala. Ripara a Londra nella casa di Lord Arundel, ma qui finisce in una stanza fredda ed umida e muore il 9 aprile 1626.

Nel “Novum Organum Scientiarum” (organum in latino significa “metodo”) pubblicato nel 1620 Bacone indica come il metodo scientifico debba cominciare con il definire la “Tavola delle indagini” in cui raccogliere una lista delle circostanze sotto le quali l’evento studiato avviene, seguita dalla “Tavola delle assenze in prossimità” che identifica le condizioni in cui il fatto non avviene, ed a finire con la “Tavola dei paragoni” in cui l’osservatore paragona il grado dell’evento.

newatlantisUn anno dopo la sua morte, l’esecutore “letterario” di Bacon pubblicò il libro “The New Atlantis” probabilmente scritto all’incirca nel 1623, non completato. La trama può essere riassunta così:

Bacone narra di un gruppo di 50 viaggiatori che, partiti dal Perù per andare in Asianaufragano nell’isola di Bensalem, nei mari del Sud. Il nome stesso dell’isola deriva dalla unione dei nomi  di BetlemmeGerusalemme. Il racconto in prima persona di uno dei naufraghi fa  conoscere la cultura e la vita del popolo dell’isola: Cristianizzati grazie ad un’arca contenente una Bibbia inviata direttamente da san Bartolomeo, i bensalemiti vivono in pace fra loro, coltivando la sapienza attraverso i viaggi che alcuni di loro compiono nel mondo civilizzato per carpirne le invenzioni più utili. Sono in grado di parlare più lingue: l’ebraico, il greco, il latino classico, lo spagnolo ma non sembra l’inglese. La famiglia e il matrimonio sono le basi della di società di Bensalem.

L’istituzione più importante dell’isola è la Casa di Salomone o Collegio delle Opere dei Sei Giorni, istituita dal legislatore Solamona. In un lontano passato l’isola non era isolata come nel momento dell’arrivo dei naufraghi (1612 circa) e ciò caratterizza il mistero attorno a questa popolazione, la quale “conosce molte cose delle nazioni del mondo ma nessuno conosce loro”. Nella “House of Solomon” i bensalemiti si dedicano ad esperimenti scientifici realizzati con il metodo baconiano, per controllare la natura e applicare la conoscenza per migliorare la società. Nella casa di Salomon è tutto organizzato anche dal punto di vista del personale: è facile supporre che Marotta rimanesse impressionato dalla frase finale sulla organizzazione: “Infine, abbiamo tre (persone) che elevano le precedenti scoperte sperimentali a osservazioni (generali), assiomi, e aforismi più alti. Queste persone le chiamiamo Interpreti della Natura”.

nuovaatlantideForse è questa la molla che spinse Marotta, nel 1937, a pubblicare per lo Stabilimento Polarografico Alterocca la traduzione de La Nuova Atlantide, pag XVI-122, con Premessa di Domenico Marotta e con prefazione di Giovanni Gentile. Da allora sono state pubblicate diverse altre traduzioni tra le quali voglio solo citare quella del 1995, uscita nella Collana Biblioteca dell’Utopia, traduzione di Carlo Carena, Prefazione di Massimo Cacciari, Silvio Berlusconi Editore.

Per la biografia di Bacone vedi

http://www.biography.com/people/francis-bacon-9194632?page=1#synopsis

Per il testo di New Atlantis  (e Nuova Atlantide) vedi

http://onlinebooks.library.upenn.edu/webbin/gutbook/lookup?num=2434

http://www.ousia.it/SitoOusia/SitoOusia/TestiDiFilosofia/TestiHTML/Bacone/NuovaAtlantide.htm