Recensione.”La Chimica fa bene” con l’Introduzione al libro.

a cura di Anna Raspolli

Recensione a: Gianni Fochi, “La chimica fa bene”, Giunti, Firenze-Milano, ottobre 2012, 186 pagg., 14 €

copj170.aspConosciamo da tempo Gianni Fochi come divulgatore capace di tradurre in termini semplici anche i concetti chimici più ostici. I suoi due libri longanesiani (“Il segreto della chimica”, ora terza edizione TEA, e “Fischi per fiaschi nell’italiano scientifico”) ne sono esempi che s’aggiungono ai suoi interventi giornalistici e televisivi.
La sua nuova opera pubblicata dalla Giunti contiene ancora molte pagine divulgative, che spiegano fatti comuni, con però dietro dei perché tutt’altro che banali: capelli che all’aria umida perdono la piega (ah, il legame a idrogeno!), le immagini che si formano negli schermi a cristalli liquidi, la tecnologia delle bibite gassate, gli occhiali che si scuriscono reversibilmente al sole, l’effetto antighiaccio del sale sulle strade. Oppure: che cos’è il fuoco? Perché l’acqua lo spegne, mentre la benzina brucia? Se si vuole invertire il senso naturale dell’osmosi per dissalare  l’acqua di mare, bisogna andar contro il secondo principio della termodinamica? Come funziona la carta copiativa che apparentemente non ha inchiostro? Come s’ottiene il ferro dai minerali? Perché riciclare l’alluminio conviene? Ed altro ancora. Ma stavolta Fochi ha inserito idee sue personali sulle ragioni della brutta immagine popolare della chimica. Idee  che potranno suscitare controversie appassionanti, perché non si contrappongono solo all’ambientalismo irrazionale, ma anche agli atteggiamenti di certi settori della chimica stessa. Non sempre, secondo Fochi, l’orientamento alla scelta universitaria è fatto dai chimici in modo opportuno; alcuni poi assolutizzano la green chemistry come se il resto della chimica fosse da bocciare senza appello. L’industria dal canto suo — sostiene l’autore — sbaglia gravemente quando evita il confronto sui problemi sanitari e ambientali del passato, rischiando di vanificare gli sforzi in atto per ottenere la fiducia dei cittadini. Sotto quest’aspetto la chimica italiana, secondo Fochi, poteva sfruttare meglio la grande occasione offerta nel 2011 dall’anno internazionale.

Il volume è scritto senza pedanterie ed è di veloce e piacevolissima lettura, e si presta ad essere proposto anche ad una platea vastissima di non addetti ai lavori, primi tra tutti gli studenti delle scuole superiori,  che con passione e curiosità si avvicinano alla scienza ed alle problematiche ambientali.  Nelle pagine di Fochi questa passione e curiosità traspaiono sempre,  insieme all’orgoglio di essere  un chimico.

Nota del blogmaster: La Casa editrice Giunti ci ha concesso di pubblicare qui l’introduzione del libro.

Introduzione
Come amarla difendendosi dai chimici

M’accingo a scrivere queste pagine mentre è ancora fresco il ricordo delle molte iniziative avviate in Italia nel 2011, proclamato dalle Nazioni Unite anno internazionale della chimica. L’idea è stata lanciata dall’Unione Internazionale per la Chimica Pura e Applicata (IUPAC) e dall’UNESCO. Se la prima di queste due organizzazioni è conosciuta dagli addetti ai lavori, la seconda è arcinota in tutto il mondo e s’occupa della cultura in genere, non solo di quella scientifica. Il suo simbolo, dove le sei lettere della sigla sono disposte come colonne d’un tempio greco, fanno pensare subito a ciò che in senso umanistico si ritiene un patrimonio meritevole d’esser conservato: dagli scavi archeologici di Pompei al folklore. Ed ecco ora anche il bisogno di presentare solennemente la chimica come tesoro per l’umanità: strumento potentissimo per la conoscenza della natura, inerte o viva che essa sia, e per il benessere materiale.
L’11 febbraio 2011 l’inaugurazione italiana ha visto riuniti personaggi di grande spicco presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. Come ricordato in quel convegno da Vincenzo Barone, presidente della Società Chimica Italiana, occorre lanciare un messaggio forte e chiaro all’opinione pubblica e ai politici in particolare: la chimica deve essere difesa contro i pregiudizi che ne deturpano l’immagine, alimentati dall’ignoranza e talvolta anche dalla malafede. Purtroppo infatti la gente — ha aggiunto Giorgio Squinzi, l’attuale presidente della Confindustria, che allora era presidente della Federchimica — è emotiva e quindi influenzabile dal terrorismo ambientale.
Di sicuro le correnti estreme e irrazionali della galassia ambientalista, cui spesso e volentieri i media fanno colpevolmente da cassa di risonanza, hanno un ruolo assai pesante nella pessima reputazione che affligge la chimica. Però un giudice, che si trovasse incaricato del processo ai responsabili di questa situazione e la studiasse a fondo in tutti i suoi risvolti, finirebbe per estendere l’indagine e accusare di concorso ben altre categorie.
Secondo me, nell’anno internazionale della chimica, s’è persa un po’ l’occasione d’intessere col pubblico un dialogo davvero fruttuoso. Si sarebbero dovuti coinvolgere ampiamente i cittadini nel far luce e chiarezza su un passato da discutere con spirito scientifico e storico, in un confronto aperto, finalmente sollecitato dalla chimica stessa. Mi conforta in questa mia convinzione ciò che ha scritto proprio nel 2011 su «La Chimica e l’Industria», organo della Società Chimica Italiana, una personalità chimica di lungo corso, Giorgio Nebbia, già professore all’Università di Bari. Egli ha ricordato che «la storia degli anni recenti è piena di episodi di danni alla salute e all’ambiente, provocati da industrie e sostanze chimiche non perché tali sostanze siano chimiche, ma perché sono stati imprudenti e incapaci i produttori, i trasportatori, gli utilizzatori».
Un libretto per i ragazzini, Tutto è chimica, dei francesi Christophe Joussot-Dubien e Catherine Rabbe, esalta la chimica, ma, come proprio all’inizio del 2011 segnalava Luigi Dell’Aglio recensendolo sul quotidiano «Avvenire», non ne nasconde le colpe. Inoltre, nell’invogliare la gioventù a dedicarsi a questa scienza, i due scrittori francesi avvertono: «Diventare chimico a volte è duro, bisogna studiare tanto, ma poi ci si trova a svolgere un lavoro interessantissimo». Guai a promettere il paese dei balocchi, a far balenare spettacolarità e lustrini come se iscriversi a un corso di laurea chimico fosse uguale ad andare in un salone di videogiochi.
«Intendiamoci: se tutto è spettacolo, è giusto enfatizzare questi aspetti» scrive, ancora su «La Chimica e l’Industria», Sergio Carrà del Politecnico di Milano. Si riferisce alla tendenza «a porre l’accento, in modo anche pittoresco, sulle meraviglie di un mondo microscopico». Nel titolo dell’articolo insinua però fin dall’inizio qualche dubbio sull’insieme delle iniziative in corso. Secondo lui occorre valutare l’efficacia di manifestazioni volte a far giovani proseliti: «Personalmente dubito che l’approccio menzionato sia il più efficace. […] È opportuno ridimensionare un messaggio che pone l’accento sugli aspetti estetici ed edonistici, dando più spazio a quegli aspetti duri che stanno alla base di molte realizzazioni tecnologiche».
Questo libro nasce proprio per affrontare problemi del genere, e non ha dunque soltanto un nocciolo divulgativo. Affiora qua e là, motivo conduttore a volte discreto e a volte invece prorompente come l’accompagnamento musicale d’un film, un mio certo modo di vedere le cose, formatosi mano a mano in quasi quarant’anni: quelli in cui, dopo la laurea, mi sono trovato parte di vari ambienti chimici, senza mai venire integrato del tutto da nessuno di essi.
Ringrazio chi avrà la voglia e la pazienza di leggere sino all’ultima pagina, e affido alla sua benevolenza il giudizio sulle spiegazioni scientifiche e sulle mie idee personali che le accompagnano e le intercalano. Ringrazio infine la casa editrice Giunti, che m’ha dato quest’occasione.

                                                                                               Gianni Fochi

Recensione: “CHIMICA! Leggere e scrivere il libro della natura.”

a cura di Claudio Della Volpe

CHIMICA! Leggere e scrivere il libro della Natura.di Vincenzo Balzani e Margherita Venturi Ed. ScienzaExpress  Collana:Parliamone.Trieste, 2012, 135p. 12 euro 

Come sicuramente ricorderete Galileo sostenne ne “Il Saggiatore” che il libro della Natura era scritto in lingua matematica e i suoi caratteri erano le figure geometriche; una posizione fortemente innovativa rispetto ai canoni del suo tempo.

In questo agile libretto Balzani e Venturi, due colleghi dell’Università di Bologna che tutti noi conosciamo, fortemente impegnati nella ricerca ma anche nella divulgazione, fanno un passo ulteriore; il libro della Natura è scritto in un linguaggio chimico, dove gli atomi corrispondono alle lettere e le molecole alle parole. Si tratta di un linguaggio che ci permette non solo di leggere la Natura ma anche di scriverci, inventando nuove parole, ossia nuove molecole.

E quindi sia “Chimica!” con tanto di punto esclamativo, una esclamazione che riflette l’entusiasmo di chi comprende la incredibile potenza di questo linguaggio.

chimica!

Questa correlazione fra molecole e parole ha nobili richiami nella storia culturale da Lucrezio a Leibnitz, da Levi ad Asimov e a Hoffman, da Cavaliere a Bartezzaghi; Odifreddi in un commento ad una recente conferenza di Enzensberger ricorda le molte affinità fra poesia, matematica e chimica. Insomma la Chimica è scienza centrale prima di tutto perchè essa è al centro della nostra cultura; ma perchè poi meravigliarsene? Essa ha fatto parte del nostro processo di ominazione, eravamo chimici già 100.000 anni fa, nella grotta di Blombos, preparando i primi pigmenti.

Supportato da un notevolissimo numero di illustrazioni, citazioni di concetti e frasi celebri, ma spesso dimenticate, il libro di Balzani e Venturi ripercorre la storia delle idee della Chimica e guida anche coloro che ne sono completamente a digiuno attraverso le basi della nostra disciplina; riesce perfino a parlare di chimica supramolecolare e delle nuove invenzioni chimiche legate all’imitazione dei processi naturali, a partire dalla fotosintesi artificiale, cui richiama la foglia in copertina. Tocca, e ripetutamente, i concetti base della termodinamica e della cinetica, senza mai aver bisogno di usare una sola formula matematica, ma usa invece e ripetutamente esempi chimici in una lunga e ben fornita sequenza di esempi stimolanti (dal più dolce, al più amaro, al più esplosivo, etc.).

Nel capitolo 8 affronta il tema della didattica della Chimica, a partire da un numero speciale di Science (aprile 2010) in cui si individuavano tre elementi base di un approccio diverso per la Chimica: temi legati alla realtà quotidiana; approccio interdisciplinare; laboratorio. Su questa base il libro propone quattro nuclei tematici da sviluppare (atomi, molecole, ioni – stati di aggregazione – reazioni – chimica quotidiana) ed una serie di indicazioni base sull’impostazione didattica che potrebbero essere riassunte nella famosa frase di Teofrasto:

          “Insegnare non è riempire un vaso, ma accendere un fuoco”.

L’ultimo capitolo è dedicato a quello che potremmo chiamare chimica ed etica, un argomento che spesso viene trascurato e che invece qui acquista un rilievo forte.

Un testo di questo tipo oltre allo spazio, che oggettivamente si crea da solo nel mercato culturale general-purpose, potrebbe trovare una ottima collocazione nelle indicazioni dei libri per il TFA; in grado cioè di fornire i concetti base e l’impostazione da usare nella didattica; ricco di illustrazioni e di citazioni da riusare ed approfondire, fornisce anche una serie di strumenti concreti; insomma uno sforzo culturale e creativo (e anche commerciale: il libro costa pochissimo ma ha una grafica di primo ordine), che ancora una volta fa onore alla scuola chimica di Bologna e a Vincenzo Balzani e ai suoi colleghi che continuano a fornirci esempi concreti di come divulgare la chimica e la sua bellezza, ma senza rinunciare al rigore e soprattutto all’etica, compagno irrinunciabile dello scienziato moderno.