Una meritata critica a La Chimica e l’Industria e alla SCI

di Claudio Della Volpe

Negli ultimi anni con lo sviluppo del dibattito internazionale sui cambiamenti climatici e con i primi accordi internazionali si è anche sviluppata una industria della negazione; questa industria è stata sostenuta di fatto dai contributi economici di associazioni internazionali come il Cato Institute o dal magnate Rupert Murdoch o da altri; esistono poi singoli esponenti della cultura che non sono quasi mai esperti del settore e che si oppongono alla visione dominante che i cambiamenti climatici in corso ci siano e siano causati dall’uomo attraverso il rilascio di massicce quantità di gas serra.

Anche su questo blog abbiamo avuto gli interventi del vicepresidente di Assocarboni per esempio, che qualche conflittuccio di interesse ce l’ha.

Purtroppo anche la SCI è coinvolta nel negazionismo climatico perchè il suo giornale La Chimica e l’Industria ha sempre dato spazio a tutti gli esponenti italiani del negazionismo, quasi che il negazionismo avesse le stesse solide basi della scienza climatologica ufficiale e che per par condicio occorresse pubblicarne le posizioni.

Nel tempo si sono succeduti in questo ruolo di “negazionisti climatici”; prima Franco Battaglia, poi Sergio Carrà, poi Nicola Scafetta ed oggi Salvatore Mazzullo, che non è un climatologo ma a cui La chimica e l’Industria ha pubblicato vari articoli di sostegno di fatto al negazionismo climatico ; nell’ultimo di questi (CI luglio 2015- VARIAZIONE SECOLARE DELLA COSTANTE SOLARE E RISCALDAMENTO GLOBALE Salvatore Mazzullo pag 60 ) Mazzullo sostiene che la variazione climatica è dovuta al Sole e posta un proprio modello del fenomeno, quasi che la terra (priva di fatto degli oceani) sia un nudo pezzo di roccia con atmosfera e senza capacità di retroazione climatica.

Alcuni colleghi di varie discipline che si occupano di climatologia, riuniti nel gruppo Climalteranti, (anche io partecipo alle loro attività da anni) hanno pubblicato un breve post di smentita degli articoli di Mazzullo (a firma di Riccardo Reitano, un collega del Dipartimento di Fisica e Astronomia di UniCt) che conclude dicendo:

…sorprende che la Società di Chimica dia spazio a lavori così gravemente lacunosi…..

trovate l’articolo completo  qui: http://www.climalteranti.it/2015/07/29/abbagliati-dal-sole/

Nel testo si spiega quali siano le sorgenti degli errori di Mazzullo: vengono dal considerare la temperatura solo delle terre emerse, dal non considerare gli effetti di sistema, di retroazione dei gas serra e da altre trascuratezze come usare dati di letteratura sorpassati o inesatti. Leggetelo.

E’ da notare che gli articoli su CI non sono referati o comunque non da climatologi e che quindi queste analisi di Mazzullo non sono supportate da alcuna autorevolezza scientifica; non ha senso pubblicare sul nostro giornale ufficiale analisi in ampio contrasto con la climatologia ufficiale da parte di persone che non hanno alcuna specifica competenza in materia e che nelle loro analisi fanno grossolani errrori o citano dati superati o privi di senso.

Mi associo a questa critica purtroppo meritata; la politica di Ferruccio Trifirò di pubblicare nel tempo tanti articoli di negazionisti climatici, nessuno dotato di autorevolezza climatologica, non si sa a chi giovi. Certo ci fa fare la figura degli ignorantoni negazionisti, Nella scienza non c’è par condicio. Se Mazzullo o chiunque altro vuole presentare una teoria che sfida le certezze attuali della climatologia cerchi di pubblicare su una rivista referata del settore, altrimenti si taccia evitando alla SCI l’imbarazzante ruolo di una ignorante paladina del negazionismo.

19 pensieri su “Una meritata critica a La Chimica e l’Industria e alla SCI

  1. Due soli rilievi non nel merito, ma nel metodo della discussione. Perchè le parole sono importanti.

    1) La scienza del clima versione mainstream sembra essere l’unica “scienza” in cui non sembrano concepibili le confutazioni, i cambi di paradigma e così via. Il modello di riferimento è nato perfetto ed imperfettibile. Le conclusioni cui si giungeva con 1k di dati sono le stesse con cui si arrivava con 1G di dati e devono essere le stesse cui si arriverà con 1Y di dati. Quelle sì, sono “certezze” che non sono mai “superate”, a differenza dei dati di letteratura. Un unicum prodigioso nella storia della scienza. Wow.

    2) Non conosco Mazzullo e non posso parlare per lui. Per quanto mi riguarda, sono un chimico di ordinario livello, vagamente informato di come funzioni il clima e che segue con un minimo di attenzione questi dibattiti da poco più di un quarto di secolo, occasionalmente anche su letteratura primaria o secondaria: mi sento un gradino sopra l’analfabeta, niente più. Ma non sono a libro paga di nessuno, e ho sempe anteposto “scienza e coscienza” ad altre valutazioni.
    Quindi, personalmente, mi ALTERO – decisamente più di come si altera il clima – quando mi capita di sentirmi chiamare “negazionista” se manifesto qualche dubbio non prezzolato e un po’ divergente: perchè, scientemente, “negazionista” è il termine coniato per chi nega gli stermini di Hitler.
    E come argomento ad hominem è incomparabilmente peggio di “servo delle multinazionali del carbone” o giù di lì.

    Penso che almeno altrettanto rispetto umano meriti chiunque manifesti liberamente le proprie opinioni (fossero pure sbagliate), a prescindere da come lo vogliamo incasellare. Ignorantone ci può stare, magari è pure vero; negazionista, no.
    Per me, preferirei “scettico”, nel senso etimologico: non so come stanno le cose, ma voglio essere libero di sbagliare da solo; senza essere il “paladino” di nessuno, ma senza essere etichettato in modo infamante se solo dico che c’è qualcosa che non mi convince.
    Anzi, se vedessi un po’ più di sereno rispetto anche lessicale per chi esprime opinioni diverse, almeno le mie perplessità di metodo diminuirebbero.

    Cordialmente.

    • Gentile Sig. Palazzi,

      Le parole sono certamente importanti, ma è ugualmente importante proferirle (o scriverle) con cognizione dei fatti. In merito alle sue osservazioni mi permetto di farle notare i seguenti fatti:

      1) Come in tutte le scienze, anche quella del clima ha vissuto un lungo periodo di accese discussioni sul riscaldamento globale e l’effetto dell’anidride carbonica e delle emissioni antropogeniche. Questo dibattito scientifico, che nulla ha a che fare con la bagarre mediatica degli ultimi decenni, si è concluso negli anni ’90. Non sono un chimico, ma immagino che anche nel suo campo vi siano delle teorie che sono state lungamente dibattute nei decenni passati e che adesso, pur se soggette ad ulteriori “limature” nei dettagli, sono universalmente accettate come vere dagli esperti del campo.

      2) Vi è una differenza fondamentale fra un sano scetticismo di fronte a nuove teorie ed il negare caparbiamente teorie comprovate (indi il termine “negazionista”). Senza scomodare Hitler, chi viene tacciato di negazionismo è per l’appunto chi, con poca o nulla cognizione di causa si ostina a proporre teorie “artigianali” (come il modello di Mazzullo) negando la schiacciante mole di studi specialistici che traggono conclusioni opposte. Aggiungo che l’argomento ad hominem non è di per se fallace se applicato a casi, come quelli elencati dall’autore del post, dove vengono presentate teorie senza alcun fondamento logico-scientifico (si vedano gli studi di Douglas Walton al riguardo).

      Infine un’ultima considerazione. Purtroppo riguardo al cambiamento climatico nessuno di noi ha il lusso di “essere libero di sbagliare da solo”, perchè così facendo arreca un danno enorme alle persone attorno a lui. Facendo un’analogia, se sono un fumatore e nel 2015 sono ancora convinto che le sigarette non facciano male, questo non mi autorizza a “sbagliare da solo” e nel frattempo sottoporre chi mi sta attorno al fumo passivo.

      Cordiali Saluti

  2. Se questa è una questione scientifica, allora dovrebbe essere trattata non in termini di scontri di autorità e interessi politici che, mi pare di capire, esistano dietro sia alla corrente maggioritaria colpevolista che a quella negazionista.
    Nella scienza si dovrebbe dire: “l’incremento dell’energia atmosferica è causata dall’incremento oggettivo della CO2 sulla baste di questo meccanismo e queste prove e pertanto l’azione antropica è indiscutibile”.
    Pur essendo un profano totale di climatologia, non mi pare di aver mai sentito qualcosa del genere, di talmente chiaro da poter essere comprensibile a tutti e non dover ricorrere al principio di autorità.
    Ricordo però un articolo molto vecchio di Le Scienze, credo fine anni 80, in cui il fattore di gran lunga principale degli scambi gassosi annui di CO2 in gigaton era costituito dagli scambi atmosfera oceano, con uno scompenso di qualche % tra input e output, laddove la CO2 prodotta dalle attività umane era più o meno dello stesso ordine di questo minimo scompenso. Non credo che le stime di questi grandi numeri possano essersi sbilanciate all’estremo opposto in questi anni, né che siano suscettibili di gravi errori.
    Dunque una dimostrazione convincente (capace di convincere anche un profano) dell’azione determinante dell’uomo dovrebbe iniziare dal dire “nonostante la CO2 immessa in atmosfera dalle attività umane sia solo una piccola percentuale rispetto agli scambi, in entrata e in uscita determinati dagli equilibri geologici, la cui posizione è fortemente determinata dalla temperatura degli oceani, possiamo dimostrare che quel piccolo flusso antropico unidirezionale abbia un effetto consistente, in quanto…non so… lo stato stazionario possiede in sé una stabilità eccezionale rispetto alle fluttuazioni di temperatura, oppure, sono state controllate ed escluse tutte le cause endogene ed esogene e le derive statistiche di lungo corso…” o cose simili, corredate di evidenze e conferme stringenti. Mi viene il dubbio che forse una conclusione i questo genere non si sente perché non c’è.
    Se le cose stanno così, in assenza di simili argomenti stringenti la scienza “mainstream” dovrebbe mantenere almeno una posizione di dubbio. Invece ho come l’impressione che il dubbio, pur essendoci, non sia “politically correct”. Come dice Sergio, non vada più di moda.
    In associazione ad una posizione scientifica di incertezza andrebbe benissimo la posizione politica ed umanitaria del principio di precauzione, principio che andrebbe però applicato secondo il criterio del massimo vantaggio e il minimo rischio. In tal caso ci sarebbero ben altre ragioni, geopolitiche, di esaurimento delle risorse e di inquinamento, per ridurre il consumo di combustibili fossili, e la carbon tax dovrebbe essere sostituita da una “climate tax” per racimolare risorse sufficienti a compensare con opportune azioni economiche (economia al servizio dell’uomo) cambiamenti cimatici dovuti a leggi ed equilibri di natura eventualmente sconosciuta, e non dall’uomo. In tal caso vedrei come per niente peregrini perfino calcoli, modelli investimenti ed esperimenti – purché alla luce del sole – sulla riflettanza dell’alta atmosfera. Potrebbe essere più sensato che spendere gli stessi soldi per sotterrare CO2 o svuotare l’oceano con un secchiello.

    Alfredo Tifi

    • Gentile sig. Tifi, onestamente mi aspettavo dei commenti un tantino più approfonditi e aggiornati su un blog come quello della SCI che dovrebbe essere frequentato da scienziati. Lei mi cita un articolo degli annl 1980 e poi mi parla della necessità di studi “sulla riflettanza dell’alta atmosfera”. Guardi che la scienza del clima ha progredito un pochetto rispetto a quello che si sapeva negli anni ’80 e di studi sulla fisica dell’alta atmosfera ne abbiamo in abbondanza. Il lavoro di migliaia di scienziati nell’arco di decenni è stato proprio dedicato a quantificare come uno sbilanciamento complessivamente piccolo possa aver comunque sbilanciato l’atmosfera in direzione di un riscaldamento misurabile e già oggi in grado di fare enormi danni alla società umana. Per un chimico, dovrebbe essere cosa ovvia che una piccola perturbazione possa causare enormi cambiamenti in un sistema, basti pensare al meccanismo della catalisi. Quindi, le suggerisco di informarsi meglio, leggere un po’ della letteratura aggiornata – soprattutto nei review pubblicati dall’IPCC – per rendersi conto che la scienza del clima è una scienza ormai matura e che non merita critiche superficiali e approssimative come la sua.

      Cordiali Saluti

      Ugo Bardi

  3. Capisco sia lo scetticismo (in generale) sia il risentimento di chi, essendo scettico, ma non prezzolato, si vede associato al negazionismo prezzolato (che purtroppo esiste). Questa situazione si verifica principalmente per il fatto che nella questione climatica, come in tutta la questione ambientale, e anche nella questione energetica, non siamo più nel campo della scienza normale nella quale le diatribe ci sono sempre state, ma hanno, in genere, toccato solo interessi accademici. Qui siamo in piena scienza post-normale dove quello che si osserva, l’interpretazione dei fatti, e le teorie o i modelli che la supportano, toccano interessi personali e collettivi, ideologici e, soprattutto, economici. Una situazione simile si è vista in passato nel caso dell’evoluzionismo. La teoria toccava interessi filosofico- religiosi (e, alla lontana, anche economici) al punto che la guerra non è ancora del tutto finita. Ma il caso del cambiamento climatico va a toccare direttamente e violentemente interessi economici enormi: in pratica tutto l’apparato industriale che dipende dai combustibili fossili. Se si varasse una legislazione restrittiva efficace sulle emissioni di carbonio a livello globale (l’unica che potrebbe avere un qualche effetto), entreremmo in un territorio incognito dal punto di vista economico e sociale. C’è la paura dei soggetti interessati direttamente, ma anche quella di tutti perché se fa paura un aumento di temperatura di 6 C nel 2100, fa ancora più paura la fine di un epoca adesso. Purtroppo non c’è il tempo materiale affinché il dibattito accademico sedimenti una posizione largamente condivisa prima che si debbano prendere decisioni stringenti. Non c’è il tempo affinché l’accettazione della forzante umana sul cambiamento climatico diventi il paradigma come, a livello accademico, l’evoluzionismo in campo biologico. Gli scienziati non hanno il diritto al lusso del dibattito accademico. Non più. Far finta che si sia ancora in tempi normali è essenzialmente giocare a fare i finti tonti. La comprensione della fisica del clima richiede sforzi di studio non indifferenti, per mia esperienza superiori a qualsiasi altra materia che ho affrontato in passato, e personalmente ho capito che le mie intuizioni sono sostanzialmente irrilevanti rispetto alle opinioni dei climatologi per cui essenzialmente mi fido della stragrande maggioranza di loro e, per quanto mi è possibile, spingo il legislatore a prendere una posizione netta al COP di Parigi prossimo venturo. Chiamatemi pure asserzionista, o militante, o quello che volete, non mi offenderò.

  4. Cari Sergio ed Alfredo trovo sinceramente contraddittori i vostri commenti; entrambi voi dichiarate di essere a digiuno o quasi di climatologia ma entrambi sostenete poi o che siete scettici o che la climatologia per farsi capire dovrebbe fare delle cose che in effetti la climatologia ha già fatto da tempo ma che voi non conoscete.
    La questione mi appare questa; siete persone certamente sincere ed oneste, ma soffrite della situazione italiana nella quale l’insegnamento della geografia è scomparso, lauree in meteorologia non esistono e si e no ci sono occasioni di dottorato; in pratica gli studi di meteorologia e climatologia nel nostro paese sono affidati a strutture in gran parte non universitarie che non fanno didattica, con negativi effetti generali sulla cultura media e anche sul dibattito su queste cose, che non è una disputa da bar e nella quale occorre separare fra fatti e opinioni
    I fatti come il riscaldamento e le sue origini, sono fatti appunto NON opinioni; non si discute nè che sia in corso un riscaldamento globale come non si vedeva da milioni di anni nè che la sua origine sia umana. 50 anni di lavoro di migliaia di climatologi hanno asseverato questi fatti in modo inattaccabile, ma nel contempo hanno messo in crisi chi il carbonio lo brucia come la specie umana ed ancor più quella piccola ma ricchissima parte che lo vende.
    Chi mette in dubbio questo non è uno scettico : o è disinformato o è in malafede.
    Il ciclo del carbonio è ben conosciuto e funziona così; alla grossa 60 miliardi ton di carbonio equivalente vengono scambiati fra atmosfera e biosfera ogni anno, CEDUTI ED ASSORBITI; noi abbiamo aggiunto fino a circa 9-10 miliardi di ton all’anno che sono un sesto, non proprio una fluttuazione; questi 10 miliardi non trovando assorbimento o rimangono in atmosfera o vanno in mare e in piccola parte vengono riassorbiti per altre vie.
    La conseguenza è che la metà che rimane in aria circa 4-5 Gton anno corrisponde ai 2ppm di incremento della CO2 annui sui 400ppm ormai raggiunti, lo 0.5% (3000Gton CO2 sono in aria ossia 8-900 gton di carbonio equivalente arrotondiamo a 1000 per semplicità); l’altro 0.5% decrementa il pH oceanico che è variato di alcune frazioni di pH. Questi sono FATTI non teorie o ipotesi; in presenza di questi fatti come si faccia ad attribuire a qualcosa che non è la nostra capacità di combustione l’incremento di effetto serra non so; ogni chimico dovrebbe sapere che le cose stanno così; e non c’è da discutere molto; personalmente sono una decina di anni che me ne occupo, ci ho anche pubblicato qualcosina, ma molto poco; di solito leggo o faccio lezione sul tema, DOPO aver letto i lavori di chi ci lavora più attivamente di me; se scrivo qualcosa mi confronto con la letteratura e non cerco di inventarmi modelli alternativi. Costruiti con l’accetta.
    Ho scritto qualcosa di divulgativo sia su questo blog che sul sito di climalteranti; facendo proprio quel che chiede Alfredo spiegando le cose basilari; vi pregherei di leggerle; poi ne riparliamo
    Quanto al termine negazionista climatico (o neghista, come proposto da Sylvie, se vi piace di più) che cerca di rendere l’inglese climate denier, è ormai molto usato sulla rete e non ha un senso offensivo, come dicevo o si è denier perchè non si sa o perchè si è in malafede; una persona che sa le cose base di clima non può negare le cose che qualunque libro di climatologia da corso universitario scrive e che si dovrebbe insegnare già al liceo se la scuola facesse il suo mestiere.
    Concludo dicendo che perfino il peso molecolare medio dell’aria è variato a causa del fenomeno che dicevo, ma i chimici non se ne sono resi conto.
    http://www.climalteranti.it/2011/01/13/qualche-approfondimento-sul-ciclo-del-carbonio/

    2014: più CO2, più caldo. Più chimica.

    Chi emette più CO2: uomini o vulcani ?

    Mi manca l’aria! Come varia l’ossigeno in atmosfera?

  5. Sig. Tifi,
    la scienza mainstream
    Quali sono le scienze non mainstream?

    Sig. Palazzi,
    1) La scienza del clima versione mainstream sembra essere l’unica “scienza” in cui non sembrano concepibili le confutazioni, i cambi di paradigma e così via.
    “Sembra”, ma qui trova un buon sunto delle confutazioni e cambi di paradigma dalla metà dell’800 in poi: http://personalpages.to.infn.it/~cassardo/pensieri/2009_10_15.html
    Non ho capito perché mette le virgolette a “scienza”, anche se alle ricerche sul clima partecipano quasi tutte le discipline, dall’astronomia alla zoologia. In che senso sarebbero discipline “scientifiche”?

    negazionismo
    In realtà è stato coniato da Freud nel 1925. Dalla metà degli anni ’80 si è usato anche per designare la negazione del rapporto causale tra HIV e AIDS, e poi dell’evidenza storica o scientifica in generale: sbarco sulla Luna, efficacia dei vaccini, effetto serra dei gas serra ecc. Capisco che sia irritante e avevo suggerito neghismo, ma non ha attecchito (anche se ogni tanto C. Della Volpe lo usa per farmi una cortesia!)

  6. Sono stato decisamente sorpreso di trovare in un blog che pensavo di taratura scientifica dei commenti di critica su un tema complesso come il cambiamento climatico da parte di chi si dichiara “vagamente informato” o un “profano totale” di climatologia.
    Non mi fraintendete, le opinioni sono sempre lecite, ma non possono però essere vestite da critica scientifica. Vedo anche decisamente anacronistico citare articoli dell’80, quando non era ancora stato creato l’IPCC, l’organismo chiamato a fare SINTESI della conoscenza sul cambiamento climatico.
    Proprio dai rapporti dell’IPCC è emerso come inequivocabile l’esistenza del fenomeno è la principale causa attribuita alle attività antropiche con una probabilità maggiore del 95%.
    Nessuno è tenuto ad essere esperto di climatologia, ma se si vogliono portare delle critiche di natura scientifica, bisogna supportarle con dati scientifici.
    Altrimenti la discussione finisce per avere una valenza prettamente politica e non scientifica.

  7. Ringrazio Claudio per i link agli articoli divulgativi, ritiro le insinuazioni, che erano basate sulla mia sottovalutazione delle quantità effettive di Carbonio fossile reimmesso in atmosfera dalle attività umane, quantità che superano di un ordine di grandezza quelle prodotte da tutti i vulcani del mondo (inclusi quelli sottomarini?) Non si tratta di uno squilibrio piccolo in confronto ai grandi flussi.
    Dopotutto frenare le immissioni di carbonio antropico sembra essere oggi arduo quasi quanto potrebbe esserlo il raffreddare gli oceani o il Sole.

    a.tifi

  8. PS ho eliminato il pregiudizio, ma non un piccolo dubbio residuo (forse illegittimo nel mio caso) che, ovviamente, non riguarda le evidenze sperimentali, ma le complesse interpretazioni delle relazioni di causa-effetto, ossia il progresso della conoscenza delle dinamiche per sé. Così affermò Richard Feynman – a Firenze e in commemorazione di Galilei nel 1964 – sul modo di garantire il progresso scientifico col “procedere lasciando spazio alle alternative, senza entusiasmarci per i nostri risultati, la nostra conoscenza, la verità assoluta; ma rimanendo sempre incerti…. Pretendere di sapere in anticipo la soluzione non è scientifico. Per fare progressi si deve lasciare socchiusa la porta sull’ignoto”.

    a.tifi

    • Caro Alfredo la frase di Feynman che hai citato fa parte di un più ampio discorso che puoi trovare qui (http://bottegaelefante.blogspot.it/2014/08/il-piacere-di-scoprire-richard-p-feynman.html); è sempre pericoloso estrare frasi dal contesto; e lo è anche in questo caso: la frase citata si riferisce ad un tema specifico quello che Feynman definisce del “mistero della vita”: il testo completo recita così: Ma a questi grandi interrogativi sul significato dell’universo, della vita e degli esseri umani sono state date nei millenni le risposte più diverse. I sostenitori di una teoria guardavano con orrore alle azioni dei seguaci di un’altra. Orrore per le terribili azioni compiute e perché una rigida visione del mondo indirizzava le meravigliose potenzialità umane in un vicolo cieco. È proprio l’enormità dell’orrore a farci vedere con maggiore chiarezza le nostre grandi potenzialità e forse è questo che ci fa sperare di poter migliorare se riusciremo a muoverci nella giusta direzione.
      Quale è dunque il significato di tutto questo? Cosa possiamo dire intorno al mistero della vita? Dopo aver studiato tutte le opinioni di chi ci ha preceduto, dobbiamo concludere di non sapere nulla; ma con questa ammissione abbiamo probabilmente trovato il canale aperto – procedere lasciando spazio alle alternative, senza entusiasmarci per i nostri risultati, la nostra conoscenza, la verità assoluta, ma rimanendo sempre incerti -, scoperto che possiamo azzardarci. Gli inglesi, che su questo principio basano la loro politica, parlano di «arrangiarsi» e per quanto possa sembrare stupido, è il modo più scientifico di progredire. Pretendere di sapere in anticipo la soluzione non è scientifico. Per fare progressi si deve lasciare socchiusa la porta sull’ignoto.”

      Non si sta riferendo ad un evento naturale specifico, dunque ma ad interrogativi di tipo filosofico; fermo restando che il dubbio è alla base della ricerca e questo vale per tutti (anche per quelli che non sanno di climatologia) al momento la certezza che il riscaldamento globale sia causato dall’uomo è valutato dall’IPCC “extremely likely”.

      • Claudio posso assicurarti che conoscevo bene il contesto, che ho letto per intero (dato che sto leggendo proprio questo e altri libri su Feynman), e anche che Feynman (andando a prendere pure altri brani) applicasse a tutta la ricerca scientifica in generale, e a se stesso, alla conoscenza profonda dei fenomeni naturali specifici, quelle parole (anche quelle degli “inglesi” sono un riferimento generale al metodo scientifico, pur in quel contesto, e non al “mistero della vita”).

        D’altra parte quell’extremely likely esprime proprio l’idea dello spiraglio di dubbio minimo ma non inesistente (forse minore dell’1%). Così come implicito anche nell’uso del termine “scientific opinion” dell’IPCC: https://en.wikipedia.org/wiki/Scientific_opinion_on_climate_change per definire il consenso raggiunto “al 95% di probabilità”.

      • Alfredo, allora mettiamola così; il 95% significa che se tu avessi 20 Terre con la medesima situazione della nostra in 19 casi la colpa sarebbe dell’uomo ed in uno potrebbe essere diversa; tu che dici, che dobbiamo fare, aspettiamo che diventino 20 o facciamo qualcosa …..da ieri.

  9. Guarda Claudio, mi sono già espresso su questo, ridurre il carbonio va fatto indipendentemente dalle colpe ambientali, è urgente nel 100% dei casi. Mi piacerebbe se si iniziasse da dopodomani 3 agosto: ma non mi pare che nel mondo siamo sulla strada giusta. Citerò, individualisticamente parlando, lo stesso libro di Feynman (+ John von Neumann) a pagina 99: “non dobbiamo sentirci responsabili del mondo in cui viviamo”.

  10. bah il mondo in cui viviamo se la caverà certamente, esisteva ben prima di noi; ma siamo noi come razza intelligente e sociale che rischiamo forte e di noi stessi (e dei nostri discendenti futuri) dovremmo sentirci responsabili

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