Elementi della tavola periodica: Silicio, Si.

Rinaldo Cervellati

Silicio (Silicon)*

*Silicon è la versione inglese del termine Silicio. La sua assonanza con la parola “silicone” ha dato luogo a numerose, talvolta divertenti “bufale” mediatiche, sintomo purtroppo di ignoranza chimica dei giornalisti nostrani. Ne ho parlato nel post Silicio, siliconi e dintorni del 12/09/2016

Il Silicio è l’elemento n. 14 della Tavola periodica, ed è il secondo elemento per abbondanza (27,7%) nella crosta terrestre. Nella Tavola si trova collocato sotto il Carbonio con il quale condivide diverse analogie come la tetravalenza (numero di ossidazione +4) e la possibilità di formare lunghe catene, ad esempio:

Ciò ha quasi certamente influenzato gli scrittori di fantascienza che hanno immaginato pianeti basati sul silicio al posto del carbonio, ed esseri extraterrestri con organismi al silicio. Tuttavia oggi si ritiene praticamente impossibile o quantomeno pochissimo probabile un tale evento (v. nota in corsivo).

Invece è quasi certo che il nome silicio derivi dal latino silex o silicis che letteralmente si traduce in selce. Il silicio non si trova in natura libero, ma si presenta principalmente come diossido (SiO2) e come silicati.

Sabbia, quarzo, cristallo di rocca, ametista, agata, pietra, diaspro, opale, ecc. sono alcune delle forme in cui appare il diossido (o biossido) di silicio. Alcune di esse, in forma cristallina, sono classificate pietre semipreziose. Da sinistra a destra: sabbia, quarzo, ametista, opale (lavorato)

I silicati sono la classe di minerali caratterizzati dalla presenza del gruppo tetraedrico (SiO4)4−:

Struttura dell’unità tetraedrica dei silicati.

Ossigeno e silicio sono gli elementi più abbondanti della crosta terrestre, il che rende i silicati i minerali più diffusi sul nostro pianeta. Si trovano all’interno di rocce magmatiche (es. granito), metamorfiche (es. vesuvianite) e sedimentarie (es. argillite).

Il granito è un insieme dei minerali quarzo (SiO2), feldspati e miche (silicati di potassio, sodio, calcio e altri).

La vesuvianite è un sorosilicato costituito da silicati di calcio, magnesio e alluminio.

L’argillite è costituita da caolinite, montmorillonite, silicati idrati di alluminio.

Differiscono sia per il numero di unità tetraedriche e per il modo in cui queste sono legate fra loro, il che ne determina la struttura.

Da sinistra a destra: granito, vesuvianite e argillite

Quando la cella elementare contiene solo l’unità tetraedrica SiO24- ripetuta n volte il minerale corrispondente è l’olivina (silicato di ferro e magnesio (Mg, Fe)2SiO4).

Olivina

Il silicio è anche il componente principale di una classe di meteoriti noti come “aeroliti” ed è pure componente della tectite, un vetro naturale di origine incerta.

Humphry Davy[1] nel 1800 fu il primo a ritenere che la silice fosse un composto e non un elemento. Più tardi, nel 1811, Gay Lussac[2] e Thenard[3] probabilmente prepararono il silicio amorfo impuro riscaldando il potassio con tetrafluoruro di silicio. La sua scoperta è generalmente attribuita a Berzelius: nel 1824 riuscì a preparare il silicio amorfo con lo stesso metodo usato dai due chimici francesi, ma purificò il prodotto rimuovendo i fluorosilicati mediante ripetuti lavaggi.

Nel 1884 Deville[4] ottenne per la prima volta silicio cristallino, la seconda forma allotropica di questo elemento.

Silicio cristallino e amorfo: immagini (sopra) e strutture (sotto)

Il silicio è un non metallo, nella sua forma cristallina ha un colore grigio e lucentezza metallica, ma il colore può variare. È relativamente inerte, reagisce con gli alogeni (fluoro, cloro) e con gli alcali. Non è attaccato dagli acidi, tranne che dall’acido fluoridrico. È un ottimo semiconduttore.

Il silicio è preparato commercialmente per riscaldamento della silice a elevato grado di purezza, in una fornace elettrica usando elettrodi di carbonio. A temperature superiori a 1900 °C il carbonio riduce la silice a silicio (in linguaggio chimico: SiO2 + C ® Si + CO2). Il silicio liquido si raccoglie sul fondo della fornace, viene quindi prelevato e raffreddato. Il silicio prodotto con questo processo è chiamato silicio di grado metallurgico ed è puro al 98%.

Per ottenere un più elevato grado di purezza, necessario ad es. per dispositivi elettronici a semiconduttore, è necessario praticare un’ulteriore purificazione, ad esempio con il metodo Siemens, che consiste nel far reagire il silicio metallurgico con acido cloridrico, chimicamente:

Si + 3HCl –> SiHCl3 + H2 (1)

Il composto ottenuto, un gas chiamato triclorosilano, viene fatto condensare e successivamente distillato accuratamente. A questo punto viene fatta la reazione inversa della (1):

SiHCl3 + H2 –> Si + 3HCl (2)

Il silicio policristallino che si ottiene dalla reazione (2) può raggiungere una purezza maggiore del 99,99%.

Per ottenere monocristalli ancora più puri, si ricorre al processo Czochralski[5], una tecnica che permette di ottenere la crescita di monocristalli di estrema purezza, oggi impiegata principalmente nella crescita di blocchi monocristallini di silicio che si ottengono sottoforma di pani cilindrici che raggiungono la purezza del  99.9999999%.

La principale applicazione odierna del silicio dipende dalla sua proprietà di semiconduttore intrinseco o puro. Per aumentarne questa caratteristica viene “drogato” con piccole quantità di arsenico, fosforo, gallio o boro. Viene utilizzato in transistor, pannelli o celle solari, praticamente in tutte le apparecchiature a semiconduttori, utilizzate in elettronica e nelle altre applicazioni a alta tecnologia.

Diodo LED (a sinistra), pannello solare (a destra)

Poiché il silicio è il principale semiconduttore di tutta l’industria elettronica, la regione Silicon Valley, California, USA, nota per le numerose aziende di informatica ed elettronica, prende il suo nome da questo elemento: Valle del Silicio in italiano.

Il silicio è inoltre un costituente di alcuni tipi di acciai; il suo limite di concentrazione è del 5%, poiché oltre si ha un notevole abbassamento della resilienza a causa del potenziale di accrescimento della grana cristallina. Rende inoltre possibile separare la grafite negli acciai anche già a partire da concentrazioni di carbonio maggiori di 0,50%. All’1-2% è presente negli acciai per molle, dove ne accresce il limite elastico, avvicinandolo a quello di rottura.

Acciaio al silicio

Il biossido di silicio, nelle sue forme di sabbia (granuli da 0.06 a 2 mm) e di argilla (sedimento non solidificato con granuli inferiori a 2 μm), è impiegato da tempi immemorabili come materiale per l’edilizia. Il componente principale del cemento Portland è la silice della sabbia, che è anche il componente principale del vetro.

In forma di pietra lavorata (selce) è un’importantissima testimonianza dei primi insediamenti umani. Le tecniche lavorative, in particolare la scheggiatura, consentono di individuare diversi periodi della preistoria. L’uso è continuato fino a periodi relativamente recenti. Nel XVII secolo era ancora adoperata, specialmente presso i popoli delle Americhe, per fabbricare coltelli e punte di frecce. La selce, come pietra focaia, è stata fondamentale anche per il funzionamento degli acciarini manuali almeno dall’alto medioevo e, dal XVII al XIX secolo, anche per far scintillare i meccanismi di accensione delle armi da fuoco, fino all’avvento delle armi a percussione.

Silice e silicati sono la base dei materiali refrattari usati nei forni e fornaci per elevate temperature, i silicati sono impiegati anche nella fabbricazione di terraglie e smalti.

Il composto binario fra silicio e carbonio, carburo di silicio (SiC), chiamato carborundum, è usato come potente abrasivo.

Anche se, come già ricordato, dei siliconi ho parlato in un precedente post, vale la pena ricordarli di nuovo per l’importanza che hanno anche nella nostra vita quotidiana.

I siliconi, noti anche come polisilossani, sono polimeri che includono qualsiasi composto sintetico costituito da unità ripetitive di silossano, che è una catena di atomi di silicio alternati ad atomi di ossigeno (⋯–Si–O–Si–O–Si–O–⋯) combinata con carbonio, idrogeno e talvolta altri elementi. Sono in genere resistenti al calore, liquidi o gommosi, e sono utilizzati in sigillanti, adesivi, lubrificanti, utensili da cucina e come isolanti termici ed elettrici. Alcune forme comuni includono olio di silicone, grasso al silicone, gomma siliconica, resina siliconica e mastice siliconico.

Molteplici usi dei siliconi

Per la sua elevata biocompatibilità il silicone, nella sua forma gel, è utilizzata in bende e medicazioni, protesi mammarie, impianti testicolari, protesi pettorali, lenti a contatto e una varietà di altri usi medici. Tuttavia occorre ricordare che iniezioni di silicone prive di stretto controllo medico o addirittura illecite inducono sempre una diffusione cronica e definitiva nel sangue con complicazioni dermatologiche che provocano gravi effetti collaterali.

La gestione del fine vita dei pannelli fotovoltaici al silicio

I rifiuti di celle solari sono destinati ad aumentare drasticamente nei prossimi decenni a causa dei milioni di pannelli solari installati ogni anno, ciascuno con una durata limitata di circa 25 anni. Alla luce di ciò, la direttiva sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) impone il riciclaggio ai produttori di pannelli solari. La fabbricazione di nuovi pannelli utilizzando componenti riciclati non solo manterrà la credibilità del settore dell’energia solare, ma ne ridurrà anche il costo in modo significativo.

Molte tecnologie attuali per riciclare il silicio delle celle solari implicano la rimozione degli strati sottili di silicio dal pannello. Una volta rimossi questi strati sono trattati con acido fluoridrico per eliminarne le impurezze. Oltre ad essere dannoso per l’ambiente, l’acido fluoridrico lo è per i lavoratori perché può penetrare nei tessuti umani causando gravi ustioni che possono portare anche alla morte.

Recentemente un gruppo di ricercatori sud coreani ha proposto un metodo eco sostenibile per il riciclaggio degli strati di silicio dai moduli fotovoltaici a fine vita senza l’impiego di acido fluoridrico [1]. In breve, dopo il recupero dello strato sottile di Si non danneggiato, l’eliminazione delle impurità procede nelle seguenti tre fasi: (i) recupero dell’elettrodo d’argento utilizzando acido nitrico (HNO3); (ii) rimozione meccanica del rivestimento antiriflesso, dello strato di emettitore e della giunzione p-n simultaneamente; (iii) rimozione dell’elettrodo di alluminio usando idrossido di potassio (KOH). In dettaglio, ecco lo schema del processo:

Schema del processo proposto in [1]

I ricercatori coreani affermano che gli strati sottili di Si così rigenerati mostrano proprietà quasi identiche a quelle degli strati vergini commerciali, e che le celle fabbricate con gli strati rigenerati mostrano un’efficienza equivalente a quella delle celle iniziali.

Un recentissimo report sulle tecniche di riciclaggio dei moduli fotovoltaici è stato pubblicato dall’International Energy Agency IEA [2].

Riciclo materiali siliconici

Esistono oggi diverse ditte specializzate nel riciclo di materiali siliconici, dagli oli, gel e schiume alle gomme indurite e molli, a stampi esauriti, prodotti divenuti obsoleti come tubi, nastri e tessuti trattati con silicone. Tutti i processi messi in atto per il riciclo terminano con la depolimerizzazione per recuperare i monomeri dei siliconi. Questi monomeri recuperati sono poi utilizzati per ottenere nuovi prodotti.

Negli Stati Uniti, la ECO U.S.A. è il principale riciclatore al mondo di siliconi come gomma siliconica. I suoi impianti di riciclaggio trasformano i rifiuti di gomme siliconiche in silicone fluido che è riciclato per fabbricare nuovi prodotti.

In breve, le fasi del processo ECO USA sono: 1. Raccolta dei rifiuti da produttori e consumatori; 2. Frantumazione dei rifiuti in piccoli pezzi da 10-15 mm.; 3. Riscaldamento a temperature elevate del granulato in opportune camere di reazione su vasta scala dove i vapori di silicone sono raccolti e filtrati, ottenendo il monomero dimetilcicloossisilano (DMC); 4. Il DMC passa attraverso un complesso processo di filtrazione e raffinazione chimica che produce un fluido siliconico di elevata purezza pronto per essere riciclato.

Ruolo Biologico

Sebbene il silicio sia facilmente disponibile sotto forma di silicati, pochissimi organismi lo usano direttamente. Le diatomee, i radiolari e le spugne silicee usano la silice biogenica come materiale strutturale per i loro scheletri. Nelle piante più avanzate, i fitoliti di silice (phytoliths opalici) sono corpi microscopici rigidi presenti nelle loro cellule. Alcune piante, ad esempio il riso, hanno bisogno di silicio per la loro crescita. È stato infatti dimostrato che il silicio migliora la resistenza delle pareti cellulari vegetali e l’integrità strutturale in alcune piante.

Vi sono anche alcune prove del fatto che il silicio è importante per il corpo umano, ad es. per unghie, capelli, ossa e tessuti cutanei. L’organismo umano ne contiene in totale una quantità stimata sui 250 milligrammi.  Studi clinici hanno dimostrato che l’assunzione di silicio dietetico aumenta la densità ossea nelle donne in premenopausa e che l’integrazione con silicio può aumentare il volume e la densità ossea nei pazienti con osteoporosi.

Integratore al silicio per ossa, unghie e capelli

Il silicio è necessario per la sintesi di elastina e collagene, contenuti in gran quantità nell’arteria aorta. Ciononostante, è difficile stabilire la sua essenzialità, perché il silicio è molto comune, e quindi i sintomi di carenza sono difficili da riprodurre. Un eccesso di silicio può invece causare emolisi dei globuli rossi e alterazioni cellulari come conseguenza diretta. La medicina erboristica, comunque, non raccomanda una fitoterapia a base di piante troppo remineralizzanti (in particolare quelle ricche di silicio) quando sono presenti lesioni ossee di tipo degenerativo (ad esempio artrosi). Assumere i silicati “organici” tramite la dieta non è tuttavia difficile. Il silicio è abbondante nell’acqua potabile, nelle cipolle, nei cavolfiori, nei fagioli, nei piselli, nelle mele e nelle fragole.

Ciclo Biogeochimico

In figura è rappresentato un diagramma di tale ciclo, tratto da [3].

Ciclo biogeochimico del silicio

Il diagramma è diviso in cinque parti: al centro la biosfera, circondata da atmosfera (in alto), litosfera e idrosfera ai lati sinistro e destro rispettivamente. La quantità totale del silicio in una sfera (ad es. litosfera) è data in kg e il numero è sottolineato. La velocità di trasferimento (flusso o tasso di scorrimento) da una sfera a un’altra è riportata in termini di kg l’anno (kg/y) e il valore è inserito in una freccia che mostra la direzione del flusso. Sono anche indicati i nomi dei principali composti o minerali coinvolti nei flussi. Poiché le attività umane (antropogeniche) oggi trasferiscono quantità di silicio a tassi significativi, questi trasferimenti antropogenici sono evidenziati da una linea tratteggiata attraverso la biosfera.

I dati quantitativi riportati sono stime basate su dati noti relativi alla composizione elementare di acqua di fiume, acqua di mare, di alcuni organismi rappresentativi (in questo caso diatomee, radiolari spugne) e le quantità totali nella crosta terrestre, nell’acqua di mare, nella biosfera, ecc.

Tali dati possono essere considerati accurati entro più o meno un ordine di grandezza [3].

Desidero infine precisare che poiché l’impatto delle attività antropogeniche può alterarli, lo studio dei cicli biogeochimici degli elementi è oggetto di continui aggiornamenti e revisioni.

Opere consultate

CRC, Handbook of Chemistry and Physics, 85th, p. 4-28-29

https://en.wikipedia.org/wiki/Silicon

https://it.wikipedia.org/wiki/Silicio

Bibliografia

[1] J. Park et al., An eco-friendly method for reclaimed silicon wafers from a photovoltaic module: from separation to cell fabrication., Green Chem., 2016, 18, 1706-1714.

[2] IEA, End of Life Management of Photovoltaic Panels: Trends in PV Module Recycling Technologies, pdf scaricabile al link http://www.iea-pvps.org/index.php?id=459

[3] V. Cilek (a cura di), Earth System: History and Natural Variability – Volume IV, UNESCO-EOLSS, 2009, pp. 230-232.

[1] Sir Humphry Davy (1778 – 1829) è stato un chimico della Cornovaglia (Inghilterra), noto per aver isolato, usando l’elettricità, una serie di elementi per la prima volta: potassio e sodio nel 1807; calcio, stronzio, bario, magnesio e boro l’anno successivo, oltre a scoprire la natura elementare del cloro e dello iodio. Ha anche studiato le forze coinvolte in queste separazioni, gettando le basi dell’elettrochimica. Scoprì anche le proprietà anestetiche del protossido d’azoto (ossido di diazoto N2O) usato poi come anestetico in chirurgia.

[2] Joseph Louis Gay-Lussac (1778 – 1850) fisico e chimico francese, conosciuto sopratutto per le leggi sul comportamento dei gas (Prima e Seconda legge di Gay-Lussac). Compì diversi esperimenti sulla composizione chimica dell’atmosfera terrestre e sulle variazioni nel campo magnetico terrestre con alcuni aerostati riempiti di idrogeno.

[3] Louis Jacques Thénard (1777-1857), chimico francese. Le sue ricerche spaziarono dai composti di arsenico e antimonio con ossigeno e zolfo agli eteri, acidi sebacici e alla bile. Nel 1818 scoprì il perossido di idrogeno. Nel 1810 ottenne la cattedra di chimica all’Ecole Polytechnique e alla Faculté des Sciences. Thénard era un eccellente insegnante; come lui stesso disse: il professore, gli assistenti, il laboratorio: tutto deve essere sacrificato agli studenti. Come la maggior parte dei grandi maestri pubblicò un libro di testo, il Traité de chimie élémentaire, théorique et pratique (4 voll., Parigi, 1813-16), che è servito come modello per un quarto di secolo. Il suo nome è uno dei 72 iscritti nella Torre Eiffel.

[4] Henri Étienne Sainte-Claire Deville (1818 – 1881) è stato un chimico francese, allievo di Thénard, è noto per le sue importanti ricerche sull’alluminio.

[5] Il processo prende il nome dal chimico polacco Jan Czochralski (1885-1953) che lo mise a punto nel 1916.

Silicio, siliconi e dintorni.

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo

a cura di Rinaldo Cervellati

Questi due nomi hanno generato (e continuano a farlo) una grande confusione, specialmente fra i traduttori di articoli giornalistici e romanzi, suscitando facili ironie da parte degli addetti ai lavori. Ricordo ad esempio il titolo di un articolo comparso nel quotidiano di Bologna: “In arrivo l’automobile al silicone!” per intendere l’auto munita di componenti elettronici. Oppure la “Silicon Valley”, tradotta come “Valle del Silicone”.

silicio

Silicio, elemento Z=14

Si potrebbero riportare decine di queste “perle”. Il fatto è che la traduzione corretta del vocabolo inglese Silicon è Silicio, nome dato all’elemento 14 della Tavola Periodica, mentre il vocabolo inglese per “silicone” (un importante materiale contenente silicio ma con proprietà completamente diverse) è proprio “silicone”. Vi è davvero assonanza, ma i traduttori quando hanno a che fare con termini scientifici potrebbero consultare un dizionario o, più semplicemente, andare su Google…[1].

siliconi

Prodotti comuni contenenti siliconi

Vediamo di cosa si tratta in qualche dettaglio.

Il silicio, simbolo Si, è il secondo elemento per abbondanza (27.7%), dopo l’ossigeno, nella crosta terrestre sottoforma di minerali (quarzo, feldspati, silicati, alluminosilicati) costituenti le rocce (graniti, argille). Il primo a isolare il silicio elementare a un certo grado di purezza fu il grande chimico J.J. Berzelius (1779-1848) nel 1823. Egli pensò che questo elemento assomigliava molto al boro perché entrambi gli elementi formavano ossidi non volatili che producevano facilmente materiali vetrosi e si potevano ottenere isolati solo come polveri amorfe. Ciò lo portò a assegnare la formula SiO3 all’ossido di silicio in analogia con quello del boro (BO3)[2]. Successivamente fu poi stabilito il giusto peso atomico al silicio e la sua posizione nella Tavola Periodica, sotto al Carbonio, sicchè all’ossido di silicio venne assegnata la formula corretta, SiO2 [1].

wohler

Friedrich Wöhler

Nel 1857, il chimico Friedrich Wöhler[3], che fu allievo di Berzelius, sintetizzò il tetraidruro di silicio (SiH4), stechiometricamente e strutturalmente analogo al metano (CH4) [2]. Successivamente, ottenne, per idrolisi del silicato di magnesio, una serie di composti contenenti silicio, idrogeno e ossigeno, trovando comunque molto difficile assegnare a questi formule precise. In base a dati analitici assegnò a uno di questi composti le possibili formule Si8H4O6, Si6H3O4, Si12H6O8 e altre simili. Poiché gli unici altri composti con questa stechiometria complessa che Wöhler conosceva erano i composti organici del carbonio, nel 1836 scrisse:

… Un risultato di grande interesse in quanto può essere visto come un composto costruito alla maniera di una sostanza organica in cui il silicio svolge il ruolo del carbonio nel materiale organico. Forse può servire come base per tutta una serie di corpi simili, e potrebbe quindi esistere la prospettiva di una chimica speciale del silicio, simile a quella che esiste nel caso del carbonio.[3]

Questa frase, tradotta dall’originale tedesco [3] in inglese da W. Jensen [1]*, ha probabilmente influenzato i giornalisti “scientifici” e gli scrittori di fantascienza che hanno immaginato pianeti basati sul silicio al posto del carbonio, e esseri extraterrestri con organismi al silicio. Queste fantasie sono chiamate da Jensen “strong analogies” fra la chimica del carbonio e quella del silicio. Ma, dice Jensen, sono esistite e esistono anche “weak analogies” che hanno portato proprio alla scoperta dei siliconi. Queste “analogie deboli” consistono nella considerazione che sarebbe stato possibile modificare o perturbare usuali composti organici sostituendo atomi isolati di carbonio con atomi di silicio. In particolare, l’attenzione fu inizialmente posta sulla sostituzione di atomi di carbonio corrispondenti a centri otticamente attivi, a gruppi funzionali, ecc.

friedel

C. Friedel

crafts

J. M. Crafts

Nel 1844, il chimico francese, Jacques-Joseph Ebelmen[4], aveva preparato con successo una serie di alcossido derivati di silicio di formula generale Si(OR)4, e nel 1863 C. Friedel e J. M. Crafts[5] sintetizzarono il primo alchil derivato del silicio, il tetraetilsilano, Si(C2H5)4 [1]. La ricerca fu proseguita da Friedel, e in particolare dal chimico tedesco Albert Ladenburg[6] per tutto l’ultimo quarto del 19° secolo, quindi, nel 1916, il chimico svedese Artur Bygden potè elencare diverse centinaia di composti organometallici del silicio in una sua monografia.

Lo storico americano Jensen afferma che la maggior parte dei composti elencati da Bygden erano semplici prodotti di sostituzione dei tetralchilmonosilani, e in quasi tutti i casi le strutture loro assegnate furono basate esclusivamente sul presupposto che una stechiometria analoga a quella di un composto corrispondente del carbonio implicava automaticamente una analoga struttura. Questo da un lato ci dice che i chimici lavoravano in base alla “analogia debole”, ma dall’altro che nei giornalisti e romanzieri si rafforzava invece l’idea della “analogia forte”.

kipping

Frederick Stanley Kipping

Nel 1899 il chimico organico inglese Frederick Stanley Kipping[7], iniziò uno studio intensivo sui composti organosilanici (in base alla analogia debole) che proseguì per quasi quattro decenni. Forse il risultato più importante di Kipping è stata la sintesi di una nuova classe di derivati organosilanici contenenti ossigeno, i siliconi. Anche Kipping, nei suoi primi lavori, dava per scontato che stechiometria analoga implicava automaticamente struttura analoga. Di conseguenza, quando ottenne una classe di composti di formula generale R2SiO, pensò di aver scoperto gli analoghi alchilsilanici dei chetoni R2CO, da qui il nome “siliconi” che Kipping diede a questi composti. Si deve concordare con Jensen che questo termine ha eguagliato nella nomenclatura chimica, per le sue implicazioni fuorvianti, solo l’ipotesi di Lavoisier che la composizione di zuccheri e amidi implicava che essi fossero letteralmente idrati di carbonio.[1]

Tuttavia, nel 1936, nella sua Bakerian Conference su “I derivati organici del silicio”, in cui riassunse la sua vita professionale, il suo lavoro e l’esperienza maturata, egli si mostra molto dubbioso sulla possibilità di una chimica organica basata sul silicio, infatti dice:

Anche dopo poche esperienze, era evidente che derivati corrispondenti dei due elementi in questione mostravano differenze molto notevoli nelle loro proprietà chimiche; ora si può dire che il caso principale, se non l’unico, in cui essi presentano una somiglianza molto stretta è quello delle paraffine e dei silicoidrocarburi contenenti un atomo di silicio direttamente unito a quattro radicali alchilici. Ma in qualsiasi confronto fra i composti del carbonio e i derivati organici del silicio è molto più importante il fatto che molte, se non la maggior parte, delle principali classi dei primi non sono rappresentate tra questi ultimi. Apparentemente ciò non è semplicemente una conseguenza di una insufficiente indagine sperimentale sui derivati di silicio, ma è dovuto alle differenze fondamentali nelle proprietà degli atomi di silicio e carbonio …[4]

In altre parole, dopo 40 anni di ricerca, Kipping era giunto alla conclusione che anche la “analogia debole” aveva difetti, e il successivo lavoro avrebbe presto mostrato che il suo pessimismo era pienamente giustificato.

rochow

E.G. Rochow

In effetti fu presto dimostrato, in particolare dal chimico americano E.G. Rochow[8], che le strutture e la chimica dei siliconi e di altri alchilsilani contenenti ossigeno sono meglio descritte dal punto di vista della chimica inorganica come derivati progressivamente depolimerizzati in cui uno o più “ponti” Si−O−Si vengono sostituiti da radicali R− o da gruppi RO−:

2(R−) + (= Si−O−Si =) → 2 (= Si−R) + (−O−)

piuttosto che dal punto di vista della chimica organica come semplici analoghi silicio-sostituiti dei chetoni, alcoli, ecc. Infatti, un processo parallelo si osserva nel campo strettamente inorganico quando si depolimerizzano i silicati per reazione con ossidi metallici, un processo che porta alla formazione di strati, catene, anelli e anioni silicato, nonché vetri silicati di viscosità variabile [5]. Va notato che i Bragg avevano dimostrato, tramite la cristallografia a raggi X, la totale assenza di qualsiasi somiglianza tra le strutture di anidride carbonica e carbonati, da un lato, e le strutture di biossido di silicio e silicati, dall’altro, e che Alfred Stock[9], lavorando sui silani nel periodo 1916-1923 aveva mostrato che gli idruri di silicio erano altamente sensibili all’aria e all’umidità contrariamente agli alcani.siliconi-2

Tutto questo per ribadire la pratica impossibilità di realizzare una chimica del silicio analoga alla chimica del carbonio o chimica organica.

Ovviamente ciò nulla toglie all’importanza che i siliconi rivestono oggi nei campi più disparati, dai lubrificanti alla medicina, dall’elettronica all’edilizia, ecc.

cyclomethicone

una bellla molecola di silicone: il ciclometicone o decametilciclopentasilossano un “silicone” ciclico usato nell’industria cosmetica e nel lavaggio dei tessuti

Notate che i siliconi vengono anche definiti silossani o meglio polisilossani, un termine che eliminerebbe l’ambiguità del più comune termine silicone.

[1] W.B. Jensen, The Chemistry of Bug-Eyed Silicon Monsters, An invited lecture given at the 203rd National ACS Meeting, San Francisco, CA, on 05-10 April 1992.

[2] F. Wöhler, H. Buff, Ueber eine Verbindung von Silicium mit Wasserstoff, Ann. Chem., 1857, 103, 218-229, cit. in [1]

[3] F. Wöhler, Ueber Verbindungen des Silicium mit Sauerstoff und Wasserstoff, Ann. Chem., 1863, 127, 257-274, p. 268, cit in [1]

[4] F. S. Kipping, Organic Derivatives of Silicon, Proc. Roy. Soc., 1937, 159A, 139-148.

[5] E. G. Rochow, An Introduction to the Chemistry of the Silicones. Wiley: New York. NY. 1946, cit. in [1]

Noterella semiseria dell’autore: L’universo fisico è illimitato, teniamo quindi sempre in mente l’aforisma di Shakespeare: “Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne possa immaginare la tua filosofia”

*e dall’inglese in italiano dal sottoscritto

[1]Secondo wikipedia, la confusione non riguarda solamente l’inglese/italiano, ma anche altre lingue ad es. spagnolo/inglese: Silicio(Silicon)/Silicona(Silicone); tedesco/inglese: Silizium(Silicon)/Silikon(Silicone).

[2] Ciò anche a causa degli errori nel calcolo dei pesi atomici. Come abbiamo ricordato più volte occorrerà aspettare la “rivoluzione” di Cannizzaro per la determinazione esatta dei pesi atomici (1858/1860).

[3] Di Wöhler abbiamo diffusamente parlato in un precedente post https://ilblogdellasci.wordpress.com/2016/05/30/friedrich-wolher-e-gli-albori-della-chimica-organica-di-sintesi/

[4] Jaques-Joseph Edelmen (1814-1852) chimico e mineralogista francese fece importanti ricerche su diversi minerali e studiò e migliorò un metodo di fabbricazione di ceramiche e porcellane.

[5] Charles Friedel (1832-1899) chimico e mineralogista francese, James Mason Crafts (1839-1917) chimico americano spese la sua carriera fra Francia e Stati Uniti. Fra i due chimici vi fu una stretta collaborazione culminata nella nota reazione di Friedel e Crafts che consiste nell’alchilazione o acilazione di composti aromatici catalizzata da acidi di Lewis.

[6] Albert Ladenburg (1842-1911) chimico organico tedesco isolò per primo la scopolamina e si interessò particolarmente di alcaloidi. Medaglia Davy 1905.

[7] Frederick Stanley Kipping (1863-1949) chimico inglese, pioniere nella chimica dei composti organosilanici ebbe un certo ruolo nelllo sviluppo della gomma sintetica e dei lubrificanti siliconici. Medaglia Davy 1918.

[8] Eugene George Rochow (1909 – 2002) chimico inorganico americano è noto sopratutto per le sue ricerche sugli organosilanici. Descrisse il processo diretto, noto come processo di Rochow o di Muller-Rochow per preparare siliconi su scala industriale.

[9] Alfred Stock (1876-1946), chimico inorganico tedesco, è stato pioniere nelle ricerche sugli idruri del boro e del silicio, sul mercurio e la sua velenosità e in chimica di coordinazione.

I gatti e il cloruro demonio

  Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo.

a cura di Mauro Icardi (siricaro@tiscali.it)

Ho scritto il mio ultimo articolo, quello che parlava di cosa molto spesso viene inopportunamente gettato nelle fognature, pressato da mille cose, e (nella prima versione, che non ha passato il vaglio redazionale) sono incorso in un errore grossolano. Ho raccontato della lettiera per i gatti che era stata gettata nel water per anni, da e lì finita nella fossa Imhoff di un condominio riempiendola quasi per intero. Un mio amico titolare di una ditta di spurghi che era stato chiamato per ripulirla non aveva preso la cosa troppo bene. La botte del suo autospurgo era rimasta danneggiata a causa della gran quantità di questo materiale ( e delle tante altre cose che non dovrebbero essere gettate giù per il tubo ma ci finiscono ugualmente). Lui aveva dovuto non solo riparare la botte sostituendo guarnizioni e valvole, ma anche dovuto anticipare le revisione triennale della botte che rientra tra le apparecchiature che lavorano in pressione. Questa è la premessa. Adesso diventa interessante occuparsi dell’errore in se, e magari associarlo ai tanti che si leggono quando si parla di temi attinenti alla chimica.

Le lettiere per i gatti ho sono fatte principalmente di argilla, sepiolite e di gel di silice. Il prodotto deve garantire una buona assorbenza, non deve essere irritante per le zampine dei simpatici felini, e se possibile anche evitare che si sviluppino cattivi odori. Se però si va in un qualunque supermercato sulle confezioni delle lettiere in gel di silice si troverà scritto “lettiera per gatti in silicio”.

Lo si trova scritto così perfino nella pagina di Altrconsumo!(http://www.altroconsumo.it/vita-privata-famiglia/nc/news/lettiere-per-gatti) e nel testo accessibile ai soli soci che contiene l’analisi completa delle lettiere.

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Nella prima stesura dell’articolo ho scritto anche io “silicio”. Sbadatamente e senza riflettere. Quindi cerco di fare adesso una riflessione , ringraziando la redazione del blog, ed in particolare Marco Taddia e Claudio Della Volpe che hanno letto il testo del mio articolo prima della pubblicazione. Il primo per avermi fatto notare che era improbabile che il silicio potesse essere utilizzato nelle lettiere dei gatti. Soprattutto se si fosse trattato (cosa del tutto improbabile ) di silicio elementare. Il secondo che da questo episodio ha suggerito lo spunto per questo articolo. Le bufale, gli errori grossolani sono sempre in agguato. E dagli errori si prende spunto per imparare.

Per abitudine si dice di “cambiare la sabbia sporca del gatto” ma è improbabile che si dica nell’uso comune “vado a cambiare la sepiolite o il gel del gatto”

La sabbia è un materiale granulare che si può formare in modi diversi. Per erosione, per precipitazione, per accumulo di organismi marini quali foraminiferi ed altri.

Quindi direi che l’abitudine a parlare di sabbia del gatto mi ha decisamente tratto in inganno, visto che le sabbie silicee sono usate per la produzione del vetro. Il silicio cristallino ha aspetto grigio scuro. Nelle produzioni industriali partendo da quello di grado metallurgico che è puro al 98%, fino agli altri gradi di purezza necessari per l’uso nella produzione dei semiconduttori il silicio assume aspetto e colore decisamente metallico.

Niente a che vedere quindi con la “sabbia” che viene venduta nei supermercati.

Quella che sulle confezioni viene indicata come lettiera in silicio è “sabbia” a base di gel di silice.

Silica_gel

Sono andato a rinfrescarmi la memoria sullo storico dizionario di chimica e merceologia applicata e curiosando in rete. Principalmente il gel si ottiene acidificando una soluzione di silicato di sodio. Le condizioni chimico fisiche del processo influiscono sul grado di polimerizzazione. Ma il prodotto finale è quello che troviamo nei deumidificatori, nelle bustine disidratanti inserite in svariati prodotti commerciali. E che è presente nei nostri essiccatori in laboratorio.

Si tratta di un materiale molto poroso ed in grado di assorbire una enorme quantià di acqua in superficie, grazie alle funzioni “silanoliche” Si-OH ivi presenti, le stesse che si trovano sul vetro comune.

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Il silicio ed i suoi composti sembrano predisposti e predisporre alla confusione. Il temine inglese per silicio è silicon. La Silicon Valley è la valle del silicio, ed indica la parte meridionale dell’area di San Francisco che corrisponde con la Santa Clara Valley nell’omonima contea californiana. Qui si concentrarono inizialmente i primi costruttori di semiconduttori e microchip. Successivamente le aziende di computer e software. Ma spesso il termine silicon viene tradotto dall’inglese come silicone per assonanza. E il silicone è un polimero inorganico (un polisilossano per la precisione) che a seconda della lunghezza della catena, della ramificazione, dei sostituenti può avere le caratteristiche fisiche più diverse (dall’oleoso al gommoso) e gli usi più diversi. Probabilmente tutti abbiamo utilizzato il silicone per sigillare. E di silicone si è parlato molte volte relativamente all’impiego per le protesi per l’ingrandimento del seno in chirurgia estetica.

La conclusione è semplice e potrebbe sembrare banale Nessuno può sapere sempre tutto. Socrate aveva già espresso questo concetto. Il “sapere di non sapere” è la molla che ci deve in ogni momento spingere a continuare a voler conoscere. E quindi a non adagiarsi mai sugli allori, a non pensare mai che si possa smettere di studiare ed aggiornarsi.

C’è poi una seconda conclusione. Continuare a scrivere di chimica. Aiuta i chimici ed i non chimici. Perché se sentiamo parlare in giro la chimica è spesso considerata ancora oscura. E dal punto di vista del lessico e dell’immaginario collettivo si possono scoprire ancora tante cose. A partire per esempio dal termine acido che spesso viene usato anche quando i giornalisti scrivono di ustioni causate dalla soda caustica.

In chiusura vorrei segnalare due libri che trattano molto bene questi temi. Il primo è “Il cucchiaino scomparso” di Sam Kean edizioni Adelphi. Il secondo non ha bisogno di presentazioni. E’ “L’altrui mestiere” di Primo Levi. In special modo i capitoli “L’aria congestionata” e “La lingua dei chimici” che è decisamente ampio e diviso in due parti. E’ interessante rileggere l’etimologia dei termini che si usano in chimica, e alcuni divertenti strafalcioni. Uno su tutti il cloruro d’ammonio che nel gergo di fabbrica veniva chiamato “cloruro demonio”, un termine già usato in Cromo, Il sistema periodico.

(vedi anche Primo Levi – Cromo – Il sistema periodico http://www.dimnp.unipi.it/failli-f/Didattica/_10%20Primo%20Levi%20-%20Cromo.pdf)