Diego Tesauro
Il Vanadio, come riportato nei precedenti post, è il ventesimo elemento per abbondanza della crosta terrestre, quarto fra gli elementi di transizione, essendo presente in modo ubiquitario, contenuto in quasi 70 diversi minerali, oltre che nei combustibili fossili e nelle sabbie bituminose. Ma la sua nucleosintesi come è avvenuta? E quale interesse riveste oggi la sua presenza nei corpi extraterrestri del sistema solare?
Come tutti gli elementi della prima serie dei metalli di transizione del blocco d, il vanadio ha avuto origine a seguito di esplosioni di stelle super-massicce come supernove di tipo II b oppure in esplosioni di nane bianche come supernove di I a. In questi eventi, con un processo di cattura neutronica di tipo r, i nuclei crescono di dimensioni e si arricchiscono di neutroni. Questo processo di nucleosintesi spiega l’esistenza dell’isotopo 51V con un elevato rapporto neutroni vs protoni. Tra gli elementi di transizione della prima serie nell’universo, contrariamente alla crosta terrestre, è tra i meno abbondanti, penultimo precedendo solo lo scandio. L’isotopo 51V costituisce il 99.75% del Vanadio naturale, mentre per l’altro 0.25% è presente l’isotopo 50V. Questo rapporto presente sulla Terra non sempre si ripete esattamente nel sistema solare, in particolare possono verificarsi leggere variazioni. L’esistenza di due soli isotopi stabili rende però difficile determinare la causa per la quale i rapporti isotopici non sono uguali a quelli riscontrati sulla Terra.
I recenti progressi nelle tecniche e procedure di separazione chimica per la misurazione delle composizioni isotopiche di vanadio, hanno fornito una maggiore quantità di dati provenienti da differenti materiali provenienti dal Sistema Solare. In particolare un gruppo di ricercatori del Woods Hole Oceanographic Institution [1] è riuscito a mettere in correlazione il rapporto isotopico del vanadio presente in diverse meteoriti condriti ed altri elementi di transizione quali il 54Cr un isotopo altrettanto ricco di neutroni.
Le condriti (figura 1) sono meteoriti rocciose con la stessa composizione chimica dei planetesimi, cioè di quei piccoli corpi freddi, che diedero origine con la loro aggregazione, ai pianeti del sistema solare. Avendo un’età stimabile intorno ai 4.6 miliardi di anni sono dei reperti fossili che possono fornire informazioni sull’origine del sistema solare. Analizzando 10 condriti carboniose e 11 ordinarie, pur mostrando una gamma limitata di composizioni di isotopi di vanadio, (con una variazione della quantità di 51V= -1,20 ± 0,22 ‰), sono emerse differenze tra diversi gruppi di meteoriti. Tre sono le possibili spiegazioni per la variazione di rapporto isotopico: processi di frazionamento isotopici stabili, proporzioni variabili di materiale irradiato o distribuzione eterogenea di materiale nucleosinteticamente anomalo. I ricercatori attribuiscono a questa causa il dato riscontrato. La composizione isotopica del Vanadio del pianeta Terra è più ricca dell’isotopo pesante di quanto non lo sia quella dei meteoriti analizzati finora. Se questo è vero, e dovrà essere supportato da un numero di maggiori dati, sembrerebbe suggerire che la Terra sia stata arricchita da materiale, forse per una porzione significativa, non condritica ma che non è ancora stata ritrovata nei campioni raccolti dai meteoriti. Sempre recentemente un gruppo di geologi britannici dell’università di Oxford [2] ha riportato la composizione isotopica del vanadio per 19 basalti lunari, scoprendo che le composizioni isotopiche sono correlate al tempo di esposizione ai raggi cosmici ad alta energia. Più a lungo una roccia di superficie lunare è esposta, più leggera è la sua composizione isotopica di vanadio cioè si arricchisce del isotopo 50V. Questi dati supportano l’idea che la causa dominante delle variazioni isotopiche del vanadio nel nostro Sistema Solare sia quindi dovuta agli effetti cosmogenici. Pertanto le composizioni isotopiche pre-esposizione sarebbero state simili tra condriti, Terra e Luna. Il lavoro futuro non solo contribuirà a far progredire la comprensione delle composizioni isotopiche del vanadio e dei processi responsabili delle variazioni, ma anche delle questioni più ampie dei processi nebulari planetari e solari, e in definitiva la nostra comprensione dei mattoni che hanno permesso alla Terra e alla Luna di formarsi.
Oltre a studi sulla formazione del Sistema solare Il vanadio potrebbe costituire un marker per la vita su Marte. Affiancando la spettroscopia Raman sulla materia organica, potrebbe confermare la presenza di microfossili sul pianeta rosso. Tre anni fa dall’università del Kansas è venuta una proposta per la NASA per esperimenti da far svolgere alla missione Mars 2020, partita dal Cape Canaveral il 30 luglio scorso con il rover Perseverance (https://mars.nasa.gov/mars2020/mission/overview/) (Figura 2).
Figura 2: Il rover Perseverance sulla superficie di Marte, dove si poserà nel cratere Jezero, il 18 febbraio 2021
Tra gli scopi della missione c’è al ricerca di tracce fossili della vita su Marte. Su Marte, come sulla Terra, le rocce nei loro complessi movimenti in miliardi di anni possono, ad alta temperatura e alta pressione, distruggere le molecole organiche prodotte da forme di vita fossili. A questo punto cercare il vanadio con la microscopia ai raggi X potrebbe essere di aiuto [3]. E’ noto che il vanadio si ritrova nei combustibili fossili. Infatti, come riportato, nel precedente post, oggi la maggior parte delle emissioni nell’atmosfera di questo metallo, avviene a seguito dell’uso dei combustibili fossili. Il vanadio si ritrova nei combustibili fossili in quanto, dopo l’interramento delle sostanze organiche di origine biotica, per stress termico, lo ione vanadile sostituisce il magnesio nella porfirina della clorofilla (Figura 3).
Figura 3 : Complesso di Vanadio con la clorofilla
Analogo processo può essere avvenuto su Marte costituendo a questo punto un marker inconfondibile di sostanze organiche di natura biologica. Infatti un loro rinvenimento mediante la spettroscopia Raman in grado di rilevare il carbonio cellulare, potrebbe non essere scontata in quanto la natura delle sostanze organiche potrebbe avere origine abiotica.
Riferimenti
- Nielsen, S. G., Auro, M., Righter, K., Davis, D., Prytulak, J., Wu, F., and Owens, J. D. (2019) Nucleosynthetic Vanadium Isotope Heterogeneity of the Early Solar System Recorded in Chondritic Meteorites, Earth and Planetary Science Letters, v. 505, p. 131-140, doi: 10.1016/j.epsl.2018.10.029.
- Hopkins, S. S., Prytulak, J., Barling, J., Russell, S. S., Coles, B. J., and Halliday, A. N. (2019) The Vanadium Isotopic Composition of Lunar Basalts, Earth and Planetary Science Letters, v. 511, p. 12-24, doi: 10.1016/j.epsl.2019.01.008.
- Marshall, C.P., Olcott Marshall A., Aitken, J.B., Lai, B., Vogt S., Breuer, P., Steemans, P., P. A. Lay (2017) Imaging of Vanadium in Microfossils: A New Potential Biosignature (2017) Astrobiology v.11, p. 1069-1076, doi.org/10.1089/ast.2017.1709