A proposito di cialde.

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo.

a cura di Luigi Campanella, ex presidente SCI

Caffè in cialde, capsule, filtri, altro…..una sempre più ampia fascia di mercato : ogni anno si consumano un miliardo di capsule nella sola Italia, che corrisponde a circa il 10% del consumo mondiale. Il problema è che queste cialde (quelle in plastica con dentro il caffè) e  capsule (quelle in alluminio con dentro il caffè) non sono oggi riciclabili: sono fatte da materiali riciclabili (la plastica e l’alluminio sono perfettamente recuperabili in quanto prodotti di ottima qualità, mentre il residuo interno è ottimo compost), ma vanno nel rifiuto secco in quanto le loro componenti non sono materialmente separabili per inserirle nei rispettivi contenitori**. Se si pensa che per produrre un chilogrammo di capsule servono 4 Kg di acqua, 2 Kg di petrolio e 22Kwh di energia elettrica questo dato è ancora più negativo.

Nel Brevetto n. 1209914 registrato a Roma il 14.03.1984 l’inventore del trovato, Guglielmo Lucentini, spiega chiaramente le ragioni originarie della sua invenzione. Questa concerne un contenitore o capsula forata a struttura rigida precaricata con polvere di caffè atta all’inserimento nelle macchine per il caffè di ogni tipo. E’ nota la difficoltà di caricamento delle caffettiere familiari del tipo Moka con la polvere trasferita con cucchiaini  e simili in quanto la polvere stessa trasborda e il quantitativo ottimale si manifesta di imprecisa determinazione. Scopo dell’invenzione è anche quello di ridurre il tempo di preparazione del caffè consumato sia in casa che al bar, eliminando l’azione manuale di dosaggio della polvere di caffè ed evitando la sua dispersione accidentale.

Le notizie dai media ci informano oggi sulla nascita delle capsule biodegradabili di recente introduzione: non richiedono trattamenti speciali, non contengono metalli pesanti e non vanno smaltite con i rifiuti organici (come altri prodotti di Mater-Bi® sono compostabili, ma non nel compost casalingo). Esse biodegradano completamente in tutte le situazioni di smaltimento:
– discarica
– sotterrate o riversate nei rifiuti
– ambienti agricoli o sotto sorveglianza a causa di erosioni e sono dichiarate conformi a tutti gli standard approvati (ASTM, ISO, FDA, SCF, EFSA), quindi in rispetto dei criteri indicati nella direttiva 94/627CE.
– ASTM D 5209: Metodo Standard di test per determinare la Biodegradazione   Aerobica di Materiali Plastici in presenza di fango proveniente da acque di scolo Comunali
– ASTM D 5338: Metodo Standard di test per determinare la Biodegradazione Aerobica di Materiali Plastici sotto condizioni di compostaggio controllate
– ASTM D 5511: Metodo Standard di test per la determinazione della Biodegradazione Anaerobica di materiali plastici sotto condizioni di digestione anaerobica degli Alto-Solidi
– ISO 14855: Determinazione della biodegradabilità aerobica e della disintegrazione finale di plastiche sotto condizioni di compostaggio controllate
Conformità al contatto alimentare:
– FDA (Food and Drug Administration)
– FSA (Food Security Assessment)
– EFSA (European Food Safety Authority)
Test di tossicità:
– Summer Barley Test
– Cress Test
– Earthworm Acute Toxicity test
– Daphnia, test

** Nota: ne esistono anche in carta di riso con contenitore separabile di alluminio

4 pensieri su “A proposito di cialde.

  1. Ne esistono anche di ricaricabili. Sono in plastica riciclabile, con il tappo a pressione, sono vendute insieme al caricatore ( un cilindro di plastica che funge anche da leva per l’apertura) e ai filtri di carta che possono essere gettati nell’umido insieme al residuo di caffè.

  2. Ottima analisi (come sempre) Professore!
    Il problema mio e di molti altri caffeinomani è che ormai il caffé è quasi introvabile senza cialde, se non dalle rare torrefazioni. La cialda può essere comoda in alcune circostanze (uffici) ma farne uso anche a casa mi pare una follia.
    Questo, se da un lato può essere un incentivo – per i meno pigri – di sostenere i pochi “esercizi verticali” ancora presenti nelle città, dall’altro ci fa chiedere quale diabolica necessità ci sia a vendere tutto in monoporzione (indizio: la motivazione è presente nella figura!) e soprattutto a quale perversione nei consumi gli uomini si presteranno nel breve futuro.
    I monoporzione con i cibi già digeriti?

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