Risparmio di acqua nell’industria birraria

Nota: si ricorda che le opinioni espresse in questo blog non sono da ascrivere alla SCI o alla redazione ma al solo autore del testo

a cura di Mauro Icardi

Ormai è noto da tempo che l’acqua è il petrolio del terzo millenni, l’oro blu. Per questa ragione le aziende che ne consumano di più hanno deciso di perfezionare i loro processi produttivi per diminuire il consumo, e per ridurre la quantità di reflui che saranno da sottoporre a depurazione.

L’industria della birra fino a qualche decennio fa utilizzava all’incirca 6/7 litri di acqua per litro di birra prodotta, ed il 70% di quest’acqua finiva poi nelle acque di scarico con costi di depurazione piuttosto elevati. Attualmente invece due aziende leader del settore come Carlsberg ed Heineken sono riuscite a ridurre il consumo di acqua ad una media di 4 litri di acqua per litro di birra prodotta.

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Vecchia sala di cottura birreria Poretti (Gruppo Carlsberg) a Induno Olona (Va)

Ma il prossimo traguardo a cui tendono è quello di ridurre il consumo a valori che potrebbero raggiungere i 2,5 litri di acqua per litro di birra.

Questo considerevole risparmio si può raggiungere tramite perfezionamenti e una corretta gestione delle tecnologie tradizionali. Ma soprattutto utilizzando tecnologie più avanzate come l’ultrafiltrazione e l’osmosi inversa.

Il metodo tradizionale per filtrare le cellule di lievito dalla birra è il passaggio attraverso filtri di farina fossile. Si tratta di roccia sedimentaria costituita dal residuo fossile di alghe della famiglia delle diatomee.

La sostanza è di origine naturale ed è sicura, in quanto non rilascia alcun composto estraneo alla birra. La durata dei filtri è però limitata, e quando questi si intasano esaurendo la capacità filtrante non possono essere rigenerati, e devono essere smaltiti in discarica.

Le aziende del settore si sono quindi orientate ad utilizzare metodi alternativi e più moderni come l’ultrafiltrazione su membrane. Queste sono costituite da fibre cave in polietersulfone con diametro dei pori di 0,5 micron. La caratteristica di queste fibre è di essere particolarmente robuste, resistenti all’idrolisi e adatte all’uso nell’industria alimentare.

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I caratteristici fregi in stile liberty della birreria Poretti di Induno Olona.

Ormai questa tecnica viene usata da tutti i grandi gruppi internazionali. Con questa tecnica si stima che siano stati filtrati 60 milioni di ettolitri di birra ogni anno.

Questa tecnica non solo evita l’invio in discarica dei filtri, ma permette il riutilizzo del flusso di scarto (retentato) che può essere utilizzato per il lavaggio delle bottiglie. Il retentato dopo il passaggio attraverso una sezione di osmosi inversa può produrre acqua di caratteristiche adatte per alimentare la caldaia per produzione di vapore per le varie esigenze del processo di fabbricazione, compresa la pastorizzazione, e per le diverse operazioni di pulizia che devono essere effettuate nello stabilimento.

Un acqua derivante da processo di osmosi inversa riduce le operazioni di manutenzione e di spurgo in caldaia che servono a prevenire la formazione di depositi ed incrostazioni.

In questo modo si ottengono risparmi che possono arrivare 60000 euro/anno nei costi del combustibile e del trattamento delle acque.

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Una novità assoluta nel trattamento dei reflui dell’industria birraria è l’utilizzo di microorganismi scoperti recentemente e definiti “elettrogenici”. Questi hanno la capacità di produrre energia elettrica dalle acque di scarico. Microrganismi di un’altra specie invece utilizzano energia elettrica e CO2 per produrre metano che si impiega in impianti di cogenerazione per produrre calore o energia elettrica. Il processo chiamato Ecovolt è brevettato dall’industria americana Cambrian Innovation che ha sviluppato il processo in collaborazione con il M.I.T.

Il sistema ha la capacità di convertire in metano circa il 90% del BOD presente nel refluo birrario e producendo una quantità di acqua depurata sufficiente a coprire il 10% del fabbisogno.

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Due birrerie californiane la Bear Republic Brewing e la Lagunitas Brewing lo hanno già adottato. La seconda ha cosi potuto evitare i 3000 trasporti all’anno tramite autobotte dei propri reflui all’impianto di depurazione municipale. La California che è afflitta da una siccità epocale non poteva che migliorare le proprie tecnologie di, recupero, e riutilizzo delle acqua. Quando le difficoltà aguzzano l’ingegno

 

http://cambrianinnovation.com/ecovolt-now-commercially-available/