Vettori organici per l’idrogeno.

Claudio Della Volpe

Lo sviluppo delle tecnologie rinnovabili è certamente un modo per affrontare il superamento dei limiti planetari evidenziato dalla crescita dei gas serra (con conseguente riscaldamento globale) e dall’alterazione del ciclo del carbonio; tuttavia tale processo (guardandolo dal punto di vista puramente tecnico, senza connessioni agli aspetti socioeconomici) deve fare i conti con l’aleatorietà della generazione rinnovabile: vento e Sole, onde, ed anche pioggia e depositi idrici non sono continui e controllabili.

Ci sono vari modi per affrontare questo problema; il più saggio sarebbe la realizzazione della grande rete elettrica mondiale immaginata da Buckminster Fuller, che renderebbe tutta la Terra un unico sistema elettrico; la Global Energy Grid sostenuta attualmente dalla fondazione GENI e rappresentata sulla mappa qui sotto, (la mappa Dymaxion è un’altra delle geniali idee di Buckminster Fuller, la rappresentazione tramite un icosaedro della sfera terrestre).

La proiezione di Fuller, nota anche come Planisfero Dymaxion, è una rappresentazione bidimensionale della Terra, eseguita tramite la proiezione di una rappresentazione sferica del globo terrestre messa all’interno della superficie di un poliedro che può successivamente essere dispiegato all’interno di una rete in molti diversi modi e resa piatta per formare una mappa bidimensionale che mantiene la maggior parte della integrità proporzionale relativa della mappa sferica.

Le nuove idee hanno bisogno di nuove rappresentazioni!

Una rete di questo tipo sostenuta dalle rinnovabili basterebbe senza alcun accumulo energetico a risolvere i problemi della Terra, poiché mezzo pianeta è sempre al Sole e le risorse di rinnovabili opportunamente surdimensionate con la sola aggiunta di reti di trasporto elettriche che sappiamo costruire e gestire sulla scala di migliaia di chilometri fornirebbero tutto il nostro fabbisogno; inoltre tale rete renderebbe unico il meccanismo produttivo umano, aiutando a superare le diffidenze e gli scontri attuali.

Ma dati i limiti della stupidità umana e soprattutto gli interessi contrastanti delle classi dominanti dei vari blocchi, al momento appare ad alcuni più ragionevole passare, almeno in parte, per la accumulazione dell’energia paese per paese, generata in momenti di maggiore disponibilità e conservata per i momenti in cui il Sole o il vento mancano.

Nasce così la necessità di accumulare energia, su una scala enorme, un problema non banale perché occorre accumulare energia su scala mai prima raggiunta e non ancora tecnologicamente realizzata; stoccare energia in quantità dell’ordine dei terawattora è un problema che non è stato ancora risolto in alcun paese senza usare i fossili; e dunque una strategia sostanzialmente unica è quella di usare legami chimici per accumulare energia: idrogeno, metano, ammoniaca, alluminio etc etc. prodotti però a partire dalle rinnovabili.

Forse il materiale che ha ricevuto più attenzione è l’idrogeno seguito dal metano; i due sono connessi; produci idrogeno da rinnovabili in eccesso (in estate poniamo o di giorno) e lo usi in inverno (o di notte) oppure lo trasformi in metano che poi usi in inverno (o di notte) facendo reagire idrogeno con la CO2 prodotta da impianti di combustione dedicati; ovviamente tutto ciò implica impianti di generazione idrogeno, di accumulo di idrogeno o CO2, di reazione per realizzare un processo tipo Sabatier (la reazione che trasforma idrogeno e CO2 in metano CO2 + 4H2 → CH4 + 2H2O , notate che metà idrogeno diventa acqua, una perdita ineliminabile) reti di trasporto ed anche stoccaggi dedicati.

Il trasporto dell’idrogeno e la sua conservazione sono molto problematici per esempio l’idrogeno ad alta pressione infiltra i metalli rendendoli fragili, inoltre occorre comprimerlo con una sostanziale spesa energetica, etc; come si può affrontare tecnicamente questo problema?

L’immagazzinamento diventa una necessità perché la costruzione di impianti di accumulo puramente elettrochimici della dimensione adeguata (decine, centinaia di terawattora o forse perfino migliaia se consideriamo tutti i paesi del mondo) è al momento al di là delle nostre capacità; non è forse impossibile (ma intaccherebbe in modo profondo le risorse minerarie di litio ed altri metalli), e sarebbe comunque costosissima sia in termini economici che ambientali.

Si possono anche immaginare modifiche sostanziali al nostro modo di consumare, che però implicano una società organizzata diversamente; una società di mercato, come è fatta la nostra attualmente, non penso riuscirebbe a sostenere l’impegno di questa riorganizzazione e delle riduzioni di consumo che sono necessariamente implicate (personalmente spero che questo stimoli verso una società ecosocialista).

Anche tenendo conto dei risparmi che si ottengono trasformando tutto in elettrico (che è molto più efficiente), tenete presente, non si riuscirebbe a fare a meno degli impianti di supporto “a fossile” prodotto da rinnovabile; conti di questo tipo sono stati fatti per esempio da Aspo Italia recentemente per l’Italia ma probabilmente valgono per tutti i paesi (https://www.cnr.it/sites/default/files/public/media/attivita/editoria/Scetur-ASPO-Italia.pdf)

Si è percorsa la strada degli idruri metallici (per esempio si veda questo bell’articolo di Baricco); tuttavia a parte i costi ed altri problemi individuati nell’articolo occorre notare che” Lo svantaggio principale nell’utilizzo di MH che operano vicino a T e p ambiente per la gestione dell’idrogeno è che, essendo costituiti da metalli di transizione, la loro capacità gravimetrica risulta limitata (ad esempio 1,3% in peso di H per LaNi5). Raggiungere una capacità di H2 vicino al 2,0% in peso in condizioni prossime a quelle ambientali (circa 1 bar e T ambiente) è importante

Una possibile soluzione (ma puramente) tecnologica sono i LOHC; ossia i liquid organic hydrogen carriers, il cui senso è spiegato nella figura qui sotto.

Invece di trasportare idrogeno o di trasformarlo in metano si può stoccare l’idrogeno in sostanze che vengono “idrogenate” e rispettivamente deidrogenate all’occorrenza; la reazioni di idrogenazione e deidrogenazione sono ben conosciute e ci sono decine di possibili candidati.

In figura si vede un’ipotetica molecola AROMATICA a sinistra, anche con eteroatomi tipo azoto, che viene idrogenata; la reazione è catalizzata da catalizzatori ben conosciuti e sperimentati; di solito è liquida, ma può anche essere solida, il suo stoccaggio o trasporto è molto più semplice dello stoccaggio o trasporto di idrogeno; essa poi viene deidrogenata ritrasformandosi nell’aromatico di partenza e l’idrogeno usato alla bisogna mentre la molecola viene riciclata.

Ovviamente non tutte le fasi sono banali, ma ci sono dei vantaggi notevoli rispetto al caso dell’idrogeno come tale.

Lo schema generale visto sopra può essere precisato ulteriormente nella figura qui sotto:

Qualche esempio facile che aiuta a capire come si può fare ma anche le difficoltà è la coppia toluene-metilcicloesano; qui vediamo la reazione di deidrogenazione; quella di idrogenazione è esattamente opposta; come vedete ogni molecola di toluene accetta 3molecole di idrogeno, con una densità energetica altissima se considerate che è una sostanza perfettamente stabile e facilmente trasportabile

Però, ci sono dei però, che di fatto impediscono di usare questa coppia se non come esempio illustrativo; lo vedremo fra un momento. Ancora più attraente la seguente coppia:

Decalina- naftalene, due sostanze relativamente innocue e comuni.

Qui abbiamo addirittura 5 molecole di idrogeno che possono essere scambiate per ogni molecola; la decalina ha una densità di 0.9 g/cm3, una mole pesa 138g circa e corrisponderebbe a 10g di idrogeno (10/138=7.2%, ben più degli idruri sia in peso ma anche in volume 138g occupano 153ml ossia l’equivalente di 65 moli o 130 grammi per litro); cosa ostacola l’uso di questa coppia?

Sarebbe ideale avere reazioni reversibili di idrogenazione, ma non è questo il caso in quanto la idrogenazione del benzene e degli aromatici in genere è favorevole, esotermica, ma poi il calore prodotto non è conservato e quando occorre riottenere l’idrogeno si deve fornire questo medesimo calore. Inoltre i catalizzatori di idrogenazione che agiscono a basse temperature sono fatti per lo più di metalli preziosi o di loro miscele.

Per ovviare a questi inconvenienti si sta tentando la strada dei composti aromatici eterociclici come i derivati del carbazolo descritti nella figura qui sotto.

Se queste difficoltà saranno superate si aprirebbe la possibilità di realizzare un ciclo energetico di accumulo  basato sulla idrogenazione e deidrogenazione di sostanze aromatiche più o meno comuni con vantaggio relativo soprattutto ai meccanismi di trasporto ed immagazzinaggio dei materiali, ma sarebbe sempre necessario avere a disposizione un eccesso molto significativo di energia elettrica rinnovabile.

Consultati.

https://www.animatedsoftware.com/geni/rh2000ge.htm

https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2588913323000248

https://www.researchgate.net/publication/347052807_Potential_Liquid-Organic_Hydrogen_Carrier_LOHC_Systems_A_Review_on_Recent_Progress

https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2588913323000248?via%3Dihub

3 pensieri su “Vettori organici per l’idrogeno.

  1. Buon giorno, i materiali idonei per l idrogeno ci sono: mi risulta, infatti, che l’acciao al carbonio calmato (killed carbon steel) e gli acciai inossidabili austenitici (a grana fine) siano adatti. Il problema, mi sembra, stia alla base. L’idrogeno, più che una fonte di energia (bisogna comunque produrlo: elettrolisi, stream reforming?) è un vettore energetico. Necessitano, comunque, fonti energetiche alternative. Concordo con il fatto che la migliore e più potente fonte alternativa è il cambiamento di mentalità.

    Grazie per l’interessante articolo.

    Buona giornata,

    Paolo Soragna

    psoragna@libero.it

    • Egregio Paolo credo che stiamo parlando di cose diverse; l’assorbimento di idrogeno da parte dell’acciaio di qualunque tipo a parte i problemi che causa nelle proprietà del metallo non supera comunque le ppm, ossia mg/kg a 100 atmosfere, mentre qua parliamo di decine di grammi per kg a t e p ambiente

  2. Questo post, molto stimolante, mi ha fatto ricorda le ricerche pionieristiche (anni ’60-’70)del Prof. Nicola Giordano sulle reazioni di idrogenazione/deidrogenazione come possibili strade per l’accumulo di energia. Nicola, formatosi in Montedison era poi diventato Professore di Chimica Industriale a Messina dove aveva fondato un Istituto del CNR su queste tematiche. Riporto poche righe da Wikipedia su di Lui:

    “L’attività scientifica spazia dalla catalisi alle celle a combustibile ed alla Chimica industriale in generale. Nella vasta produzione scientifica di pubblicazioni e brevetti[2], realizzati sia per società italiane che internazionali ed in ambito CNR, gli studi che emergono in primo piano riguardano la sintesi dell’acrilonitrile, la produzione di zeoliti sintetiche, lo sviluppo di formulazioni catalitiche innovative per processi chimici industriali, lo sviluppo di elettrocatalizzatori, la messa a punto di componenti e prototipi per celle a combustibile.”[3][4]

    Suo allievo di riferimento era stato il nostro compianto collega e mio grande amico Adolfo Parmaliana (grande scienziato) scomparso tragicamente in conseguenza delle sue battaglie antimafia e anticorruzione nel suo territorio.

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