Almanacco della Scienza CNR dedicato ai rifiuti.

Rinaldo Psaro*

Cari colleghi, vi segnalo che al tema dei rifiuti è dedicato l’Almanacco della Scienza, il magazine dell’Ufficio Stampa del Cnr on line da oggi.

A svilupparlo, come sempre, sono ricercatrici e ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche, chiamati ad indagare i rischi ma anche le opportunità legati al rifiuto, le innovazioni disponibili al riguardo e le molte significazioni di questo termine.

Nel Focus , i danni ambientali determinati dalla pandemia, in seguito all’uso massiccio di dispositivi quali mascherine e guanti monouso che si sono aggiunti alla spazzatura tradizionale, e dalla moda usa e getta o fast fashion: ne parlano rispettivamente Matteo Guidotti dell’Istituto di scienze e tecnologie chimiche e Giampaolo Vitali dell’Istituto di ricerca sulla crescita economica sostenibile. C’è poi sempre il problema della plastica, specialmente micro‐ e nano‐, per la salute (ne parlano Sandra Baldacci, Amalia Gastaldelli e Sara Maio dell’Istituto di fisiologiaclinica), per le spiagge e i mari ( Marco Faimali, Chiara Gambardella e Francesca Garaventa dell’Istituto per lo studio degli impatti antropici e sostenibilità in ambiente marino), tema trattato anche nel video interno all’articolo da SilviaMerlino dell’Istituto di scienze marine e da Marco Paterni dell’Istituto di fisiologia clinica.

Ma le nuove soluzioni non mancano.

Serena Doni dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri, Carmelo Drago dell’Istituto di chimica biomolecolare e Matteo Panizza dell’Istituto di chimica della materia condensata e di tecnologia per l’energia ricordano rispettivamente l’utilizzo di rifiuti organici come fertilizzanti, il ricorso agli oli di frittura esausti per ottenere biocarburanti e il riuso dei resti delle demolizioni come materiale da costruzione. Ci sono poi gli aspetti legati alla salute Anna Lo Bue dell’Istituto di farmacologia traslazionale parla della disposofobia, un disturbo che impedisce di disfarsi dei propri oggetti, indipendentemente dal loro valore.

Il medico Roberto Volpe dell’Unità prevenzione e protezione, nella nuova rubrica Salute a tavola, illustra i rischi del cibo spazzatura o junk food.

Sul tema è essenziale il ruolo dei media. Protagonista del Faccia a faccia è Licia Colò, la nota conduttrice di programmi ambientali. Mario Tozzi, divulgatore e ricercatore dell’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria, in Cinescienza commenta il film d’animazione Wall‐e.

Ma essenziale resta l’impegno civico: in Altra ricerca si ricordano le giornate di volontariato ambientale organizzate da Unicoop Firenze con Legambiente e l’evento promosso dalla campagna nazionale A buon rendere dell’associazione Comuni virtuosi.

Le Recensioni , infine, propongono lo spettacolo teatrale Muttura, incentrato sull’interramento illecito di rifiuti in Salento. E i volumi L’era degli scarti, che il ricercatore Marco Armiero dedica al wasteocene, di cui parla anche in un video, e il Plasticene del biologo Nicola Nurra, collaboratore dell’Istituto di scienze marine del Cnr: gli autori ricorrono a due neologismi ispirati all’antropocene per definire l’era contemporanea, in cui il Pianeta è invaso dagli scarti prodotti dagli esseri umani.

*Rinaldo Psaro è Direttore dell’Istituto CNR per le scienze e le tecnologie molecolari; autore di oltre 160 pubblicazioni e vari brevetti nel campo della chimica organometallica delle superfici, della caratterizzazione dei catalizzatori  e della catalisi eterogenea.

Il rifiuto di tutti i rifiuti

Mauro Icardi

Il rapporto annuale sullo stato dell’ambiente in Italia , redatto dall’Ispra e presentato lo scorso mese di marzo, relativamente ai rifiuti mostra dati solo parzialmente incoraggianti. In crescita la produzione dei rifiuti urbani (+2%), in linea con l’andamento degli indicatori socio-economici. La produzione pro capite aumenta, passando da 487 kg/abitante nel 2015 a 497 kg/abitante nel 2016.

Il dato incoraggiante riguarda la diminuzione , rispetto al 2014, delle quantità totali di rifiuti smaltiti in discarica pari al 8,3%. Tale diminuzione si deve principalmente ai rifiuti urbani , che diminuiscono di circa il 16,2%, mentre i rifiuti speciali diminuiscono dell’1,8%. La percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti a livello nazionale arriva al 52,6% nel 2016 e cresce del 5% rispetto al 2014. Il dlgs 152/2006 (Norme in materia ambientale) prevedeva che si dovesse raggiungere il valore percentuale del 65% di rifiuti destinati alla raccolta differenziata nel 2012. Il dato invece decisamente negativo riguarda la produzione di rifiuti speciali. Diminuiti del 4% nel biennio 2011-2013 principalmente nel segmento dei rifiuti speciali non pericolosi derivanti da attività di demolizione e scavo. Fenomeno da attribuire alla crisi del settore edile.

Nel triennio 2012-2015 la produzione di rifiuti speciali torna ad aumentare (+ 6,8%).

Questa la situazione attuale. Nel passato però, ed in particolare negli anni in del cosiddetto boom economico i consumi crescono, quasi che il consumo stesso si identifichi come l’elemento unificante dell’Italia, insieme alla visione di Carosello. Io non voglio ovviamente scrivere nulla dell’aspetto sociologico di quegli anni. Voglio solo far notare come consumando di più, si producano ovviamente più rifiuti e scarti.

Oggi in qualche modo siamo più attenti al problema. Ma in passato io ricordo perfettamente che nel piccolo paese di montagna dove soggiornavo in estate con i miei genitori non esisteva un servizio di raccolta rifiuti. Ci venne detto di portare i rifiuti in una depressione a lato del torrente che attraversava la valle. Una discarica a cielo aperto bonificata successivamente, quando i rifiuti vennero poi depositati in una discarica nelle vicinanze di Pinerolo, località poco distante. E quindi la passeggiata serale consisteva in questo. Portare una sacchetto di plastica di rifiuti (ovviamente indifferenziati) pochi metri prima di un parco giochi per bambini. Ho ripensato molte volte negli anni a questo episodio, che allora era purtroppo la normalità. In quegli anni la forma corrente di smaltimento dei rifiuti era la discarica. Il problema che questo tipo di atteggiamento ci ha lasciato in eredità è la gestione del percolato che si forma. Ovvero il rifiuto di tutti i rifiuti.Negli anni le caratteristiche del percolato tendono a variare, e ogni discarica produce percolati qualitativamente e quantitativamente diversi. I trattamenti devono essere valutati attentamente, e possono richiedere nel tempo anche variazioni all’impianto di trattamento originale, oppure la necessità di dover trasportare il percolato fuori dal sito, per destinarlo ad altri impianti di trattamento. I trattamenti biologici aerobici possono essere efficaci nel ridurre i composti organici biodegradabili (BOD) e la maggior parte di quelli totali (COD). Anche nel caso di basse concentrazioni di sostanza organica e BOD5/COD < 0,2 si ha una riduzione del COD fino al 50%. Come per tutti i processi di depurazione occorre porre attenzione a pH, temperatura, e a valutare con attenzione lo stato di salute della biomassa attraverso verifiche di respirometria del fango biologico, per valutarne l’eventuale intossicazione.

I trattamenti chimico fisici invece vanno scelti con attenzione e in generale non esiste un solo trattamento che sia efficace. I trattamenti principali possono andare dall’adsorbimento, all’ossidazione chimica, all’evaporazione, allo stripping. Ognuno di essi ha i suoi vantaggi e le sue problematiche. In generale un pretrattamento chimico fisico può diminuire le percentuali di sostanza organica biorefrattaria per i successivi eventuali trattamenti di tipo biologico. E’ importante ovviamente valutare anche quelli che sono i consumi energetici. Un impianto di evaporazione può arrivare a richiedere da 40 a 70 kWh elettrici e tra i 18 e i 40 kWh termici per metro cubo di percolato trattato.

Il problema del trattamento del percolato si lega ovviamente a quello della salvaguardia delle acque di falda. E se si digita su un qualunque motore di ricerca “percolato e falde acquifere” si potrà vedere come questo problema sia tutt’ora uno di quelli su cui occorre porre molto impegno ed attenzione.

In provincia di Varese proprio in questi giorni è tornato alla ribalta quello della discarica di Gerenzano. E’ una discarica che si trova al confine con la provincia di Varese, situata in una zona fortemente urbanizzata.

La storia di questo sito probabilmente è simile a quella di molti altri. Dal 1960 al 1984 vengono scaricati rifiuti speciali e urbani in maniera indifferenziata. Dal 1985 al 1990 (anno di chiusura della discarica) vengono scaricati i soli rifiuti urbani, fino alla chiusura avvenuta nel 1990. Quello che rimane adesso è un sito di circa 30 ettari con 11 milioni di mc di rifiuti depositati. Con le variazioni di livello della falda, spesso questi rifiuti sono venuti e vengono tutt’ora a contatto con la falda poggiando su strati di ghiaia, non essendo impermeabilizzato il fondo della discarica.

Nel 1981 venne prescritta la costruzione di una barriera idraulica realizzata nel 1987 che aveva lo scopo di abbassare il livello della falda e contenere il deflusso degli inquinanti a valle. Nel 1996 viene realizzato un impianto di depurazione sul sito della discarica. Prima il percolato veniva scaricato direttamente nel torrente Bozzente. Durante gli anni sono stati impermeabilizzati gli strati superiori di rifiuti, si è recuperato all’incirca il 10% di biogas prodotto dalla discarica, questo per mitigare i costi di gestione di un sito che ai sensi della normativa del decreto legislativo 152/206 risulta essere in stato di messa in sicurezza operativa.

Rimane l’incognita dell’inquinamento della falda freatica. Al momento i pozzi di captazione di acqua potabile sono posti al di fuori del flusso di acqua che percola dalla discarica.

Ma la parte di falda contaminata è ormai esclusa dalla possibilità di essere utilizzata per un successivo utilizzo a scopo idropotabile.

La discarica di Gerenzano risulta essere censita da Regione Lombardia nell’elenco dei siti contaminati.

La storia di questo sito è probabilmente uguale a quello di molti altri siti simili presenti in tutta Italia. Ma non solo. Per rendersene conto basterebbe andare a vedere (o rivedere) un film emblematico. Il documentario “Trashed” con Jeremy Irons.Stiamo già vedendo, abbiamo notizia della diffusione ambientale di plastica nell’ambiente, le ormai conosciute isole di rifiuti che galleggiano negli oceani. Ma forse non abbiamo coscienza del fatto che in futuro potremmo trovarci in difficoltà con le acque di falda che dovessero contaminarsi.

Le tecniche per il trattamento abbiamo visto esistono. Ma allo stesso modo occorre adottare atteggiamenti diversi, diminuire per quanto più possibile la produzione di rifiuti, e differenziarli.

E considerando le eredità che ci vengono da un passato spensieratamente consumistico, e le situazioni che invece ancora oggi non sono gestite correttamente nei paesi non meno sviluppati, ma con minori risorse economiche, e meno attenzione tecnico-legislativa al problema la gestione corretta di percolato e rifiuti è un ulteriore anello di una catena di impegni da assumere nei confronti dell’ambiente. E di noi stessi.

https://www.slideshare.net/PierAngeloGianni/indagine-sullo-stato-dellinquinamento-della-falda-a-valle-della-discarica-di-gerenzano

https://www.slideshare.net/PierAngeloGianni/discarica-di-gerenzano-per-non-dimenticare-regione-lombardia-09062014

http://www.varesenews.it/2018/04/ex-discarica-linquinamento-della-falda-freatica-non-si-ferma/704544/

Attualmente non risultano compromesse le falde dalle quali si prelevano acque destinate all’uso potabile, perché poste al di fuori della direzione di flu

Mozziconi

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo

a cura di Giorgio Nebbia

Nel febbraio 2016 è entrata in vigore la tanto attesa legge 221 del 2015, che, oltre a numerose indicazioni di azioni relative alla difesa e al miglioramento dell’ambiente, contiene un articolo 40 che stabilisce “E’ vietato l’abbandono di mozziconi dei prodotti da fumo sul suolo, nelle acque e negli scarichi”. Lo stato si è finalmente accorto della pericolosità dei mozziconi di sigarette, rifiuti subdoli, diffusissimi e invadenti.

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Nel mondo si fumano circa seimila miliardi di sigarette all’anno; la felicità dei fumatori viene apparentemente (non lo so di persona perché non ho mai fumato) dal fatto che il tabacco delle sigarette, bruciando lentamente, fa arrivare in bocca e nei polmoni, con una corrente di aria aspirata dall’esterno, varie sostanze chimiche, fra cui la nicotina e molte altre. Dopo qualche tempo, dopo che sono bruciati circa i due terzi o i tre quarti della sigaretta, resta un mozzicone che viene buttato via. In seguito ai continui avvertimenti, da parte dei medici, che il fumo delle sigarette fa entrare nel corpo umano sostanze tossiche e cancerogene, le società produttrici di sigarette hanno cercato di attenuare i relativi danni ponendo, nel fondo delle sigarette, dove vengono posate le labbra, un “filtro” che, come promette il nome, dovrebbe filtrare, trattenere, una parte delle sostanze nocive.

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Quando una sigaretta è stata adeguatamente “consumata”, il filtro, con ancora attaccato un po’ di tabacco, viene buttato via; sembra niente, ma la massa di questi mozziconi è grandissima. Ogni sigaretta pesa un grammo, il mozzicone pesa da 0,2 a 0,4 grammi e il peso di tutti i mozziconi di tutte le sigarette fumate nel mondo ogni anno ammonta a oltre un milione di tonnellate. I mozziconi dei circa 80 milioni di chilogrammi di sigarette fumate in Italia ogni anno hanno un peso di oltre 20 mila tonnellate, poche rispetto ai quasi 35 milioni di tonnellate dei rifiuti solidi urbani, ma moltissime se si pensa al potenziale inquinante di tali mozziconi, dispersi dovunque.

I mozziconi sono costituiti in gran parte dal filtro, un insieme di fibre di acetato di cellulosa disposte in modo da offrire un ostacolo alle sostanze trascinate dal fumo delle sigarette verso la bocca e i polmoni dei fumatori. Se si osserva il filtro di un mozzicone, si vede che ha assunto un colore bruno, dovuto alle sostanze trattenute, principalmente nicotina e un insieme di composti che rientrano nel nome generico di “catrame”: metalli tossici fra cui cadmio, piombo, arsenico e anche il polonio radioattivo che erano originariamente presenti nelle foglie del tabacco, residui di pesticidi usati nella coltivazione tabacco e i pericolosissimi idrocarburi aromatici policiclici, alcuni altamente cancerogeni.

fumo inquinaLa natura e la concentrazione delle sostanze presenti nei mozziconi dipendono dalla tecnologia di fabbricazione delle sigarette che le industrie modificano continuamente per renderle più gradite ai consumatori; la natura di molti additivi e ingredienti è tenuta gelosamente segreta, il che non facilita la conoscenza e la limitazione dell’effetto inquinante dei mozziconi abbandonati. Il disturbo ambientale dei mozziconi delle sigarette viene anche dall’acetato di cellulosa del filtro, una sostanza che nelle acque si decompone soltanto dopo alcuni anni, tanto che alcune società cercano di proporre sigarette con filtri “biodegradabili”, il che farebbe sparire rapidamente alla vista i mozziconi, ma lascerebbe inalterate in circolazione le sostanze tossiche che il filtro contiene.

Proviamo a seguire il cammino di un mozzicone di sigaretta. I mozziconi delle sigarette fumate in casa o nei locali chiusi, in genere finiscono nella spazzatura, ma quelli delle sigarette fumate all’aperto o in automobile finiscono direttamente nelle strade e quindi nell’ambiente. I fumatori più attenti, si fa per dire, all’ecologia hanno cura di schiacciare con il piede il mozzicone buttato per terra, per spegnerlo del tutto ma anche credendo di diminuirne il disturbo ambientale; avviene invece esattamente il contrario: il mozzicone spiaccicato spande tutto intorno per terra le fibre del filtro con il loro carico di sostanze tossiche e il residuo di tabacco che è ancora attaccato al filtro. Alla prima pioggia queste sostanze vengono trascinate nel suolo o per terra e da qui allo scarico delle fogne e da qui in qualche fiume o lago o nel mare. Le fibre del filtro galleggiano e vengono rigettate sulle coste dal moto del mare; a molti lettori sarà capitato di fare il bagno nel mare e di dover spostare fastidiosi mozziconi galleggianti.330px-Cyprinus_carpio_smoking

Nel contatto con l’acqua le sostanze che il filtro contiene si disperdono o si disciolgono e possono venire a contatto con gli organismi acquatici. Si sta sviluppando tutta una biologia e tossicologia delle interazioni fra i componenti dei mozziconi di sigarette e la vita acquatica, specialmente di alghe e altri microrganismi. Rilevanti effetti tossici sono dovuti alla stessa nicotina e non meraviglia perché la nicotina è stata usata come un antiparassitario proprio per la sua tossicità verso molti organismi viventi. La nuova legge raccomanda la diffusione di posacenere, ma anche così i veleni dei mozziconi non scompaiono: i loro effetti tossici continuano anche se finiscono nelle discariche o negli impianti di trattamento dei rifiuti. C’è bisogno di molta ricerca chimica sui mozziconi di sigarette, ma soprattutto c’è bisogno che le persone fumino di meno: ne trarrà vantaggio il loro corpo e il corpo comune di tutti noi, l’ambiente, le acque, il mare.

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E’ APERTA LA RACCOLTA DI FIRME PER LA PETIZIONE ALLA IUPAC per dare il nome Levio ad uno dei 4 nuovi elementi:FIRMATE!

https://www.change.org/p/international-union-of-pure-and-applied-chemistry-giving-name-levium-to-one-of-the-4-new-chemical-elements

 

Un nostro collega chimico riciclatore

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo.

a cura di Giorgio Nebbia, nebbia@quipo.it

Nel gran discorrere che si fa sempre di rifiuti si insiste continuamente
sulla necessità della raccolta differenziata, un termine riferito alle azioni dirette a separare, dai rifiuti misti, quelle componenti suscettibili di essere sottoposte a riciclo, cioè alla trasformazione di nuovo in merci utilizzabili, una operazione del resto indicata come obbligatoria dalla legge europea e italiana sul trattamento dei rifiuti.

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La massa dei rifiuti urbani in Italia si aggira, come è ben noto, fra i 30 e i 40 miliardi di chilogrammi all’anno, il che significa che ogni persona, in media, produce ogni anno una massa di rifiuti solidi corrispondente a oltre sei volte il proprio peso. Tali rifiuti sono miscele molto variabili di merci usate: dagli imballaggi di plastica, vetro, alluminio, ferro, ai residui di alimenti, ai giornali e alla carta e cartoni usati, a indumenti usati, e innumerevoli altre cose, come è facile osservare guardando il flusso quotidiano di sacchetti che arrivano ai cassonetti.
Almeno la metà di questi oggetti potrebbe essere trattata per recuperare la materia che essi contengono, col che si avrebbero molti vantaggi: si dovrebbe estrarre e usare meno petrolio, metalli, prodotti agricoli e forestali, tutti beni naturali scarsi, si diminuirebbe l’inquinamento delle acque e del suolo e dell’aria, si darebbe lavoro a migliaia di persone. Il recupero dei materiali dai rifiuti, anche questo è ben noto ai lettori, presuppone la raccolta separata delle varie frazioni di materiali presenti nei rifiuti — carta tutta insieme, vetro tutto insieme, plastica tutta insieme, eccetera — e l’avvio dei materiali omogenei ad apposite industrie che trasformano le varie frazioni in nuovi materiali.

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Il successo dei processi di riciclo dipende innanzitutto dalla conoscenza della natura e composizione dei materiali di partenza. Mentre esiste una (abbastanza accurata) merceologia della carta, della plastica, dei metalli, si sa molto poco della composizione delle innumerevoli sostanze presenti nelle merci usate. Per esempio: la carta dei giornali è costituita in gran parte da cellulosa, ma contiene anche molte altre sostanze, collanti, additivi e, soprattutto inchiostro al quale è affidata l’informazione che il giornale distribuisce. Se esistesse una macchina magica, un diavoletto di Maxwell, capace di separare la cellulosa dagli additivi e dagli inchiostri, sarebbe facile recuperare cellulosa adatta per nuovi fogli di carta; senza tale macchina, per il recupero della cellulosa riutilizzabile bisognerebbe
avere informazioni chimiche precise sui diversissimi additivi e inchiostri presenti nei molti milioni di tonnellate di carta da giornali che vengono usati ogni anno in Italia.

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Attualmente dal riciclo di un chilo di carta da giornali si recupera molto meno di un chilo di cellulosa adatta per nuova carta, e si formano alcune centinaia di grammi di fanghi in cui sono concentrate le sostanze estranee alla cellulosa. Il riciclo diventa più difficile se fra la carta straccia finiscono imballaggi contenenti sostanze cerose o plastiche.

Prendiamo il vetro: le innumerevoli bottiglie di vetro in circolazione
contengono gli ingredienti di base del vetro, dei silicati di calcio e di
sodio, ma anche sostanze coloranti; da un chilo di rottami di vetro bianco si ottiene, per fusione e riciclo, quasi un chilo di vetro bianco, ma dai rottami di vetro misto colorati non solo non si recupera più vetro bianco, ma si ottengono vetri colorati di minore valore merceologico. Bisogna inoltre stare attenti che fra i rottami di vetro da riciclare non finiscano dei rottami di vetro delle lampade fluorescenti o dei video dei televisori che contengono sostanze tossiche.

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E ancora: se si avessero dei rifiuti di plastica costituiti da una sola materia — polietilene, pvc (cloruro di polivinile), PET (poletilen-tereftalato), eccetera — sarebbe possibile rifonderli e ottenere nuovi oggetti della stessa materia, ma quando siamo in presenza di miscele di varie materie plastiche è possibile al più ottenere oggetti di plastica di limitato valore, come piastrelle da pavimenti o paletti.
Al fine della caratterizzazione degli oggetti adatti per essere riciclati e
dello sviluppo di tecniche e processi per separare e ritrattare con successo le varie frazioni di materie presenti nei rifiuti è centrale il ruolo della chimica e della merceologia, a cominciare dalla analisi degli oggetti in commercio e di quelli che finiscono nei rifiuti.
Esiste un gran numero di nostri colleghi chimici impegnati in queste operazioni spesso raffinate, dalla chimica analitica dei rifiuti da riciclare e delle merci riciclate, all’invenzione di accorgimenti, spesso molto ingegnosi, per rendere più efficiente il riciclo e sarebbe bello ascoltare la loro voce che spesso non arriva nelle aule universitarie, benché ciascuno di noi sia debitore al loro lavoro se ci sono meno discariche e inceneritori. Almeno un grazie.
E almeno un grazie anche ad altri colleghi chimici, che, senza camici bianchi o tute, lavorano indefessi al riciclo di una parte dei rifiuti organici arrecando addirittura beneficio alla vita dei campi e degli animali.

Geotrupes stercorarius

Geotrupes stercorarius

Mi riferisco al paziente scarabeo, il coleottero Geotrupes stercorarius L., molto, più umile, ma anche molto più utile, dei suoi parenti che erano tanto apprezzati e riprodotti in forma di amuleti da Egizi, Fenici e anche Greci.
Non so se lo avete mai visto al lavoro: non è bello e sembra sempre alle prese con qualcosa da fare; non appena trova dei rifiuti organici, soprattutto feci di animali, se ne impossessa e comincia a farli rotolare fino a quando non hanno raggiunto la forma di palline da ping-pong, e intanto si nutre di una parte delle molecole che essi contengono e alla fine trasporta queste palline, ormai ridotte a cellulosa e lignina, nella sua tana per poter finire di mangiarle con calma. Con queste operazioni contribuiscono al ciclo del carbonio e dell’azoto, fra l’altro con processi di grande interesse chimico e biologico. Qualche volta questi, che ho chiamato impropriamente e genericamente scarabei, vengono schiacciati dalle automobili mentre cercano di raggiungere la loro tana, altre volte si dimenticano in giro queste palline sulle spiagge (quando ero bambino le palline abbandonate dagli scarabei erano usate per giocare nelle ”piste” scavate nella sabbia). Lo scarabeo vive, insomma, alleviando il lavoro e i costi delle aziende di raccolta e trattamento dei rifiuti e, nel suo piccolo, lo fa bene, senza discariche, senza CDR e senza inceneritori. Il suo comportamento è estremamente sofisticato, sembra infatti che usi le stelle per orientarsi, muovendosi prevalentemente di notte per trasportare i suoi carichi (http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0960982212015072)

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Propongo che qualche azienda del genere lo adotti come proprio emblema.

Nota del Blogmaster. Le palle marroni che si trovano sulle spiagge a volte possono anche essere egagropili di Poseidonia, ossia resti spiaggiati di Poseidonia.

L’Open Education: Contenuti didattici e Strumenti. Un esempio :“La gestione dei rifiuti”

 Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo.

a cura di Francesco Dondi (UniFe) e Fabrizio Passarini (UniBo)

 

In breve:

Contenuti didattici scaricabili gratuitamente

Manuale scaricabile gratuitamente all’indirizzo:

http://www.tessischool.eu/wp-content/uploads/Guida_alla_gestione_dei_rifiuti.pdf

e materiali supplementari scaricabili all’indirizzo:

http://www.tessischool.eu/materiali-didattici/

Strumenti e loro risultati sono scaricabili all’indirizzo

https://www.youtube.com/watch?v=lV9jNUyQLeA&list=PLj7eSblslqXm3dqPL6wFS587tD1Jt5bgZ

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Open Education: una nuova opportunità per la Chimica

“Abbiamo bisogno di una grande quantità di amore, di cure e di educazione per diventare membri attivi della società umana” (1)

”La comunità accademica ha una missione e una funzione all’interno della società, che di per sé giustifica i significativi investimenti pubblici dati alle università” (2)

Queste due citazioni scelte da due articoli di Richard R. Ernst, Premio Nobel per la Chimica, 1991, pubblicati su la Chimica e l’Industria (1,2) ben sintetizzano ragioni e motivi per una responsabilità sociale delle scuole e delle università (3) : devono essere per noi stimolo a dedicarci con maggior impegno alla così detta “Open Education”

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rifiutid4Cos’è l’open education?

Con Open Education si intende una didattica aperta, offerta al grande pubblico e che si traduce in offerta di risorse: si tratta quindi Risorse Didattiche Aperte o Risorse Educative Aperte (in inglese OEROpen Educational Resources).

Consistono in materiali didattici in formato digitale resi disponibili con licenze che ne permettono il riutilizzo, la modifica e la distribuzione. Si tratta di un’iniziativa promossa dalla comunità mondiale per l’educazione come bene comune. ll termine “Open Educational Resources” è stato adottato la prima volta al forum UNESCO del 2002 (4).

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Gli OER sono in realtà un complesso di strumenti assai sofisticati e che possono consistere di più elementi come i contenuti didattici veri e propri (corsi completi, moduli, unità didattiche), e strumenti (es.: software per la creazione, la distribuzione, l’utilizzo e il miglioramento di contenuti didattici aperti, strumenti per lo sviluppo di contenuti e comunità di apprendimento online).

A questi concetti vogliamo quindi riferirci nel momento in cui mettiamo a disposizione di studenti, insegnati e persone comuni un manuale per la gestione dei rifiuti e i risultati ottenuti dal coinvolgimento degli studenti guidati dagli insegnanti.

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Questa iniziativa è certamente in linea con lo spirito del Blog della SCI, animato con grande passione dal collega Claudio della Volpe. Ringraziamo quindi per l’ospitalità , augurandoci che altri colleghi chimici contribuiscano con molti altri prodotti didattici e divulgativi così da contribuire a “diventare tutti membri attivi della società” . Infatti, molte delle nostre azioni e delle nostre decisioni della vita comune hanno contenuto tecnico-scientifico di tipo chimico ed è quindi dovere della comunità chimica offrire a tutti gli strumenti adeguati per decisioni consapevoli.

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E’ appena superfluo ricordare come la gestione dei rifiuti sia l’emergenza ambientale italiana più grave, punto di snodo fondamentale per uno sviluppo sostenibile.

rifiutid14Ringraziamo quanti con critiche e suggerimenti potranno contribuire a migliorare una seconda edizione del manuale.

OER, un esempio: GESTIONE DEI RIFIUTI

 

CONTENUTI DIDATTICI:

– Manuale

– Materiale Supplementare

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MANUALE

Formato del Manuale

Manuale scaricabile gratuitamente all’indirizzo:

http://www.tessischool.eu/wp-content/uploads/Guida_alla_gestione_dei_rifiuti.pdf

E’ superfluo sottolineare come da molte parti si senta l’esigenza di disporre di strumenti semplici e ad un tempo sufficientemente completi per una consapevole e corretta gestione dei rifiuti.

Il manuale è articolato su 10 capitoli per un totale di 91 pagine di testi e figure, con una percentuale delle figure di circa il 30%.  L’approccio didattico si basa su “Punti chiave”. “Esercizi”, “Definizioni”, “Casi studio” e “web links” per un ulteriore approfondimento degli argomenti.

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E’ importante infatti soddisfare le molte curiosità sulla materia per suscitare interesse – ed anche entusiasmo – per mettere in atto comportamenti sostenibili, a cominciare dagli studenti: saranno loro a portare questi concetti presso le loro famiglie e nella società.

“La sostenibilità non è una materia, ma un filo conduttore che lega tutti gli insegnamenti. La sostenibilità è un abito mentale comune. Quel che serve è quindi un’adeguata formazione dei docenti. Ma anche un clima nuovo dentro le classi”.

Erminia Spotti, Ecomondo – WWF, novembre 2008

Pubblico cui il manuale è rivolto: Il manuale è stato progettato per un pubblico costituito da studenti delle scuole superiori. E’ stato pensato come strumento a disposizione degli insegnanti, come supporto all’educazione ambientale ed alla formazione alla sostenibilità. Può essere diffuso anche tra gli studenti universitari, indipendentemente dall’indirizzo dei loro studi.

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Contenuti del manuale: I rifiuti in generale . Rifiuti domestici e Rifiuti urbani : lo Smaltimento. I rifiuti organici : cosa sono i rifiuti organici, quali sono le caratteristiche dei rifiuti organici e come ci si comporta con i rifiuti organici. I rifiuti pericolosi: Caratteristiche, Etichettatura dei rifiuti pericolosi e loro Gestione corretta. Riuso e riciclo. Lo sfruttamento energetico dei rifiuti : valore energetico dell’incenerimento; trasformazione dei rifiuti in combustibile; co-combustione; pirolisi e la produzione di biogas. Discariche: vantaggi e gli svantaggi delle discariche. la struttura delle discariche; emissioni dalle discariche.

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I rifiuti in Europa e nel mondo : quantità e problemi connessi ai rifiuti nei Paesi in via di sviluppo; le grandi quantità di rifiuti che finiscono nei mari e negli oceani. Coinvolgere la cittadinanza nella gestione dei rifiuti; Il ruolo delle famiglie, degli individui e delle organizzazioni nel trattamento dei rifiuti; l’accessibilità delle informazioni sul trattamento dei rifiuti. Le indicazioni strategiche e gli obiettivi del trattamento dei rifiuti : la direttiva dell’UE sui rifiuti; la gerarchia del trattamento dei rifiuti; la situazione nell’UE, in Slovenia e in Italia.

Origine del Manuale.

Il Manuale è stato prodotto nell’ambito del progetto TESSI (Teaching Sustainability across Slovenia and Italy) coordinato dal Dott. Fabio Tomasi del Consorzio Area di Ricerca Scientifica e Tecnologica di Trieste

www.tessischool.eu

E’ stato prodotto dai partners sloveni come contributo all’attuazione del progetto TESSI. La revisione della traduzione è stata effettuata dal Prof.  Francesco Dondi e dalla Dott.ssa Silvia Riberti dell’Università di Ferrara e dal Prof. Fabrizio Passarini dell’Università di Bologna che ha in particolare curato gli aspetti di conformità alle problematiche de rifiuti della Regione Emilia Romagna e dell’Italia. La nostra unità italiana ha prodotto il manuale sull’acqua (4) , a suo volta tradotto in sloveno.

rifiutid9MATERIALE DIDATTICO SUPPLEMENTARE.

Come sopra accennato, il manuale è stato progettato come strumento a disposizione degli insegnanti per la progettazione delle lezioni sulla gestione dei rifiuti.

Il progetto TESSI ha organizzato una serie di lezioni dedicate agli insegnati sulle tematiche dei rifiuti. Le lezioni sono state tenute a Trieste ed a Ferrara dal Dott. Marco Francese e le slides possono essere scaricate all’indirizzo:

http://www.tessischool.eu/materiali-didattici/

Questi gli argomenti trattati: Introduzione ai concetti; Storia del rifiuto; Classificazione e riciclo; Differenze nella gestione di rifiuti; Siti utili ed attività didattiche; Manuale del progetto; Processo partecipativo.

STRUMENTI

per un progetto di gestione dei rifiuti

Il manuale ed il materiale didattico supplementare sopra descritti sono in realtà funzionali alla predisposizione di progetti di gestione sostenibile dei rifiuti all’interno delle stesse scuole ed alla preparazione di materiale multimediale, prodotto o da gruppi di studenti o da scuole.

Riportiamo come esempio di questa attività un breve video, – “Che ci vuole? – prodotto dagli studenti del Liceo “Magrini”, Gemona del Friuli e premiato nella edizione del TESSI Award a Trieste il 4 Ottobre 2013.

https://www.youtube.com/watch?v=lV9jNUyQLeA&list=PLj7eSblslqXm3dqPL6wFS587tD1Jt5bgZ

Per una esauriente descrizione del TESSI Award, si veda :

http://www.tessischool.eu/premio/

e per l’elenco completo dei vincitori e dei loro progetti, si veda a:

http://www.tessischool.eu/premio/vincitori/

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

 

1.R.Ernst, La Chimica e l’Industria, 2007, (89) (7), 154-161

2.R.Ernst, La Chimica e l’Industria, 2007 (89) 9, 116-123

3.R.Ernst, Angew. Chem. Int. Ed. 2003, 42, 4434.

4. http://it.wikipedia.org/wiki/Risorse_didattiche_aperte

4.http://www.tessischool.eu/wp-content/uploads/Manuale_Acqua-risorsa_sostenibile.pdf